2021 01 27 Preghiera più intensa per le tante, troppe vittime
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BURKINA FASO - Prete ucciso: si rafforza la pista jihadista. Nel Sahel le violenze dei terroristi hanno provocato 2 milioni di sfollati
19 gennaio
Allarme in Burkina Faso per la scomparsa di p. Rodrigue Sanon della parrocchia di Notre Dame de la Paix a Soubakanyedougou, nel sud-ovest del Paese. Il sacerdote è scomparso il 19 gennaio mentre percorreva la strada da Soubakaniedougou a Banfora, dove era atteso per un incontro dei sacerdoti con Sua Ecc. Mons. Lucas Kalfa Sanou, Vescovo di Banfora; ma il sacerdote non è mai arrivato a destinazione.
L’auto di p. Sanon è stata ritrovata a Toumousséni, a una ventina di km dalla sua destinazione. ma non sono state travate tracce del parroco.
21 gennaio
“Con profondo dolore porto a conoscenza di tutti che il corpo senza vita di don Rodrigue Sanon è stato ritrovato il 21 gennaio nella foresta di Toumousseni, a una ventina di chilometri da Banfora” ha comunicato Sua Ecc. Mons. Lucas Kalfa Sanou, Vescovo di Banfora.
23 gennaio
Si rafforza l’ipotesi che don Rodrigue Sanon, il parroco di Soubaganyedougou (diocesi di Banfora) sia stato vittima di un gruppo jihadista. Secondo gli inquirenti, il sacerdote, bloccato lungo la strada Soubaganyedougou - Banfora, nei pressi di Toumousséni, sarebbe stato ucciso dai suoi rapitori una volta scopertisi braccati dalle forze dell’ordine. Un modo di agire più simile a quello di un gruppo terroristico che non di una banda di delinquenti comuni.
Il Burkina Faso vive una situazione d’instabilità che ha colpito anche sacerdoti e religiosi.
Dal marzo 2019 non si hanno notizie di p. Joël Yougbaré, parroco di Djibo nella diocesi di Dori, nel Burkina Faso settentrionale, scomparso mentre si recava in parrocchia dopo aver celebrato la messa domenicale a Bottogui. Il 12 maggio dello stesso anno, in un attacco contro la parrocchia di Dablo, sono stati uccisi Don Siméon Yampa e cinque fedeli, mentre il 13 maggio un assalto contro una processione mariana a Singa, si è concluso con la morte di quattro fedeli e la distruzione della statua della Vergine. Il 15 febbraio 2019 in un attacco ad un posto di controllo a Nohao, al confine con il Ghana, è stato ucciso p. Antonio César Fernández Fernández, un missionario salesiano spagnolo. (L.M.)
La violenza jihadista nel Sahel ha provocato la fuga di milioni di persone. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), il numero di persone in fuga dalla violenza nella regione del Sahel in Africa occidentale è quadruplicato negli ultimi due anni, con 2 milioni sfollati all’interno del proprio Paese. Il Sahel ha anche più di 850.000 rifugiati in altri Paesi principalmente provenienti dal Mali.
I militanti legati ad al Qaeda e allo Stato Islamico hanno ampliato il loro raggio d’azione nella regione semiarida ai margini del Sahara, alimentando conflitti etnici in Burkina Faso, Mali e Niger e costringendo intere comunità a fuggire dalle proprie case. Più della metà degli sfollati all’interno del proprio Paese si trova in Burkina Faso, dove molti sono costretti a dormire all’aperto e non hanno abbastanza acqua.
NIGERIA - Assaltato un orfanotrofio nell’area di Abuja, rapiti otto bambini (probabilmente per farne soldati-bambini)
Almeno otto bambini sono stati rapiti da un orfanotrofio a Naharati nel Territorio Federale della Capitale Abuja. Sabato 23 gennaio, intorno all’una di notte, un gruppo alquanto consistente di uomini pesantemente armati ha preso d’assalto la struttura del Rachael’s Orphanage Home, puntando direttamente al dormitorio degli orfani. Oltre ai bambini, rapiti per farne probabilmente dei soldati-bambini, almeno tre adulti sono stati sequestrati.
La piaga dei rapimenti in Nigeria, che coinvolge spesso anche membri del clero, è stata stigmatizzata da Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Abuja, nella sua omelia del 18 gennaio presso la parrocchia di Sant’Antonio a Yangoji, Abuja, il cui parroco, don Matthew Dajo, è stato rapito e detenuto dai suoi carcerieri per dieci giorni, dal 22 novembre 2020 fino al rilascio, il 2 dicembre 2020.
