2016 12 21 SIRIA Dopo 6 anni ad Aleppo Ovest tornano le luci di Natale PAPA prega per il dialogo nella R. D. del Congo: no alla violenza CONGO RD - Scontri a Lubumbashi; “uccisa una ragazza e una parrocchia saccheggiata” NIGERIA - il terrore si chiama Ful
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SIRIA - “Dopo 6 anni ad Aleppo Ovest tornano le luci di Natale”
“Erano 6 anni che ad Aleppo Ovest nei quartieri cristiani non si festeggiava il Natale con decorazioni e luci. Ora vediamo gesti di speranza e cambiamento”. È quanto racconta il vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria, mons. Antoine Audo, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000. “Ad oggi – aggiunge – non sentiamo più gli spari, c’è stato un cambiamento totale. La gente è contenta. Ho rivisto dopo tanto tempo nei balconi gli alberi di Natale. Nella piazza del quartiere cristiano è stato allestito anche un albero di Natale, non è certo l’albero di Piazza San Pietro in Vaticano ma è un’immagine della pace ritrovata. Per l’occasione il 23 dicembre nella zona delle 3 cattedrali cattoliche è stata organizzata una manifestazione di gioia e festa”.
“Per la prima volta sono tornato ieri nei quartieri di Aleppo Est – ha detto mons. Audo – c’è una distruzione terribile, non siamo abituati a vedere certe scene che voi avete avuto modo di vedere attraverso la televisione. Come Caritas siamo in contatto con i gruppi internazionali nella parte Est. Nei prossimi giorni apriremo dei centri di accoglienza nella parte Est per l’organizzazione degli aiuti finalizzati alle persone più deboli di quella regione”.
Intanto, dopo alcune ore di lavoro, è stata approvata ieri dal Consiglio di sicurezza dell’Onu la risoluzione per il dispiegamento di osservatori delle Nazioni Unite nei quartieri orientali di Aleppo per monitorare l’evacuazione dei civili. Il testo prevede che il segretario generale Ban Ki-moon adotti “misure urgenti” per garantire l’effettivo dispiegamento degli osservatori ai quali spetterà di “verificare il benessere dei civili” interessati attraverso consultazioni con Russia, Siria e ribelli. Ad Aleppo est sono, infatti, ancora circa 50mila i civili in attesa di abbandonare la città, stremati da mesi di combattimenti, senza acqua potabile, cibo, energia elettrica. (Zenit 20 12 2016)
Papa prega per il dialogo nella R. D. del Congo: no alla violenza
“Chiedo a tutti voi di pregare affinché il dialogo nella Repubblica Democratica del Congo si svolga con serenità per evitare qualsiasi tipo di violenza e per il bene di tutto il Paese”. Così il Papa all’Angelus di domenica 18 dicembre col pensiero rivolto alle trattative in corso nel paese africano tra le opposizioni e il partito del presidente Joseph Kabila, che vorrebbe ricandidarsi nonostante il secondo e ultimo mandato scada martedì prossimo. Per ora i colloqui avviati sotto l’egida della Conferenza episcopale locale, sono stati sospesi e rinviati al 21 dicembre: si temono quindi manifestazioni di piazza.
D. - Quale dunque l’apporto della Chiesa congolese al dialogo?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Enrico Casale, della rivista Africa dei Padri Bianchi:
R. - È un apporto importantissimo, perché intanto i vescovi sono un’autorità soprattutto morale. Ricordiamo poi che la Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi più grandi del continente africano, ha una popolazione cattolica per circa il 40%. In questo momento i vescovi hanno di fronte una situazione politica instabile e hanno deciso di scendere in campo per favorire il dialogo nazionale, nella speranza che porti a breve a elezioni presidenziali e parlamentari, in modo tale che il Paese esca dalla fase di stallo che sta vivendo a causa del tentativo del presidente Kabila di rimanere al potere.
D. - Quali sono i rischi in questo momento per la stabilità in Repubblica Democratica del Congo, un Paese, tra l’altro, alle prese con altre emergenze soprattutto ai confini?
R. - Sarebbe un dramma se Kabila si intestardisse nel voler rimanere al potere, cioè non aprisse a nuove elezioni e non si facesse da parte. Teniamo presente che Kabila ha già portato a termine due mandati presidenziali previsti dalla Costituzione, quindi non potrebbe ricandidarsi per una terza elezione. Se succedesse questo, o se volesse rimanere al potere, porterebbe un’ulteriore instabilità in un Paese che è già instabile di suo: pensiamo ai grossi problemi che ci sono nella regione orientale, nel nord e nel sud del Kivu, zone ricchissime di risorse naturali e molto ambite anche dai Paesi vicini.
