2021 03 10 IL PAPA IN IRAQ
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IL PAPA IN IRAQ: le sofferenze dei cristiani non sono un episodio del passato
In uno dei tanti articoli di questi giorni si racconta il “tentativo” del Papa:
Tra le macerie, lì dove il sedicente Stato islamico ha seminato l’oscurità della morte e del terrore, il Papa porta la luce della fede e della speranza. In una Mosul in cerca di ricostruzione degli edifici e dei cuori, Francesco invoca il perdono di Dio e la grazia della conversione mentre indica che la strada è quella di attuare il disegno d’amore e di pace che il Signore ha per l’uomo. Un cammino segnato dalla speranza che suscitano le esperienze di collaborazione fraterna fra cristiani e musulmani raccontate nelle testimonianze che precedono il saluto del Papa.
A scandire l’intensità dell’evento la Preghiera e i silenzi nella spianata dove le rovine delle 4 chiese distrutte, già da sole, testimoniano la sofferenza di cristiani e non solo, quando arrivò l’Is.
Tra il 2014 e il 2017 a Hosh al-Bieaa, piazza delle 4 chiese - siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea - questi edifici vennero distrutti dagli attacchi terroristici.
Ma ci sono anche i canti e la gioia dei fedeli in una giornata segnata da uno splendido sole, a testimoniare tutta la voglia di ricominciare che si sprigiona.
Mosul è il luogo simbolo del dell’Is che qui instaurò la sua capitale e compì massacri fra il 2014 e il 2017. Da antica città sulla riva occidentale del fiume Tigri di fronte ai resti archeologici di Ninive, da crocevia di etnie e religioni lungo i secoli, in quegli anni si è trasformata in luogo di terrore.
Da qui, dalla “città dei profeti” chiamata così per la presenza delle tombe di cinque profeti musulmani, circa mezzo milione di persone, di cui oltre 120.000 cristiani, dovettero fuggire in quegli anni bui e la località fu sottoposta a una sistematica devastazione con la distruzione fra l’altro di chiese, del mausoleo di ?Awn ad-din, di Nabi Yunis (il mausoleo del profeta Giona), di un tratto murario del sito di Ninive, oltre che di rarissimi manoscritti e di più di 100.000 libri conservati nella Biblioteca, di reperti archeologici e perfino della moschea di Mur ad-din.
Ma qual è il contesto di oggi? Illuminante la testimonianza di Padre Benham Benoka, sacerdote siro-cattolico
Iraq: le sofferenze dei cristiani in attesa di Francesco
Padre Benham Benoka, sacerdote siro-cattolico, racconta a Vaticanews le sofferenze delle comunità cristiane irachene minacciate da chi vuole impossessarsi dei loro territori.
Tra i momenti più significativi del programma del viaggio di Papa Francesco in Iraq ci sono sicuramente la visita alla città di Mosul e quella a Qaraqosh nella Piana di Ninive, previste per domenica 7 marzo.
Si tratta di territori che rappresentano il cuore della cristianità irachena, dove, fra il 2014 e il 2016, i terroristi dell’Is - il sedicente Stato islamico - perseguitarono ferocemente le comunità cristiane costringendo circa centoventicinquemila persone ad abbandonare le loro case.
Ancora oggi però, dopo la liberazione nel 2016 di Mosul e degli altri centri e il progressivo ritorno delle comunità cristiane nei loro villaggi, la loro permanenza è in forte pericolo.
Lo ha spiegato, ai microfoni di Radio Vaticana, in collegamento telefonico dalla città di Bartella, a pochi chilometri da Mosul, padre Benham Benoka, sacerdote siro-cattolico.
L’intervista a padre Benham Benoka
Quale Iraq troverà a Papa Francesco?
