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2016 12 07 CONGO - uccisa da alcuni banditi una suora a Bukavu Myanmar - distrutta dalle bombe la chiesa di San Francesco Saverio FILIPPINE - attentati anti-cattolici, vescovi chiedono più sicurezza EUROPA - Cristiani perseguitati: un problema anche in Eu

Fonte:
CulturaCattolica.it

CONGO - uccisa da alcuni banditi una suora a Bukavu
L’hanno uccisa martedì pomeriggio nel suo ufficio, al centro di formazione professionale di cui era responsabile nella parrocchia Mater Dei di Bukavu. Colpita a morte in un assalto all’arma bianca, probabilmente da banditi che volevano rapinarla. È morta così suor Marie Claire Agano, congolese, della congregazione delle Francescane di Cristo Re. A rilanciare la notizia - riferisce il sito di Mondo e Missione - è stata la comunità locale di Bukavu attraverso i social network.
Suor Marie Claire va ad aggiungersi a una lunga lista di religiosi che a Bukavu hanno donato la vita per il Vangelo
L’uccisione in un clima di violenza diffusa alimentata dalla piaga dei ‘minerali insanguinati’
Nel contesto del Sud del Kivu – la regione di cui Bukavu è capoluogo – il clima di violenza diffusa è alimentato dalla piaga dei «minerali insanguinati»: oro, coltan, cassiterite e tante altre ricchezze minerarie che continuano ad alimentare il conflitto e ad arricchire tutti tranne la popolazione congolese.
Bukavu come frontiera dell’amore in un contesto segnato dalla violenza: così l’ha vissuto anche suor Marie Claire. «Non si sceglie come morire, ma come vivere – ricorda suor Teresina Caffi nell’articolo di Mondo e Missione -. E tale scelta può condurre a questo esito, non necessario, non cercato, ma possibile. Penso che una persona diventa libera quando, per le cose in cui crede, o meglio per le persone con cui vive, è disposta a mettere in conto anche di morire. Allora nulla ti può fermare. Allora soltanto forse cominci, timidamente ma veramente, ad amare».
(Radio Vaticana 01 12 2016)

Myanmar - distrutta dalle bombe la chiesa di San Francesco Saverio
Il 3 dicembre scorso un attacco aereo dell’esercito governativo ha distrutto la chiesa di San Francesco Saverio a Mung Koe, nello stato Shan (nord-est del Myanmar). Mons. Philip Za Hawng, vescovo della diocesi di Lashio, dove la parrocchia si trova, ha scritto un messaggio in cui afferma: “Tutta la chiesa è stata distrutta, ad eccezione del campanile. Il fumo che si è alzato era visibile da molto lontano fino a mezzogiorno. Quella chiesa era costruita in cemento armato ed era stata consacrata nel 2006”.La chiesa di San Francesco Saverio - riferisce l’agenzia AsiaNews - si trova in uno dei territori teatro dello scontro fra l’esercito governativo (Tatmadaw) e le milizie etniche ribelli degli Stati Kachin e Shan, confinanti con la Cina. Queste ultime sono due delle 135 etnie di cui il Myanmar è composto, che hanno sempre faticato a convivere in maniera pacifica con il governo centrale e la sua componente di maggioranza birmana. Divampata nel giugno 2011 dopo 17 anni di relativa calma, la guerra fra Tatmadaw e Kachin ha causato decine di vittime civili e almeno 120mila sfollati, che vivono in 167 campi profughi.
Appelli di pace del card. Charles Bo
Da alcune settimane si è intensificata l’avanzata del Tatmadaw nei territori del nord-orientali. Le truppe di Naypyidaw utilizzano attacchi aerei e terrestri per colpire le postazioni delle milizie etniche, causando un numero indefinito di morti e arrestando civili in modo indiscriminato. L’arcivescovo di Yangon, il card. Charles Bo, ha più volte fatto appello a tutto il Paese affinché si cerchi la pace.
Per la distruzione della chiesa sacerdoti, suore e parrocchiani sono fuggiti in Cina
La distruzione della parrocchia della diocesi di Lashio, scrive mons. Za Hawng, ha costretto “i sacerdoti e le suore, insieme con i parrocchiani, a trovare rifugio oltre il confine cinese. Anche i residenti della città sono scappati”. Da settimane il governo cinese ha predisposto alcune tendopoli per ospitare i profughi che provengono dal Myanmar (circa 3mila). I sacerdoti e le suore, continua il vescovo, “tornano ogni tanto in città per nutrire il bestiame, nei momenti di tregua negli scontri. Le strutture della parrocchia sono molto vicine al confine cinese”. Il luogo, spiega il presule, è interessato dai combattimenti perché “poco dopo la costruzione della chiesa è stato edificato un Centro di comando dell’esercito governativo al lato opposto della strada”. Il messaggio di mons. Za Hawng finisce con un appello: “Chiunque legga queste righe, per favore preghi per la pace in Myanmar”. La diocesi di Lashio è nata dall’opera di missionari italiani del Pontificio istituto missioni estere (Pime).
(Radio Vaticana 05 12 2016)