“Lasciati incontrollati dalle autorità nigeriane, questi atti vergognosi e disgustosi continueranno a rovinare la reputazione alla Nigeria, allontanando i visitatori e gli investitori dal Paese. Preghiamo per la liberazione di coloro che sono ancora prigionieri e per la conversione degli autori di questi atti disumani. Possa Cristo manifestarsi agli autori di azioni malvagie come rapimenti, stupri, uccisioni, concedendo loro la grazia del pentimento” ha affermato il Cardinale, che ha ringraziato Dio perché don Dajo “nonostante i tormenti subiti quando era nelle mani dei rapitori, sta generalmente bene, a parte il trauma psicologico”. (L.M.) (Agenzia Fides 25/1/2021)
FILIPPINE - Ucciso un prete cattolico a Mindanao
Uomini armati non identificati hanno sparato e ucciso, il 24 gennaio, un sacerdote cattolico filippino, don Rene Bayang Regalado, mentre stava per tornare al Seminario nel villaggio di Patpat, nei pressi di Malaybalay, città della provincia di Bukidnon, sulla grande isola di Mindanao, nel sud delle Filippine. Non appena è avvenuto l’omicidio, la sera del 24 gennaio, i sacerdoti del Collegio del Seminario San Giovanni XXIII hanno chiamato la polizia, riferendo di aver sentito diversi colpi di arma da fuoco verso le 19:30 (ora locale). Gli agenti hanno confermato che don Regalado è stato ucciso nelle vicinanze del Seminario “con diversi colpi di pistola alla testa”. Il corpo si trovava a pochi metri dal cancello del monastero carmelitano di Patpat. Il sacerdote stava tornando a casa al Seminario del Collegio San Giovanni XXIII quando i sospetti criminali hanno fermato il suo veicolo sulla strada isolata.
Il corpo di don Regalado si trovava a circa tre metri dal suo veicolo di servizio, una Chevrolet. “Il suo occhio sinistro aveva contusioni come se fosse stato colpito prima della sua morte. Don Regalado era già morto quando siamo arrivati” ha riferito il sergente Jeffrey LLoren, investigatore della polizia. La polizia, inoltre, ha trovato il braccio sinistro del prete assassinato “legato con un laccio di colore bianco” e ha anche trovato una pistola Colt 45 con dieci proiettili in carica e un proiettile vuoto che forse i criminali hanno intenzionalmente lasciato vicino alla testa del prete ucciso. La famiglia di don Regalado, originario del villaggio di Sinayawan, nei pressi di Valencia City, ha chiesto l’autopsia sul corpo, che è stato portato ieri sera all’obitorio di Malaybalay City.
Don Regalado era anche conosciuto come “Paring Bukidnon” (“sacerdote di montagna”), in quanto spesso visitava le comunità più isolate, sostenendo le questioni legate alla vita e alle urgenze degli agricoltori e promuovendo l’agricoltura biologica e sostenibile nel suo blog, dove trattava temi di carattere sociale. Secondo gli inquirenti della polizia, don Regalado aveva ricevuto minacce di morte prima di essere ucciso e si sta indagando su questi trascorsi.
Don Regalado era stato ordinato sacerdote il 18 ottobre 2007 dal Vescovo emerito di Bukidnon, mons. Honesto Pacana SJ. Ha svolto la sua formazione al Seminario San Giovanni XXIII e conseguito la licenza in Teologia al San Isidoro College, concludendo poi i suoi studi teologici presso il Seminario teologico San Giovanni Maria Vianney a Cagayan de Oro City.
(SD-PA) (Agenzia Fides 25/1/2021)
INDIA - Violenza e discriminazione sui cristiani in crescita nel 2020, si estendono le “Leggi anti-conversione”
La violenza contro i cristiani in India continua a crescere e nel 2020 ha toccato la quota di 327 casi di violenza su persone o istituti cristiani: lo afferma la Evangelical Fellowship of India (EFI) che - avvalendosi di propri enti di ricerca e monitoraggio come la Commissione per la Libertà Religiosa e il servizio telefonico “Helpline” - ha pubblicato il rapporto annuale 2020, dal titolo “Odio e violenza mirata contro i cristiani in India”. Il testo, pervenuto all’Agenza Fides, documenta fra i 327 casi di violenza, l’uccisione di cinque persone, sei chiese bruciate o demolite e 26 episodi di boicottaggio o discriminazione su base religiosa.
