2019 11 27 NAGASAKI
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

NAGASAKI - il Papa davanti al monumento dei martiri ricorda i cristiani perseguitati
Papa Francesco ha pregato davanti al monumento dei martiri di Nagasaki e ha ricordato i “cristiani che in tante parti del mondo oggi soffrono a causa della fede”
La preghiera silenziosa di Papa Francesco davanti al monumento dei martiri a Nagasaki, che ha preceduto il saluto del Pontefice e la recita dell’Angelus, si è intrecciata con una drammatica storia: la via crucis vissuta da 26 cristiani crocifissi il 5 febbraio del 1597. Cinquanta anni prima di questo drammatico giorno, San Francesco Saverio - sbarcato a Kagoshima nel 1549 - aveva fondato la prima comunità cattolica in Giappone. Dopo alcuni decenni da quella data, si apre un periodo tragico per i cristiani: vengono perseguitati per il timore che il cristianesimo possa minacciare l’unità nazionale.
La testimonianza di San Paolo Miki
Nel 1596, lo shogun Hideyoshi ordina ai governatori di Osaka e Miyako di imprigionare tutti i religiosi cattolici. Vengono arrestati tre gesuiti, sei francescani e diciassette terziari francescani, tra cui tre bambini. Sono costretti a percorrere quasi 800 chilometri a piedi. Dopo 26 giorni, arrivano su una collina di Nagasaki. Su questo “Golgota giapponese” vengono innalzate ventisei croci. Uno dei martiri è San Paolo Miki. Prima di morire, invita tutti a seguire la fede in Cristo, perdona i suoi carnefici e ripete le parole di Gesù sulla Croce: “In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum (Signore, nelle tue mani affido il mio spirito)”.
Un monumento che annuncia la Pasqua
Davanti al monumento dei martiri di Nagasaki, Papa Francesco ha acceso una candela che gli è stata data da un discendente dei cristiani perseguitati. Poi ha pregato in silenzio e ha ricordato, nel suo discorso, le tragiche pagine di storia non vinte dalla morte. “Qui la luce del Vangelo - ha affermato il Pontefice - ha brillato nell’amore che trionfava sulla persecuzione e sulla spada”. Il Santo Padre ha sottolineato che i martiri ci parlano “del trionfo della vita”:
Questo luogo è prima di tutto un monumento che annuncia la Pasqua, poiché proclama che l’ultima parola – nonostante tutte le prove contrarie – non appartiene alla morte, ma alla vita. Non siamo chiamati alla morte, ma a una Vita in pienezza; loro lo hanno annunciato. Sì, qui c’è l’oscurità della morte e del martirio, ma si annuncia anche la luce della risurrezione, dove il sangue dei martiri diventa seme della vita nuova che Cristo vuole donare a tutti noi.
Memoria viva
La testimonianza dei 26 martiri giapponesi, ha detto il Papa, “ci conferma nella fede e ci aiuta a rinnovare la nostra dedizione e il nostro impegno, per vivere il discepolato missionario che sa lavorare per una cultura capace di proteggere e difendere sempre ogni vita, attraverso il ‘martirio’ del servizio quotidiano e silenzioso verso tutti, specialmente i più bisognosi”.
Vengo a questo monumento dedicato ai martiri per incontrarmi con questi uomini e donne santi, e voglio farlo con la piccolezza di quel giovane gesuita che veniva “dai confini della terra” e trovò una profonda fonte di ispirazione e di rinnovamento nella storia dei primi missionari e martiri giapponesi. Non dimentichiamo l’amore del loro sacrificio! Che non resti una gloriosa reliquia di gesta passate, ben conservata e onorata in un museo, ma sia memoria e fuoco vivo dell’anima di ogni apostolato in questa terra, capace di rinnovare e far ardere continuamente lo zelo evangelizzatore.
Martiri di ieri e del nostro tempo
Francesco ha infine ricordato il martirio vissuto da tanti cristiani, vittime di persecuzioni nel XXI secolo.
Fratelli, in questo luogo ci uniamo anche ai cristiani che in tante parti del mondo oggi soffrono e vivono il martirio a causa della fede. Martiri del secolo XXI, che ci interpellano con la loro testimonianza affinché prendiamo, con coraggio, la via delle Beatitudini. Preghiamo per loro e con loro, e alziamo la voce perché la libertà religiosa sia garantita a tutti e in ogni angolo del pianeta; e alziamo la voce anche contro ogni manipolazione delle religioni, operata “dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini”.
