2019 06 26 Vescovo testimone fedele ma niente funerali in cattedrale
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PALESTINA - Numeri impressionanti sul calo della presenza cristiana nelle città della Cisgiordania NIGERIA - Liberato un sacerdote rapito; oltre 150 morti nelle violenze in una settimana NIGER - Minacce di Boko Haram ai cristiani di Diffa: “Notizia vera, ma non c’è una fuga in massa dei fedeli” CINA - VESCOVO TESTIMONE FEDELE MA NIENTE FUNERALI IN CATTEDRALE Mons. Stefano Li Side
ERITREA - digiuno e preghiera per la chiusura degli ospedali cattolici
Un invito al digiuno e alla preghiera. È quello contenuto in una lettera indirizzata a tutti i fedeli della Chiesa cattolica dell’Eritrea dall’arcivescovo di Asmara, Abune Mengesteab Tesfamariam. “I problemi che stiamo affrontando – afferma – devono fortificarci, più che indebolirci”
Nella missiva datata 22 giugno, il presule chiede che l’iniziativa, da promuoversi in tutte le chiese e monasteri cattolici del Paese, abbia inizio oggi, nella memoria di San Giustino de Jacobis, missionario lazzarista dell’Abissinia, e si concluda il prossimo 12 luglio, festa dei santi Pietro e Paolo secondo il calendario liturgico di rito geez.
Preghiera, digiuno e fiducia nel Signore
Rivolgendosi ai parroci, alle religiose e ai religiosi, mons. Tesfamariam descrive con pena la grave situazione nel Paese a seguito della decisione del governo eritreo, nei giorni scorsi, di chiudere le 22 strutture sanitarie gestite dalla Chiesa cattolica nelle sue quattro eparchie. Il provvedimento è stato una risposta alle critiche rivolte dai vescovi al regime del Presidente Isaias Afewerki, al potere dal 1993. L’arcivescovo di Asmara cita il profeta Nehemia: “Quando udii queste parole, mi misi seduto, piansi, e per molti giorni fui in grande tristezza. Digiunai e pregai davanti al Dio del cielo (Ne, 1,4)”; quindi spiega: solo il Signore può aiutare, consolare e “risolvere i nostri problemi”.
Accanto ai malati e ai religiosi: vostra sofferenza non è vana
“Saremo consolati dal Signore”, si legge. Nel testo non manca un forte invito alla speranza tratto da Isaia: “La mia infermità si è cambiata in salute! Tu hai preservato la mia vita dalla fossa della distruzione, perché ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati (Is 38,17)". “I problemi che stiamo affrontando – afferma il presule – devono fortificarci, più che indebolirci. Il pensiero nella preghiera sia rivolto in modo speciale agli ammalati e ai religiosi” che hanno dedicato loro la vita. “Il vostro servizio e la vostra fatica non saranno vani” aggiunge, concludendo che il Signore ricompensa con abbondanza di grazie chi persevera con Lui nella prova.
(RV 25 06 2019 di Paolo Ondarza)
PALESTINA - Numeri impressionanti sul calo della presenza cristiana nelle città della Cisgiordania
Nella città araba di Jenin, 26 km a nord di Nablus, su 70mila abitanti i cristiani sono soltanto 130, quasi tutti cattolici di rito latino.
A Tubas, altra cittadina araba della Cisgiordania settentrionale, gli abitanti sono 40mila, e i cristiani sono solo 45, appartenenti alla Chiesa greco ortodossa;
A Burqin, villaggio palestinese non lontano da Jenin, i cristiani sono meno di 70, su una popolazione di 7500 abitanti;
anche le comunità di battezzati presenti nei centri abitati di Jalameh e Kafr Koud sono composte da poche decine di persone.
Mentre nel villaggio di Deir Ghazaleh, fino a 10 anni fa abitato da una consistente minoranza cristiana, adesso i battezzati sono solo 4 su 1200 abitanti.
Il fenomeno della diminuzione della popolazione cristiana in ampi territori della Cisgiordania sottoposti all’Autorità palestinese emerge in termini oggettivamente impressionanti nei numeri esposti in un breve contributo firmato da Hanna Issa, membro del Consiglio di Fatah e Segretario generale del Consiglio islamo-cristiano palestinese per Gerusalemme e i Luoghi Santi.
