2019 05 08 CRISTIANOFOBIA non giri di parole
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CRISTIANOFOBIA non giri di parole
non bastano le parole di condanna, ma bisogna chiamare con il loro nome questi attacchi, che sono esplicitamente anti-cristiani. E in questo clima dominato dal politicamente corretto è necessario dire che i cristiani perseguitati sono tra le persone più povere del pianeta.
SANTA SEDE - Sri Lanka, attacchi di Pasqua chiaramente anticristiani
Il rappresentante vaticano all’Onu, mons. Auza, ha detto che non bastano le parole di condanna, ma bisogna chiamare con il loro nome questi attacchi, che sono esplicitamente anti-cristiani. Se si denunciano islamofobia e antisemitismo, bisogna denunciare anche la cristianofobia
Mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha partecipato ieri all’evento commemorativo per le vittime degli attacchi avvenuti la Domenica di Pasqua in Sri Lanka. L’incontro si è svolto presso la sede Onu di New York ed è stato organizzato dall’Ufficio del presidente dell’Assemblea generale e dalla Missione permanente in Sri Lanka.
Vicinanza del Papa alla comunità cristiana
Il presule è tornato con dolore agli attacchi del 21 aprile scorso, che hanno causato almeno 257 vittime e secondo il governo srilankese sono stati compiuti da un gruppo estremista musulmano locale, anche se sono stati rivendicati dall’Is, il cosiddetto Stato islamico. Mons. Auza ha assicurato le sue preghiere per le vittime e le loro famiglie. “Nel giorno in cui i cristiani celebrano la loro festa più solenne - ha affermato - e celebrano il trionfo definitivo della vita sulla morte, del bene sul male e della luce sulle tenebre, gli estremisti hanno gettato una coltre nera di morte, di male e oscurità sul bel paese dello Sri Lanka e, di fatto, su tutto il mondo”. Il rappresentante vaticano ha ricordato l’appello del Papa a Pasqua subito dopo l’attacco e la sua “vicinanza alla comunità cristiana, colpita mentre era raccolta in preghiera, e a tutte le vittime di così crudele violenza”.
Chiamare questi attacchi col loro nome
Mons. Auza ha sottolineato il fatto che, in queste circostanze, si è soliti denunciare in modo forte gli atti di terrorismo compiuti da estremisti e fondamentalisti, ma “le parole di condanna, per quanto sincere, non bastano. Sono necessari interventi per eliminare questo flagello alla radice. Una delle azioni necessarie nella lotta per sradicare tale violenza consiste nel chiamare gli attacchi con il loro nome”.
Si tratta di attacchi esplicitamente anticristiani
“Ciò che è avvenuto nello Sri Lanka - ha proseguito - non è accaduto la domenica di Pasqua per caso o per coincidenza. Due importanti Chiese cattoliche e una Chiesa evangelica sono state deliberatamente prese di mira nel corso delle funzioni religiose. Trascurare l’aspetto esplicitamente anticristiano di questi attacchi farebbe un’ingiustizia alle vittime, ai sopravvissuti e alle loro famiglie”.
Non denunciare solo odio anti-ebraico e anti-musulmano
“La comunità internazionale - ha detto Auza - è molto franca, e a ragione, nel denunciare l’aumento dell’odio anti-ebraico e anti-musulmano”, ma “lo stesso standard deve essere applicato agli attacchi contro i cristiani”. Il presule ha ricordato la recente risoluzione Onu adottata il 2 aprile scorso dall’Assemblea Generale sulla lotta al terrorismo che condanna “tutti gli attacchi terroristici contro luoghi di culto motivati dall’odio religioso”. La risoluzione non parla solo di islamofobia e antisemitismo, ma anche di cristianofobia. Dunque - ribadisce Auza – “gli attacchi terroristici sono sempre e ovunque deplorevoli”. Inoltre - ha aggiunto – “gli attacchi ai credenti religiosi durante gli atti di culto sono l’attacco più vergognoso e vile contro la pace che si possa immaginare. Questo è quello che è successo nello Sri Lanka. E tutto il mondo è giustamente in lutto”.