R.- Purtroppo il Paese è oggi molto sofferente e molto diviso, frammentato. Ci sono continui scontri fra le fazioni che governano l’Iraq e ogni milizia ha un suo territorio che controlla autonomamente e il governo pare completamente impotente. Poi, soprattutto nella regione cristiana dell’Iraq, cioè la Piana di Ninive, l’ultimo baluardo dei cristiani, dove siamo ancora una maggioranza, noi soffriamo infinitamente. Dopo la sconfitta dell’Is - il sedicente Stato islamico - e il ritorno alle nostre città liberate, siamo purtroppo tornati a soffrire, anche di più rispetto a prima. Il fatto è che le forze che oggi controllano la nostra terra vogliono, per così dire, “spadroneggiare”, vogliono “farci fuori” e impossessarsi delle nostre terre. Se questo accadrà, se nessuno ci aiuta, in pochi anni non ci saranno più cristiani nella Piana di Ninive. Per questo noi speriamo che il viaggio del Papa possa in qualche modo aiutarci.
Perché dice questo? Quali sono le difficoltà che incontrate come comunità cristiane?
R.- Dopo la liberazione della Piana di Ninive nel 2016, e il graduale ritorno nelle nostre città negli anni successivi, avevamo la speranza di tornare alle nostre case e iniziare una vita di pace e sicurezza assieme a tutte le altre minoranze religiose. Dopo la liberazione però ci siamo accorti che c’erano delle case di cittadini cristiani e delle Chiese che erano rimaste intatte, anche sotto il dominio dell’Is, eppure – dopo la cacciata dell’Is - sono state subito rubate o completamente distrutte. Ci siamo accorti poi che era molto difficile per un padre di famiglia - e lo è ancora oggi - trovare un lavoro per poter sostenere i propri cari. Questo perché c’è un immenso piano per attuare un cambiamento demografico nelle nostre città cristiane. A Bartella, dove mi trovo, per esempio, sono state fatte arrivare da altri luoghi circa quindicimila famiglie di etnia shabak, musulmani sciiti, per farli vivere qui, in questo sub-distretto della Piana di Ninive. Questo cambiamento demografico è stato attuato da alcune fazioni per farci capire che ormai questo villaggio non è più un luogo cristiano ma sciita. Quindi la nostra sofferenza nasce dal fatto che stiamo subendo una vera e propria “pulizia etnica e religiosa” e uno dei suoi aspetti è proprio questo cambiamento demografico forzato. Ma ci sono altri aspetti. Per esempio, alcune fazioni musulmane dicono ai loro fedeli di non comprare nulla dai commercianti cristiani di Bartella, con il chiaro obbiettivo di distruggere l’economia della città. Poi, ogni tanto, vengono eretti monumenti sciiti e costruzioni sciite proprio in corrispondenza di siti archeologici cristiani, per dare il messaggio che non esiste più un volto cristiano della città. Per queste persone la città deve diventare “sciita”, musulmana, le bandiere nere sono ovunque e nessuno, nemmeno il Governo iracheno, osa rimuoverle. Inoltre hanno iniziato a chiamare le strade di Bartella con i nomi dei loro martiri che mai hanno versato il loro sangue per difendere questa città.
Lei ci parla di una convivenza difficile tra cristiani e musulmani, ma il viaggio del Papa avverrà nello spirito del motto “Siete tutti fratelli” e il Pontefice a Najaf incontrerà l’ayatollah Ali Sistani, considerato la massima autorità dell’islam sciita. Che significato dà a questo avvenimento?
R.- Quello del Papa è il progetto cristiano per eccellenza, quello della fraternità. Siamo tutti fratelli, questo è vero. Però siamo tutti fratelli quando c’è un reciproco rispetto dei propri diritti e ognuno conosce i propri doveri verso gli altri, quando cioè c’è la giustizia su tutti i livelli. Quando qualcuno vuol rubarci la terra, la casa e il lavoro, vuole rubarci la sicurezza e la pace, come si può realizzare la convivenza? Ci deve essere qualcuno che abbia la forza di imporre la pace. Sappiamo tutti quanti che queste difficoltà non sono create dalla gente comune, ma dalle autorità, da chi ha la forza militare o la capacità di imporre una certa ideologia per realizzare i propri piani. La convivenza e la fratellanza umana sono importantissime, senza la fratellanza umana avremo sempre un Paese diviso. Però, per garantire questa fratellanza fra tutte le religioni serve anche la giustizia, la giustizia accanto all’amore. (…)
Speriamo davvero che il Papa possa portare avanti questa sua missione che è senz’altro molto faticosa ma è accompagnata dalle nostre preghiere. (RV 02 marzo 2021 Fabio Colagrande – Città del Vaticano)
In margine all’8 marzo
Cristian Nani: le tante forme di persecuzione sulle donne
“Stessa fede, diversa persecuzione”: Report sulle differenze di persecuzione religiosa tra uomini e donne 2021”, è il titolo dell’inchiesta di PorteAperte/Open Doors in cui si individua una categoria nuova, la “persecuzione religiosa specifica di genere”.