FILIPPINE- attentati anti-cattolici, vescovi chiedono più sicurezza
Torna la paura tra la comunità cattolica di Mindanao, isola delle Filippine meridionali a maggioranza musulmana. Si temono nuovi attacchi terroristici dopo l’attentato di domenica scorsa contro una chiesa, compiuto probabilmente dal nuovo gruppo fondamentalista “Maute”, legato allo Stato islamico. I vescovi hanno chiesto al presidente Duterte di garantire la sicurezza dei fedeli, altrimenti potrebbero essere sospese le Messe. (Radio Vaticana 04 12 2016)

TERRA SANTA - Profanato il cimitero cristiano di Kfar Yassif
Il Patriarcato Latino di Gerusalemme, in comunione con tutte le Chiese di Terra Santa, ha espresso ferma riprovazione per l’atto di vandalismo perpetrato contro il cimitero cristiano di Kfar Yassif, cittadina della Galilea situata 11 chilometri a nord-est di Acri, dove nella giornata di giovedì 1 dicembre sono stati scoperti scritte e graffiti blasfemi e osceni tracciati in lingua araba sulle pareti del cimitero e sulle lapidi di diverse tombe. In un comunicato, diffuso attraverso i suoi jedia ufficiali, il Patriarcato Latino esprime la propria vicinanza e solidarietà alle famiglie dei defunti sepolti nel cimitero profanato, e chiede che le forze di polizia indaghino al più presto per individuare e processare gli autori degli atti vandalici. (Agenzia Fides 3/12/2016).

Cristiani perseguitati: un problema anche in Europa

La persecuzione anticristiana è una realtà anche in Europa e la comunità internazionale è chiamata ad intervenire. È quanto hanno affermato alcuni alti funzionari dell’Unione Europea riunitisi lo scorso weekend a Vienna, in una tavola rotonda promossa dall’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione contro i Cristiani.

Tra gli intervenuti alla conferenza, l’inviato speciale dell’Unione Europea per la Libertà Religiosa, Ján Figel, ha menzionato il dato secondo il quale oltre 100mila cristiani vengono uccisi ogni anno a motivo della propria fede. “Chi non comprende la religione o ne abusa, non può capire quello che sta succedendo nel mondo”, ha affermato Figel, che ha poi citato il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, martire del nazismo, che criticò il silenzio e l’inerzia di fronte al male. L’inviato speciale dell’Unione Europea ha concluso esortando la comunità internazionale ad impegnarsi di più contro tutte le persecuzioni a sfondo religioso in atto in tutto il mondo.

Monsignor Stephan Turnovsky, vescovo ausiliare di Vienna, ha sottolineato come la situazione dei cristiani a livello globale non sia mai stata così critica come oggi. In Europa, ha puntualizzato il presule, non c’è una persecuzione organizzata, tuttavia si rilevano dei trend preoccupanti sulla marginalizzazione culturale, politica e mediatica dei cristiani. “Ci sono spesso – ha denunciato monsignor Turnovsky – contromanifestazioni agli eventi pro life in molti paesi ma raramente questi fatti vengono stigmatizzati dai media”.
Il vescovo ha anche messo in luce, la sempre maggiore incapacità dell’Europa di proteggere le persone – in particolare i nuovi rifugiati – etichettate per le loro convinzioni religiose. “Dopo aver rischiato la vita per arrivare in Europa, i profughi sono spesso vittime di violenza, minacce e discriminazioni, per via della loro fede cristiana” e questo fenomeno è spesso trascurato dalle autorità europee, ha affermato Turnovsky.

