2016 10 12 ARGENTINA - Trovato morto un parroco impegnato a combattere il narcotraffico BRASILE - Ucciso un sacerdote PAKISTAN - Udienza per Asia Bibi; Dichiarate “illegali” undici TV cristiane APPROFONDIMENTO - Siria e Polonia, così i media deformano la
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ARGENTINA - Trovato morto un parroco impegnato a combattere il narcotraffico. Quattro catechisti uccisi.
In America Latina pullula la violenza legata al traffico di stupefacenti. Nello Stato messicano di Michoacán quattro giovani catechisti sono stati sequestrati, torturati e uccisi. I corpi sono stati rinvenuti presso una piantagione di limoni nella comunità San Juan de Los Plátanos, nel municipio di Apatzingán.
I quattro — stando alle ricostruzioni fornite alla Efe da Hipólito Mora, fondatore dei Grupos de Autodefensa Comunitaria — sono stati prelevati da un gruppo armato sabato scorso nella città di La Ruana, dove svolgevano volontariato. Mora accusa di questo crimine il cartello narcotrafficante Los H-3, uno dei più violenti del Paese.
Ieri, 5 ottobre, padre Juan Heraldo Viroche è stato trovato morto nella sua abitazione, a Tucuman, circa 70 km dalla capitale. Il sacerdote era molto conosciuto nella zona per la sua lotta contro il narcotraffico. Era una persona molto positiva e dinamica, riferiscono testimonianze di chi lo conosceva nella sua parrocchia, dove era molto impegnato anche con le famiglie della zona.
La Commissione Episcopale per la pastorale per la droga-dipendenza ha pubblicato un breve comunicato dove si legge: “Padre Juan era conosciuto perché spendeva la vita contro il traffico di droga, ha parlato chiaramente all’interno e all’esterno della sua comunità, per difendere la vita in pericolo”. La Commissione ha anche fatto notare che “padre Viroche, ai suoi più stretti collaboratori, aveva espresso profondo dolore per le minacce ricevute dalle mafie della droga”.
(Agenzia Fides, 06/10/2016)
BRASILE - Trovato ucciso un sacerdote lungo la strada vicino Rio de Janeiro
Padre Francisco Carlos Barbosa Tenorio, 37 anni, è stato trovato morto la mattina di domenica scorsa, 9 ottobre, lungo la strada RJ-081, a Nova Iguaçu, nella regione di Baixada Fluminense, stato di Rio de Janeiro. Secondo testimonianze degli amici che hanno riconosciuto il corpo all’Istituto Medico-Legale, il sacerdote aveva segni da arma da taglio e l’impronta del calcio del fucile sulla testa. Non si è trovata l’auto che guidava in quel momento il sacerdote.
La nota pervenuta a Fides riporta le dichiarazioni di Sua Ecc. Mons. Luciano Bergamin, Vescovo della diocesi di Nova Iguaçu, secondo il quale padre Francisco era parroco della parrocchia di Nostra Signora di Lourdes, nel quartiere di São Benedito a Nova Iguaçu, dove era amato dai fedeli e non aveva nemici. “E’ stato un buon parroco e amato dal suo popolo. Tutto porta a credere che sia stata una rapina conclusa in omicidio. Una pugnalata al lato del cuore ha ucciso il nostro fratello. Purtroppo è un altro segno della violenza che vive la nostra Baixada, macchiata di tanto sangue” ha commentato Mons. Bergamin.
“Padre Francisco era andato a visitare una famiglia nel quartiere vicino alla parrocchia di São Simão, ma sembra che non sia mai tornato a casa, infatti non si è presentato a celebrare la Messa della domenica, cosa che non era mai accaduta...” racconta il Vescovo nella nota. Padre Francisco era nato a Pernambuco, ma ha vissuto per circa dieci anni a Rio de Janeiro. Ha iniziato a lavorare nella diocesi di Nova Iguaçu nel 2008 ed è stato ordinato sacerdote nel 2011.
