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2017 05 31 Egitto, la strage dei copti...

2017 05 31 Nuova strage di cristiani in Egitto: 35 morti trucidati perché “hanno rifiutato l’Islam” FILIPPINE - Legge marziale a Mindanao: 9 cristiani uccisi, un prete e 15 fedeli rapiti, distrutta la cattedrale di Marawi VENEZUELA: gli appelli della chiesa il 21 e 28 maggio in tutte le chiese CENTRAFRICA - E LA CHIESA ACCOGLIE: Ancora duemila musulmani rifugiati

Nuova strage di cristiani in Egitto: 35 morti

Nuova strage di cristiani in Egitto. 35 copti che viaggiavano in autobus nel Sud del Paese sono stati uccisi da un gruppo di uomini armati che indossavano divise militari. Tra le vittime ci sono anche bambini. Una ventina i feriti, di cui alcuni in gravi condizioni. L’attacco è avvenuto a Minya. Gli assalitori hanno bloccato il bus, sono saliti a bordo e hanno iniziato a sparare mentre uno di loro filmava il massacro, ha poi raccontato un testimone. I copti si stavano recando in pellegrinaggio nel Monastero di San Samuele.

Trucidati perché “hanno rifiutato l’Islam”
Padre Antonio Gabriel, parroco della chiesa copta di San Mina a Roma, ripercorre la dinamica della strage di Minya: “Uccisi perché
hanno rifiutato l’Islam”
Di Elena Barlozzari - 27/05/2017 Il giornale

Non hanno abiurato, né rinnegato la loro fede, e per questo sono stati massacrati.
A Minya, ieri, si è consumato un vero e proprio martirio.
A svelare cosa è successo ai cristiani copti che affollavano il convoglio di autobus assaltato da un commando islamista è Padre Antonio Gabriel, parroco della chiesa copta di San Mina a Roma.

Il sacerdote, nel corso si un’intervista rilasciata al Tg2000, ha ripercorso la dinamica dell’ennesima aggressione alla comunità copta d’Egitto. Gli assalitori, prima di scaricare i kalashnikov contro i passeggeri dei due autobus che viaggiavano in direzione del monastero di San Samuele, “gli hanno rubato soldi e oro” e “hanno anche chiesto loro di rinunciare a Cristo e di diventare musulmani”.
Ma, alla richiesta d’abiura, i cristiano-copti avrebbero risposto negativamente. Il rifiuto della conversione all’Islam avrebbe scatenato la furia omicida dei terroristi che “hanno messo la pistola sulla testa e sul collo” dei pellegrini “per ucciderli in modo diretto”. “Se avessero accettato – ha puntualizzato Padre Gabriel – li avrebbero salvati”.

Il bilancio delle vittime dell’attentato, rivendicato oggi dal sedicente Stato islamico, è di trentacinque morti, di cui molti bambini, e “sono ancora tante – ha concluso Padre Gabriel – le persone in pericolo di vita che si trovano in ospedale”. (…)

Regina Coeli: Papa prega per i copti d’Egitto e chiede conversione dei terroristi
“Il Signore converta i cuori dei terroristi”. Così al termine del Regina Coeli il Papa, tornando ad esprimere la sua vicinanza alla Chiesa copta ortodossa d’Egitto, insanguinata dall’attentato jihadista di due giorni fa.
“Il Signore converta i cuori dei terroristi e accolga i testimoni della fede”
“Le vittime, tra cui anche bambini, sono fedeli che si recavano a un santuario a pregare, e sono stati uccisi dopo che si erano rifiutati di rinnegare la loro fede cristiana. Il Signore accolga nella sua pace questi coraggiosi testimoni, questi martiri, e converta i cuori dei terroristi”



EGITTO - “Il massacro dei copti è una risposta al discorso del Presidente al-Sisi in Arabia Saudita”
“Il massacro di cristiani copti è una risposta dei terroristi al discorso che il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha tenuto alla conferenza tra gli Stati Uniti e il mondo arabo islamico che si è svolta la settimana scorsa in Arabia Saudita” dice all’Agenzia Fides p. Rafic Greiche, sacerdote greco-cattolico e responsabile delle comunicazioni per i Vescovi dell’Egitto, commentando il massacro commesso il 26 maggio da una decina di jihadisti nella località di Minya, nel sud dell’Egitto.
“Si è trattato di un discorso molto forte e franco contro l’integralismo e il radicalismo” spiega p. Greiche. “Penso inoltre- aggiunge il sacerdote- che i terroristi cerchino di dividere la popolazione egiziana seminando la divisione tra cristiani e musulmani. Finora non ci sono riusciti, anzi la popolazione si unisce nel respingere la violenza”.
Secondo p. Greiche “i terroristi hanno un obiettivo a lungo termine: quello di espellere i cristiani dall’Egitto come è avvenuto in Iraq, dove non appena lo Stato Islamico ha conquistato Mosul la prima cosa che ha fatto è stata quella di cacciare tutti i cristiani. La stessa cosa è avvenuta in Siria, in Sudan, e ora si cerca di farlo in Egitto che possiede la prima comunità cristiana del Medio Oriente e la più grande comunità islamica del mondo arabo”.
“I cristiani del resto del mondo possono aiutarci in primo luogo con la preghiera. Poi non permettendo che il radicalismo religioso e il terrorismo islamista attecchisca nei loro Paesi. Si deve promuovere un discorso religioso moderato non solo in Egitto ma anche in Europa: nelle moschee europee ci sono Imam che fanno discorsi radicali e incendiari. Infine aiutateci a far sì che i nostri fedeli possono ottenere maggiore istruzione” conclude p. Greiche. (L.M.)
(Agenzia Fides 27/5/2017)