CONGO RD - Scontri a Lubumbashi; “uccisa una ragazza e una parrocchia saccheggiata”
“La popolazione, soprattutto dei quartieri periferici, è scesa nelle strade per protestare. Ci sono stati scontri con le forze dell’ordine, con sparatorie. Abbiamo notizia di una studentessa uccisa da un proiettile vagante. Sono state date alle fiamme delle automobili e alcuni negozi sono stati saccheggiati. Anche una parrocchia è stata saccheggiata” riferiscono all’Agenzia Fides fonti della Chiesa da Lubumbashi, la seconda città della Repubblica Democratica del Congo ed ex capoluogo della vecchia provincia del Katanga. “Al momento la tensione è un po’ diminuita, ma le strade rimangono deserte ed anche i mezzi pubblici non circolano, sono presenti solo la polizia e l’esercito”.
La popolazione è scesa in strada per protestare per le mancate elezioni presidenziali che dovevano tenersi quest’anno, mentre ieri a mezzanotte è scaduto il secondo e ultimo mandato del Presidente uscente Joseph Kabila. Lubumbashi è il feudo elettorale di Moïse Katumbi, l’ex governatore del Katanga, considerato come uno dei maggiori candidati alla Presidenza, una volta che si terranno le elezioni. Katumbi però è stato accusato di un tentato golpe ed è riparato all’estero (vedi Fides 31/5/2016).
Kabila, che intende rimanere al potere fino all’elezione del suo successore, ha nominato un nuovo governo frutto dell’accordo del 18 ottobre (vedi Fides 18/10/2016) tra la maggioranza presidenziale e una parte dell’opposizione. La maggior parte degli oppositori, raccolta sotto la sigla “Le Rassemblement”, chiede invece che Kabila lasci immediatamente il potere. Il leader di “Le Rassemblement”, lo storico oppositore Étienne Tshisekedi, ha lanciato un appello alla popolazione a non riconoscere più Kabila come Capo dello Stato. La capitale Kinshasa, come le altre maggiori città congolesi sono ferme, con la popolazione bloccata in casa e le forze dell’ordine che pattugliano le strade. (Agenzia Fides 20/12/2016)
Nigeria: il terrore si chiama Fulani Herdsmen
“Dal 2006 al 2014 oltre 12.000 cristiani uccisi, circa 2.000 chiese distrutte, e 1,4 milioni di sfollati in Nigeria”.
Mons. Joseph D. Bagobiri, vescovo della diocesi di Kafanchan, nello Stato di Kaduna, in Nigeria, cita questi dati nel corso di un incontro nella sede romana di Aiuto alla Chiesa che Soffre.
“Nell’ultimo trimestre – spiega il vescovo – oltre la metà dei territori della parte meridionale dello Stato di Kaduna ha registrato un’intensificazione degli attacchi da parte dei Fulani Herdsmen Terrorists (FHT)”. In Occidente questa sigla terroristica non è molto nota, tuttavia, prosegue il presule, “Amnesty International e altre organizzazioni internazionali la considerano come la terza fra le più pericolose organizzazioni al mondo, dopo l’ISIS e Boko Haram”.
A conferma di ciò il Vescovo nigeriano afferma che dal settembre scorso il bilancio è di “53 villaggi dati alle fiamme, 808 vite spezzate, 57 feriti, 1.422 case e 16 chiese distrutte”. FHT è un’organizzazione composta prevalentemente da mandriani, che tuttavia usano delle “armi sofisticate”. Mons. Bagobiri non ha tuttavia informazioni sufficienti per stabilire chi fornisca loro questo tipo di strumenti.
Circa le cause del fenomeno, il Vescovo di Kafanchan è netto: “Sono sia sociali, cioè questioni fondiarie, sia religiose. Entrambe le cause sono presenti, ma il fattore religioso è preponderante: è una persecuzione religiosa. La crescita del cristianesimo nell’area settentrionale dello Stato negli ultimi cento anni è stata eccezionale, da una percentuale prossima allo 0% al 31%, e questo, in quel contesto, rappresenta un motivo sufficiente per scatenare la persecuzione. Non si può neanche pensare che l’attacco sia contro un particolare gruppo etnico, perché i cristiani appartengono a diversi ceppi etnici”.