(RV 04 05 2019 Sergio Centofanti )
GRAN BRETAGNA - «Persecuzione dei cristiani? Ormai siamo a un passo dal genocidio»
È questa la conclusione del rapporto indipendente commissionato dal ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt. «Abbiamo chiuso gli occhi fino ad ora per colpa del politicamente corretto»
«Il livello e la natura della persecuzione dei cristiani è ormai vicina a rientrare nei parametri internazionali adottati dall’Onu per la definizione di genocidio». È quanto si trova scritto, nero su bianco, nel rapporto indipendente sulla persecuzione dei cristiani commissionato nel dicembre 2018 dal ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt, e pubblicato giovedì. Si tratta di una prima versione provvisoria, quella definitiva uscirà invece in estate. «La scomoda verità – si legge – è che la stragrande maggioranza dei fedeli perseguitati (80%) è composta da cristiani».
«PER COLPA DEL POLITICAMENTE CORRETTO»
«Fa davvero riflettere», ha commentato Hunt all’uscita del rapporto, criticando lo scarso interesse del Regno Unito verso questo dramma. «Io penso che abbiamo sempre evitato di parlare di persecuzione cristiana perché siamo un paese cristiano con un passato coloniale. Ma dobbiamo riconoscere che i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato al mondo».
Ciò che abbiamo dimenticato, ha aggiunto il ministro come riportato dal Guardian, «in questo clima dominato dal politicamente corretto è che i cristiani perseguitati sono tra le persone più povere del pianeta. I cristiani hanno sempre rappresentato il 20 per cento circa della popolazione del Medio Oriente: ora sono appena il 5 per cento. Abbiamo chiuso gli occhi davanti alla persecuzione. Penso che non solo il rapporto del vescovo di Truro [il coordinatore dello studio, reverendo anglicano Philip Mounstephen], ma anche quanto avvenuto in Sri Lanka la domenica di Pasqua ci abbia risvegliati tutti con un enorme shock».
L’ESODO DEI CRISTIANI
Il rapporto sottolinea come la popolazione cristiana in Medio Oriente e Nord Africa sia scesa dal 20 al 4 per cento, circa 15 milioni di persone. I cristiani palestinesi sono passati in pochi anni dal 15 al 2 per cento. «In Algeria, Egitto, Iran, Iraq, Siria e Arabia Saudita la situazione dei cristiani e altre minoranze ha raggiunto un livello allarmante» a causa di forme di persecuzione che vanno «dalla discriminazione costante nei settori dell’educazione e dell’accesso al mercato del lavoro, fino agli attacchi genocidari contro le comunità cristiane». Il risultato è un «significativo esodo dei fedeli cristiani da questa regione a partire dall’inizio del secolo».
Le tre principali cause della persecuzione individuate nel rapporto sono: il fallimento della politica nella difesa dei cristiani che ha creato un terreno fertile per l’estremismo religioso; il ritorno al conservatorismo religioso in molti paesi arabi; la debolezza istituzionale, l’assenza di giustizia e dello stato di diritto sfruttati dagli estremisti, in particolare quelli islamici.
«ATTACCO DIRETTO ALLA CHIESA»
(…)
In un passaggio si legge: «L’uccisione e il rapimento dei sacerdoti rappresenta un attacco diretto alla struttura della Chiesa e della sua leadership. Dove questi e altri incidenti rispondono ai criteri per parlare di genocidio, i governi dovranno portare gli autori davanti alla giustizia, aiutare le vittime e prendere le adeguate misure preventive per il futuro. Il principale impatto di un tale genocidio contro i cristiani è l’esodo».
