2017 06 07 Aggiornamenti sulla persecuzione
- Autore:
FILIPPINE: ultime notizie sugli ostaggi e Padre CHITO. AFRICA: RD CONGO – Continua l’ondata di violenza nel Kasai CENTRAFRICA – Situazione drammatica ad Alindao; più di 148 morti, migliaia di sfollati interni e di rifugiati. Più di 14.000 di loro sono accolti nelle strutture della diocesi. SUDAN – Chiese abbattute. Un sacerdote: succede da anni, andiamo avanti CAMERUN – Due “bambini kamikaze” si fanno esplodere in un campo profughi
SPAGNA – lobby gay scatenata: vescovo sotto scorta.

PAKISTAN – Medici musulmani rifiutano le cure: muore un operaio cristiano
E’ un episodio che ha destato sdegno e clamore, e che dà la cifra delle discriminazioni esistenti verso le minoranze religiose in Pakistan: Irfan Masih, operaio cristiano impegnato nel lavoro di canalizzazione degli impianti fognari, è morto il 2 giugno perchè un medico musulmano all’ospedale di Umerkot, a Lahore, si è rifiutato di toccare il suo corpo, coperto di fanghi, perché stava digiunando e seguendo le pratiche del Ramadan. Il medico ha detto che non sarebbe intervenuto finché il corpo dell’uomo non fosse stato ripulito.
Masih, 30 anni ha perso conoscenza ed è cauto durante la pulizia di un canale drenante, a causa di fumi tossici. I suoi colleghi lo hanno portato al vicino Ospedale Civile, in condizioni critiche ma i medici del Pronto Soccorso hanno subito dichiarato che avrebbero iniziato a esaminarlo e curarlo solo se del tutto ripulito. Irfan era in gravi condizioni e un intervento era urgente. I suoi familiari e colleghi hanno supplicato il personale dell’ospedale ma il dottor Yousuf è stato irremovibile.
La famiglia di Irfan ritiene che questi sarebbe potuto sopravvivere se gli fosse stato fornito un trattamento medico tempestivo e afferma che Irfan è morto a causa della negligenza medica.
I colleghi di Irfan e numerosi membri della comunità cristiana di Umerkot hanno preso il corpo di Irfan e hanno organizzato una manifestazione di protesta contro l’amministrazione locale e l’ospedale. Il padre della vittima, Nazeer Masih, ha sporto denuncia alla polizia contro sei impiegati ospedalieri, tre dei quali medici. La polizia ha disposto il fermo del dottore Jaam Kunbhar. Il direttore generale del Dipartimento per la salute Akhlaq Khan ha visitato l’ospedale dicendo che, secondo i registri e le dichiarazioni riportate, la morte di Irfan non sarebbe il risultato della negligenza del medico.
Nasir Saeed direttore dell’Ong CLAAS (Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement), che fornisce assistenza legale ai cristiani pakistani, commenta a Fides: “E’ un episodio triste e significativo: una vita potrebbe essere stata salvata se l’assistenza medica fosse stata offerta tempestivamente. Non è la prima volta che un operaio della rete fognaria muore facendo il suo dovere. Il governo dovrebbe fornire adeguati kit di sicurezza ai propri lavoratori, ma poiché questi posti di lavoro sono occupati solo dai cristiani nessuno si preoccupa di loro”.