(Agenzia Fides, 11/10/2016)
PAKISTAN - Udienza per Asia Bibi davanti alla Corte Suprema
E’ fissata per il 13 ottobre prossimo l’udienza della Corte Suprema per il caso di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia. La condanna in primo grado è stata confermata dalla Corte di appello e ora il ricorso è giunto al Tribunale supremo, terzo e ultimo grado di giudizio che ha disposto la data per l’esame del caso. Lo conferma a Fides Joseph Nadeem, tutore della famiglia della donna, aggiungendo che “si tratta di un momento decisivo in cui si richiede la preghiera costante di tutti i cristiani e di tutti gli uomini di buona volontà, perché Asia sia liberata”. Il caso sarà presentato dall’avvocato musulmano Saiful Malook, legale ufficiale di Asia Bibi, che “nutre buone speranze”, notando “i difetti in diritto e le prove che, nel merito, dimostrano l’innocenza della donna”.
Asia Bibi si trova attualmente nel carcere femminile di Multan, in una cella singola. La donna è stata arrestata a giugno del 2009 in base alla nota legge sulla blasfemia, dopo un litigio con alcune contadine, sue compagne di lavoro nei campi. Dopo la condanna a morte nel 2009 e la conferma del verdetto di condanna nel 2014, il 22 luglio 2015 la Corte Suprema ha sospeso la pena e disposto il riesame del caso. (PA) (Agenzia Fides 7/10/2016)
PAKISTAN - Minacce a una Ong cristiana che difende casi di “blasfemia digitale”
L’Ong pakistana di ispirazione cristiana “The Voice”, guidata dall’avvocato cristiano Anneqa Maria Anthony ha ricevuto gravi minacce nel corso del procedimento giudiziario relativo a un caso di blasfemia. Si tratta del caso di Nabeel Masih, la cui udienza era fissata per l’8 ottobre, rinviata per una agitazione sindacale. Il sedicenne cristiano Nabeel Masih è stato denunciato da alcuni coetanei che lo accusano di aver condiviso sul social network Facebook una foto considerata dispregiativa della «Khana-e-Kaaba», l’edificio al centro della moschea della Mecca, luogo sacro all’Islam.
L’incidente è avvenuto in un villaggio nei pressi di Bhai Pheru, nel distretto di Kasur, nella provincia del Punjab. Gli accusatori hanno invocato l’art. 295a del Codice di Procedura penale, che punisce il vilipendio all’islam. Nabeel è stato arrestato.
Come riferito a Fides dal team di “the Voice”, raggiunto il tribunale, insieme con i parenti dell’accusato, ci si è resi conto che il luogo dell’udienza non era sicuro, per la presenza di almeno 80 persone che mostravano odio e risentimento verso la famiglia. Il gruppo ha iniziato a protestare e minacciare i parenti e i legali come l’avvocato Anthony. Tutti accusavano Nabeel di blasfemia e anche alcuni avvocati dicevano che “non bisognava difendere un criminale blasfemo” . Hanno poi detto di voler uccidere Nabeel, “autore di un crimine odioso”, affermando di voler “bruciare tutti gli infedeli della sua famiglia”.
L’Ong afferma di “non avere agenti di sicurezza per garantire la protezione dei propri membri e della famiglia assistita”. L’ Avvocato Anthony dice a Fides: “Nabeel è innocente: l’accusa a suo carico non è ancora dimostrata. E’ un diritto fondamentale di Nabeel o di qualsiasi altro imputato avere una assistenza legale nel corso di un procedimento giudiziario o chiedere una cauzione. In uno stato di diritto, a ogni imputato sono date le garanzie di legge”. (PA) (Agenzia Fides 8/10/2016)
PAKISTAN - Dichiarate “illegali” undici TV cristiane: attentato alla libertà religiosa
Una recente ordinanza emessa dalla “Pakistan Electronic Media Regulatory Authority”, ente del governo pakistano, ha dichiarato illegali 11 canali televisivi cristiani che trasmettono in Pakistan in lingua urdu. Come appreso da Fides, l’ordinanza, emessa il 22 settembre, segnala “TV non autorizzate” e cita 10 canali via cavo o su web gestiti da gruppi cristiani protestanti come Isaac Tv, Gawahi Tv, God Bless Tv, Barkat Tv, Praise Tv, Zindagi Tv, Shine Tv, Jesus Tv, Healing Tv, Khushkhabari Tv, nonchè la Catholic Tv, rete cattolica diocesana di Lahore. “Tutti i Direttori generali regionali - recita l’ordinanza - sono invitati ad adottare le misure necessarie per fermare immediatamente la trasmissione dei canali Tv illegali nelle rispettive regioni”.