MATTANZA DELLO STATO ISLAMICO NELLE FILIPPINE

FILIPPINE - Legge marziale a Mindanao: 9 cristiani uccisi, un prete e 15 fedeli rapiti, distrutta la cattedrale di Marawi
I terroristi del gruppo islamista “Maute”, che si proclama legato allo Stato Islamico “hanno attaccato la cattedrale cattolica di Marawi city, e hanno rapito circa 15 fedeli, tra i quali un prete, delle suore e alcuni laici che stavano pregando in chiesa”: lo conferma all’Agenzia Fides il Vescovo Edwin De la Pena, che guida la Prelatura territoriale di Marawi city, città sull’isola di Mindanao, nelle Filippine del Sud. Ieri circa cento militanti del gruppo “Maute” hanno occupato la città e, in risposta a tale atto di forza, il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte ha imposto la legge marziale nell’isola di Mindanao.
Il Vescovo racconta a Fides: “Oggi è la festa della nostra Prelatura, la festa di ‘Maria, Aiuto dei cristiani’. I fedeli erano in chiesa per pregare Maria nell’ultimo giorno della novena. I terroristi hanno fatto irruzione in chiesa, hanno preso gli ostaggi e li hanno condotti in una località sconosciuta. Sono penetrati nella residenza del Vescovo e hanno rapito il vicario generale, p. Teresito Soganub. Poi hanno dato alle fiamme la cattedrale e l’episcopio. E’ tutto distrutto. Siamo costernati”.
Il Vescovo si è salvato perchè ieri era in visita pastorale alla parrocchia di un villaggio che si trova fuori da Marawi. “I terroristi hanno occupato la città. La gente è terrorizzata e chiusa in casa. Ora si attende la reazione dell’esercito. Per ora si pensa a riprendere la città con il minore spargimento di sangue possibile. Degli ostaggi non si parla. Abbiamo attivato i nostri canali, la Chiesa, i leader islamici e speriamo di poter presto intavolare negoziati perché siano rilasciati sani e salvi”, afferma, osservando che nei mesi scorsi la chiesa aveva ricevuto delle minacce.
“E’ avvenuto - ricorda il Vescovo - proprio alla vigilia della festa di Maria: a lei chiediamo aiuto. A lei che è l’aiuto dei cristiani, chiediamo la salvezza dei nostri fedeli. Solo lei può venire in nostro soccorso. Rivolgiamo anche un appello a Papa Francesco perché preghi per noi e possa chiedere ai terroristi di liberare gli ostaggi, in nome della nostra comune umanità. Violenza e odio portano solo distruzione: chiediamo ai fedeli in tutto il mondo di pregare insieme con noi per la pace”.
Intanto, in reazione all’attacco, il presidente Duterte ha interrotto la sua visita a Mosca per fare ritorno nelle Filippine e affrontare la crisi. Il gruppo si è asserragliato a Marawi, dando alle fiamme anche il carcere e due scuole, mentre ora l’esercito circonda la città. Il sindaco di Marawi ha chiesto ai militari di non bombardare la città dove vivono circa 200mila civili, in prevalenza musulmani. (PA) (Agenzia Fides 24/5/2017)