(Agenzia Fides 5/6/2017)
FILIPPINE: ultime notizie sugli ostaggi e Padre CHITO
1/6/2017 FILIPPINE – Assedio di Marawi: bambini come scudi umani e soldati
“Preghiamo per p. Chito Suganob, perché abbia perseveranza nella fede e perché il Signore doni la grazia della fortezza a lui e ai suoi compagni rapiti dai terroristi. Gli ostaggi non si possono mai considerare ‘danni collaterali’, dunque speriamo che le forze armate facciano il possibile per salvarli. Sono nostri fratelli, e preghiamo per loro”: lo dice all’Agenzia Fides il Vescovo di Marawi, Mons. Edwin de la Pena, mentre l’assedio alla città di Marawi, sull’isola filippina di Mindanao, prosegue (vedi Fides 26 e 30/5/2017). Le forze governative hanno ripreso quasi l’intera città, che era stata occupata dai jihadisti, e solo circa 50-100 miltanti restano asserragliati nelle ultime case, dove si trovano anche oltre 200 ostaggi tra i quali donne, bambini, un sacerdote e 15 fedeli cattolici. I militanti del gruppo terrorista “Maute”, collegato allo Stato Islamico, utilizzano donne e bambini come scudi umani, e intendono usarli per fuggire.
Secondo cifre ufficiali, almeno 174 sono le vittime del conflitto in corso dal 23 maggio a Marawi, mentre è tuttora in vigore sull’isola di Mindano la legge marziale dichiarata dal presidente Rodrigo Duterte. (Agenzia Fides)
2/6/2017 FILIPPINE – Terrore a Manila, si intensifica la guerra a Marawi: “Ostaggi a rischio”, dice il Vescovo
Mentre la capitale Manila è stata sconvolta da un attacco terroristico al Resort World Manila (che include centri commerciali, ristoranti e alberghi, nella zona vicino all’aeroporto) che ha fatto 36 vittime, rivendicato da gruppi che si dicono legati allo Stato Islamico, a Marawi “i combattimenti si intensificano e l’esercito profonde l’ultimo sforzo per scacciare i jihadisti e riprendere la città”, dice a Fides il Vescovo di Marawi, Edwin de la Pena (vedi Fides 1/6/2017).
Il Vescovo spiega a Fides: “Siamo in una fase molto delicata. Siamo molto preoccupati per la vita degli ostaggi (tra i quali un prete e 15 cattolici, ndr) poiché non sappiamo quale potrà essere la loro sorte. Ora ci sono contatti in corso e i militanti minacciano di decapitare p. Chito. Gli ostaggi sono la loro garanzia di sopravvivenza. Speriamo che i militanti, messi alle strette, decidano di liberarli sani e salvi”. (Agenzia Fides)
3/6/2017 FILIPPINE – Il Vescovo di Marawi: “Speriamo e preghiamo”
Ore di attesa e di grande tensione a Marawi, città sull’isola di Mindanao dove è in corso una vasta azione militare per scacciare i terroristi che il 23 maggio hanno occupato la città (vedi Fides 1 e 2/6/2017). Una trentina di militanti del gruppo terrorista “Maute”, che ha proclamato fedeltà allo Stato Islamico, sono ancora annidati in un zona ristretta della città, circondata dall’esercito regolare. “Si tratta dell’ultima fase dell’assedio. E’ una guerriglia porta a porta, i terroristi sono posizionati in luoghi ben protetti e in zone alte. Sono un numero limitato, ma agiscono come cecchini. I soldati procedono con molta cautela”, racconta a Fides Il Vescovo di Marawi, Edwin de la Pena.
