2018 09 05 Si riprende il cammino di preghiera per i nostri fratelli cristiani persseguitati
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MESSICO - Ucciso un altro sacerdote, la Chiesa continua a invitare al perdono e alla riconciliazione
Il corpo senza vita di p. Miguel Gerardo Flores Hernandez, 49 anni, dei Missionari della Sacra Famiglia (MSF), è stato trovato sabato 25 agosto in un terreno abbandonato nella cittadina di Nueva Italia, nel comune di Múgica, nello stato messicano di Michoacán. Secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, il sacerdote era scomparso dal 18 agosto, ed il 21 era stata presentata la denuncia ufficiale alle autorità.
Parlando con i giornalisti ieri, nel consueto incontro domenicale, il Vescovo ausiliare di Morelia, Mons. Herculano Medina Garfias, ha affermato che l’omicidio del sacerdote è stato probabilmente dovuto al furto del suo furgoncino, che non è stato ritrovato, e non avrebbe legami con il crimine organizzato, le indagini comunque proseguono. Invitando sempre i fedeli e i sacerdoti alla prudenza, il Vescovo ha sottolineato che ogni persona in questo momento è consapevole di essere soggetta ad aggressioni, rapine, minacce o estorsioni, comunque “la posizione della Chiese continua ad essere un appello alla riconciliazione e al perdono”.
P. Miguel Gerardo Flores Hernandez, era originario di Sombrerete Zac. e faceva parte dei Missionari della Sacra Famiglia (MSF). Nel 2007 era stato ordinato sacerdote e attualmente era vicario parrocchiale nella parrocchia di Santa Catarina de Alejandria a Jucutacato, ed era anche impegnato nel “Centro Nazareth” per la formazione familiare, dove si occupava di coppie, bambini abbandonati, giovani. Era molto amato dalla gente per il suo lavoro instancabile a favore degli altri. (SL) (Agenzia Fides 27/8/2018)
NIGERIA - Ucciso in una rapina il primo sacerdote cattolico originario di Abuja
P. Michael Akawu è stato ucciso nel corso di una rapina, conferma all’Agenzia Fides Patrick Tor Alumuku, Direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Abuja, capitale federale della Nigeria
Il sacerdote cattolico è stato ucciso sabato 18 agosto e nel corso di una rapina nel supermercato dove il sacerdote si trovava per alcuni acquisti. “Insieme a lui i malviventi hanno colpito e ucciso anche altre persone” dice p. Alumuku.
P. Akawu era vice parroco presso la parrocchia di Nostra Signora dell’Immacolata Concezione di Dobi-Gwagwalada, una città satellite nel Territorio della Capitale Federale di Abuja,
P. Akawu, il primo sacerdote cattolico originario di Abuja, era stato ordinato il 4 febbraio da Sua Eminenza il Cardinale John Onayeikan, Arcivescovo di Abuja. (L.M.) (Agenzia Fides 20/8/2018)
SIRIA - Milizie curde chiudono le scuole cristiane di Qamishli
Elementi armati delle cosiddette “milizie di autogestione curda” hanno imposto la chiusura di alcuni istituti scolastici che fanno capo alle locali comunità cristiane sire e assire, nella Siria nord-orientale. Il fatto è avvenuto ieri, martedì 28 agosto, a Qamishli, nella provincia siriana nord-orientale di Hassakè.
Le milizie autonomiste curde hanno anche disperso con colpi di arma da fuoco una manifestazione di protesta dei genitori degli alunni, che si erano radunati spontaneamente davanti alla chiesa siro-ortodossa di Qamishli dedicata alla Vergine Maria per protestare contro la chiusura delle scuole cristiane.