Cristiani perseguitati in oltre 20 Paesi
Nel mondo, un cristiano ogni sette viene perseguitato per la sua fede. In base all’ultimo rapporto della Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre”, sono quasi 300 milioni i cristiani che vino in terre segnate dal dramma delle persecuzioni. E sono oltre 20 i Paesi del mondo dove professare la propria fede significa mettere a repentaglio la libertà e la vita. Nel rapporto di “Aiuto alla Chiesa che soffre” si sottolinea anche che l’asse del fondamentalismo di matrice islamista si è spostato dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia. In quest’ultimo Continente, dove è in corso il 32.mo viaggio apostolico di Papa Francesco, tragici attacchi terroritstici contro la comunità cristiana hanno provocato lo scorso 21 aprile, giorno di Pasqua, la morte di almeno 257 persone.
(RV Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano)
NICARAGUA - Studenti protestano per la repressione contro la Chiesa
“La Chiesa non si tocca”: questa scritta campeggia su cartelloni e manifesti giganti nella capitale Managua, e anche sui cancelli dell’Università Centroamericana (UCA) di Managua, dove un centinaio di studenti si è asserragliato, bloccando le entrate per evitare l’ingresso delle forza dell’ordine, per protestare contro la repressione del governo contro la Chiesa cattolica nel paese.
La parrocchia di San Miguel, a Masaya, è ancora circondata dai militari che vietano a qualsiasi persona di avvicinarsi alle madri dei prigionieri politici che l’hanno occupata, per chiedere la liberazione dei loro figli (vedi Fides 15/11/2019). Anche la parrocchia di Caterina, circa 40 km al sud di Managua, che ieri sera aveva organizzato una processione religiosa per pregare per la comunità di Masaya, è stata circondata dai militari per dissuadere la gente dal continuare nella preghiera. Tutto questo è documentato dai video dei fedeli che partecipavano al rito religioso.
Anche l’episodio dell’aggressione al sacerdote Rodolfo López, vicario della Cattedrale di Managua, il 18 novembre, è diventato virale su Twitter e sulle altre reti sociali. Su questo caso si sono espresse le diverse diocesi del paese, che hanno denunciato l’indifferenza delle autorità dinanzi alla brutale aggressione fisica del sacerdote da parte di “turbas orteguistas”, che dopo essere entrate con la forza nella Cattedrale hanno distrutto molte cose, aggredendo anche una religiosa.
(CE) (Agenzia Fides, 20/11/2019)
NICARAGUA - Migliora la salute del parroco di Masaya, ricoverato in ospedale
Domenica 24 novembre, padre Edwing Román, parroco della parrocchia di San Miguel a Masaya ha informato attraverso il suo account Twitter, che la sua salute è migliorata e che presto tornerà nella sua parrocchia di Masaya. Dopo aver trascorso otto giorni senz’acqua, senza elettricità, senza niente da mangiare e perfino senza le sue medicine, padre Edwin e i parenti dei prigionieri politici, venerdì 22 novembre sono stati portati via dalla chiesa di San Miguel a Masaya, mentre ringraziavano coloro che li avevano sostenuti con le preghiere e in altro modo (vedi Fides 18/11/2019). All’Ospedale Vivian Pellas dove sono stati ricoverati, qualche giornalista è riuscito a scambiare poche parole con padre Edwin e con Diana Lacayo, presidente dell’Associazione dei parenti dei prigionieri politici.
Il sacerdote e le altre persone del gruppo sono state portate all’ospedale con aiuto della Croce Rossa nicaraguense, che ha confermato l’urgente bisogno di un intervento medico per loro, che non avevano cibo da una settimana. Attualmente padre Roman continua ad essere ricoverato in quanto, essendo diabetico, è tra i più provati dal divieto della polizia di ricevere cibo, acqua e medicine, secondo quanto informa l’arcidiocesi di Managua e lo stesso Cardinale Leopoldo Brenes, che è andato a visitarlo ieri.
