2017 10 11 PAKISTAN Studente cristiano torturato e ucciso dalla polizia
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PAKISTAN - Studente cristiano torturato e ucciso dalla polizia
Uno studente cristiano di 17 anni è stato percosso e torturato a morte da un gruppo di sei poliziotti pakistani nel villaggio di Jhubhran, nei pressi della città di Sheikhupura, nel Punjab pakistano. Il ragazzo si chiamava Arslan Masih e frequentava la classe ottava di un’Accademia pubblica
Come riferito a Fides dall’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, che sta seguendo il caso, “la famiglia del ragazzo ha denunciato l’omicidio ma la ricostruzione dei fatti appare alquanto difficile perché la polizia è riluttante a intraprendere azioni legali contro i poliziotti che hanno percosso a morte Arslan Masih”.
Secondo una prima ricostruzione, c’era stato nei giorni scorsi un litigio tra Arslan Masih e i figli di un poliziotto. Per vendetta, sei agenti sono giunti all’Accademia che Arslan frequentava e hanno iniziato a picchiarlo, finché il giovane è deceduto. Secondo un’altra versione, Arslan non si è fermato ad un posto di blocco e la polizia lo ha seguito e brutalizzato, per poi lasciare il suo cadavere davanti all’Accademia. Per infangare il ragazzo, inoltre, uno dei poliziotti lo accusa di aver abusato sessualmente di suo figlio, ma l’accusa è falsa e del tutto infondata, ripetono i familiari di Arslan.
L’avvocato Gill dice a Fides: “Condanniamo fermamente questa brutalità della polizia del Punjab che uccide i cristiani innocenti contando sul fatto che i cristiani, i più deboli della società, non potranno fare nulla e che quella violenza resterà impunita. Chiediamo giustizia per un povero studente cristiano assassinato dai poliziotti”.
L’episodio non è isolato: tra gli altri clamorosi episodi tuttora impuniti, a marzo 2015 il 20enne cristiano Zubair Masih è stato torturato a morte dalla polizia. La madre del giovane era stata accusata in precedenza di aver rubato dell’oro dalla casa del suo datore di lavoro, un musulmano, presso il quale era impiegata come domestica. La polizia lo ha brutalizzato cercando di estorcergli una confessione. (PA) (Agenzia Fides 10/10/2017)
COLOMBIA - Sacerdote ucciso a Rionegro, il secondo in Colombia nel 2017
E’ stato ucciso durante un tentativo di furto, nel quartiere San Antonio a Rionegro, sulla strada principale che porta a La Ceja, il sacerdote Abelardo Antonio Muñoz Sánchez, 41 anni.
Secondo le informazioni che il colonnello Javier Morales Cárdenas, Vice comandante della polizia di Antioquia, ha fornito alla stampa locale, pervenute anche a Fides, l’omicidio è avvenuto alle 10,50 di martedì 3 ottobre, quando due criminali hanno affrontato il sacerdote che scendeva da un taxi. “È stato avvicinato da due soggetti in moto, che lo hanno intimidito con una pistola per farsi consegnare la sua borsa, dove presumibilmente avrebbe dovuto esserci denaro in contanti. Al rifiuto del sacerdote, questi hanno sparato diverse volte causandone la morte” ha detto Morales. Più tardi, nel comune de La Ceja, la polizia è riuscita a catturare i delinquenti.
Don Abelardo Antonio Muñoz Sánchez, della diocesi di Girardota, era sacerdote da 10 anni e lavorava da 4 mesi presso la parrocchia di Cisneros, nel dipartimento di Antioquia. “La Diocesi di Girardota invita tutti i credenti ad unirsi a noi in una preghiera per la pace e la riconciliazione tra tutti. Chiediamo al Signore di concedere pace e gioia eterna al nostro sacerdote Abelardo Muñoz.
