2105 10 14 SIRIA – P. Mourad: timori per gli altri 190 cristiani prigionieri SIRIA - video esecuzione di tre cristiani assiri tenuti in ostaggio - Arcivescovo Hindo: insensato chi definisce le operazioni militari contro i jihadisti “Guerra Santa”
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La buona notizia:
Siria: liberato padre Jacques Mourad
È stato liberato padre Jacques Mourad, il sacerdote cattolico rapito dallo Stato Islamico il 21 maggio in Siria, nel monastero di Mar Elian di cui è priore.
Padre Murad fa parte della comunità monastica di Deir Mar Musa, fondata dal gesuita romano Paolo Dall'Oglio, scomparso nel nord della Siria il 29 luglio 2013 mentre si trovava a Raqqa, roccaforte dei Jihadisti dello Stato Islamico (Daesh).
L'insediamento monastico, di mar Elian, collocato alla periferia di Quaryatayn, negli anni del conflitto aveva rappresentato un'oasi di pace e di accoglienza nel cuore di una zona di guerra. Proprio padre Jacques, insieme ad un avvocato sunnita, avevano assunto la funzione di mediatori per garantire che il centro urbano di 35mila abitanti fosse risparmiato per lunghi periodi dagli scontri tra l'esercito governativo e i miliziani anti-Assad. Nel Monastero erano stati ospitati centinaia di rifugiati, compresi più di cento bambini sotto i dieci anni. Padre Jacques e i suoi amici avevano provveduto a trovare il necessario per la loro sopravvivenza anche ricorrendo all'aiuto di donatori musulmani. Poi, lo scorso agosto, i jihadisti dello Stato Islamico hanno assunto il controllo dell'area, devastando il monastero. Durante la loro offensiva a sud-est di Homs, i jihadisti hanno anche preso in ostaggio circa 270 cristiani e musulmani della zona di Qaryatayn. Nei giorni scorsi, sui siti jihadisti era stato diffuso un video che mostrava anche un gruppo di cristiani di Qaryatayn mentre sottoscrivevano davanti a membri dello Stato islamico il “contratto di pagamento” loro imposto dalla Jizya (“legge di protezione”) per continuare a vivere nelle loro case, nel territorio controllato dall'auto-proclamato Stato Islamico. Immagini fotografiche di quell'assemblea, svoltasi in una sala conferenze, erano state già diffuse già alla fine di agosto. Sia nel video che nelle immagini fotografiche, tra i partecipanti a quell'atto compariva anche la figura di padre Murad. (Agenzia Fides 12/10/2015).
Siria. P. Mourad: timori per gli altri 190 cristiani prigionieri dell'Is
Alla “gioia” per la ritrovata libertà di p. Jacques Mourad si alterna la “forte preoccupazione” per la sorte di oltre 190 cristiani originari di Al Qariatayn, a sud-ovest di Homs, in Siria, tuttora nelle mani delle milizie del sedicente Stato islamico (Is).
La testimonianza:
Nella sua intervista rilasciata a Tv2000, ieri, Mourad racconta: "Quasi tutti i giorni c'era qualcuno che entrava nella mia prigione e mi domandava ‘chi siete?’ Io rispondevo: ‘sono nazareno’, cioè cristiano. ‘Allora sei un infedele’, gridavano. ‘E visto che sei un infedele se non ti converti ti sgozzeremo con un coltello’. Ma io non ho mai firmato l'atto di abiura del cristianesimo". Per il sacerdote appena liberato: "Questo è il miracolo che il buon Dio mi ha dato: mentre ero prigioniero aspettavo il giorno della mia morte ma con una grandissima pace interiore. Non avevo alcun problema a morire per il nome di nostro Signore, non sarei stato il primo né l'ultimo, ma uno tra le migliaia di martiri per Cristo".
E l’orrore continua:
SIRIA - I jihadisti diffondono il video dell'esecuzione di tre ostaggi assiri
Tre dei cristiani assiri della valle del Khabur tenuti in ostaggio dai jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) sono stati sottoposti a esecuzione capitale da parte dei loro sequestratori. Lo testimonia il video dell'esecuzione, diffuso nelle ultime ore sui website jihadisti. Nel filmato, girato secondo i rituali scenici seguiti anche in altri casi analoghi dalla propaganda jihadista, i tre cristiani assiri compaiono in ginocchio, vestiti con le “solite” tute arancioni in un'area desertica, e vengono ammazzati con colpi di pistola alla nuca da tre boia incappucciati. Ciascuno dei tre assiri, prima di essere ucciso, si identifica ripetendo il proprio nome e il villaggio di provenienza: si tratta di Audisho Enwiya e Assur Abraham – provenienti dal villaggio di Tel Jazira – e di Basam Michael, del villaggio di Tel Shamiram. Dopo la loro esecuzione, il video si conclude con altri tre assiri ripresi in ginocchio e in tuta arancione davanti ai cadaveri dei tre giustiziati. Anche loro rivelano il proprio nome e il villaggio di provenienza, e uno di loro aggiunge in arabo, indicando i corpi dei tre assiri già uccisi: “la nostra sorte sarà la stessa di questi, se non vengono seguite le procedure corrette per il nostro rilascio”.