FILIPPINE - Gli ostaggi cristiani a Mindanao “saranno scudi umani”, dice il Vescovo di Marawi
“Non ci sono negoziati. L’esercito è impegnato nei combattimenti porta a porta per riprendere la città di Marawi. E i leader militari dicono che non intendono negoziare con i terroristi. Siamo seriamente preoccupati per p. Chito, ovvero p. Teresito Suganob, e per gli altri 15 ostaggi cattolici presi dai terroristi. Non sappiamo dove siano. Non credo i rapitori vogliano denaro, ma intendono usarli per salvarsi la vita. Temo li useranno come scudi umani”: è quanto dichiara all’Agenzia Fides il Vescovo Edwin de la Pena, che guida la Prelatura territoriale di Marawi city, la città sull’isola di Mindanao (Filippine del Sud) attaccata e presa tre giorni fa dai terroristi del gruppo islamista “Maute”. I militanti hanno fatto irruzione nella Cattedrale e rapito il vicario del Vescovo e i fedeli riuniti in preghiera, poi hanno dato alle fiamme l’edificio.
Il Vescovo conferma a Fides anche l’uccisione, avvenuta nella fase iniziale dell’attacco terroristico, di nove fedeli cattolici, fermati, legati e poi uccisi alle porte della città. “Sono estremisti violenti, non sappiamo cosa hanno in mente. Siamo nelle mani di Dio”, afferma.
Gli oltre 500 terroristi penetrati in città hanno issato le bandiere nere dello Stato Islamico, hanno bruciato due scuole e liberato i detenuti dal carcere locale. Poi si sono annidati nelle case, mentre l’esercito filippino, giunto in forze, ha iniziato l’assedio per liberare la città. La maggior parte della popolazione è stata evacuata ma alcune famiglie sono rimaste intrappolate nel fuoco incrociato e sono chiuse nelle loro case.
(Agenzia Fides 26/5/2017)

VENEZUELA: gli appelli della chiesa il 21 e 28 maggio in tutte le chiese

VENEZUELA - I sacerdoti di Guayana: “Non possiamo tacere davanti alla repressione”
Sacerdoti e diaconi della diocesi di Ciudad Guayana (Venezuela) hanno scritto una lettera “al popolo pellegrino nella nostra amata terra e a tutti gli uomini di buona volontà” per esprimere un profondo rifiuto di ogni espressione di violenza e denunciare la situazione che vive la popolazione vulnerabile che protesta dinanzi alla repressione del governo.
I sacerdoti della diocesi di Ciudad Guayana, che è in attesa della nomina dell’Ordinario in quanto il Vescovo è stato trasferito ad altra sede, riprendono le parole del beato Mons. Oscar Arnulfo Romero: “Nel nome di Dio e di questo popolo sofferente Vi prego, Vi supplico, Vi ordino: fermate la repressione!”
La lettera, pervenuta a Fides, come titolo “Non possiamo tacere davanti alla repressione”. E’ stata letta domenica 28 maggio, in tutte le chiese della diocesi, deplorando la violenza delle forze di polizia contro la popolazione pacifica.
In linea con la posizione della Conferenza Episcopale Venezuelana, il testo ribadisce chiaramente che in Venezuela è necessario che la Costituzione venga rispettata: “una via privilegiata e indispensabile per realizzare l’esercizio democratico è il percorso elettorale, come lo prevede la Costituzione. Questa consultazione elettorale non può essere la cosìddetta Assemblea Costituente perché questo è un processo viziato dalla sua convocazione. Dobbiamo andare alle elezioni generali nel più breve tempo possibile”.
Poi ricorda la lettera del Segretario di Stato Vaticano, il Card. Pietro Parolin, che aveva chiesto l’adempimento dei quattro punti non realizzati nel più recente processo di dialogo: l’apertura di canali umanitari, il rilascio dei prigionieri politici, il pieno riconoscimento dell’Assemblea nazionale e la via elettorale per risolvere le divergenze.
“Denunciamo il progressivo deterioramento della situazione generale del Venezuela, il cui volto più visibile è l’aumento degli omicidi e la fame. Secondo la Caritas, l’11% dei bambini venezuelani sono affetti da malnutrizione grave” segnala la lettera. Negli ultimi giorni i media hanno informato che i bambini a scuola svengono per la fame, la gente deve fare ore di fila per comprare il pane sotto lo sguardo della polizia, mentre l’inflazione sale alle stelle.
(CE) (Agenzia Fides, 29/05/2017)