Ci uniamo nel Signore alla sua famiglia, al presbiterio di Girardota e alle comunità in cui il padre esercitò il suo ministero. Cristo, il Signore risorto, ci conceda tutta la sua forza” si legge nel comunicato della diocesi inviato a Fides. Il comunicato, firmato da Mons. Guillermo Orozco Montoya, Vescovo di Girardota, informa anche che i funerali si svolgeranno oggi, 4 ottobre, presso la Cattedrale di Rio Negro.
A neanche un mese dalla visita di Papa Francesco, missionario di pace in Colombia, giunge la notizia della morte violenta di un altro sacerdote nel paese latinamericano. Infatti il 27 luglio 2017, nella parrocchia di Raudal, presso il villaggio di Puerto Valdivia, sempre nel dipartimento di Antioquia era stato ucciso il sacerdote Diomer Eliver Chavarría Pérez (vedi Fides 29/07/2017). “Sacrificato nell’esercizio della sua missione” si leggeva nel comunicato del Vescovo, padre Diomer aveva 31 anni ed è stato ucciso nel giorno del suo compleanno.
(Agenzia Fides, 04/10/2017)
MALI - Le chiese cristiane nel mirino dei jihadisti: “Uno sviluppo nuovo e inquietante”
“I jihadisti hanno iniziato a prendere di mira le comunità cristiane e si tratta di uno sviluppo preoccupante” dice all’Agenzia Fides don Edmond Dembélé, Segretario generale della Conferenza Episcopale del Mali, il quale riferisce che “nella diocesi di Mopti, nel centro-nord del Paese, ci sono almeno tre chiese che hanno ricevuto la visita dei jihadisti che hanno impedito ai fedeli di riunirsi per pregare, di suonare le campane ed hanno distrutto alcuni arredi e oggetti sacri”.
In particolare, riferisce don Dembélé, “la settimana scorsa nel villaggio di Dobara, alcuni armati hanno forzato la porta della chiesa, hanno preso crocifissi, immagini e statue della Vergine Maria e li hanno bruciati sul sagrato. In precedenza, nel villaggio di Bodwal, i cristiani sono stati cacciati dal luogo di culto da uomini armati che li hanno minacciati, dicendo che li avrebbero uccisi se avessero pregato ancora in chiesa”.
“La zona di Mopti non era stata finora particolarmente colpita dalle azioni di gruppi jihadisti che sono comunque presenti da tempo. Quello che ci preoccupa è che questi gruppi finora non avevano preso di mira i cristiani in modo specifico. La situazione è cambiata da qualche mese e per questo abbiamo lanciato l’allarme”. “Si tratta di un’area al confine con il Burkina Faso che da qualche tempo viene attaccata dai jihadisti” aggiunge il Segretario generale della Conferenza Episcopale del Mali.
La presenza di gruppi jihadisti si sta estendendo a macchia d’olio anche nel sud del Mali, finora risparmiato dalla violenza, come dimostrato dal rapimento di suor Gloria Cecilia Narváez Argoti, della Congregazione delle Suore Francescane di Maria Immacolata, sequestrata a Karangasso (vedi Fides 8/2/2017).
“Karangasso fa parte di un’area che non era stata particolarmente interessata dall’azione dei jihadisti - dice don Dembélé - anche se due anni fa l’esercito del Mali aveva smantellato un gruppo jihadista che si era installato nella zona, in una foresta nei pressi del confine tra Mali e Costa d’Avorio”. Sulla sorte di Suor Cecilia don Dembélé dice che “purtroppo non abbiamo notizie e non abbiamo contatti con i suoi rapitori”.
Il Mali vive una situazione d’instabilità dopo le operazioni militari a guida francese che avevano permesso di cacciare i gruppi jihadisti dai territori del nord da loro conquistati all’inizio del 2012. (Agenzia Fides 5/10/2017)
PAPA FRANCESCO - cristiani perseguitati in Medio Oriente offrono anche la vita.