Padre Edwing faceva parte di un gruppo di 14 persone che sono rimastate dentro la Parrocchia di San Miguel Arcángel, nella città di Masaya, per otto giorni. Tra di loro almeno 10 donne avevano iniziato uno sciopero della fame per chiedere la liberazione di oltre 160 prigionieri politici. La polizia ha arrestato 16 persone per aver cercato di portare acqua alle persone che si trovavano all’interno della parrocchia, dopo che era stata interrotta la fornitura di acqua e di elettricità all’edificio. I sostenitori della polizia e del governo hanno impedito l’accesso ai media attorno al tempio.
Questa azione dei familiari dei prigionieri politici non è isolata, ma è una delle tante proteste contro la crisi politico-sociale che dall’aprile 2018 ha lasciato almeno 328 morti, secondo la Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR), anche se le organizzazioni locali aumentano il numero a 651 e il governo ne riconosce 200 (vedi Fides 29/10/2019).
(CE) (Agenzia Fides, 25/11/2019)
INDIA - Violenze sui cristiani: si conferma il trend in aumento
Sono 275 gli episodi di violenza contro i cristiani indiani segnalati (dal 1° gennaio al 31 ottobre 2019) al numero verde gratuito attivato dallo “United Christian Forum (UCF) e dalla “Alliance for Defending Freedom” (ADF), organizzazioni impegnate a difendere la vita e i diritti delle comunità cristiane in India. Come comunicato all’Agenzia Fides, dei 275 episodi di violenza denunciati al numero verde, 192 sono state intimidazioni e minacce da parte di una folla di militanti. In media, si tratta di 27 incidenti al mese, rispetto alla media di 20 incidenti nel 2018. Secondo i dati ricevuti da Fides, 145 donne e 106 bambini sono rimasti feriti in casi i violenza di massa.
Tra gli episodi più recenti registrati nell’ottobre 2019, il 24 ottobre 2019, in un villaggio dello stato di Orissa, un gruppo di militanti ha fatto irruzione nelle case di nove famiglie cristiane, bruciando Bibbie e altra letteratura cristiana davanti alla statua di una divinità indù.
In Gujarat, il 22 ottobre una folla di 35-40 persone ha interrotto una pacifica riunione di preghiera a Fatehpur Tehsil, sollevando false accuse di conversione religiosa, aggredendo e ferendo gravemente il Pastore cristiano protestante che guidava la liturgia. Il 20 ottobre, un gruppo di 4-5 estremisti ha minacciato e chiesto di chiudere una chiesa cristiana a Coimbatore, in Tamil Nadu.
Il 18 ottobre 2019, una folla di membri del “Bajrang Dal” (forum di gruppi estremisti indù) ha interrotto una liturgia e ha profanato la Santa Comunione, le Bibbie e altri articoli religiosi a Nehru Nagar in Madhya Pradesh
In una denuncia presentata il 13 ottobre 2019 all’ADF, si riferisce che le famiglie cristiane residenti a Raghunathpur, nello stato di Jharkhand, sono socialmente ostracizzate e private dei servizi di base del villaggio.
In questi e altri episodi, “la tendenza a non presentare una denuncia (First Information report) contro gli autori di violenza continua, poiché su questi 275 incidenti solo 32 denunce sono state registrate contro gli aggressori”, nota UCF. “Ciò dimostra la tacita comprensione tra gli autori di violenza e la polizia, che ovviamente gode del patrocinio di leader o funzionari politici locali. A volte la mancata presentazione di denunce è anche dovuta al timore di rappresaglie” rileva a Fides A. C. Michael, attivista cattolico, ex membro della Commissione per le minoranze dello stato di Delhi.
Secondo i dati registrati da “United Christian Forum (UCF) e “Alliance for Defending Freedom” (ADF) dal 2014, gli attacchi ai cristiani sono aumentati costantemente: erano 147 nel 2014; 177 nel 2015; 208 nel 2016; 240 nel 2017; 292 nel 2018.
Tehmina Arora, direttore di ADF India, dichiara a Fides: “Nessuno dovrebbe essere perseguitato a causa della sua fede. È preoccupante vedere questi atti di violenza illegale di massa continuare ancora anche dopo una serie di indicazioni al governo dalla Corte Suprema. Le forze politiche devono smettere di incoraggiare la violenza e la polizia deve agire per garantire protezione alle minoranze religiose”. (SD) (Agenzia Fides 25/11/2019)