2019 07 17 Un odio che non risparmia neppure i piccoli
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PAKISTAN - bimbo cristiano di 11 anni ucciso dal padrone per un euro
Si chiamava Balal Masih, aveva 11 anni e due “colpe”. Per prima cosa, era nato povero tra i poveri di a Rasheed Abad, quartiere baraccopoli di Faisalabad. E, inoltre, fatto ancora più grave, era cristiano. In un Pakistan dove ancora, spesso, le linee di emarginazione socio-economica si sovrappongono a quelle religiose, queste due “colpe” possono equivalere a una condanna a morte. E, così, è stato per Balal, il baby-raccoglitore di rifiuti massacrato nella stessa discarica dove lavorava dal “padrone” per un prestito di un euro.
Dall’inizio dell’estate, come riporta “AsiaNews”, il piccolo aveva iniziato a prestare servizio nell’immondezzaio per aiutare la madre Sharefaan, domestica a ore. Il padre, tossicodipendente, non aveva impiego. Per frugare tutto il giorno fra l’immondizia, Balal riceveva l’equivalente di cinquanta centesimi. Troppo pochi per la sopravvivenza della famiglia Masih. Per questo, il piccolo aveva chiesto al datore di lavoro un anticipo dell’equivalente di un euro. Due giorni fa, Ilfran ha cominciato a molestare il bambino, incapace di restituire il debito. Esasperato, l’undicenne s’è fatto dare la somma dalla madre, l’ha ridata al “padrone” ma poi gli ha detto che non avrebbe mai più lavorato per lui.
Un affronto per quest’ultimo che l’ha “punito”. Afferrata una spranga di ferro, l’uomo ha iniziato a colpire Balal fino a massacrarlo di fronte agli occhi della mamma, accorsa perché il figlio non tornava dalla discarica. Quando la polizia è arrivata, il bambino era ormai morto in un lago di sangue. Il killer era sparito.
PAKISTAN - L’avvocato Sandhu: “Giustizia e preghiere per il piccolo Badal”
“Offrirò assistenza legale gratuita alla famiglia del piccolo Badal, il bambino cristiano ucciso nei giorni scorsi nell’area di Faisalabad. Ho visitato e portato le mie condoglianze alla famiglia, assicurando il mo impegno personale e professionale perché sia fatta giustizia. Finora è un omicidio impunito. Incoraggiamo ogni forma di solidarietà e di preghiera per questa famiglia cristiana gravemente provata”: lo dichiara all’Agenzia Fides Khalil Tahir Sandhu, avvocato cattolico di Faisalabad, ex ministro provinciale per i Diritti Umani in Punjab, attualmente Presidente del Comitato permanente per i diritti umani e gli Affari della minoranze nel Parlamento del Punjab.
L’avvocato si è interessato al caso di Badal Masih, il ragazzo cristiano di 12 anni impiegato come raccoglitore di rifiuti in una discarica a Rasheed Abad, quartiere alla periferia di Faisalabad. Come conferma a Fides l’avvocato Sandhu, il ragazzo è stato violentato e ucciso nei giorni scorsi da Muhammad Imran e Muhammad Ikram, a causa di un piccolo debito non estinto. “Ho presentato il caso all’attenzione del Ministro della Giustizia e del Primo Ministro del Punjab. E’ una violenza intollerabile. Urge fare giustizia e punire i colpevoli” rileva Sandhu.
Badal, che era pagato in nero circa 100 rupie al giorno, aveva chiesto al datore di lavoro un prestito di 180 rupie per alcune spese necessarie alla famiglia. Non avendolo potuto ripagare subito, Muhammad Imran e suo fratello Muhammad Ikram hanno iniziato a percuoterlo, ne hanno abusato sessualmente e poi lo hanno ucciso con le percosse.
Il “lavoro schiavo” e il lavoro minorile, moderne forme di schiavitù legalizzata, sono piaghe che affliggono la società pakistana. In Pakistan l’88% dei lavoratori, occupati in diversi settori, ha un’età compresa tra i 7 e i 14 anni. Nel paese la schiavitù è stata abolita nel 1992 e la legge richiede agli ufficiali del governo locale di investigare sui rapporti di lavoro in forma di schiavitù e di liberare le vittime, specialmente se minorenni, ma raramente questo accade. (PA) (Agenzia Fides 16/7/2019)
ERITREA: DOPO LE STRUTTURE SANITARIE VERRANNO LE SCUOLE?
