2019 01 09 Quest'anno cambierà qualcosa?
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REPUBBLICA CENTRAFRICANA - Missionarie Comboniane aggredite e derubate nella loro comunità
“Il giorno 5 gennaio 2019, la Comunità Foyer delle Suore missionarie Comboniane, a Bangui, in Centrafrica, è stata attaccata e derubata da una gang di circa 8-9 persone – comunica all’Agenzia Fides la Superiora generale delle missionarie Comboniane, suor Luigia Coccia -. Le Sorelle nella Comunità sono tre. Avevano finito la preghiera dei vespri, alle ore 19 circa, quando sono state aggredite, immobilizzate e minacciate per circa tre ore. I ladri hanno perquisito ovunque e rubato tutto quello che potevano. Le tre Sorelle, sotto choc, hanno lasciato momentaneamente la missione e si sono rifugiate nella casa provinciale, sempre a Bangui”.
“Il Centrafrica sembra ormai essersi ingarbugliato in un inestricabile groviglio d’ingerenze straniere, inadempienze della comunità internazionale e incapacità del governo locale” scriveva all’Agenzia Fides, poco tempo fa, p. Federico Trinchero, missionario carmelitano del Carmelo di Bangui. “L’elemento confessionale non fa che rendere il cocktail ancora più micidiale” sottolineava il missionario (vedi Fides 18/12/2018).
Non si contano assalti e aggressioni alle comunità cattoliche, alle parrocchie, ai campi che ospitano i rifugiati, con case e chiese date alle fiamme, civili uccisi barbaramente. Nel corso del 2018 nella Repubblica Centrafricana sono stati uccisi cinque sacerdoti: Don Joseph Désiré Angbabata, della diocesi di Bambari, ferito durante un assalto alla sua parrocchia è morto poco dopo; Don Albert Toungoumale-Baba, ucciso nella parrocchia Notre Dame de Fatima, durante un massacro perpetrato da un gruppo armato che ha assalito la parrocchia; Don Firmin Gbagoua, Vicario generale della diocesi di Bambari, ucciso da assassini entrato nell’Episcopio; il Vicario generale della diocesi di Alindao, don Blaise Mada, e don Celestine Ngoumbango, parroco di Mingala, uccisi durante l’assalto all’Episcopio di Alindao, dove si erano rifugiati insieme ad altre persone. In quest’ultima circostanza i ribelli ex Seleka dell’UPS (Unité pour la Paix en Centrafrique) uccisero almeno 60 persone, in maggioranza sfollati ospitati in un campo di accoglienza nei pressi della Cattedrale (vedi Fides 17/11/2018). (SL) (Agenzia Fides 7/1/2019)
LAOS - Sette cristiani arrestati durante una liturgia natalizia
Sette cristiani sono stati portati in carcere per motivi religiosi. Come appreso dall’Agenzia Fides, il 29 dicembre 2018, un gruppo di nove agenti di polizia, guidati dal capo della polizia del distretto di Phin, ha fatto irruzione in una chiesetta cristiana nel villaggio di Nakanong, nella provincia di Savannakhet, arrestando 3 leader della comunità cristiana evangelica locale: Akeo, Kert, e Somwang. L’accusa è di aver organizzato una liturgia di preghiera natalizia senza autorizzazione.
Come comunicato a Fides dalla Ong “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom” (HRWLRF), i tre leader della chiesa evangelica sono detenuti nel quartier generale della polizia del distretto di Phin. Successivamente la polizia è tornata nella chiesa di Nakanong e ha arrestato altri 4 cristiani (Boulai, Champee, Agàe e Ayoung). La polizia ha poi smantellato il palco nell’edificio di culto, tagliato la linea elettrica, distrutto il sistema audio e sequestrato tre telefoni cellulari.
