2017 10 25 KENYA Ucciso un sacerdote cattolico IRAK padre Benoka a Ninive cristiani come rifugiati SPAGNA Barcellona proclamati Beati 109 martiri Clarettiani
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KENYA - Ucciso un sacerdote cattolico; sale la tensione alla vigilia del voto presidenziale
Ucciso un sacerdote keniano. Si tratta di p. Evans Juma Oduor, che è stato trovato incosciente la sera di domenica 22 ottobre vicino ad una piantagione di canna da zucchero nei pressi del Chiga Market Centre a Muhoroni, a 30 km dal convento di Nyabondo. La carcassa bruciata della sua automobile è stata ritrovata a cinque km di distanza dal luogo dove è stato rinvenuto il sacerdote.
Portato all’ospedale, p. Evans, che presentava ferite alla testa, è morto qualche ora dopo senza aver ripreso conoscenza. P. Evans era parroco presso la chiesa di Sigomore, facente parte dell’Arcidiocesi di Kisumu, nell’ovest del Kenya.
Secondo la stampa locale, due settimane fa p. Evans aveva lanciato un appello pubblico al governo perché smettesse di uccidere i Luo, l’etnia di Raila Odinga, il principale sfidante del Presidente uscente Uhuru Kenyatta, nelle elezioni presidenziale dell’8 agosto, poi annullate dalla Corte Suprema, su ricorso dello stesso Odinga.
La tensione in Kenya è molto alta alla vigilia della ripetizione del voto presidenziale che si tiene il 26 ottobre e che è boicottato da Odinga (vedi Fides 11/10/2017) per protesta per il mancato accoglimento della sua richiesta di revisione della composizione della Commissione Elettorale Indipendente (IEBC), al centro delle polemiche politiche perché considerata parteggiante per il Presidente Kenyatta. Dall’altro canto la Corte Suprema aveva motivato la sentenza di annullamento del voto dell’8 agosto con il fatto che la Commissione Elettorale “ha ignorato o rifiutato di condurre le elezioni presidenziali in un modo coerente con i dettami della Costituzione” (vedi Fides 1/9/2017).
Negli ultimi giorni durante gli scontri con la polizia, oltre 40 persone hanno perso la vita. La contesa politica ha preso inoltre una dimensione etnica che ricorda i gravissimi incidenti scoppiati circa 10 anni fa dopo le contestate elezioni presidenziali del dicembre 2007 che avevano provocato migliaia di morti e milioni di sfollati interni. (L.M.) (Agenzia Fides 24/10/2017)
IRAK- padre Benoka: a Ninive cristiani come rifugiati
In Iraq la sconfitta delle milizie jihadiste del sedicente stato islamico non sembra ancora assicurare una stabile cornice di pace. Il futuro delle comunità cristiane, in particolare, è minacciato da varie incognite. La Piana di Ninive, dove molti cristiani sono tornati negli ultimi mesi, è al centro di forti tensioni tra l’esecutivo di Baghdad e il governo indipendentista del Kurdistan.
Il patriarca caldeo Louis Raphael Sako, in un appello alla nazione consegnato al presidente della Repubblica Fuad Masum, sottolinea che la priorità è “proteggere le persone prima ancora dei pozzi petroliferi” ed è anche quanto ribadisce padre Benham Benoka che vive ad Ankawa nel Kurdistan iracheno. Il sacerdote spiega la paura diffusa tra i cristiani che si sentono sempre in pericolo e che non hanno più case in cui tornare.
R. - Non solo i cristiani di Ankawa, ma soprattutto quelli che vivono nella Piana di Ninive si sentono molto in pericolo, soprattutto in questa situazione, in cui un esercito prende il posto di un altro esercito.
D. - Il patriarca caldeo Sako ha lanciato, nei giorni scorsi, un appello rivolto al governo di Bagdad ed ha chiesto che si ricordi sempre che il popolo viene prima dei pozzi petroliferi. Quindi ha detto: “No ai nuovi conflitti. I leader iracheni cooperino tra loro per evitarli”...
R. - Il patriarca caldeo cerca di proteggere tutti gli iracheni e l’unità del Paese, ma anche e soprattutto i cristiani che sono i più deboli fra gli indifesi in questo Paese. I cristiani non sopportano più un minimo conflitto tra Bagdad e il Kurdistan o altre parti sui loro territori. Ora i cristiani sono veramente in grave pericolo; ogni conflitto può definitivamente svuotare l’Iraq dei cristiani.
D. – Qual è la situazione della comunità cristiana di cui lei si occupa ad Ankawa? Si tratta di persone che avevano le loro abitazioni nella parte centrale dell’Iraq e che non sono potute rientrare ancora nelle loro case?
