2019 11 13 SIRIA – AGGUATO a Padre Hovsep Petoyan prete armeno CILE - Saccheggiati e profanati luoghi di culto
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SIRIA – AGGUATO a Padre Hovsep Petoyan prete armeno e suo padre uccisi presso Deir ez Zor.
Si sono svolti a Qamishli i funerali del sacerdote armeno cattolico Hovsep Hanna Petoyan e di suo padre Hanna Petoyan, uccisi lunedì 11 novembre da due killer in moto mentre erano diretti in automobile verso la città di Deir ez Zor, nel nord–est della Siria. “Per noi sono martiri. E quello che è accaduto a loro è una conferma che la guerra qui non è finita, come invece avevamo sperato” dichiara all’Agenzia Fides Boutros Marayati, Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo.
Padre Hovsep, 46 anni, sposato e padre di tre figli, ordinato presbitero da 5 anni, era il sacerdote della comunità armena cattolica di Qamishli, nella provincia siriana nord orientale di Hassake. “Nella città di Qamishli” racconta all’Agenzia Fides l’Arcivescovo Marayati “sono confluiti anche tanti profughi cristiani fuggiti da Deir ez-Zor, quando quella città era stata devastata dalla guerra. Lui svolgeva anche tra di loro la sua opera pastorale, e da tempo seguiva anche i progetti messi in atto anche con l’aiuto di gruppi internazionali per ricostruire la chiesa e le case dei cristiani a Deir ez Zor, distrutte dalla guerra. Per questo si recava ogni due settimane a Deir ez Zor, per verificare lo stato di avanzamento dei lavori. Finora aveva compiuto a questo scopo già sei viaggi in quella città così cara alla memoria degli armeni, dove c’è il santuario dei martiri del genocidio, anch’esso devastato durante il conflitto. Lungo il tragitto, le altre volte, non c’erano stati problemi e tutto era andato liscio”.
Al momento dell’agguato, il sacerdote e suo padre viaggiavano insieme a un diacono armeno – rimasto ferito durante l’assalto – e a un altro accompagnatore. I due attentatori, in moto, avevano il volto coperto e sono fuggiti dopo l’agguato. Il padre del sacerdote è morto sul colpo. Padre Hovsep, ferito al petto, è stato portato dai soccorritori in un ambulatorio di Deir ez Zor e poi trasferito in ambulanza a un ospedale di Hassakè, dove è giunto già privo di vita.
La città di Deir ez Zor è controllata dall’esercito siriano, ma nell’area ci sono anche forze curde e operano ancora militari USA. Nel sotto-distretto di al-Busayrah, area dove è avvenuto l’agguato, sono concentrati anche gruppi armati affiliati al sedicente Stato Islamico (Daesh), che nella giornata di ieri ha anche diffuso sui siti jihadisti la rivendicazione del duplice omicidio (ma affermando, in maniera erronea, di aver eliminato “due sacerdoti”). “Si tratta di gruppi che agiscono come lupi solitari, non c’è più il Daesh con i blindati e l’artiglieria. Ma è evidente che questa volta non hanno colpito a caso. Sull’automobile con cui viaggiavano il sacerdote e i suoi accompagnatori c’era la scritta della Chiesa armena”.
La TV di stato siriana SANA ha definito “martirio” l’uccisione del sacerdote armeno cattolico e di suo padre, mentre i media curdi hanno presentato la recrudescenza di attacchi sanguinosi attribuibili a Daesh come una conseguenza indiretta dell’intervento militare turco in Siria, che avrebbe costretto le milizie curde operanti nell’area a rivedere le proprie strategie e a sospendere le operazioni militari rivolte contro le cellule jihadiste ancora presenti nel nord-est della Siria.
Secondo i curdi del Centro d’informazione Rojava, i jihadisti di Daesh avrebbero realizzato 30 attacchi nei primi dieci giorni di novembre, con un aumento del 300 per cento dai suoi livelli di attività rispetto al periodo precedente all’iniziativa militare turca in territorio siriano. (GV) (Agenzia Fides 12/11/2019).
CILE - Saccheggiati e profanati luoghi di culto, i Vescovi chiedono di applicare la legge e ricostruire il tessuto sociale
Solidarietà all’Amministratore apostolico Mons. Celestino Aós e a tutti i fedeli dell’Arcidiocesi di Santiago dopo il saccheggio e la profanazione della parrocchia dell’Assunzione di Maria, è stata espressa dal Comitato permanente della Conferenza episcopale del Cile attraverso un comunicato, in data 9 novembre, estendendo la solidarietà a comunità e pastori “di altre chiese e luoghi di preghiera di diversi culti che sono stati attaccati in molte città”. Manifestanti incappucciati hanno fatto irruzione nella chiesa dell’Assunzione di Maria, che è vicino al posto di raduno dei manifestanti contro il governo cileno e la disuguaglianza sociale. Dopo aver portato fuori i banchi, le statue e le immagini sacre, gli hanno dato fuoco, facendone barricate contro la polizia.
La crisi politica e sociale che da qualche settimana è scoppiata in Cile, è espressione dell’accumulo di disagio e disparità di trattamento della popolazione, e si sta ora accompagnando a manifestazioni violente e incontrollate. Anche la Cattedrale di Valparaiso era stata preso di mira da un gruppo di manifestanti che avevano cercato di dare fuoco alle grandi porte di legno e, dopo essere entrati, hanno distrutto i banchi e diverse immagini sacre (vedi Fides 21,26,28/10/2019).
Il testo, firmato dal Presidente della Conferenza Episcopale sottolinea: “Siamo feriti dal maltrattamento delle persone, dal costante saccheggio e dalla violenza, ovunque provenga; ci addolora l’attacco alle chiese e ai luoghi di preghiera senza rispetto per Dio e per coloro che credono in Lui. Le chiese e gli altri luoghi di culto sono sacri”.
Invocando, attraverso la preghiera, il perdono di Dio per queste profanazioni, i Vescovi aggiungono: “insieme a molti cileni e cilene siamo radicalmente contrari all’ingiustizia e alla violenza, li condanniamo in tutte le loro forme e ci aspettiamo che i tribunali individuino i responsabili e li puniscano. I violenti ci impediscono di guardare con la dovuta attenzione le giuste pretese della maggioranza del popolo cileno che desidera soluzioni reali e pacifiche”.
Al fine di ripristinare la convivenza civile e pacifica, i Vescovi chiedono alle autorità “di applicare la legge e di esercitarla usando tutte le risorse di uno stato democratico. Le persone non sono solo stanche dell’ingiustizia, ma anche della violenza e la stragrande maggioranza attende con impazienza il dialogo per ricostruire il tessuto sociale”. Il comunicato si chiude invocando la Vergine del Carmen, “perchè ci doni un Cile unito, forgiato dallo sforzo di tutti gli uomini e le donne di buona volontà”. (S.L.) (Agenzia Fides 11/11/2019)