Durante le sessioni mattutine, si sono susseguite le testimonianze sulla situazione dei cristiani fuori dall’Europa, in particolare in Iraq, Nigeria, Corea del Nord e Siria. Tra gli interventi, quello di un uomo, che si è fatto chiamare “Timothy C.”, fuggito dalla Corea del Nord, dove è scampato a una morte certa, a causa delle sue convinzioni religiose. Si è discusso anche delle persecuzioni anticristiane in Nigeria, da parte del gruppo terrorista Boko Haram e del meno conosciuto Fulani Herdsmen.

L’europarlamentare svedese Lars Adaktusson ha riferito della sua visita in Iraq, dove ha riscontrato “i segni della deliberata distruzione e del disprezzo per le credenze degli altri”, con la distruzione dei simboli sacri, i libri bruciati, i graffiti dello Stato Islamico sulle croci e sulle mura delle chiese. Tali attacchi contro i cristiani, hanno convinto Adaktusson a presentare all’inizio di quest’anno una risoluzione, passata con il voto segreto all’Europarlamento, che riconosce come genocidio il sistematico massacro dei cristiani e di altre minoranze in Medio Oriente.
“Non dobbiamo mai esitare nella difesa della libertà religiosa – ha infine affermato Adaktusson -. In definitiva si tratta di battersi per una politica estera basata sui valori, sulla dignità umana e sui diritti umani. Tale politica dovrebbe includere un impegno esplicito per i gruppi religiosi più perseguitati”.

Durante le sessioni pomeridiane, i relatori hanno affrontato la situazione delle comunità cristiane in Europa, sottolineando in particolare le sempre più diffuse restrizioni governative alla libertà di coscienza, ai diritti dei genitori, alla libertà di parola, così come agli atti di odio contro i fedeli, il vandalismo contro le chiese e i cimiteri cristiani.
Riguardo ai temi europei e internazionali trattati nella conferenza, Ellen Fantini, direttore esecutivo dell’Osservatorio, ha affermato: “La persecuzione patita dai cristiani nel mondo dovrebbe essere riconosciuta e affrontata dalla comunità internazionale con la serietà che meriterebbe. Le pressioni subite dai cristiani, tuttavia, sono molto più sottili; come direbbe papa Francesco, sono ‘persecuzioni gentili’. Se finiscono fuori controllo, tali incidenti possono degenerare parecchio”.
(ZENIT Posted by Luca Marcolivio on 29 November, 2016)

ESEMPIO

FRANCIA - Chiesa contro legge bavaglio ai siti che difendono la vita
Il presidente dei vescovi francesi, mons. Georges Pontier, ha inviato una lettera al Presidente della Repubblica François Hollande per esprimergli la sua “grande preoccupazione” per il disegno di legge presentato dal Governo che mira ad estendere “il reato di ‘ostacolo’ all’interruzione volontaria di gravidanza” introdotto nel 1993 per rispondere ai movimenti pro-life che attaccavano i servizi ospedalieri che praticavano l’aborto, ed è punito con due anni di prigione e 30 mila euro di ammenda. La proposta, che sarà dibattuta domani dall’Assemblea Nazionale, ha come obiettivo quello di rendere penalmente perseguibili i siti francesi delle associazioni che, attraverso Internet, si dedicano all’ascolto delle donne che si trovano di fronte alla difficile scelta se abortire o meno. Sul no della Chiesa francese al disegno di legge, Hélène Destombes ha intervistato mons. Pontier

R. – Depuis la lois vieille, tout ce qui avait été prévu pour laisser du temps à la femme enceinte …

E’ stato soppresso, rispetto alla vecchia legge, tutto quello che era previsto per lasciare del tempo alla donna incinta che si interrogava se tenere il bambino o abortire, e in un passo successivo c’è un forte incoraggiamento – tra virgolette – se non proprio l’obbligo all’aborto nella maggior parte delle situazioni che si presentino. I siti internet che si sono formati e che sono luoghi nei quali le persone possono ritrovarsi per dialogare, discutere delle loro domande, sono suscettibili di essere accusati di ostacolo all’aborto; mentre il fatto stesso che vi siano stati degli appelli rivolti a questi siti dimostra che vi siano persone a disagio, che non hanno più un posto nel quale confrontarsi e che si rivolgono quindi a questi “luoghi” nei quali trovano risposte alle loro domande, alle loro angosce. Questo è il primo punto: la banalizzazione dell’aborto nella cultura dei nostri giorni è inaccettabile, perché noi vediamo che non è un atto banale perché lascia segni profondi.