“Questo non è affatto un elenco esaustivo di incidenti, molti dei quali rimangono per lo più non denunciati e non registrati, a causa della paura di ulteriori atrocità, soprattutto nelle aree rurali; i fedeli sono titubanti o rifiutano apertamente di denunciare casi di violenza religiosa a causa della paura” ha detto a Fides il reverendo Vijayesh Lal, Pastore protestante, Segretario generale dell’EFI.
“La situazione della libertà religiosa in India - spiega - va inquadrata nel contesto delle spinte che giungono dal panorama politico, laddove i partiti di maggioranza hanno modificato delle leggi o approvato nuovi provvedimenti a sfavore delle minoranze in vari modi”, ha spiegato Lal.
Il rapporto dell’EFI riporta e documenta la violenza contro i cristiani nel 2020. La Commissione per la libertà religiosa nota che “l’alfabetizzazione giuridica è decisamente inadeguata; la polizia quasi di regola non vuole registrare i casi denunciati dai cristiani. Anche se un caso è registrato dalla polizia, gli aggressori raramente sono perseguiti in tribunale”. “D’altro canto, il denunciante corre il rischio di un’azione di ritorsione”, ha affermato Lal.
Sul metodo di monitoraggio, gli incidenti citati nel rapporto vengono registrati per la prima volta da volontari che trasmettono le informazioni alla Commissione, che poi verifica con la vittima o con i testimoni, contattando anche le stazioni di polizia locali.
Sui 327 casi registrati, l’Uttar Pradesh è in testa alla lista delle regioni dove la minoranza cristiana è stata maggiormente presa di mira, con 95 incidenti contro la comunità cristiana nel 2020. Segue il Chhattisgarh con 55 incidenti, la maggior parte avvenuti nella regione tribale del Bastar, ora saturata da volontari di organizzazioni induiste inviate per “contrastare l’influenza cristiana”. C’è una campagna politica ben pianificata da questi gruppi - si legge nel testo - per promuovere “l’Hindutva”, ovvero l’ideologia che predica “l’India agli indù”, escludendo altre comunità religiose. Nel Chhattisgarh, come nelle regioni tribali contigue, questi gruppi hanno mano libera e hanno un appoggio a livello politico.
La spinta dei gruppi estremisti indù nel Jharkhand è simile a quella del Chhattisgarh e ha portato alla violenza e al boicottaggio dei cristiani. Jharkhand e Madhya Pradesh hanno registrato rispettivamente 28 e 25 incidenti. In Madhya Pradesh, tutti gli incidenti sono avvenuti da marzo a dicembre e nei primi due mesi non si è registrato alcun incidente. A marzo il BJP ha strappato il potere al Partito del Congresso nello stato. In Tamil Nadu, nel sud dell’India, si sono verificati 23 incidenti. Lo stato ha registrato il secondo maggior numero di casi nel 2019, con 60 episodi di violenta contro la comunità cristiana.
Secondo i dati pubblicati, i mesi di marzo e ottobre hanno visto il maggior numero di incidenti registrati nel Paese contro i cristiani, rispettivamente con 39 e 37 incidenti. Maggio è stato il più basso, con solo 12 incidenti, forse dovuto al blocco imposto in tutto il paese per il Covid-19.
Un altro sviluppo allarmante notato dal Rapporto è l’approvazione dei famigerati “Freedom of Religion Acts”, popolarmente conosciuti come “leggi anti-conversione” in altri due stati indiani (oltre ai 7 dove sono già in vigore) governati dal Bharatiya Janata Party (BJP, partito nazionalista indù che detiene anche il governo federale) guidato dal Primo ministro Narendra Modi.
Il Rapporto nota che ad essere presi di mira, attraverso i nuovi provvedimenti, sono anche i fedeli musulmani, colpiti con il pretesto di frenare il cosiddetto “Love Jihad”. Si tratta di un termine islamofobo coniato alcuni anni fa per demonizzare i matrimoni tra uomini musulmani e donne non musulmane, in particolare quelli appartenenti alle caste superiori indù. Le leggi apparentemente puniscono le conversioni religiose forzate o fraudolente ma, in pratica, vengono utilizzate per criminalizzare tutte le conversioni, specialmente in contesti non urbani. Inoltre le leggi in questione tolgono libertà alle donne indù, rifiutando o controllando il loro libero arbitrio e lasciandole in balia del patriarcato, ulteriormente rafforzato dal quadro politico. Le sentenze delle Alte Corti in diversi stati, che hanno ribadito come uomini e donne adulti abbiano la libertà di scegliere i loro partner, non hanno avuto alcun impatto.