ERITREA - Padre Zerai: “La comunità internazionale non taccia di fronte al dramma del popolo eritreo”
“La Chiesa cattolica in Eritrea ha sempre collaborato e cooperato con le istituzioni. Nel caso specifico della sanità, la qualità del servizio offerto dalle nostre strutture era considerata dal governo stesso come un’eccellenza del Paese”: lo dice all’Agenzia Fides padre Mussie Zerai, sacerdote dell’eparchia di Asmara e rappresentante dell’Agenzia Habeshia, parlando della decisione dell’esecutivo di chiudere i centri sanitari gestiti dalla Chiesa, avvenuta nelle scorse settimane. “Davvero, non riusciamo a capire su quali basi il governo abbia maturato questa decisione - prosegue - i nostri ospedali curavano ogni anno duecentomila persone, circa il 6% dell’intera popolazione eritrea”.
In totale, sono 29 i presidi sanitari che sono stati costretti a chiudere i battenti: “Già lo scorso anno erano stati serrati altri otto ospedali senza motivazioni apparentemente plausibili”, rileva padre Zerai. “Questa rappresenta l’ennesima violazione alla libertà di scelta, oltre che a un danno per la popolazione più povera che non può permettersi di affrontare spese mediche per curarsi”, afferma.
Il sacerdote eritreo ricorda come oggi la vita dei credenti nel Paese del Corno d’Africa sia piuttosto difficile, per tutta una serie di limitazioni imposte dalla legge: “Le autorità riconoscono solo quattro religioni: il cristianesimo ortodosso, la Chiesa cattolica romana, la Chiesa evangelica-luterana e l’islam sunnita”, spiega. Le altre religioni minoritarie sono oggetto di continui abusi: “Ad Asmara, circa un mese fa, più di 140 persone appartenenti alle Chiese cristiane pentecostali, sono stati arrestati dalla polizia mentre erano raccolti in preghiera”, riporta padre Zerai.
Anche la religione cattolica, sebbene sia legalmente riconosciuta dallo Stato, incontra un atteggiamento rigido: “Qualsiasi altra attività svolta al di fuori dei nostri luoghi di culto è sottoposta a un ferreo controllo da parte delle forze di sicurezza. Dal 2001, inoltre, il governo ci ha anche impedito di stampare tutti i nostri giornali”, racconta. Anche le istituzioni islamiche sono sotto controllo.
L’Eritrea, secondo un rapporto dell’Ong americana “Freedom House”, impegnata per la difesa dei diritti umani, è una nazione in continuo stato di emergenza, con una popolazione a cui sono negate le più fondamentali libertà:
(ES) (Agenzia Fides 13/7/2019)
SIRIA - Attentato contro una chiesa siro-ortodossa a Qamishli. Più di dieci i feriti
Un attentato terroristico ha devastato nel tardo pomeriggio di giovedì 11 luglio, una chiesa siro ortodossa dedicata alla Vergine Maria, nella città siriana nord-orientale di Qamishli, provocando più di 10 feriti, di cui almeno 3 versano in gravi condizioni. Secondo le prime ricostruzioni, gli attentatori si sarebbero serviti di un’autobomba. Una rivendicazione dell’attentato da parte dei jihadisti del cosiddetto Stato Islamico (Daesh è stata rilanciata da website specializzati nel monitoraggio del conflitto siriano e dei gruppi armati operanti in Medio Oreinte, ma non ha ancora avuto conferme ufficiali.
La città di Qamishli, attualmente controllata da milizie curde, è stata teatro negli ultimi anni di diversi atti terroristici miranti a colpire le comunità cristiane. Il 19 giugno 2016, a Qamishli, scampò a un attentato mortale anche Mar Ignatios Aphrem II, Patriarca di Antiochia dei siro-ortodossi. In quell’occasione un terrorista suicida si era infiltrato in una celebrazione organizzata per commemorare il cosiddetto “genocidio assiro” del 1915 (Sayfo), perpetrato dall’esercito ottomano contro comunità cristiane sire e assire. L’attentatore era stato bloccato all’ingresso del luogo dove si svolgeva la celebrazione presieduta dal Patriarca, e quel punto si era fatto esplodere, provocando la morte di tre persone. (GV) (Agenzia Fides 12/7/2019).