2020 02 19 Il virus della persecuzione contri i cristiani
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BURKINA FASO - Almeno 24 morti nell’attacco a una chiesa evangelica
Individui armati non identificati hanno attaccato ieri, domenica 16 febbraio, la chiesa evangelica nel villaggio di Pansi, situato non lontano da Sebba, nella provincia di Yahgha, nel nord del Burkina Faso, uccidendo almeno 24 persone e ferendone una decina. L’attacco è avvenuto di mattina, quando i fedeli erano radunati nella chiesa per il culto domenicale. Gli assalitori sono arrivati in moto e hanno aperto il fuoco sui fedeli, per poi andarsene portando con loro il pastore ed altri ostaggi.
Il 10 febbraio, un gruppo jihadista aveva assalito la città di Sebba e rapito sette persone, facendo irruzione nella casa di un pastore protestante. Tre giorni dopo, cinque di loro, tra cui il pastore, sono state trovate morte mentre le altre due donne, sono state trovate incolumi.
(L.M.) (Agenzia Fides 17/2/2020)
NIGERIA - Nuovo rapimento di un sacerdote in Nigeria
“Siamo sicuri che sia vivo e abbiamo subito intrapreso i passi necessari per assicurare che p. Nicholas Oboh sia rilasciato incolume” ha affermato p. Osi Odenore, Cancelliere della diocesi di Uromi, in una conferenza stampa nella quale ha denunciato il rapimento di p. Nicholas Oboh, che opera nella diocesi di Uromi, nello Stato di Edo, nel sud-est della Nigeria. P. Odenore ha affermato che il sacerdote è stato rapito il 14 febbraio, ma non ha specificato in quale zona sia avvenuto il sequestro. P. Odenore ha concluso il suo intervento chiedendo preghiere per la rapida liberazione di p. Oboh.
I sequestri a scopo di estorsione sono una piaga che colpisce da tempo diverse aree della Nigeria. In concomitanza con il rapimento di p. Oboh, quattro bambini sono stati sequestrati a Umelu, nello Stato di Edo, quando alcuni banditi hanno assalito il villaggio. Dopo aver derubato i residenti, i malviventi sono fuggiti portando con loro i quattro bambini. Nonostante il pagamento di un riscatto, solo uno di loro è stato finora rilasciato.
Tra le persone rapite ci sono sacerdoti e religiosi/e. Gli ultimi in ordine di tempo sono i quattro seminaristi rapiti dal seminario maggiore del Buon Pastore di Kakau, nello Stato di Kaduna, nel nord-ovest della Nigeria, da uomini armati nella notte dell’8 gennaio (vedi Fides 13/1/2020). Il più giovane di questi, Michael Nnadi (18 anni), è stato ucciso mentre gli altri tre sono stati liberati (vedi Fides 3/2/2020).
Al suo funerale (vedi Fides 13/2/2020), Sua Ecc. Mons. Matthew Hassan Kukah, Vescovo di Sokoto, ha rivolto un duro atto d’accusa nei confronti del Presidente Muhammadu Buhari, che era stato eletto sulla promessa di ristabilire la sicurezza nel Paese. Mons. Kukah ha contestato non solo l’insicurezza che regna in Nigeria, ma anche le politiche che hanno approfondito le divisioni etniche e religiose tra Nord e Sud. (L.M.) (Agenzia Fides 15/2/2020)
DUE STORIE DOLOROSE, DIFFICILI DA DEFINIRE A LIETO FINE
PAKISTAN - Si riunisce alla sua famiglia una ragazza cristiana rapita
E’ una storia per ora a lieto fine, ma resta un caso raro.
Sneha, 14 anni, ragazza cristiana di una famiglia che abita la “colonia” di Bahar, Lahore, che era stata rapita da un uomo musulmano, è stata recuperata e si è riunita alla sua famiglia. Come appreso dall’Agenzia Fides, Sneha è la figlia più giovane di Sabir Masih e ha due sorelle e un fratello maggiore. Era una studentessa alla “Franciscan Girls High School” e la sera frequentava anche dei corsi speciali per prepararsi agli esami finali.
Sneha ha affermato che Zeeshan, un uomo musulmano, le aveva chiesto insistentemente di fare amicizia con lui mentre tornava a casa. Sneha ha costantemente rifiutato l’approccio. La sera del 14 gennaio 2020, mentre Sneha stava tornando a casa, Zeeshan l’ha costretta a seguirlo con la violenza e l’ha spinta su un veicolo dove sei uomini hanno iniziato a percuoterla. L’hanno sequestrata e condotta in un luogo sconosciuto, dove l’hanno percossa e ripetutamente violentata. Le hanno poi chiesto di firmare alcuni fogli bianchi e, al rifiuto della ragazza, hanno iniziato a torturarla. Quei documenti includevano un certificato di matrimonio e un certificato di conversione all’islam. Gli aguzzini l’hanno anche minacciata: se avesse raccontato l’accaduto alla sua famiglia, avrebbe dovuto affrontare gravi conseguenze e avrebbero fatto la stessa violenza alle sue sorelle.
Il padre di Sneha, Sabir Masih, ha denunciato la sua scomparsa alla polizia. Dopo la denuncia, un tribunale di primo grado ha dato l’ordine alla polizia di avviare le ricerche. Dopo alcuni giorni di indagini, la polizia ha trovato Sneha il 19 gennaio 2020 e l’ha restituita ai suoi genitori. Ma i rapitori, che l’hanno tenuta segregata per cinque giorni, sono a piede libero e impuniti.