Nel testo, rilanciato anche dal website abouna.org, Hanna Issa chiama in causa i “fattori politici e economici” all’origine dei flussi migratori che stanno riducendo al minimo la presenza cristiana in Cisgiordania.
Il progetto nazionale palestinese – rimarca l’esponente di al Fatah – si fonda sul riconoscimento della piena uguaglianza tra cittadini di religioni diverse, ma l’instabilità politica si traduce in instabilità sociale e economica. Per questo – conclude Hanna Issa – occorre preservare l’identità araba palestinese di fronte a tutte i condizionamenti che possono generare situazioni di discriminazione nella società palestinese e di emarginazione della sua componente cristiana. (GV) (Agenzia Fides 12/6/2019)
NIGERIA - Liberato un sacerdote rapito; oltre 150 morti nelle violenze in una settimana
Liberato dalla polizia p. Isaac Agubi, sacerdote che presta servizio presso la chiesa Holy Name di Ikpeshi, che si trova 230 km di distanza da Benin City, capitale dello Stato di Edo nel sud della Nigeria. Il sacerdote era stato rapito domenica 16 giugno lungo la strada Auchi-Igarra, intorno alla 5 del pomeriggio, mentre rientrava a casa dopo aver celebrato la messa.
Le forze dell’ordine, aiutate da alcuni cacciatori pratici della zona, sono riuscite a individuare il rifugio dei rapitori nella foresta. Nel corso delle operazioni di liberazione del sacerdote uno dei banditi è rimasto ferito.
I rapitori sembrano essere un gruppo di Fulani, un’etnia di pastori nomadi, che in Nigeria e in altri Paesi dell’Africa occidentale (dove sono noti come Peuls) si sono resi protagonisti di razzie e di raid violenti contro le altre popolazioni, subendo, a loro volta, vendette violente. Nell’ultima settimana, nel nord della Nigeria violenze legate alla questione dei Fulani ed altre invece commesse da Boko Haram, hanno provocato la morte di oltre 150 persone, mentre altre nove persone sono state rapite.
Nello Stato di Sokoto il 15 giugno, 25 persone hanno perso la vita nei raid, probabilmente commessi dai Fulani, in tre villaggi. In un incidente separato, una donna e il suo figliastro sono stati rapiti da una banda di pastori sulla Airport Road, nella città di Osi, nello stato di Ondo, mentre si recavano alla messa domenicale.
Il 12 giugno nell’attacco ad una formazione militare sono stati uccisi un ufficiale e 20 soldati nello Stato di Borno. Lo Stato Islamico dell’Africa occidentale (ISWA), formazione nata da una costola di Boko Haram, ha poi rivendicato la responsabilità dell’attacco.
Il 14 giugno almeno 34 persone sono state uccise nell’assalto commesso da un gruppo armato che ha attaccato tre villaggi nell’area di Shinkafi, nello Stato di Zamfara. I banditi arrivati in motocicletta hanno dato fuoco alle abitazioni ed hanno sparato a tutti quelli che si trovavano sul loro cammino.
Pochi giorni fa Sua Ecc. Mons. Augustine Akubeze, Arcivescovo di Benin City e Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria, ha denunciato “il livello di insicurezza senza precedenti” e la “completa impunità” di chi semina caos e distruzione nel Paese. (L.M.) (Agenzia Fides 19/6/2019)
NIGER - Minacce di Boko Haram ai cristiani di Diffa: “Notizia vera, ma non c’è una fuga in massa dei fedeli”
“I cristiani sono stati minacciati, ma è falso che abbiano iniziato ad abbandonare in massa l’area” dice all’Agenzia Fides Mons. Anthony Coudjofio, Vicario Generale di Niamey, al quale abbiamo chiesto se è vero che i cristiani di Diffa, regione del sud-est del Niger, abbiano ricevuto un messaggio di Boko Haram, che concede loro tre giorni di tempo per lasciare l’area, altrimenti saranno uccisi.
“Ho contattato l’associazione dei cattolici a Diffa che mi hanno confermato di aver ricevuto il messaggio di minacce. Hanno detto che il fatto è certamente inquietante, ma hanno aggiunto che le forze di sicurezza stanno pattugliando l’area, proteggendo le chiese. I fedeli cattolici, sia pure spaventati, non hanno lasciato le loro case, contrariamente alle notizie che si erano diffuse su una fuga dei cristiani da Diffa. Una notizia priva di ogni fondamento” conclude Mons. Coudjofio.