La Ong HRWLRF esorta il governo del Laos a rispettare il diritto alla libertà religiosa del popolo laotiano e i diritti garantiti dalla Costituzione del Laos e dalla Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici, ratificata dal Laos nel 2009, che conferma il diritto individuale di professare liberamente qualsiasi religione. La Ong esorta inoltre il governo del Laos a “rilasciare immediatamente e incondizionatamente i sette cristiani laotiani e a risarcire i danni alle proprietà della chiesa”. (PA) (Agenzia Fides 3/1/2019)
LIBIA - Ritrovati in una fossa comune i resti di 34 cristiani etiopi trucidati dai jihadisti
Sirte (Agenzia Fides) – Le autorità del governo di accordo nazionale della Libia hanno reso noto il il ritrovamento di una fossa comune contenente i resti di 34 cristiani etiopi trucidati nel 2015 da jihadisti affiliati allo Stato Islamico (Daesh). La fossa comune, secondo quanto riferito nei giorni scorsi dal dipartimento di investigazione criminale del ministero degli interni, è stata individuata in un terreno non lontano dalla città costiera di Sirte, in un’area che nel 2015 era sotto il controllo dei gruppi armati jihadisti. Le autorità libiche – riferiscono le fonti ufficiali nazionali – hanno fatto sapere che i resti mortali dei cristiani trucidati da Daesh saranno rimpatriati in Etiopia, una volta ottemperate le dovute procedure legali nazionali e internazionali.
Nell’aprile 2015, un video diffuso da Furqan Media – accreditatosi a quel tempo come network mediatico di riferimento dello Stato Islamico – aveva mostrato due diversi gruppi di prigionieri presentati come cristiani etiopi mentre venivano massacrati per decapitazione e con colpi di arma da fuoco alla nuca su una spiaggia deserta della Libia. Il video, accompagnato dai soliti slogan contro la “nazione della croce” e corredato con immagini di distruzioni di chiese, icone e tombe cristiane, ripeteva che nelle terre controllate dallo Stato Islamico non ci sarebbe stata salvezza per i cristiani che non si convertivano all’islam o non accettavano di pagare la “tassa di protezione”.
Nel video – particolare eloquente – le vittime venivano presentate come appartenenti alla “ostile Chiesa etiope”. I cristiani massacrati erano poveri emigranti etiopi appartenenti alle moltitudini di uomini e donne che si spostavano in Libia per provare a trovare lavoro o per tentare di raggiungere l’Europa, imbarcandosi sui barconi gestiti dalle reti criminali degli scafisti trafficanti di uomini.
La Chiesa ortodossa etiope Tewahedo è stata vincolata giurisdizionalmente al Patriarcato copto di Alessandria d’Egitto fino al 1959, anno in cui è stata riconosciuta come Chiesa autocefala dal Patriarca copto Cirillo VI.
Anche la Chiesa copta è stata negli ultimi anni bersaglio delle stragi e degli attentati dei jihadisti di Daesh, che la colpiscono anche perché la identificano come entità ecclesiale vicina alle istituzioni politiche dell’Egitto guidato dal Presidente Abdel Fattah al Sisi. Tra gennaio e febbraio del 2015, pochi mesi prima della strage dei cristiani etiopi, anche 20 egiziani copti e un loro compagno di lavoro ghanese erano stati sgozzati dai jihadisti su una spiaggia libica non lontana da Sirte. “Colpisce” aveva dichiarato dopo le stragi di cristiani in Libia Anba Antonios Aziz Mina, Vescovo copto cattolico – oggi emerito - di Guizeh “che la Chiesa etiope venga definita ‘Chiesa ostile’... evidentemente questi strani jihadisti seguono anche i risvolti politici degli incontri tra le Chiese. Ma nel grande dolore” aggiungeva in quell’occasione all’Agenzia Fides Anba Antonios (vedi Fides 20/4/2015) “continuiamo a guardare a queste vicende con lo sguardo della fede. La filiera dei martiri non è finita, e accompagnerà tutta la storia, fino alla fine. I cristiani non cercano il martirio, vogliono vivere nella pace e nella letizia. Ma se il martirio arriva, è un conforto vedere che può essere accettato con la stessa pace con cui lo hanno accettato i copti trucidati in Libia, che pronunciavano il nome di Cristo e a Lui si affidavano mentre venivano sgozzati. La Chiesa non si è mai lamentata del martirio, ma ha sempre celebrato i martiri come coloro in cui, proprio mentre vengono uccisi, risplende la vittoria di Cristo”.