“In quella zona – aggiunge – sono ancora intrappolati oltre 1500 civili, la maggior parte anziani e malati che non sono riusciti a fuggire. Per loro si cerca di predisporre pian piano operazioni di salvataggio. Non sappiamo dove siano i 200 ostaggi sequestrati e tenuti prigionieri dai terroristi, tra i quali i 15 cattolici e il nostro vicario diocesano p. Chito. Sappiamo che è un momento molto delicato. Siamo in trepidante attesa. Ora speriamo e preghiamo che tutta questa vicenda si concluda senza vittime. Sappiamo che ci sono dei contatti informali tra i terroristi e l’esercito, ma null’altro. Siamo incoraggiati dal fatto che molti musulmani ci esprimono solidarietà e sostegno. Chiediamo ogni giorno la benedizione e l’aiuto di Dio e della Vergine Maria, patrona della nostra prelatura”, conclude il vescovo. (PA) (Agenzia Fides)
AFRICA
RD CONGO – Continua l’ondata di violenza nel Kasai, 25 mila sfollati si rifugiano in Angola
Oltre 25 mila persone, tra queste 9 mila bambini, sono fuggite dalle violenze e dalle insicurezze della provincia del Kasai, nella Repubblica Democratica del Congo, e si sono rifugiate nella vicina Angola dallo scorso mese di marzo. Migliaia di minori, tra questi 200 privi di familiari, sono arrivati a due centri di accoglienza temporanei a Dundo, nel nord dell’Angola. Molti bambini sono stati testimoni di violenti attacchi e altri hanno riportato ferite gravi causate da proiettili o machete della milizia congolese Kamuina Nsapu. Questi scontri hanno causato oltre 400 morti, circa un milione di sfollati e migliaia di rifugiati. La tutela dei bambini, l’alimentazione, l’accesso all’acqua potabile e ai servizi sanitari, la prevenzione da malattie, sono tra le azioni immediate intraprese dall’Unicef.
L’organizzazione sta provvedendo alla fornitura di articoli per il trattamento dell’acqua, kit educativi e ricreativi per i più piccoli, farmaci contro la malaria e le malattie diarroiche, tende, coperte e materiali informativi come opuscoli per la prevenzione delle malattie. L’origine del conflitto deriva da una ondata di violenza esplosa a luglio del 2016 nel Kasai Centrale che si è estesa alle aree vicine, quando il Governo non ha riconosciuto l’autorità del leader della regione, Kamuina Nsapu. Ad agosto, Kamuina Nsapu è morto per mano dell’Esercito e, dinanzi al diniego di restituire il corpo del loro leader, i suoi seguaci hanno iniziato ad attaccare civili, militari e istituzioni statali. Ad aprile, il Governo ha consegnato il corpo di Nsapu alla sua famiglia, che nel frattempo ha nominato il suo successore, Kabeya Jacques Ntumba Mupala, nel tentativo di frenare la violenza, ma questa purtroppo continua.
(31/5/2017 Agenzia Fides)
CONGO RD – “La soluzione non sono le bande armate ma la non violenza evangelica”: i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Bukavu
“Le bande armate non sono una soluzione politica stabile. Create per resistere a un ordine politico inaccettabile, finiscono per generare un calvario imposto ai loro fratelli e sorelle” scrivono i Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Bukavu (la città di Bukavu è il capoluogo del Sud Kivu nell’est della Repubblica Democratica del Congo) in un messaggio elaborato al termine della loro Assemblea.
I Vescovi lamentano la proliferazione di milizie armate, che “pullulano dappertutto” e che “con le loro rivendicazioni identitarie, suscitano il risorgere di conflitti tribali”. In particolare si notano “le conseguenze nefaste del fenomeno Kamuina Nsapu, che cominciano a contaminare le province vicine, fino a Maniema, con l’esclusione dell’altro e la discriminazione”.
Da mesi, i miliziani fedeli Kamuina Nsapu, un capo tradizionale ucciso dalla polizia ad agosto, seminano il terrore nella provincia del Kasai Centrale e nelle aree limitrofe (vedi Fides 1/4/2017). La provincia amministrativa di Maniema rientra nella Provincia Ecclesiastica di Bukavu.
Le diverse milizie oltre a distruggere strutture sociali, sanitarie e scolastiche, hanno preso d’assalto quelle ecclesiastiche.
I Vescovi ricordano inoltre Clara Agano delle Suore Francescane Scolastiche di Cristo Re, uccisa il 29 novembre 2016, presso la parrocchia Mater Dei di Bukavu (vedi Fides 2/12/2016), e diversi sacerdoti e missionari rapiti lo scorso anno a fini di ricatto. La popolazione non può muoversi liberamente da un’area all’altra a causa della presenza dei banditi di strada.