Nonostante il livello della minaccia, prosegue il presule, “la persecuzione in Nigeria non beneficia dello stesso grado di attenzione internazionale riservato, per esempio, al Medio Oriente.”. Quel che è peggio è che non c’è sufficiente attenzione neanche da parte del governo. “Questi attacchi si verificano sono lo sguardo inerte del governo, che si limita ad assistere, mentre le popolazioni sono in balia di questi terroristi armati con strumenti avanzati”, e questo perché “le forze di polizia non hanno armi adeguate per intervenire, oppure non hanno ricevuto ordini in tal senso”.
Questa minaccia terroristica si sovrappone, inoltre, ad un problema strutturale, e cioè la Sharia, introdotta in 12 dei 36 Stati della Nigeria. La legge islamica è causa di “disuguaglianza e discriminazione”, basti pensare che “le Corti islamiche ordinariamente rilasciano musulmani accusati di reati gravi, come l’omicidio ai danni di cristiani uccisi in quanto ritenuti colpevoli di presunta blasfemia”, ha concluso Mons. Bagobiri.
Dopo la testimonianza resa dal vescovo nigeriano nella sede della Fondazione pontificia che si occupa dei cristiani perseguitati, si spera che si possa attirare l’attenzione degli osservatori e dei responsabili, affinché i cristiani di quella nazione non vengano dimenticati e lasciati soli.
(Zenit 16 12 2016)
INDIA - Violenze e abusi sui cristiani in vista del Natale
Nuove violenze sui cristiani, compiute con l’approssimarsi del Natale, destano preoccupazione e sconcerto nella comunità cristiana indiana. Secondo informazioni raccolte da Fides, il 14 dicembre un gruppo di circa 30 militanti induisti ha attaccato un gruppo di fedeli cattolici a Tikariya, villaggio appena fuori la città di Banswara, nello stato del Rajasthan, percuotendo il sacerdote cattolico Stefphan Rawat, le donne e gli altri cristiani. Come riferito a Fides da Sajan K Gorge, presidente del Consiglio globale dei cristiani indiani (Gcic) i cattolici, come da tradizione stavano girando per le strade del villggio cantando canti natalizi, i tradizionali “carol”, in una mini processione avviata alla fine della messa. Gli estremisti, armati di bastoni e manganelli, li hanno raggiunti e percossi con violenza, in spregio alla libertà di culto garantita dalla Costituzione.
Tra gli altri recenti atti di ingiustificata violenza, quello avvenuto agli inizi di dicembre su una donna cristiana nello stato di Chhattisgarh: Samari Kasabi, 55 anni, cristiana del villaggio di Dokawaya, è stata uccisa in un attacco brutale che ha costretto altri cristiani a convertirsi all’induismo per paura di essere assassinati. Kasabi è stata denudata, picchiata a morte e poi bruciata dai suoi vicini di casa in una notte di terrore. La folla dei militanti era alla ricerca di suo figlio Sukura, 35 anni, e della sua famiglia, ma, non trovandola, hanno deciso di uccidere Samari. La polizia locale ha arrestato il capo del villaggio per due giorni prima di rilasciarlo senza accusa. In precedenza altri membri della famiglia erano stati rapiti dai naxaliti, gruppo di guerriglieri comunisti indiano, mentre stavano pregando per i malati e i bisognosi nel loro villaggio. I membri della famiglia raccontano di esser stati ripetutamente perseguitati.
Anche nell’altro stato del Madhya Pradesh, in India centrale, nei giorni scorsi alcuni estremisti indù hanno attaccato una chiesa protestante e colpito con pietre i fedeli durante una liturgia. E alcune statue sacre, come quelle di Sant’Antonio e S. Lorenzo all’interno della chiesa cattolica di Nostra Signora della Salute nel distretto di Udupi, nello stato di Karnataka, sono state profanate e distrutte da vandali nella notte dell’11 dicembre
Il Consiglio globale dei cristiani indiani (Gcic) sta documentando una serie di incidenti e di violenze sui cristiani in India, in particolare negli stati di Karnataka e in Orissa, proprio in prossimità del Natale. Per questo chiede alle forze di sicurezza di garantire la protezione necessaria perché “la piccola e vulnerabile comunità cristiana possa pregare e celebrare in pace e sicurezza questo tempo santo del Natale”.
In India i cristiani sono circa il 2,5% della popolazione mentre l’80% degli 1,3 miliardi di abitanti si professa indù. La conversione al cristianesimo è espressamente vietata per legge in cinque stati indiani. Il governo indiano a livello federale, guidato dal Bharatiya Janata Party (BJP), partito nazionalista indù, è accusato di chiudere un occhio sugli attacchi contro le minoranze religiose nel paese. (Agenzia Fides 15/12/2016)