245 MILIONI DI CRISTIANI PERSEGUITATI
Sono 245 milioni i cristiani che soffrono a causa della persecuzione, spiega il rapporto che ha escluso dal suo ambito di studio l’Europa e che si è avvalso della collaborazione di organizzazioni internazionali come Open Doors, Aiuto alla Chiesa che Soffre, Release International e Christian Solidarity Worldwide. La sfida, si legge nelle conclusioni, «è che la nostra comunità [britannica] si impegni con i migliori diplomatici del resto del mondo nell’assicurare che le libertà che il Regno Unito ha contribuito a garantire diventino una realtà anche per i cristiani di tutto il mondo».
(Leone Grotti 4 maggio 2019 TEMPI)
SRI LANKA - lettera del Papa: basta con l’odio. Espulsi 200 predicatori islamici
Le chiese dello Sri Lanka continuano a restare chiuse dopo gli attacchi di Pasqua. I cattolici hanno assistito in diretta tv alla Messa celebrata dal card. Ranjith che ha letto un messaggio di Papa Francesco. Chiuse anche le scuole cattoliche
Per la seconda domenica consecutiva, i cattolici dello Sri Lanka si sono riuniti in famiglia, nelle loro case, per assistere alla Messa in tv. Le chiese sono rimaste chiuse per motivi di sicurezza, dopo gli attacchi di Pasqua.
Messa celebrata dal card. Ranjith in diretta tv
La televisione nazionale ha trasmesso in diretta la celebrazione eucaristica presieduta nella sua residenza dall’arcivescovo di Colombo, il cardinale Malcolm Ranjith, che nell’omelia ha elogiato la fede dei cattolici morti negli attacchi del 21 aprile, che hanno colpito, oltre ad alcuni hotel, due chiese cattoliche e una evangelica. “Erano venuti in chiesa - ha detto - perché avevano un immenso amore per Dio”.
La lettera del Papa
Al termine della Messa, è stata letta una lettera del Papa giunta l’altro ieri al card. Ranjith, in cui Francesco prega il Signore affinché “i cuori induriti dall’odio possano cedere alla sua volontà di pace e riconciliazione tra tutti i suoi figli”. Di seguito il testo della lettera secondo una nostra traduzione dall’inglese:
Sulla scia dei brutali attacchi alle comunità cristiane radunate in preghiera la Domenica di Pasqua a Colombo e in altri luoghi dello Sri Lanka, desidero assicurare una volta ancora la mia profonda solidarietà e le mie preghiere continue per tutti coloro che sono stati colpiti da questi crimini spregevoli. In unione con i nostri fratelli e sorelle del mondo, affido i morti all’infinita misericordia di Dio, nostro Padre celeste, e prego il Signore Gesù, vincitore sul peccato e sulla morte, di portare guarigione ai feriti e consolazione a tutti coloro che piangono la perdita dei loro cari. Insieme con i seguaci di tutte le religioni e agli uomini e alle donne di buona volontà in tutto il mondo, esprimo orrore di fronte a questa indicibile offesa al nome santo di Dio e prego che i cuori induriti dall’odio possano cedere alla sua volontà di pace e riconciliazione tra tutti i suoi figli. In questo momento di immenso dolore, prego che i fedeli siano confermati nella carità, consolandosi l’un l’altro nella speranza nata dalla Pasqua e nella nostra incrollabile fede nelle promesse di Cristo. Consapevole della ferita inflitta alla Nazione intera, prego allo stesso modo che tutti gli srilankesi siano determinati nella loro intenzione di favorire l’armonia sociale, la giustizia e la pace. Con questi sentimenti, con affetto affido lei e i suoi fratelli vescovi insieme al clero, ai religiosi e ai fedeli laici consegnati alle sue cure, all’amorevole abbraccio di Nostra Signora, Regina e Patrona dello Sri Lanka, e di cuore imparto la mia benedizione apostolica come pegno di fortezza e pace, nel Signore risorto.
Chiuse anche le scuole cattoliche
Oggi alcune persone si sono recate davanti alle chiese colpite per accendere candele in omaggio alle vittime.