Acs: realtà sottaciuta
All’Udienza generale di mercoledì scorso il Papa ha parlato della speranza cristiana, ricordando i molti cristiani che ancora oggi pagano “a caro prezzo questa speranza donata loro da Gesù”. Il pensiero di Francesco è andato in particolare ai tanti fratelli e sorelle del Medio Oriente “che danno testimonianza di speranza e anche offrono la vita per questa testimonianza”: “questi sono veri cristiani”, ha detto, “questi portano il cielo nel cuore, guardano oltre, sempre oltre”. Una realtà di persecuzione nel mondo che riguarda, si stima, almeno 200 milioni di cristiani in circa 50 Paesi. Una verità storica in massima parte sottaciuta, come conferma Alessandro Monteduro, direttore della fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, che dal 1947 è accanto ai cristiani perseguitati in tutto il mondo.
R. Purtroppo sì, lo raccontiamo spesso, anche e soprattutto grazie a Radio Vaticana, raccontiamo cioè di comunità religiose – innanzitutto la comunità cristiana – che in troppe aree del mondo continua a subire forme di persecuzione, anche particolarmente aggressive: pensiamo alla Corea del Nord, all’Arabia Saudita, al Pakistan, all’Afghanistan, alla Somalia; e pensiamo a quel Medio Oriente al quale recentemente stiamo dedicando particolare attenzione. Cioè, quei nostri fratelli nella fede, quei cristiani che perseguitati, nonostante la persecuzione, pur di non rinunciare alla loro identità, alle loro tradizioni, quindi pur di non rinunciare a Gesù preferiscono abbandonare qualunque cosa e distaccarsi dagli affetti più cari. Ecco, credo che il Santo Padre oggi – per l’ennesima volta, voglio aggiungere – abbia acceso una grande luce su questa meravigliosa ed eroica realtà dei cristiani perseguitati nel mondo”.
D. Qual è la situazione attuale dei cristiani in Medio Oriente?
R. Io sono stato più volte, recentemente, in Iraq, nel Kurdistan iracheno ma anche nella Piana di Ninive e mi viene in mente un’immagine, anzitutto. Mentre da noi siamo sempre particolarmente attenti ad indirizzare le nostre antenne per captare i segnali radiotelevisivi, in quei luoghi in ogni container, tenda o appartamento, dove i cristiani perseguitati hanno trovato rifugio, lei sa cosa invece è possibile scorgere? Non l’antenna parabolica, ma una croce. Una grande, enorme croce che connatura ogni domicilio, ogni abitazione. Ecco: questi sono i cristiani in Iraq. La situazione l’abbiamo descritta in modo particolarmente dettagliato la scorsa settimana, nel corso di una conferenza internazionale dedicata ai cristiani d’Iraq, che ha rilanciato una grande sfida, una sfida mondiale che non può riguardare solo “Aiuto alla Chiesa che soffre”, o solo organizzazioni di carità, o solo la Chiesa, ma deve riguardare tutta la comunità internazionale, i governi nazionali. La sfida è quella di far sì che questi cristiani, una volta che il territorio – parlo del Nord dell’Iraq, della Piana di Ninive, dove il cristianesimo è nato – sia stato finalmente liberato da questa organizzazione fondamentalista, terroristica di natura, non è il caso di nasconderlo, islamistica, possano tornare a casa loro. Ma perché non dobbiamo dare loro una speranza? Perché siamo in Europa a lamentarci della pressione migratoria, se non permettiamo loro di restare a casa? E’ una grande sfida alla quale siamo tutti – tutti! – invitato a partecipare.
D. – I cristiani sono perseguitati in tanti Paesi del mondo in odio alla fede, a volte anche per la loro testimonianza individuale, perché la fede significa anche difesa dei diritti fondamentali, difesa della dignità delle persone …
R. – Sì, come possiamo in Italia, in Europa, in Occidente continuare a occuparci di dibattiti correlati alla difesa di libertà di rango inferiore, quando non teniamo presente e centrale la difesa della libertà religiosa, la più importante delle libertà? L’odio alla fede, purtroppo, colpisce la libertà religiosa ed è un dovere da parte dell’Occidente impegnarsi nella tutela della più importante forma di libertà.
04/10/2017 Radio Vaticana di Roberta Gisotti