Boko Haram, gruppo jihadista originario della Nigeria, ha allargato le sue attività anche ai Paesi vicini, tra cui il Niger. La regione di Diffa è stata già colpita diverse volte dagli attentati di Boko Haram. A fine marzo 10 persone hanno perso la vita quando due attentatrici si sono fatte esplodere nel mercato di un villaggio della regione.
L’11 giugno 64 membri di Boko Haram sono stati uccisi in un duro scontro con la Multinational Joint Task Force (MNJTF) a Darak nella regione del Lago Ciad. Il Ciad è un altro Paese preso di mira dal gruppo jihadista. La MNJTF è una forza congiunta organizzata dagli Stati della regione per combattere Boko Haram. (L.M.) (Agenzia Fides 14/6/2019)
Vescovo testimone fedele ma niente funerali in cattedrale
CINA - Mons. Stefano Li Side, Vescovo di Tianjin: un autentico testimone del Vangelo di Cristo
La vigilia di Pentecoste, 8 giugno 2019, alle ore 11, all’età di 93 anni è deceduto serenamente S.E. Mons. Stefano Li Side, Vescovo della diocesi di Tianjin (Cina Continentale). Sofferente da molti anni di una malattia cronica, ultimamente era stato ricoverato in ospedale a Gixian.
Il Presule era nato il 2 ottobre 1926 a Zunhua nella provincia di Hebei, da una famiglia di lunga tradizione cattolica. Sentendo fin dall’infanzia la vocazione a consacrarsi totalmente al Signore, nel 1940 entrò nel Seminario minore locale. Nel 1945 si trasferì al Seminario minore di Tianjin, nel 1949 passò al Seminario maggiore di Wen Sheng a Pechino. Il 10 luglio 1955 fu ordinato sacerdote della diocesi di Tianjin.
Nel grave contesto degli anni ‘50 egli venne arrestato nel 1958. Rilasciato nel 1962 e di nuovo arrestato nel 1963, fu condannato ai lavori forzati fino al 1980.
Tornato a svolgere il ministero pastorale nella cattedrale di San Giuseppe, venne consacrato Vescovo a Tianjin il 15 giugno 1982, senza essere riconosciuto dal governo.
Nel 1989 fu imprigionato per la terza volta, fino al 1991. Nel 1992 le autorità lo costrinsero agli arresti domiciliari nello sperduto villaggio di montagna di Liang Zhuang Zi, nel distretto di Jixian, a 60 km da Tianjin, dove è rimasto fino alla morte, potendosi allontanare solo per recarsi in ospedale.
Nonostante l’esilio e la lontananza, i fedeli che si recavano a trovarlo erano sempre numerosi. Il Presule ha difeso i principi della Chiesa cattolica con coerenza e ha testimoniato il Vangelo di Cristo, mantenendosi eroicamente in comunione con il Successore di Pietro.
Mons. Stefano Li Side era molto amato ed è sempre stato un punto di riferimento per sacerdoti e fedeli laici. Profondamente devoto di Maria, era molto attento all’evangelizzazione e alla missione della Chiesa. Ha curato le vocazioni al sacerdozio e nel 1994 ha fondato la Congregazione delle Suore del Sacro Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria. Ha manifestato concretamente la sua attenzione pastorale anche verso le persone più bisognose. Uomo di preghiera, interamente dedito al servizio di Dio, Mons. Li Side viveva in povertà e in profonda umiltà. Esortava sempre i fedeli a rispettare le leggi del Paese e ad aiutare i poveri. Anche nelle dolorose vicissitudini di diverso genere che hanno segnato la sua lunga vita, non si è mai lamentato, accettando ogni cosa come volontà del Signore.
Le messe commemorative, le condoglianze e le cerimonie di lutto, si sono tenute in una camera mortuaria del distretto di Jizhou, e non nella cattedrale di San Giuseppe a Tianjin. I suoi resti riposano nel distretto di Jizhou. La diocesi di Tianjin conta oggi circa 60 mila fedeli, 65 sacerdoti, 2 congregazioni femminili con circa 70 suore.
(Agenzia Fides 24/6/2019)