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La "piccola via" di Santa Teresa di Lisieux è un contributo importante al dialogo ecumenico

Autore:
Oliosi, Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
«La dottrina della giustificazione di Lutero fu provocata dalla sua difficoltà nel concepire se stesso giustificato e redento attraverso le complesse strutture della Chiesa medioevale. La grazia non arrivò nella sua anima e noi dobbiamo comprendere l’espressione della sola fede (la giustificazione attraverso la sola fede) in questo contesto: egli scoprì alla fine che doveva solo avere fiducia, confidare nel Signore, e rimettendosi nelle mani del Signore si è redenti. Penso che in modo veramente cattolico questo sia ritornato in Teresa di Lisieux; non occorre fare grandi cose. Siamo poveri, spiritualmente e materialmente; ed è sufficiente rimettersi nelle mani di Gesù. Questa è una interpretazione reale di quello che significa essere redenti; non dobbiamo fare grandi cose, dobbiamo essere fiduciosi, e nella libertà di questa fiducia possiamo seguire anche Gesù e realizzare una vita cristiana. Questo è non solo un contributo importante al dialogo ecumenico, ma alla nostra comune domanda: “Come posso essere redento, come posso essere giustificato?”. La “piccola via” è una riscoperta assai profonda del centro della vita cristiana» [Intervista di George Weigel al cardinal Joseph Ratzinger, 20 settembre 1997].

Teologicamente per i cattolici, ma soprattutto teologicamente per gli amici delle varie tradizioni della Riforma il tema della giustificazione è un tema essenziale ed essere giunti ad un consenso è un grande passo ecumenico verso l’unità. Però, oggi, per i fedeli di tutte le confessioni rischia di essere appena presente anche se a causa degli eventi drammatici del nostro tempo il tema del perdono reciproco si mostra di nuovo in tutta la sua urgenza. Per tutti urge sentirci piccoli per divenire consapevoli cristiani cattolici, ortodossi e protestanti, come insegna Santa Teresa di Lisieux (1873 - 1897), bisognosi innanzitutto del perdono da parte di Dio, la giustificazione per mezzo di Lui. Oggi per tutti la secolarizzazione dissolve nella coscienza moderna - e tutti, in qualche modo, siamo “moderni” - il fatto che davanti a Dio abbiamo veramente dei debiti e che il peccato è una realtà che può essere superata soltanto per iniziativa di Dio. Ecco dove si è trovato il comune consenso sul tema della giustificazione in rapporto al senso di colpa e al perdono.