Ai nostri microfoni Cristian Nani, direttore dell’agenzia spiega che ad essere definita così è l’incontro tra le vulnerabilità religiose tipiche di vari contesti e le forme di disuguaglianza e di violenza specifica di genere.
“Se è vero che uomini e donne cristiani, per quanto ci riguarda, vengono colpiti ugualmente da persecuzioni, questo avviene in forme diverse”. E cita qualche esempio: dalla modalità più scontata e cioè la violenza sessuale o la minaccia di violenza sessuale, ai matrimoni forzati. Ma ci sono poi la violenza psicologica, i rapimenti, la reclusione in casa. la sottrazione dei figli. “Per quanto riguarda Paesi come il Pakistan - afferma - molte donne vengono rapite per essere date in spose, donne cristiane che dopo il matrimonio forzato, oltre alla violenza subita, sono costrette anche alla conversione alla religione del marito”. Per non parlare poi del traffico di esseri umani ai fini dello sfruttamento sessuale e della vendita vera e propria di donne come accade ad esempio in Cina, dove vengono vendute donne che provengono dalla Corea del Nord e da altri Paesi, data la carenza di donne in Cina prodotta dall’aborto selettivo, per diventare poi le mogli di uomini cinesi.
Colpire le donne per colpire l’intera comunità
Che il coronavirus abbia inciso sulla violenza sulle donne è un dato ormai evidente anche in Occidente, Italia compresa, e il rapporto indica come la violenza su di loro cambi a seconda della regione del mondo in cui vivono. In Medio Oriente, Nordafrica e nell’Africa Sub-Sahariana estremisti come Boko Haram ricorrono all’uso di adescamento mirato, matrimoni forzati e rapimenti come strumento per islamizzare ragazze e donne e impoverire la comunità cristiana. Gruppi criminali in America Latina e leader del narcotraffico, osserva il report, minacciano di morte le famiglie cristiane se rifiutano di cedere le loro figlie. Questo riduce al silenzio le Chiese e i loro responsabili. Papa Francesco ha appena visitato un Paese dove la presenza delle donne nelle famiglie e in generale nella società è determinante per la capacità di cura e di resistenza, ma dove sono state vittime di violenze e di abusi: le donne cristiane, quelle della minoranza yazida. È una realtà di cui si dovrebbe parlare di più, afferma il direttore di PorteAperte/Open Doors, “come è stato dimostrato - prosegue - questa è stata proprio una strategia dell’Is che ha usato le donne per i propri scopi. Perché colpire la donna significa ferire un’intera comunità cristiana. I gruppi estremisti, come Boko Haram, ad esempio, sanno benissimo che questo serve per demolire le famiglie e la Chiesa intera. Loro sanno che nella mentalità cristiana la famiglia è il nucleo fondante della Chiesa e della società, quindi colpire il corpo delle donne diventa una strategia non solo per ferire le povere vittime, ma anche per ferire a morte e avvelenare l’intera comunità”. Perciò le parole del Papa in Iraq - afferma ancora Cristian Nani - sono state importantissime, un messaggio di perdono e di amore per il prossimo in una terra che ne ha ancora tanto bisogno.
(RV 08 marzo 2021)
MYANMAR - La suora in ginocchio non ce l’ha fatta: due giovani uccisi nel compound della Cattedrale cattolica
“La giornata dell’8 marzo è stata segnata da una dura repressione delle forze di sicurezza sui giovani manifestanti in tutto il paese. Gli agenti stanno sparando e uccidendo più che nei giorni scorsi”, dice all’Agenzia Fides una fonte nello stato Kachin. In particolare le fonti di Fides raccontano quanto avvenuto oggi nella città di Myitkyina, capitale dello stato Kachin, nel Nord del Myanmar, abitato per circa un 30% da popolazione cristiana (550mila fedeli su 1,5 milioni di abitanti).