D. – Lei ha la sensazione che negli ultimi anni l’accento sia stato posto sul diritto all’aborto, che vi sia un atteggiamento più “militante”?

R. – Oui, c’est ça. Il y a une posture militante, et si on pose une interrogation …

Sì, è così, c’è un atteggiamento “militante”. E se si solleva la domanda sullo status dell’embrione, sulla vita fin dal suo inizio, si viene subito accusati di essere contrari alla legge, contrari la libertà di abortire e via dicendo. C’è un irrigidimento …

D. – Come legge questa evoluzione e questo allontanamento dalla vecchia legge? Cosa ci dice della nostra società?

R. – Je pense que ça nous dit de notre société qu’il y a un éclatement …

Credo che ci dica, della nostra società che è in atto la distruzione dei concetti antropologici e quindi in modo particolare del rispetto della dignità della persona umana; inoltre ci dice che il cammino dell’individualismo, del ciascuno-fa-come-gli-pare-e-come-vuole è ormai totale, e così si evidenzia “il diritto della donna a gestire il proprio corpo come vuole”; non c’è più nulla che difenda il più debole, in questo caso il bambino che sta iniziando la sua vita …

D. – Un altro punto che lei tratta nella sua lettera riguarda la limitazione della libertà d’espressione. In che modo questa misura rappresenterebbe una vera minaccia, un attacco allo stesso principio di democrazia? Questo lei afferma nella lettera …

R. – On voit bien qu’on a eu dans notre Pays des grandes discussions légitimes au moment des attentats …

Sappiamo tutti che nel nostro Paese ci sono state discussioni – legittime – quando ci sono stati gli attentati di Charlie Hebdo sul diritto e sulla libertà d’espressione. In ogni ambito, nella nostra società è un fondamento, se non uno dei fondamenti e comunque una delle manifestazioni dell’esistenza della democrazia e del diritto di esprimersi in maniera libera. E in questo caso, abbiamo l’impressione che per ragioni “militanti” o ideologiche, ci sia una restrizione del diritto alla libertà d’espressione in internet e una definizione dell’espressione di difesa della vita come inaccettabile in seno alla nostra società.
(Radio Vaticana 30 11 2016)

FRANCIA- approvata legge che vieta di difendere la vita su Internet
Estensione della legge francese sull’aborto che vieta alle associazioni di effettuare consulenze, sostegno e difendere la vita su Internet. Ieri sera infatti con una votazione per alzata di mano, l’Assemblea nazionale ha approvato in prima lettura la norma che aggiunge agli ‘ostacoli all’interruzione di gravidanza’, puniti dalla legge, anche quello ‘digitale’. Il servizio di Roberto Piermarini:

La riforma, che ora dovrà passare all’esame del Senato, nasce da un’iniziativa del governo socialista che punta a oscurare i siti Internet curati da varie associazioni a difesa della vita per sopperire agli effetti di un’altra legge fatta approvare esattamente un anno fa dalla maggioranza che eliminava la settimana obbligatoria di riflessione per le donne che stanno pensando di abortire. L’eliminazione di quello spazio - riporta il sito di Avvenire - nasceva dall’idea secondo la quale la donna non deve rendere conto a nessuno della sua decisione di abortire, che dunque da facoltà depenalizzata a certe condizioni diventa “diritto”. La conseguenza della cancellazione di qualsiasi figura con la quale la donna possa confrontarsi prima di decidere ne era l’inevitabile conseguenza.
Quest’ultimo intervento normativo introduce così una vera e propria repressione di presenze online di quelle associazioni che si dedicano all’ascolto delle donne che si trovano di fronte alla difficile scelta se abortire o meno. Una riforma lungamente annunciata, contro la quale sinora su Internet non si è alzata nessuna tra le voci che abitualmente difendono la libertà di parola.
(Radio Vaticana 02 12 2016)

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