L'esecuzione – avvertono gli artefici del macabro filmato – è avvenuta la mattina del 23 settembre, nel giorno in cui i musulmani commemoravano la "Festa del Sacrificio" (Eid al-Adha).
I tre uomini assassinati, come i tre che compaiono nel video ancora vivi, facevano parte del gruppo di circa 230 cristiani assiri che i jihadisti del Daesh tengono in ostaggio dalla fine di febbraio, quando l'offensiva jihadista raggiunse i villaggi cristiani della valle del fiume Khabur. Il luogo della loro detenzione con tutta probabilità si trova ancora nella zona di al-Shaddadi, roccaforte del Daesh, a 60 chilometri da Hassakè. Il messaggio veicolato da video è chiaro e feroce: il riscatto richiesto per la liberazione dei cristiani ancora prigionieri non è stato pagato, e le esecuzioni continueranno finché non verrà versato la somma richiesta.
Nelle fasi successive al sequestro collettivo, i jihadisti hanno chiesto 100mila dollari in cambio della liberazione di ogni singolo ostaggio. Davanti alle risposte di chi dichiarava l'impossibilità di raccogliere tale cifra esorbitante di denaro, le trattative si erano interrotte. Circa un mese fa, l'arcivescovo siro-cattolico Jacques Behnan Hindo aveva riferito all'Agenzia Fides che si erano riaperti degli spiragli per trovare l'accordo su una somma di riscatto pro-capite molto meno onerosa. Il video con l'esecuzione dei tre poveri assiri stronca le speranze, e torna a crescere la preoccupazione per la sorte dei cristiani del Khabur – compresi donne e bambini- ancora nelle mani dei jihadisti. (Agenzia Fides 8/10/2015).
Giudizio importante:
SIRIA - L'Arcivescovo Hindo: è insensato chi definisce le operazioni militari contro i jihadisti come una “Guerra Santa”
“Ho sentito dire che alti responsabili del Patriarcato di Mosca hanno benedetto le operazioni militari russe contro le milizie jihadiste operanti in Siria come una 'Guerra Santa': voglio dire chiaramente che si tratta di un modo insensato di definire quello che sta succedendo in Siria, e che per noi quelle parole possono avere conseguenze devastanti”. Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'arcidiocesi siro-cattolica di Hassakè-Nisibi, esprime in una conversazione con l'Agenzia Fides un giudizio netto sulle formule usate da ecclesiastici “che non vivono in Medio Oriente, e che spesso applicano chiavi di lettura politiche o ideologiche alle sofferenze dei cristiani mediorientali”.
Secondo l'Arcivescovo siro cattolico, fornire giustificazioni religiose agli interventi militari contro i jihadisti è sbagliato e fuorviante per più di un motivo: “A parlare di 'Guerra Santa' ” - fa notare mons. Hindo - “sono proprio i jihadisti. Se anche noi usiamo le loro stesse parole, quale è la differenza tra noi e loro? Con simili espressioni, si finisce proprio per confermare la loro ideologia sanguinaria: se davvero c'è in corso una Guerra Santa, potranno giustificare meglio ogni nefandezza anche contro i cristiani di qui, etichettandoli come quinte colonne del nemico che li attacca”. Invece, secondo l'Arcivescovo siro cattolico, “occorre ribadire che la Guerra è sempre peccato, e quindi non può esistere una Guerra Santa. E conviene tener sempre ben chiaro che i jihadisti non sono solo contro i cristiani, ma sono contro tutti, a partire dai musulmani che non si sottomettono alla loro ideologia e al loro dominio”.
Il ricorso alla categoria di “Guerra Santa” rischia di fornire conferme agli stereotipi jihadisti che definiscono gli occidentali come “crociati”, con un'identificazione che secondo l'Arcivescovo siro cattolico è anch'essa fuorviante: “Sono stati gli orientalisti occidentali” fa notare mons. Hindo “che hanno inventato la parola “Crociata”. Fino a due secoli fa, nei libri di storia arabi gli interventi occidentali del Medio Evo in Medio Oriente erano definiti come 'Guerre dei Franchi”. (GV) (Agenzia Fides 13/10/2015).