Per sfuggire alle percosse e agli arresti, alcuni giovani manifestanti si sono rifugiati nel complesso della Cattedrale cattolica di San Colombano, ma i militari hanno iniziato a sparare ai giovani disarmati: il tragico bilancio è 2 giovani uccisi e 7 feriti dalle forze di sicurezza. Il compound della cattedrale - rivelano fonti di Fides - è stato circondato dall’esercito che intende dare la caccia ai dimostranti.
Vi è stato, in questo frangente, l’intervento del Vescovo emerito della diocesi, Mons. Francis Daw Tang, e di suor Ann Nu Tawng, la religiosa divenuta “icona” di pace, per aver fermato nei giorni scorsi, inginocchiandosi davanti a loro, i militari cha avanzavano.
La suora ha provato a mediare tra manifestanti ed esercito, per evitare la strage.
Nonostante l’appello rivolto alle forze di polizia di “non arrestare e perseguitare manifestanti pacifici”, gli agenti hanno aperto il fuoco e non hanno voluto lasciare il luogo.
(PA) (Agenzia Fides 8/3/2021)
NIGERIA - Tredicenne «blasfemo» costretto con la famiglia a nascondersi
Il giovane islamico, prima condannato a dieci anni per aver violato la sharia, è stato poi assolto perché processato come un adulto. Ma ora, in libertà, è minacciato di morte
Il 13enne islamico condannato a 10 anni di carcere per blasfemia in Nigeria è stato scarcerato, ma ora vive nascosto assieme ai suoi famigliari. Lo ha confermato all’agenzia stampa Dpa l’avvocato Kola Alapinni, difensore del giovane Omar Farouq. Farouq era stato condannato da un tribunale islamico dello Stato nigeriano di Kano, in un caso che ha avuto forte risonanza internazionale. Ma un tribunale civile ha annullato la sentenza, sulla base del fatto che il ragazzino era stato giudicato davanti ad una corte per adulti, senza adeguata difesa, ha spiegato Alapinni. Il processo per blasfemia, ha sottolineato, era in violazione della Convenzione Onu dei diritti dell’infanzia, firmata dalla Nigeria.
Il ragazzino è stato liberato il 25 gennaio, ma lui e la sua famiglia hanno subito abbandonato lo Stato di Kano per evitare le persecuzioni di estremisti islamici. Ora si trovano tutti in una località segreta.
“Non vi era altra opzione che evacuare immediatamente lui e la sua famiglia, erano tutti a rischio”, ha detto Alapinni. Già il 21 gennaio, quando era stata annunciata la prossima liberazione di Farouq, una folla di estremisti si era radunata davanti alla sua casa. La madre del ragazzino aveva già dovuto cambiare città, dopo essere stata aggredita dalla folla in seguito all’arresto del figlio. Ad attirare l’attenzione internazionale sul caso di Omar Farouq è stato Piotr Cywinski, direttore del museo polacco del lager nazista di Auschwitz-Birkenau. (…) Al momento non è chiaro cosa abbia fatto l’adolescente per venir riconosciuto colpevole di blasfemia. (sabato 6 marzo 2021 Avvenire)
PROFANAZIONI
ARGENTINA - Situazione tesa: profanata la Cattedrale di N.S. della Pace, aumentano i furti, l’economia langue, proteste per i vaccini ai vip
La diocesi argentina di Lomas de Zamora informa che durante le prime ore di martedì 2 marzo, la Cattedrale di Nostra Signora della Pace è stata oggetto di atti vandalici. Il tabernacolo che custodisce il Santissimo Sacramento è stato profanato, sono state rubate le corone dell’immagine della Vergine della Pace e del Bambino Gesù, che si trovano al centro dell’altare, inoltre è stata distrutta la croce del cimitero parrocchiale adiacente alla chiesa.
Il Vescovo diocesano, Mons. Jorge Lugones SJ, profondamente addolorato del fatto, chiede ai fedeli di partecipare ad un’ora di Adorazione al Santissimo Sacramento, venerdì prossimo, e alla Messa che presiederà lo stesso giorno, alle ore 19, in riparazione della profanazione.