“I fedeli - ha detto un sacerdote citato dall’Agenzia France Press - stanno attraversando un trauma spirituale per la mancanza della Messa, dell’Eucaristia, di un luogo di preghiera o un luogo di culto. È una tragedia”. Nonostante le chiese siano ancora chiuse, i cattolici restano uniti, e in molti si incontrano e organizzano celebrazioni in case e centri privati. Ma questo non è possibile a tutti. I sacerdoti girano di casa in casa, visitano le persone, in particolare i feriti, portano la Comunione ai malati, cercando di dare speranza e conforto. Chiuse fino a nuovo ordine anche le scuole cattoliche, perché continuano ad arrivare minacce, che sono giunte anche alla comunità buddista, maggioritaria nel Paese.
Espulsi 200 predicatori islamici
Intanto, le autorità srilankesi hanno espulso più di 600 cittadini stranieri, tra cui 200 predicatori musulmani, per la scadenza dei loro visti. Il ministro degli Interni Vajira Abeywardena ha riferito che “data la situazione attuale del paese” si è deciso “di inasprire le restrizioni sui visti per gli insegnanti religiosi”. Il governo di Colombo teme che i predicatori stranieri possano radicalizzare i musulmani dello Sri Lanka e incitare a nuovi attacchi.
(RV 05 05 2019 Sergio Centofanti)
VENEZUELA - Irruzione in chiesa e bombe lacrimogene sui fedeli a messa: appello al rispetto della dignità e dei diritti umani
“Questo pomeriggio un’orda di uomini della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB) ha attaccato la chiesa di Nostra Signora De Fatima nel quartiere Sucre, a San Cristobal”: così inizia il suo racconto, inviato a Fides, Mons. Mario del Valle Moronta, Vescovo della diocesi di San Cristobal in Venezuela, che riporta la testimonianza del parroco, padre Jairo Clavijo, su quanto accaduto nel luogo sacro nel pomeriggio del 1° maggio.
“L’Eucaristia stava finendo quando due membri della GNB sono entrati in moto all’interno del tempio – riporta il comunicato della diocesi, che porta la data dello stesso giorno, 1° maggio -. Il parroco è sceso dall’altare per fermarli. Durante il tentativo di dialogo è arrivata un’orda di 40 GNB che ha cercato di entrare nella chiesa piena di fedeli. Il parroco, don Jairo Clavijo, fermo nella sua decisione di non far entrare nessuno, ha visto arrivare un generale di cognome Ochoa che ha iniziato a discutere e a sgridarlo usando parole offensive. Non contenti, i membri del gruppo della GNB hanno lanciato delle bombe lacrimogene all’interno del tempio, provocando l’immediata fuga dal luogo sacro, dove c’era un buon numero di fedeli, tra cui molti anziani. Nell’azione concitata una religiosa è svenuta”.
Nel testo inviato a Fides da Mons. Moronta si legge ancora: “Questo evento è molto serio ed è un attacco contro la Chiesa cattolica. Ho incolpato il suddetto generale Ochoa e le autorità militari della regione di questo evento vile, che per se stesso parla della volontà degli attaccanti, che non hanno alcun rispetto per la dignità umana e neanche timore di Dio. La Diocesi prenderà le decisioni al riguardo e promuoverà le azioni considerate pertinenti. Come Vescovo e pastore esprimo la mia totale solidarietà al parroco, p Jairo Clavijo e a tutti i parrocchiani di Nostra Signora de Fatima, che accompagno con la mia preghiera”.
Il Presidente della Conferenza Episcopale del Venezuela (CEV), Mons. José Luis Azuaje Ayala , Arcivescovo di Maracaibo, ha detto ieri in un messaggio diffuso attraverso le reti sociali: “Questo primo maggio si è intensificata la repressione e la violenza da parte dei membri della sicurezza dello Stato. I feriti e i detenuti sono aumentati sempre di più. Lanciamo un appello al rispetto della dignità e dei diritti umani dei cittadini e alla libertà di poter protestare in modo pacifico. Chiediamo di fermare la repressione!”.
(CE) (Agenzia Fides, 02/05/2019)