Una recente disposizione del Partito dell’Unione democratica (PYD, sigla politica curda affiliata al PKK) ha chiesto a tutte le comunità locali di conformare i programmi delle rispettive scuole ai nuovi programmi scolastici ispirati all’autonomismo curdo. Nei primi giorni di agosto, le forze curde avevano già chiuso una scuola cristiana nella città di Derbiseye, dopo che la dirigenza dell’istituto scolastico si era rifiutata di adottare il curriculum scolastico fondato sull’insegnamento della lingua e della cultura curda. (GV) (Agenzia Fides 29/8/2018)
Mons. Hindo: curdi vogliono eliminare la presenza cristiana
Il presule ha confermato la chiusura di alcune scuole cristiane nella regione autonoma curda a nord-est della Siria non riconosciuta da Damasco, guidata da una coalizione dominata dal partito curdo dell’Unione Democratica.
La motivazione ufficiale addotta alla chiusura di diverse scuole cristiane nelle città di Qamishli, Darbasiyah e Malikiyah da parte delle autorità curde è che tali istituti hanno rifiutato di conformarsi al programma imposto dalle autorità della regione. «Loro non vogliono che si insegni nella lingua della Chiesa, il siriaco antico, e non vogliono che insegniamo la storia, perché preferiscono inculcare agli alunni la propria storia».
Un tentativo per allontanare la locale comunità cristiana
«Sono anni che lo ripeto, è in atto un tentativo da parte dei curdi di eliminare la presenza cristiana da quest’area della Siria», dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) mons. Jacques Behnam Hindo, arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi, nella parte nord-orientale della Siria. «Già dall’inizio dell’anno, l’amministrazione locale ha preso possesso di un centinaio di scuole statali, nelle quali ha imposto un proprio programma scolastico e i propri libri di testo. I funzionari curdi ci avevano assicurato che non si sarebbero neanche avvicinati alle scuole private, molte delle quali sono cristiane. Invece non soltanto ci si sono avvicinati, ma ne hanno anche serrato le porte».
Un’intera generazione sarà penalizzata
Mons. Hindo non nasconde la propria preoccupazione, sia per la probabile chiusura di altre scuole cristiane – ve ne sono altre sei soltanto ad Hassaké – sia per i gravi danni che il programma scolastico “curdo”, differente da quello ufficiale siriano, potrà causare agli studenti. «Ho detto ad un funzionario curdo che così una intera generazione verrà penalizzata, perché non potrà accedere a gradi di istruzione superiori. Lui mi ha risposto che sono disposti a sacrificare anche sei o sette generazioni, pur di diffondere la loro ideologia».
Allontanare i cristiani per aumentare la presenza curda
La vicenda rappresenta una conferma del tentativo di “curdizzazione” dell’area, un piano che secondo mons. Hindo prevede anche l’allontanamento della locale comunità cristiana. «È almeno dal 2015 che continuiamo a denunciare tale pericolo. Vogliono cacciar via noi cristiani per aumentare la loro presenza. Ad oggi i curdi rappresentano soltanto il 20% della popolazione, di cui la metà continua a governare soltanto grazie al sostegno occidentale».
La comunità internazionale non può rimanere in silenzio
Attraverso Acs, il presule lancia dunque un appello alla comunità internazionale ed in particolare alle nazioni europee. «La chiusura delle nostre scuole ci addolora. È dal 1932 che la Chiesa gestisce questi istituti e mai ci saremmo immaginati che potessero venire chiusi. L’Occidente non può rimanere in silenzio. Se siete davvero cristiani dovete gettare luce su quanto sta accadendo ed impedire nuove violazioni dei nostri diritti e ulteriori minacce alla nostra presenza nella regione». (Marta Petrosillo - Acs) RV 02 09 2018
INDONESIA - I cristiani pentecostali in Indonesia, tra fede e sofferenza a causa dell’estremismo islamico
“I cristiani pentecostali indonesiani soffrono a causa del crescente estremismo islamico in Indonesia, ma hanno una fede forte, nonostante le violenze subite”: lo dice all’Agenzia Fides Johannis Hus Lumenta, Pastore e Segretario generale della Chiesa pentecostale in Indonesia o “Gereja Pantekosta di Indonesia”. “Vogliamo che il mondo sappia che stiamo soffrendo per Cristo. Negli ultimi anni circa 20 fedeli sono stati uccisi ogni anno, a causa della loro fede in Cristo. Ma non scendiamo a compromessi. Siamo persone che vivono per e con Cristo”, rileva il Pastore Lumenta.