R. - I cristiani cercano di tornare nelle loro case, però hanno bisogno di aiuti che li sostengano a continuare la loro esistenza nella Piana di Ninive. Molti cristiani sono tornati nelle loro case, ma bisogna chiedersi in che condizione si trovano le loro case. Le case sono ancora bruciate, molte sono distrutte. All’interno delle città i cristiani della Piana di Ninive si trovano come i rifugiati.
D. - Alcuni cristiani sono rimasti ad Ankawa?
R. - Sì, alcuni sono rimasti, ma sono pochi rispetto a quelli che sono tornati.
D. - E lei potrà tornare a Mosul? È già tornato?
R. - A Mosul la situazione è ancora gravissima. La questione non riguarda lo stato islamico. La gente non torna a Mosul a causa dell’ideologia che ha devastato la cultura della gente di Mosul. In alcuni casi, i cristiani si sono sentiti minacciati quando sono tornati nella città appena liberata.
(20/10/2017 Radio Vaticana di Fabio Colagrande)
SPAGNA - Barcellona, proclamati Beati 109 martiri Clarettiani
Stamane, nella Chiesa della Sagrada Familia a Barcellona, sono stati proclamati Beati 109 martiri Clarettiani, uccisi durante la guerra civile spagnola degli anni ‘30 del secolo scorso. A rappresentare il Papa, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Questa la nostra intervista:
D. - Cardinale Amato, cosa è stata la persecuzione anticristiana del secolo scorso in Spagna?
R. - La persecuzione religiosa in Spagna nel secolo scorso è stata come una virulenta epidemia di morte e distruzione, che ha lasciato dietro di sé migliaia e migliaia di vittime inermi e innocenti. Ha fatto, però, emergere il coraggio di migliaia di martiri, uomini e donne, il cui sangue è diventato la linfa vitale per il dinamismo della Chiesa spagnola oggi. Di fronte al diabolico tsunami della persecuzione i 109 religiosi Clarettiani reagirono con l’efficace anima della carità e del perdono. A coloro che volevano annientare la presenza cristiana in Spagna, i martiri risposero perdonando, pregando e gridando: «Non abbiamo paura».
D. -Qual è il significato del loro sacrificio?
R. - Il sacrificio della loro vita è il seme di un cristianesimo nuovo, più forte, più consapevole della verità del Vangelo, che insegna ad amare gli amici e anche i nemici, perché l’unica vendetta del cristiano è il perdono dei nemici.
D. -Cosa dire di questi martiri Clarettiani?
R. -Si tratta di 109 testimoni eroici del Vangelo, uccisi tra il 1936 e il 1937 in varie città spagnole: Barcellona, Sabadell, Vic, Lérida, Cervera, Valencia, Santander. Il loro capofila è Padre Mateo Casals Mas, che apparteneva alla comunità di Sabadell, vicino a Barcellona. I Padri erano sempre disponibili ad aiutare i bisognosi e sempre pronti all’amministrazione della Parola di Dio e dei sacramenti, secondo l’esempio e il carisma del Fondatore, Sant’Antonio María Claret. Erano quindi conosciuti e benvoluti dal popolo, per la loro semplicità, amabilità, generosità e disponibilità.
D. - Come avvenne il loro martirio?
R. - Nel luglio del 1936, quando scoppiò la rivoluzione, l’istituto e la chiesa furono dati alle fiamme e i missionari dispersi in case di conoscenti. Ma questo non fu sufficiente a salvarli. Padre Mateo Casals Mas fu preso, imprigionato e fucilato all’alba del cinque settembre 1936. L’unica sua colpa era quella di essere sacerdote cattolico. Sulla strada che portava alla sua esecuzione più volte ripeté ad alta voce: «Viva Cristo Re! Viva il Sacro Cuore di Gesù!». Gli altri confratelli martiri furono uccisi con analoghe modalità.
D. - Cosa dire di fronte a questa moderna strage degli innocenti?
R. - I martiri claretiani erano consapevoli dell’eventualità delle persecuzioni e della morte dalle parole stesse di Gesù: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5,11); «Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. [...] Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. (Mt 10,38-39). E non hanno avuto paura. Erano pronti anche al sacrificio supremo per gridare al mondo, ancora una volta, che il bene vince sul male.
D. - Perché la Chiesa celebra i martiri?
R. - La Chiesa celebra i martiri non per rivincita, ma per riproporre oggi, come ieri e come domani, l’eterna legge cristiana della carità senza confini. Il cristianesimo propone una cultura di pace e di fraternità e non di guerra e di divisione. Il Cristianesimo non produce i fiori del male, ma i fiori del bene.
(21/10/2017 Radio Vaticana di Roberto Piermarini)