Tutto questo deriva, secondo i Vescovi, dalla mancanza d’autorità dello Stato una costante da decenni ma che sta crescendo”. L’empasse politica derivante dalla mancata attuazione degli Accordi di San Silvestro (vedi Fides 24/4/2017), rende ancora più fragile il Paese, “esposto a tutti i venti”.
Di fronte al “fallimento della classe politica”, i Vescovi chiedono ai congolesi “in quanto Sovrano primario, di prendere in mano il vostro destino in modo pacifico e democratico, con la non violenza attiva ed evangelica”. (L.M.) (Agenzia Fides 6/6/2017)
CENTRAFRICA – Situazione drammatica ad Alindao; più di 148 morti, migliaia di sfollati interni e di rifugiati
Oltre a Bangassou anche la diocesi di Alindao vive una situazione drammatica. Secondo notizie pervenute all’Agenzia Fides, p. Olaf Derenthal, missionario spiritano (Congregazione dello Spirito Santo) a Mombaye è stato costretto a fuggire domenica 28 maggio, insieme con i suoi confratelli e a diversi membri della sua comunità nella vicina Repubblica Democratica del Congo.
Mombaye si trova nella diocesi di Alindao, nel sud della Repubblica Centrafricana, dove è alta la tensione per il timore di attacchi da parte dei combattenti anti-Balaka. Fino ad ora erano presenti solo le milizie Seleka, con le quali la Chiesa locale aveva trovato un’intesa per impedire violenze, ma negli ultimi mesi, le tensioni sono aumentate per l’arrivo di gruppi armati che si sono separati dalle formazioni principali. A Mobaye tre quarti dei 24.000 abitanti, sono fuggiti verso l’altro lato del fiume, nella Repubblica Democratica del Congo. Circa 5.000 persone sono bloccate sui banchi di sabbia sul fiume Bangui Kété, in attesa di entrare nella RDC.
Ad Alindao sono state uccise almeno 148 persone, mentre 16.000 sfollati hanno trovato rifugio in città. Più di 14.000 di loro sono accolti nelle strutture della diocesi, assistiti da sette sacerdoti e da alcuni volontari della Caritas. (L.M.) (Agenzia Fides 31/5/2017)
SUDAN – Chiese abbattute. Un sacerdote: succede da anni, andiamo avanti
A partire dallo scorso febbraio, le autorità del Sudan hanno deciso di abbattere venticinque edifici di culto delle comunità cristiane locali. E nei giorni scorsi due pastori, Paul Salah e Naji Abdullah, sono stati arrestati e trattenuti per diverse ore dopo che la chiesa del quartiere di Soba al-Aradi di Khartoum è stata distrutta. Crescente è la preoccupazione delle medesime comunità cristiane in Sudan, che rappresentano – secondo dati non ufficiali – una minoranza consistente, circa il 26 per cento della popolazione.
In atto politica di demolizione
Sarebbe in atto una politica di demolizione di chiese e luoghi di culto che, secondo le autorità, mancherebbero di alcuni permessi di edificazione. Dopo l’indipendenza del Sud Sudan da Khartoum, nel 2011, il governo sudanese aveva deliberato che non avrebbe più autorizzato la costruzione di chiese, dal momento che i cristiani erano molto diminuiti di numero, essendosi trasferiti nel nuovo Stato. Nel tempo, i leader cristiani hanno protestato contro gli impedimenti all’edificazione di nuove chiese, dal momento che lo stesso non accade per le altre fedi, in un Paese in cui la libertà di religione è garantita dalla costituzione.
La testimonianza di un sacerdote da Khartoum
A descrivere la situazione, da Khartoum, è un sacerdote sudanese che, per motivi di sicurezza, ha scelto l’anonimato. L’intervista è di Giada Aquilino:
R. – Questo sta succedendo da anni, non è una cosa nuova. Però sembra che in questo momento, siccome l’Unione Europea ha mandato una persona a investigare sui diritti umani, tale situazione abbia cominciato a venire a galla.