Segni di speranza:
IRAQ – Appello della Chiesa: rifugiati cristiani accolti a gruppi
Accogliere i rifugiati cristiani iracheni a gruppi di 4-500 famiglie, anziché concedere visti con il contagocce. E' il pressante appello ai governi occidentali rilanciato a Parigi da mons. Petrus Mouché, arcivescovo siro-cattolico di Mosul, ricevuto nei giorni scorsi al Quay d’Orsay.
La comunità siro cattolica rischia di scomparire dall’Iraq
Da mesi, le famiglie cristiane di Mosul e dei villaggi della piana di Ninive rifugiatesi a Erbil, nel Kurdistan iracheno, per fuggire dalle persecuzioni dell’Is stanno lasciando i campi profughi diretti verso l’Europa e gli Stati Uniti. Sono famiglie allo stremo, che con il passare del tempo hanno perso la speranza di poter fare rientro nelle proprie case. Un esodo che, come è noto, i vescovi iracheni dei vari riti hanno cercato invano di fermare, nel timore di una scomparsa irreversibile della millenaria presenza cristiana in Iraq. Preoccupazione che riguarda in particolare i siro-cattolici: “Se questa dispersione continua – avverte mons. Mouché sulle pagine del quotidiano francese Le Figaro – la nostra comunità rischia di scomparire”. Per fermare l’emorragia, secondo l’arcivescovo si Mosul, non resta che un’alternativa: lasciar partire le famiglie siro-cattoliche insieme, a gruppi di 400-500 nuclei familiari. “Raggruppate si sentiranno più forti, i loro bambini potranno essere scolarizzati insieme, potranno continuare a parlare la propria lingua e a vivere la propria fede”, ha affermato. L’obiettivo a lungo termine resta lo stesso: il ritorno nei loro villaggi, attualmente sotto il controllo del Califfato: “Quando saranno liberati potranno rientrare nelle loro case”.
La vera soluzione è la ripresa della Piana di Ninive
L’ipotesi di un’accoglienza massiccia di rifugiati cristiani incontra, peraltro, qualche riserva, non solo negli ambienti politici in Francia, ma anche da parte di alcune organizzazioni cattoliche che temono che una tale iniziativa possa essere controproducente. Mons. Pascal Golnish, direttore dell’”Oeuvre d’Orient”, Associazione cattolica francese impegnata negli aiuti ai cristiani in Medio Oriente, riconosce tuttavia l’esigenza che i rifugiati siro-cattolici accolti all’estero mantengano i contatti tra loro. “Ma la vera soluzione per evitare la completa scomparsa della presenza cristiana in Iraq – sottolinea – resta la ripresa della Piana di Ninive e la messa in sicurezza di Qaraqosh e di tutti i villaggi dell’area”. ( Radio Vaticana 11 10)
IRAQ - Due suore irachene vanno a vivere tra i profughi cristiani accampati a Erbil
Si chiamano Afnan e Alice le due Piccole Sorelle di Charles de Foucauld che da alcune settimane hanno scelto di vivere in un accampamento di Ankawa, alla periferia di Erbil, dove hanno trovato precaria sistemazione migliaia di cristiani della Piana di Ninive fuggiti davanti all'offensiva dei jihadisti dello Stato Islamico. La scelta delle due religiose, raccontata ai microfoni di Radio Sawa, intende esprimere in maniera concreta la totale condivisione delle condizioni di difficoltà e di sradicamento vissute dalle migliaia di famiglie costrette a lasciare le proprie case, e che ormai si stanno rassegnando all'idea di dover vivere in tale stato ancora per molto tempo.
Le due suore stanno coinvolgendo anche altre religiose nell'assistenza rivolta soprattutto ai bambini e ai giovani che vivono negli accampamenti di tende e container. L'intento è quello di preservare l'infanzia e la gioventù dal senso di vuoto e dall'assenza di attività formative che col tempo possono degenerare fino a innescare derive di degrado psicologico e morale. Proprio nella giornata di oggi, i gruppi politici animati da militanti cristiani e altre sigle comunitarie hanno indetto una manifestazione di protesta contro il dilagare di fenomeni di degrado urbano – come il moltiplicarsi di bische e locali dove si vendono senza controllo bevande alcoliche – che stanno ad Ankawa, il sobborgo di Erbil abitato in maggioranza da cristiani. (GV) (Agenzia Fides 9/10/2015).