Anche i resti degli egiziani copti decapitati in Libia insieme al loro compagno di lavoro ghanese erano stati individuati alla fine di settembre 2017 in una fossa comune sulla costa libica, non lontano dalla città di Sirte. I loro corpi erano stati rinvenuti con le mani legate dietro alla schiena, vestiti con le stesse tute color arancione che i carnefici jihadisti facevano indossare alle vittime delle loro macabre esecuzioni, sempre filmate e diffuse via internet. Oggi (vedi Fides 12/7/2018) un sacrario-museo presso la cattedrale dedicata ai “Martiri di Libia” e eretta nel villaggio egiziano di Our, nella regione di Samalut, custodisce come reliquie anche le monete trovate nelle tasche dei corpi degi egiziani martirizzati e le loro scarpe, insieme a alcuni documenti di identità e ai registri di lavoro su cui due di loro segnavano le attività lavorative compiute giorno per giorno. (GV) (Agenzia Fides 5/1/2018).
TESTIMONIANZA
INDIA - Dieci anni di violenza di massa non potevano fermare dieci anni di formazione sacerdotale
Quattro sopravvissuti alla peggiore violenza anticristiana verificatasi nell’India moderna dieci anni fa, a Kandhamal, sono stati ordinati sacerdoti Cappuccini il 27 dicembre.
Il Seminario minore Arundaya dei frati Cappuccini, che per due volte venne attaccato e distrutto, nel 2007 e nel 2008, ha visto quattro nuovi sacerdoti: Rahul Bastaray, George Patmajhi, Anand Pradhan e Amar Kumar Singh.
Secondo le informazioni inviate all’Agenzia Fides, circa 1500 persone, 47 sacerdoti e 20 suore, si sono riuniti per la solenne liturgia di ordinazione che si è svolta nella parrocchia di Mary Matha, a Simonbadi, nel distretto di Kandhamal, nella giurisdizione dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, nello stato di Odisha.
“Più di mille anni dopo Abramo, gli ebrei vivevano come schiavi in Egitto. Mosè condusse gli ebrei fuori dalla schiavitù egiziana, li condusse nella Terra Santa che Dio aveva promesso loro. È stata una chiamata di Dio impegnativa per Mosè” ha affermato nella sua omelia Mons. Sarat Chandra Nayak, Vescovo di Berhampur. Dio sapeva molto bene che se un essere umano non è libero, non è un vero essere umano.
La costituzione dell’India ci consente di scegliere qualsiasi religione da praticare, ma in alcuni stati dell’India esiste una legge anti-conversione. Dio ha scelto voi come Mosè per essere fedeli, responsabili nel guidare la gente, ha aggiunto il Presule. Abbiamo perso tutto a causa della violenza di massa del 2007-2008, ma non la nostra fede in Gesù Cristo, perché Dio ha preferito vivere tra noi, come abbiamo celebrato a Natale, il 25 dicembre, ha continuato il Vescovo.
“Dieci anni di violenza di massa non hanno potuto fermare dieci anni di formazione sacerdotale”, ha detto Ananda Pradhan, neo-ordinato sacerdote, una delle vittime della violenza anticristiana a Kandhamal del 2007-2008. Ci siamo rifugiati nella foresta al tempo della violenza. I nostri studi in seminario sono stati ostacolati, ma Dio ci ha costantemente guidato e protetto da ogni pericolo per lavorare per il suo Regno” ha affermato Pradhan.
Gli aggressori hanno dato alle fiamme l’Arunadayo Ashram, il Seminario minore, durante il primo attacco, nel 2007, iniziato nel periodo natalizio a Bamunigam. Ventiquattro seminaristi hanno dovuto fuggire nella foresta per salvarsi la vita dagli estremisti indù. Dovevano lasciare il Seminario. Sono tornati dopo aver ristrutturato le case nel mese di giugno 2008, per continuare la formazione sacerdotale.
La violenza anticristiana riprese nel 2008, nel mese di agosto. Gli estremisti indù hanno di nuovo bruciato, distrutto e saccheggiato il Seminario. Venti seminaristi si dovettero recare nel villaggio vicino e rimanere per due settimane con i cristiani, per condividere il dolore e l’agonia della gente.
“La gente di Kandhamal è povera di ricchezze ma è ricca di fede in Gesù Cristo. Sono un esempio per il mondo moderno” ha detto Melchior Kata, Ministro provinciale dei cappuccini della provincia di Mary Matha, Andhra, Telengan e Odisha, che era presente all’ordinazione.
(Agenzia Fides 28/12/2018)