D. – Di quali chiese e luoghi di culto si tratta?
R. – Tutte le chiese, cattoliche ed evangeliche.
D. – Perché secondo le autorità sarebbero stati chiuse?
R. – Loro dicono che non hanno i documenti, non hanno l’approvazione del governo per la costruzione di una chiesa in questo o quel posto, ma fin dagli anni Novanta il governo non dà alcun permesso ad alcuna comunità di costruire altri edifici.
D. – Allora la comunità cristiana locale come sopravvive?
R. – Facciamo così: andiamo in un luogo dove ci sono dei cristiani, prendiamo un piccolo terreno, non diciamo che diventerà una chiesa e tiriamo su quattro muri, mettiamo dentro una capanna e preghiamo lì…
D. – La comunità cristiana sudanese come è formata oggi in Sudan?
R. – In Sudan ci sono i Nuba: una tribù, un popolo del nuovo Sud geografico del Sudan, quindi la parte meridionale del Paese: la maggioranza di quel popolo è cristiana. E, siccome hanno anche loro la guerra, i Nuba sono distribuiti in tutto il Sudan al momento, a causa di questi conflitti. Ci sono anche gli eritrei, che dall’Eritrea si sono rifugiati in Sudan. Sono circa 200 mila gli eritrei che vivono a Khartoum e sono tutti cristiani: ortodossi o cattolici di rito orientale. Mentre i Nuba sono di rito latino. (Radio Vaticana 31 05 2017)
CAMERUN – Due “bambini kamikaze” si fanno esplodere in un campo profughi
Due bambini, con addosso esplosivi, si sono fatti esplodere venerdì 3 giugno vicino ad un campo profughi, nel nord del Camerun, che ospita civili sfollati dagli attacchi di Boko Haram in Nigeria. Nell’attentato sono morte 9 persone, più i due ragazzini suicida, altre 30 sono rimaste ferite. I kamikaze sono entrati nella città di Kolofata, circa 10 chilometri al confine con la Nigeria, prima dell’alba, facendosi passare per rifugiati in cerca di cibo prima dell’inizio del digiuno per il Ramadan. Negli ultimi anni il Camerun settentrionale ha vissuto il dilagare della violenza generata dai ribelli islamisti di Boko Haram della Nigeria. I rifugiati nigeriani hanno inondato il Paese dal confine e i residenti locali si sono visti costretti a fuggire dalle loro case. Le autorità locali hanno segnalato che queste ultime esplosioni si sono verificate a distanza di un giorno da quella provocata da altre due ragazze nel vicino villaggio di Djakana , che ha causato la morte delle due e ferito due membri della forza civile locale di autodifesa.
(AP) (5/6/2017 Agenzia Fides)
SPAGNA – lobby gay scatenata: vescovo sotto scorta.
LNBQ 31-05-2017
La dittatura Lgbt non conosce più freni anche nel mondo cattolico, due episodi lo mostrano chiaramente nel disinteresse di pastori e mondo cattolico.
In Spagna la persecuzione sta diventando violenta.
Il vescovo Xavier Novall è stato attaccato da un collettivo Lgbt: aveva detto che dietro l’omosessualità c’è un problema con la figura del padre rifacendosi alle teorie di Nicolosi.
Domenica, dopo aver impartito una cresima ai ragazzini di una parrocchia della sua diocesi per farlo uscire dalla chiesa è intervenuta la polizia che lo ha scortato mentre la folla cercava di linciarlo. A sostenere l’agguato anche un’associazione di gay cristiani che lo ha pesantemente bollato come omofobo e ha giustificato l’aggressione, mentre un sindaco della sua diocesi dichiara il suo ingresso sgradito. I tristi prodromi di una guerra civile che non vogliamo riconoscere.