La situazione nel paese è sempre tesa. Diverse città argentine sono purtroppo scenari di violenza urbana, in modo particolare di furti. La situazione economica non è migliorata negli ultimi mesi e molte istituzioni imputano al governo la cattiva gestione dell’emergenza sanitaria, che ha affondato ancora di più l’economia del paese. (Agenzia Fides 03 03 2021)
FILIPPINE - Atti di vandalismo nelle chiese: la condanna dei Vescovi
I Vescovi filippini hanno condannato i recenti atti di vandalismo registratisi nelle chiese delle Filippine. Persone non identificate, il 21 febbraio scorso hanno distrutto immagini religiose all’ingresso della chiesa parrocchiale di Padre Pio nella città di Legazpi, provincia di Albay, nella parte sudorientale dell’isola di Luzon. La statua della Madonna della Salvezza, collocata all’ingresso della chiesa parrocchiale, ha perso la mano destra mentre la mano sinistra dell’immagine di un angelo è stata tagliata, ha riferito il parroco, padre Bob Bañares. Il Vescovo Joel Baylon di Legazpi ha definito gli incidenti come “atti irresponsabili”, auspicando “che non si ripetano”, ha detto.
La settimana precedente, sono state profanate due cappelle nell’isola filippina di Basilan, nelle FIiippine del Sud, e alcune immagini religiose sono state danneggiate. Mons. Leo Dalmao della Prelatura di Isabela ha esortato i cattolici “a non lasciare che gli incidenti seminino più odio, piuttosto che a cercare un’opportunità per diffondere comprensione e pace”. “Ricordo a tutti i fedeli di essere vigili e di rifiutare ogni opportunità che questi elementi negativi riescano a seminare divisione e odio tra noi” ha detto.
Teresa Punzo, leader cattolica locale, ha detto a Fides che “questi tre recenti atti di vandalismo sono deplorevoli. Siamo tutti chiamati a rispettare la fede reciproca e a frenare qualsiasi atto di provocazione o violenza tra fedeli di religioni diverse”.
(SD-PA) (Agenzia Fides 3/3/2021)
GERUSALEMME - vandalizzato il monastero della Chiesa Rumena
Per la quarta volta in un mese accade un simile atto
L’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa condanna i ripetuti atti di vandalismo contro il monastero della Chiesa Rumena a Gerusalemme, l’ultimo dei quali avvenuto il primo marzo. Sconosciuti hanno appiccato il fuoco all’ingresso, ma il sacerdote del posto è riuscito a spegnere rapidamente il fuoco.
“È la quarta volta in un mese che accade un simile atto di vandalismo contro lo stesso monastero; secondo le autorità, gli aggressori potrebbero essere alcuni ebrei ortodossi religiosi – si legge in un comunicato dell’Assemblea degli ordinari cattolici - noi, Chiese cattoliche, ci uniamo alle Chiese ortodosse e a tutte le altre comunità cristiane di Gerusalemme e condanniamo fermamente tali atti di vandalismo che offendono non solo la vita dei cristiani, ma anche di molti che ancora credono nel dialogo e nel rispetto reciproco. Sono atti contrari allo spirito di pacifica convivenza tra le diverse comunità religiose della Città”.
Per gli ordinari cattolici “tutte le autorità politiche e religiose della città dovrebbero unirsi nel condannare questi atti che sono sempre più frequenti in questi ultimi mesi a Gerusalemme”, per questo motivo, chiedono “alle autorità di sicurezza israeliane di indagare seriamente su questi incidenti e di assicurare gli aggressori alla giustizia”. L’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa ritiene che “questi atti e la logica che ne sta alla base” rendano “necessario e urgente lavorare per garantire che tutte le istituzioni educative del Paese educhino i propri alunni alla tolleranza e al rispetto verso le altre religioni, comunità e nazioni”. “Preghiamo l’Onnipotente perché ci dia la saggezza per imparare a vivere insieme, rispettando la dignità e i diritti degli altri” concludono gli ordinari cattolici. (RV 03 marzo 2021 Tiziana Campisi - Città del Vaticano)