Il 31 ottobre 2020 Yogi Adityanath, Primo ministro dell’Uttar Pradesh, ha annunciato che la legge per frenare “Love Jihad” sarebbe stata approvata dal suo governo. Senza discussione legislativa, è diventata legge con un’ordinanza approvata dal governatore dello stato, Anandiben Patel. Con l’approvazione dell’ordinanza sul “divieto di conversione”, l’Uttar Pradesh è diventato l’ottavo stato in India a introdurre una legge anti-conversione. Leggi simili sono in vigore negli stati di Odisha, Madhya Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Himachal Pradesh, Jharkhand e Uttarakhand.
A dicembre 2020 il Madhya Pradesh ha approvato un disegno di legge anti-conversione sulla falsa riga dell’Uttar Pradesh, divenendo il nono stato. Alle fine del 2020, gli stati governati dal BJP, ovvero Uttar Pradesh, Madhya Pradesh, Haryana e Karnataka, hanno progettato di prevenire le presunte “conversioni forzate” compiute attraverso il matrimonio. La punizione per tale reato può arrivare fino a dieci anni di prigione.
Gli stati di Arunachal Pradesh e Rajasthan hanno approvato leggi anti-conversione che non sono entrate in vigore per vari motivi, mentre il Tamil Nadu ha approvato e poi abrogato un simile provvedimento.
Le organizzazioni cristiane temono che l’espansione delle leggi anti-conversione porti a compiere un passo avanti verso il manifesto del BJP che promette una legge a livello nazionale per “controllare l’evangelizzazione da parte dei missionari”, termine progettato per imputare la presunta “cospirazione occidentale” che, secondo il manifesto, cercherebbe di convertire i dalit, tribali nelle aree rurali, e nelle periferie urbane. Questo, insieme all’allarme sull’esplosione della popolazione islamica a causa dell’alto tasso di natalità tra i musulmani d’India, alimenta la retorica orchestrata secondo cui “la popolazione indù diventerà una minoranza in India”: affermazione che - rileva il Rapporto - è alla base della propaganda elettorale in India.
Come risultato delle leggi anti-conversione, le minoranze religiose possono essere prese di mira da chiunque, in particolare dai gruppi di “vigilantes”, vere milizie civili controllate dai gruppi estremisti indù che sono complici o promotori della violenza. Inoltre, queste leggi pongono l’onere della prova sulla persona che è stata accusata di conversione.
(Sd-PA) (Agenzia Fides 21/1/2021)
PAKISTAN - Mashal, cristiana, rapita per diventare moglie-schiava del suo carceriere
Ha solo 17 anni. E come Huma Younus, Arzoo Raja e Maira Shahbaz rischia di essere stuprata, convertita e costretta al matrimonio
A sinistra Arzoo, poi in alto a destra Maira e in basso Huma
Rapita in casa il 5 gennaio sotto gli occhi della sorella di 11 anni mentre il padre si trovava al lavoro e da allora sequestrata in casa dell’uomo considerato responsabile del crimine insieme a quattro complici.
La sorte della 17enne Mashal sembra purtroppo ancora una volta simile a quella di tante giovani di fede cristiana che – come pure quelle di altre minoranze religiose – sono prese di mira da adulti in cerca di una compagna temporanea o stabile e per questo vengono strappate alla famiglia, stuprate e costrette al matrimonio con rito islamico.
Ma adesso le famiglie denunciano
Una sorte che le “espropria” dalla famiglia d’origine, che raramente riesce a ottenere giustizia e il ritorno a casa della ragazza. È quanto sta succedendo al padre che si è rivolto alla stazione di polizia di Mohallah Raja Sultan Rawalpindi, quartiere con preponderante popolazione musulmana della città di Rawalpindi. Alle richieste accorate di Rafique Masih i poliziotti hanno risposto tentando di minimizzare il caso e ridicolizzando la famiglia, avviando con ritardo le indagini. Questo nonostante il presunto responsabile, Muhammad Hamza, sia noto e ci siano testimoni oculari del rapimento. Per questo, lo stesso genitore ha accusato la polizia di ritardare deliberatamente ogni tentativo di togliere la giovane ai rapitori e arrestare i responsabili. Il timore della famiglia è che possa essere stato registrato l’atto di conversione e quindi celebrato il matrimonio sulla base di un consenso che il padre ritiene possa essere frutto di coercizione. (…)
(AVVENIRE Stefano Vecchia martedì 26 gennaio 2021)