2016 11 22 Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo
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L’Associazione Aiuto alla Chiesa che soffre presenta in questo modo il rapporto di quest’anno:
“Il Rapporto è uno strumento per sostenere le comunità perseguitate attraverso i progetti”. Lo ha detto Alfredo Mantovano, Presidente di ACS-Italia, aprendo la presentazione della XIII edizione del Rapporto ACS sulla libertà religiosa nel mondo, svoltasi questa mattina a Roma presso la Sala Stampa Estera. Il Direttore di Avvenire Marco Tarquinio, moderatore dell’incontro, ha affermato che il “Rapporto ACS serve per dare “una sveglia” sul tema della persecuzione”. L’introduzione è stata curata dal Direttore di ACS-Italia Alessandro Monteduro, il quale, in merito al rispetto della libertà religiosa, ha affermato che “la situazione più terribile riguarda la Corea del Nord”. A questo Paese va “la “maglia nera” del Rapporto di quest’anno. Sappiamo solo che, per qualunque gruppo religioso, non è possibile esercitare la propria fede.”. Delle 196 nazioni esaminate nel Rapporto, prosegue Monteduro, “38 sono quelle che versano nella situazione più difficile. Di queste, 23 subiscono le persecuzioni più efferate: 12 da parte dello Stato e 11 da gruppi militanti radicali. Gli altri 15 Paesi si collocano nell’area tra la discriminazione e la persecuzione. Sette sono, infine, i Paesi per i quali è difficile perfino immaginare una classificazione, e dunque quelli in cui la libertà religiosa è in maggiore pericolo: Arabia Saudita, Iraq, Siria, Afghanistan, Somalia, Nord Nigeria e Corea del Nord.”. Il Rapporto, ha concluso, “è uno strumento per restituire la speranza ai perseguitati attraverso i nostri progetti”.
Il Presidente Internazionale di ACS, Card. Mauro Piacenza, nel suo intervento, ha affermato che “la libertà religiosa deve essere tutelata in ogni ordinamento giuridico; in particolare, le moderne democrazie non debbono fondarsi sul relativismo, bensì sul rispetto della libertà religiosa, che deve essere riscoperta nel foro pubblico.”.
A seguire l’intervento del Giudice Costituzionale Giuliano Amato, il quale ha affermato che mentre “permane la persecuzione di Stato, se ne aggiunge anche un’altra, con un fondamento più ampio”. Il dittatore nordcoreano è “un caso di follia che fa vittime, ma il vero problema è l’attuale fondamentalismo religioso – ha proseguito l’ex Presidente del Consiglio -. E alla radice del fondamentalismo c’è la laicizzazione estrema che intende sradicare la religione, e che genera una reazione identitaria; comprimere la religione determina una distorsione del sentimento religioso.”. Amato ha concluso dichiarando che “si possono fare guai anche con la “laïcité francese”, perché essa può favorire la reazione fondamentalista.”.
La testimonianza è stata affidata a Monsignor Jacques Behnan Hindo, Arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi (Siria). Nel suo intervento il prelato ha precisato che “la sharia nega la libertà di coscienza”, e che “in Siria non c’è libertà per i Cristiani” e questo soprattutto perché in quella nazione, storicamente terra di invasioni, “l’Islam è politico. Daesh non è solo anticristiano – ha concluso –, è anti- tutti quelli che non sono Daesh”.
Tarquinio ha tirato le fila degli interventi ringraziando la Fondazione per la sua attività di sostegno tramite i progetti, ed ha evocato due figure di donne, quali altrettanti simboli di speranza: la pakistana Asia Bibi, tuttora detenuta, e la bangladese Ishrat Akhond, uccisa nel recente attentato di Dacca.
(dal sito ACS Roma, 15 novembre 2016)
Riassume il contenuto Zenit.org:
Libertà religiosa nel mondo: la situazione peggiora
(…) Il quadro che emerge – basato su fonti giornalistica e su dati pubblicati da Onlus e Ong – è desolante. In 15 dei 196 Paesi presi in considerazione dallo studio tra il luglio 2014 e il giugno 2016, “la libertà di fede si colloca tra la discriminazione e la persecuzione”, ha spiegato Alessandro Monteduro, direttore di Acs Italia.