Alcune organizzazioni che difendono i diritti dei cristiani in Pakistan, come il “Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement” (CLAAS) e altre Ong, stanno supportando la famiglia di Sneha, fornendo assistenza legale gratuita. Sabir Masih e la sua famiglia, intanto, hanno ricevuto minacce dai rapitori che stanno facendo pressioni sulla famiglia perché ritiri la denuncia contro di loro. La famiglia di Sabir Masih è stata trasferita in un luogo sconosciuto.
Come dice a Fides Nasir Saeed, direttore dell’Ong “CLAAS”, “i casi di rapimento di ragazze cristiane e indù, di conversione forzata e matrimonio forzato, continuano a verificarsi impunemente. E’ un allarme sociale. Sono episodi diffusi in Pakistan e sono stati anche segnalati nei media nazionali e internazionali, ma il governo pakistano non è riuscito ad agire per fermare il rapimento di minorenni cristiane e indù”.
Di recente il Consiglio dell’ideologia islamica (CII) ha stigmatizzato e definito la conversione forzata “non islamica”. Nel luglio scorso il Primo Ministro Imran Khan, condannando quella pratica, ha affermato che non “vi è alcun precedente nella storia islamica per giustificare la conversione forzata di altre persone”. Parlamentari cristiani e indù, come Ramesh Kumar Vankwani e Naveed Amir Jeeva, hanno sollevato diverse volte la questione in Parlamento, chiedendo maggiore impegno delle forze di polizia e una decisa azione politica.
Il Child marriage restraint act, la legge che vieta i matrimoni con minorenni, è stata approvata solo nella provincia del Sindh nel 2014. Nel 2019, la senatrice Sherry Rehman ha presentato una proposta di legge al Senato per innalzare a 18 anni l’età minima delle ragazze per contrarre matrimonio. Nonostante l’opposizione di alcuni partiti islamici (come Jamiat Ulema-e-Islam e and Jamaat-e-Islami), il provvedimento è stato approvato a larga maggioranza. E’ stato inviato alla Camera Bassa dove dev’essere ancora discusso.
Nell’India britannica, prima della “partizione” tra India e Pakistan, nel 1929 era stata approvata una legge per vietare i matrimoni con bambine: secondo alcuni legali, quel “Child Marriage Restraint Act” sarebbe ancora valido e applicabile anche nell’odierno Pakistan. (PA) (Agenzia Fides 13/2/2020)
INDIA - I sette innocenti di Kandhamal, testimoni della fede
Hanno parlato della loro esperienza sofferta e hanno testimoniato la loro fede in Cristo davanti ai Vescovi indiani: i sette uomini innocenti - coinvolti loro malgrado nella vicenda dei massacri anticristiani avvenuti nel 2008 a Kandhamal, nello stato indiano dell’Orissa - tornati in libertà dopo una ingiusta detenzione di 10 anni, sono stati invitati alla 34a Assemblea plenaria della Conferenza episcopale dell’India (CBCI), che riunisce i Vescovi dei tre riti (latino, siro-malabarese e siro-malankarese) in corso a Bangalore.
Il giornalista e attivista cristiano Anto Akkara, che ha visitato 25 volte Kandhamal, ha illustrato il motivo per cui sette cristiani innocenti - sei dei quali analfabeti, uno con problemi mentali - sono stati tenuti in carcere. Essi hanno potuto testimoniare la loro profonda fede, nonostante le difficoltà e le prove in anni di carcere ingiusto.
Akkara ha spiegato la teoria della “cospirazione”, costruita a tavolino prima dell’omicidio del leader religioso indù, Swami Laxmanananda Saraswati, ucciso a colpi di arma da fuoco a Kandhamal il 23 agosto 2008. La morte di Saraswati, attribuita ai cristiani, fu il pretesto per lanciare l’ondata di violenza contro la comunità dei battezzati. Sette innocenti furono ingiustamente condannati all’ergastolo e incarcerati nel 2008 per il presunto omicidio di Saraswati. Il processo di appello contro la condanna è in corso davanti all’Alta Corte dell’Orissa dal 2015. Dopo aver attentamente studiato il caso, con una inchiesta sul campo, Akkara ha svelato la cospirazione nel suo libro investigativo “Who Killed Swami Laxmanananda?”, edito nel 2016, e nello stesso anno ha lanciato una campagna di firme online (www.release7innocents.com) per chiedere il rilascio dei sette. I risultati di quell’indagine sono stati presentati in tribunale. Ai sette è stata di recente concessa la libertà su cauzione.
Akkara ha esortato i Vescovi indiani a prendere a cuore la loro situazione e ad aiutarli concretamente, dal punto di vista materiale e spirituale. “La fede deve condurre all’azione”, ha detto.
Dopo la presentazione del caso, il Cardinale Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay e presidente della CBCI, ha guidato la preghiera per gli innocenti condivisa da tutti i Vescovi.
Nell’ultimo decennio, l’Arcidiocesi di Cuttack–Bhubaneswar che abbraccia il territorio di Kandhamal, in Orissa, è rimasta vicina alle vittime ed è stata la forza trainante nei procedimenti legali, tesi a cercare giustizia.
La violenza su larga scala contro i cristiani di Kandhamal ha provocato oltre 100 morti, oltre 50.000 sfollati. Più di 40 donne sono state aggredite sessualmente e circa 12.000 bambini hanno visto interrotto il loro percorso scolastico e negato il diritto all’istruzione. Oltre 8.000 case sono state saccheggiate e bruciate, più di 300 chiese demolite. (SD-PA) (Agenzia Fides 18/2/2020)