La Chiesa cristiana Pentecostale conta oltre tre milioni di membri in Indonesia, il paese musulmano più popoloso al mondo, culla di un islam moderato, ma dove da alcuni anni si vanno diffondendo le interpretazioni conservatrici e intransigenti dell’Islam.
Le comunità cristiane pentecostali sono nate grazie ai missionari olandesi, quando l’Olanda aveva stabilito una colonia nell’arcipelago indonesiano. Il Pastore Lumenta nutre sentimenti contrastanti sui legami dell’Indonesia con il suo ex dominatore coloniale. I cristiani olandesi fondarono la sua chiesa nel 1921 e tanti scritti della defunta missionaria olandese Margaretha Alt fanno ancora parte della liturgia nelle sue oltre 22.000 comunità sparse in Indonesia.
“Oggi i legami con l’Olanda e altri paesi sono cruciali in quanto i cristiani evangelici devono affrontare nuove pressioni in Indonesia”, rileva. Infatti su pressione degli estremisti islamici, “notiamo opposizione verso di noi anche da parte delle autorità locali. Riscontriamo problemi specialmente in aree popolate soprattutto da musulmani, con alcune chiese bruciate e i credenti uccisi”.
“Una ulteriore complicazione nella vita dei cristiani è la legge sulla blasfemia, introdotta nel 1965. Fino al 2004 è stata invocata e utilizzata in rari casi. Ma nel decennio successivo all’elezione di Susilo Bambang Yudhoyono come presidente, alla fine del 2004, ci sono stati 89 casi portati in tribunale e 89 persone imprigionate per blasfemia”, afferma, citando dati riferiti da organizzazioni per i diritti.
Con il suo successore, l’attuale presidente Joko Widodo, altre 17 persone hanno ricevuto pene detentive per blasfemia, in accuse sostenute degli estremisti musulmani. Tra loro l’ex governatore di Jakarta, il cristiano Basuki Tjahaja Purnama, detto “Ahok”, processato e condannato nel 2017 per blasfemia, dopo che gruppi musulmani lo hanno accusato di aver insultato l’Islam. Purnama aveva affermato che i suoi rivali politici stavano usando il Corano per ingannare gli elettori.
Lumenta, che conosce bene il governatore, commenta a Fides: “Ahok ha ricevuto una condanna a due anni di prigione perché ha citato il Corano in un suo discorso. E’ un uomo di principi e di integrità morale, Dio si prende cura di lui, preghiamo per lui”.
Lumenta condanna anche la recente decisione di un tribunale indonesiano, sull’isola di Sumatra, di condannare una donna a 18 mesi di reclusione per blasfemia. Meiliana, una buddista di etnia cinese di 44 anni, si era lamentata perché una moschea del quartiere era troppo rumorosa e l’appello alla preghiera islamica aveva un volume troppo alto.
“C’è molta ingiustizia in Indonesia”, ha detto Lumenta. Oggi la nazione si prepara alle elezioni presidenziali del 2019. Se alcuni vedono in Joko Widodo, attuale presidente, un esempio di una nuova generazione di politici con promesse di tolleranza religiosa e maggiore prosperità, Lumenta resta scettico: “Spesso i proclami non si traducono in pratica. Ci sono ancora molte irregolarità in Indonesia. I cristiani rappresentano, nel complesso, meno del 10% dei 260 milioni di persone presenti in questa nazione. La sfida più grande ora è garantire che tutti abbiano il diritto di osservare la propria fede. Se il governo interviene sul modo in cui le persone vogliono adorare Dio, questo diventa un problema istituzionale. La libertà religiosa è essenziale”, conclude. (SD) (Agenzia Fides 31/8/2018)