Ma non è finita. In 14 Paesi la situazione “è chiaramente peggiorata” rispetto al biennio precedente e in 38 Paesi si registrano “significative violazioni alla libertà religiosa”. All’interno di questo gruppo, in 7 Paesi la situazione è particolarmente grave. Si tratta di Bangladesh, Eritrea, Kenya, Pakistan, Sudan, Yemen, Arabia Saudita e Corea del Nord.
Per un cristiano che vive nella dittatura di Pyongyang persino partecipare ad una Messa – rigorosamente clandestina – può costare indicibili torture da parte delle autorità statali.
Quello della Corea del Nord – ha osservato uno dei relatori, Giuliano Amato, già presidente del Consiglio italiano ed attualmente giudice costituzionale – costituisce oggi un caso sui generis di persecuzione religiosa di Stato.
Il giurista ha rilevato infatti che si assiste in questa fase storica a un rinfocolarsi di fondamentalismi intolleranti che corrispondono, più che a un interesse politico, alla manifestazione di un sentimento religioso in quanto tale.
Secondo Amato una certa “laicizzazione estrema”, dalla fine dell’Illuminismo in poi, avendo emarginato dalla vita pubblica la religione, potrebbe aver fatto scaturire una reazione forte e talvolta violenta da parte di gruppi confessionali che si sentono discriminati.
Quello di Amato è dunque un invito a interrogarsi sugli effetti nefasti di una cultura che ha voluto cancellare la religione dall’ambito pubblico.
Tema che con perizia ha sviscerato il card. Mauro Piacenza, penitenziere maggiore presso il Tribunale della Penitenzieria Apostolica.
“Grande è l’imperatore perché è più piccolo del cielo”, ha esordito il porporato parafrasando Tertulliano. Una massima che presuppone come un buon governo non possa mai escludere e sostituirsi alla divinità.
L’atto di fede deve dunque essere concesso ad ogni suddito e la possibilità di esercitarlo senza imposizioni – ha proseguito il card. Piacenza – “è la madre di tutte le altre libertà”.
Il penitenziere ha inoltre posto l’accento sull’importanza di riservare alla religione uno spazio pubblico. “Nemmeno il potere civile più efferato può estirpare dalle coscienze la fede – ha detto – conseguentemente la libertà religiosa gioca il proprio ruolo non tanto nel foro privato, intangibile, bensì nel foro pubblico, nella complessità dei rapporti sociali”.
Una riflessione, quella del card. Piacenza, che interpella anche le società considerate più avanzate in tema di diritti, dove non si registra una persecuzione che passa dalla spada ma non mancano episodi di discriminazione su base confessionale.
Riprende ed approfondisce La Nuova Bussola Quotidiana:
Cristiani perseguitati nei campi profughi europei
di Andrea Zambrano 16-11-2016
Un dato particolarmente allarmante che balza agli occhi nel leggere il Rapporto 2016 sulla libertà religiosa, presentato ieri da Aiuto alla Chiesa che Soffre, riguarda un fenomeno sotterraneo che sta iniziando a prendere piede nelle democrazie occidentali. Si tratta delle discriminazioni, quando non proprio violenze, subite nei centri di raccolta di richiedenti asilo da parte di clandestini di fede musulmana. L’obiettivo sono sempre loro, i cristiani, che devono convivere così con un doppio dramma: dopo aver abbandonato la loro patria perché in guerra (la maggior parte di loro sono siriani o irakeni) devono subire l’onta della cristianofobia anche nei Paesi che li hanno accolti.
Infatti il rapporto di Acs presentato ieri ha iniziato a suonare un primo campanello d’allarme: aumentano gli episodi dentro i centri di raccolta e smistamento in paesi come Germania e Svezia, anche se non mancano episodi inquietanti persino in Italia. Un fenomeno destinato a crescere dato che alcuni episodi accaduti recentemente in Francia e Germania non sono stati presi in considerazione dal report della Fondazione di diritto pontificio che si occupa di denunciare le persecuzioni anticristiane nel mondo, perché successivi al giugno 2016.
(l’articolo prosegue elencando gli episodi)