Come Teresa guardare con simpatia l’umano di ogni io
Ma perché questo fondamento comune si rafforzi sempre più, relativizzando tutele altre diversità, occorre, al di là di tutte le appartenenze confessionali, accorgerci vivamente delle nostre esperienze, guardare con simpatia l’umano di ogni io, aiutare l’altro a guardarsi. Che cosa desideri? Che cosa attendi? In che cosa identifichi la speranza della tua vita? Per tutti, cattolici, ortodossi, protestanti, l’avvenimento dell’incontro con Gesù Cristo risorto, oggi, il lasciarsi assimilare da Lui, amare con il suo amore cioè la santità, arriva a soddisfare l’atteggiamento di ognuno e a realizzare un noi di unità e di comunione. E questo ciò che ha riaffermato vigorosamente il Vaticano II sulla “chiamata universale alla santità” come vocazione battesimale cattolica, ortodossa, protestante.
E ciò è sempre stato anche il tema costante del cardinal Ratizinger. E su ciò che significa essere un santo è chiarito anche dalla seguente risposta a Gorge Weigel alla domanda sul perché Santa Teresa di Lisieux, “il piccolo fiore”, ha ricevuto il titolo di “Dottore della Chiesa”, che è di solito riservato ai massimi teologi della Chiesa.
Certo ci sono distinte forme di Dottori della Chiesa, perfino prima di Antonio da Padova. Abbiamo da una parte i grandi dottori scolastici, Bonaventura e Tommaso d’Aquino, che furono professori e accademici e grandi dottori sul piano scientifico e quanto anche oggi sarebbero provvidenziali santi in questo ambiente. Nell’epoca patristica abbiamo grandi predicatori che svilupparono la dottrina non nel dibattito teologico ma nella predicazione e nelle omelie e quanto anche oggi sono desiderati. C’è perfino Ephraim che sviluppò la sua teologia essenzialmente in forma di inni e di musica liturgica e anche questo oggi sarebbe un meraviglioso aiuto. In quest’epoca lo Spirito Santo ha suscitato nuove forme di dottori: abbiamo Teresa d’Avila con le sue esperienze mistiche e le sue interpretazioni della presenza di Dio attraverso Cristo risorto nell’esperienza mistica, un riferimento importante per tutti i movimenti e nuove comunità da carismi di comunione personale e comunitaria con Lui. Abbiamo Caterina da Siena con una con una teologia esperienziale e con lei Teresa di Lisieux che è anche una via differente di teologia dell’esperienza: il cammino al vero è un’esperienza. Ciò che ci distingue come cristiani è la fede cioè il fatto storico che Gesù è il Figlio di Dio venuto nella carne, il volto umano di Dio. “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato”. Chi è Dio e chi è l’uomo, ognuno di noi lo sa solo dall’incontro con Gesù Cristo. E mediante Lui, sempre presente nelle sua Chiesa, soprattutto nel Sacrificio della Messa tanto nella persona del ministro, quanto e in sommo grado, sotto le specie eucaristiche; presente con la sua virtù nei sacramenti ed è Lui che parla qui e ora attraverso la rivelazione risuonata allora e posta per iscritto nella Scrittura, presente nel volto di chi fraternamente convive con me e mi ritrovo insieme, lo aiuto se povero, per incontrare Lui, per pregare, per essere felice. Questa testimonianza di Teresa è importantissima, nella nostra società scientifica: avere il messaggio di una semplice e profonda esperienza di Dio, ed un insegnamento sulla semplicità dell’essere santo come vocazione battesimale: in quest’epoca, con il suo approccio estremamente orientato all’azione, alla visibilità pubblica, documentare che divenire santi cioè lasciarsi assimilare a Cristo, amare con il suo amore, puntare a giusti comportamenti in ogni ambito non significa necessariamente riuscire in grandi azioni, ma lasciare che il Signore operi continuamente e dovunque in noi. E questo è importante anche per il dialogo ecumenico.

Amare la famiglia umana, il mondo anche dal chiostro
Ma l’altro aspetto di Santa Teresa è che dal chiostro, lontano dal mondo, si può amare e fare molto per il mondo. La comunione con Cristo è presenza ad ogni cristiano di tutta la famiglia umana presente, passata e futura, di tutto il mondo. E ognuno può essere “efficiente” per la Chiesa universale e particolare in questo modo. E Teresa è dottore per aver definito anche questa “efficienza” nella Chiesa. Compiamo tante azioni, ma occorre scoprire che l’efficienza comincia e cresce sempre con la comunione con il Signore. Questa idea, che è il cuore della Chiesa (Teresa: io nella Chiesa voglio essere il cuore!) è presente in ogni parte del corpo, è un buon correttivo per non scivolare in una Chiesa meramente pragmatica, “efficiente” nel senso esteriore. Ed è una riscoperta delle radici di ogni attività cristiana.

Il mio paradiso è fare il bene sulla terra
“Lei ebbe anche una nuova concezione del paradiso, - conclude nell’intervista Ratzinger - del rapporto tra l’eternità ed il tempo. Essere presente sulla terra e fare il bene sulla terra è il mio paradiso. Abbiamo così un nuovo rapporto tra l’eternità e il tempo: il paradiso non è assente dalla terra, ma è una nuova e forte presenza. L’eternità è presente nel tempo, e vivere l’eternità significa vivere in e per il tempo a disposizione: Vivendo una vita cristiana siamo più presenti sulla terra, stiamo cambiando la terra”.

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