VENEZUELA - Il Card. Urosa richiama l’appello del beato Romero: “Vi prego, vi supplico, vi ordino di fermare la repressione!”
“La Giornata di preghiera per la pace in Venezuela, svoltasi in tutte le diocesi del paese il 21 maggio, è stata indetta per chiedere al Signore con insistenza la soluzione del problema politico ed economico, la cessazione della violenza, la fine della repressione del popolo nelle manifestazioni, il rispetto dei diritti umani, in particolare verso i detenuti politici, la validità dei valori democratici, la riconciliazione e la pace”. Lo ha ricordato il Cardinale Jorge Urosa Savino, Arcivescovo di Caracas, nell’omelia di quel giorno.
Secondo il testo pervenuto a Fides, il Cardinale ha riproposto l’invito alla pace: “Questa è l’unica via, il cammino cristiano per la pace. L’osservanza dei comandamenti: amare Dio sopra ogni cosa e il nostro prossimo come noi stessi. Alla base della situazione attuale e conflittuale, caratterizzata da grave crisi sociale, economica e politica, c’è proprio la mancanza di adempimento dei comandamenti: la ricerca del profitto, la brama di potere, l’arroganza, l’egoismo, la corruzione, il crimine, infine, tutta una serie di problemi che non voglio ripetere in questa omelia”.
L’Arcivescovo di Caracas ha proseguito: “I membri delle Forze Armate e della Polizia devono essere fautori e garanti del rispetto della Costituzione e, per vocazione, devono garantire, prima di tutto, la pace e la sana convivenza del popolo venezuelano al quale essi appartengono. Facciamo appello alla coscienza di quelli che comandano queste forze, dinanzi ai numerosi decessi di cittadini causati da abuso di autorità in azioni repressive. La responsabilità morale per gli atti che portano alla violenza, feriti e morti è di coloro che li attuano, così come di quelli che li hanno ordinati o consentiti. Nel nostro paese acquisisce attualità il pronunciamento del martire d’America, il Beato Oscar Romero: ‘Nel nome di Dio e di questo popolo sofferente, vi prego, vi supplico, vi ordino di fermare la repressione”.
(CE) (Agenzia Fides, 24/05/2017)

E LA CHIESA ACCOGLIE I MUSULMANI

CENTRAFRICA - Ancora duemila musulmani rifugiati nella diocesi di Bangassou; a Fides la testimonianza del Vescovo
“Duemila musulmani sono ancora ospitati nella missione cattolica. Una parte nel Seminario Minore, un’altra nella Cattedrale e da me, nella casa episcopale” dice all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Juan José Aguirre Muños, Vescovo di Bangassou, la città nel sud-est della Repubblica Centrafricana assalita nei giorni scorsi da un gruppo di miliziani anti Balaka (vedi Fides 17/5/2017). “Queste persone sono minacciate dagli anti Balaka che erano entrati in città nei giorni scorsi, attaccando il quartiere musulmano di Bangassou, uccidendo, depredando e cacciando i suoi abitanti, le cui case sono state date alle fiamme”.
“Sono due le emergenze che dobbiamo affrontare: la sicurezza e l’aiuto umanitario” dice il Vescovo. “Quella che preoccupa di più è la mancanza di sicurezza. Siamo esposti ad attacchi improvvisi. Domenica 28 maggio, mi stavo recando nella confinante Repubblica Democratica del Congo per una Messa con un gruppo di profughi centrafricana lì rifugiati, quando in prossimità della riva del fiume Oubangui, una donna con cinque figli, che voleva ricongiungersi con il marito, è stata rapita e poi uccisa da un gruppo di uomini. Un’aggressione brutale nella quale hanno perso la vita bambini anche di 3 anni” riferisce Mons. Aguirre. “A Bangassou è presente un contingente di Caschi Blu marocchini della MINUSCA (Missione ONU in Centrafrica) ma non è molto efficace”.
Per quel che concerne l’aspetto umanitario, Mons. Aguirre riferisce che “sono arrivate alcune ONG che ci stanno aiutando a gestire una situazione complicata. Abbiamo dovuto accogliere in soli 5 minuti duemila persone nel Seminario. È stato una sorta di tsunami umano, con tutto quello che ne consegue sul piano igienico. Si sta valutando di creare un campo di accoglienza attrezzato dove spostare queste persone”.
Mons. Aguirre, che ha negoziato con gli anti Balaka, spiega che l’assalto “è una reazione alla presenza di due ben armati gruppi di Seleka (la ribellione musulmana, ndr.) che alla fine dell’anno scorso si sono scontrati tra di loro. Alcuni di questi hanno attaccato la diocesi, assalendo i civili e commettendo gravi crimini, anche sessuali. Di fronte a questa violenza, è nata la ribellione anti Balaka, che però ha fatto di ogni erba un fascio, mettendo sullo stesso piano i ribelli musulmani e i cittadini di fede islamica della città. Gli anti Balaka da pochi che erano sono ora diventati migliaia (forse tremila) e, seppure mal armati rispetto ai Seleka, sono molto violenti e determinati. Gli anti Balaka, nati in reazione alla violenza subita dai Seleka si sono trasformati in criminali, uguali o persino peggiori ai loro avversari”.
“Se è vero che si affrontano musulmani e non musulmani, il motivo di fondo dello scontro non è religioso ma politico. Ci sono Stati vicini che alimentano i due contendenti per potere dominare meglio il Centrafrica” conclude Mons. Aguirre. (L.M.) (Agenzia Fides 30/5/2017)

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