P. Mushtaq Anjum, religioso Camilliano pakistano che si interessa di comunicazione e mass-media, commenta a Fides: “Di fatto si rende illegale la proclamazione della Buona Novella. Da alcuni anni, con notevoli sforzi, le comunità cristiane hanno organizzato reti televisive, via cavo o su web, per parlare ai cristiani e per parlare della fede cristiana. I cristiani non hanno alcuno spazio nei canali televisivi pubblici. Vogliamo capire perchè sono dette illegali. Questa è un’altra legge discriminatoria che colpisce i non-mulsulmani”.
“Chiediamo l’intervento del Ministro federale cristiano Kamran Michael - prosegue il sacerdote - perchè questo è un vero attentato alla libertà di praticare la propria religione. E’ anche un attacco alla visione del fondatore del Pakistan, Muhammad Ali Jinah, che immaginava una società libera e non un paese islamico. Invece, in tal modo, si continua a trattare i membri delle minoranze religiose come cittadini di seconda classe”. Il religioso Camilliano chiede al governo di “ fermare questi atti di intimidazione e di revocare tale divieto”. (PA) (Agenzia Fides 10/10/2016)
APPROFONDIMENTO
Siria e Polonia, così i media deformano la realtà
di Robi Ronza
05-10-2016 LNBQ
L’attualità non cessa di confermare un dato cruciale, che invece i “non addetti ai lavori” troppo spesso non percepiscono o sottovalutano: alla scala sia nazionale che globale il sistema massmediatico ha ormai nel suo insieme un suo stabile orientamento ideologico a causa del quale riflette la realtà in modo stabilmente distorto. (…)
A titolo di esempio ci soffermiamo qui su due casi recenti. Il primo è quello della guerra civile in corso in Siria. Una grande società internazionale di relazioni pubbliche, la Purpose, è stata incaricata da qualcuno di diffondere nel mondo simpatia per la lotta armata contro il regime di Assad. (…)
Veniamo ora a un altro caso, sia pure meno immediatamente drammatico (benché lo sia altrettanto nella sostanza): quello del dibattito in corso in Polonia attorno a un progetto di forte restrizione dei casi di aborto legale. Si tratta obiettivamente di un evento di grandissimo rilievo: per la prima volta dopo decenni un Paese importante dove l’aborto è legale lo rimette in discussione. Sarebbe comunque una notizia da prima pagina. Siccome però l’opinione pubblica polacca è largamente favorevole al progetto, la grande stampa “illuminata” fino a questi giorni aveva preferito ignorare la vicenda, benché sia da mesi al centro dell’attualità politica in Polonia.
Zitti tutti fino all’altro ieri, quando una folla di alcune migliaia di dimostranti contrari al progetto ha manifestato a Varsavia davanti al Parlamento. Alla loro testa il gruppo delle “donne in nero” che in difesa dell’aborto non esitano a scendere in piazza vestite con quello che in Polonia è tradizionalmente l’abito delle vedove. A questo punto la notizia della legge che il governo polacco intende presentare ha fatto finalmente il giro del mondo, ma a partire dalla protesta delle “donne in nero”. È scattato inoltre il vecchio stereotipo del ‘68 secondo cui il militante rappresenta non solo stesso e la sua area, ma ipso facto l’intero gruppo sociale cui appartiene. Così le manifestanti e le “donne in nero” che le guidano non sono un certo gruppo di donne, ovvero le donne di una certa area. Sono invece “le donne” della Polonia tutta quanta. (…)
Allora diamo voce a chi non ha voce:
SIRIA - I bambini di Aleppo chiedono la pace. Il Vescovo caldeo: informazione occidentale manipolata
Erano diverse centinaia i bambini e i ragazzi di Aleppo, cristiani e musulmani, che nella giornata di ieri, giovedì 6 ottobre, si sono radunati per chiedere con la preghiera e il canto che torni la pace in tutta la Siria. Il raduno si è svolto nell’ampio spazio davanti all’edificio dell’ex scuola francescana di Terrasanta. Analoghe manifestazioni si svolgeranno oggi nelle scuole di Damasco, Homs Yabroud, Tartus. Nel corso degli incontri, i bambini sottoscriveranno una petizione da inviare all’Unione Europea e all’Onu. L’appello per la pace, con tutte le firme dei bambini e dei giovani sottoscrittori, verrà consegnato nei prossimi giorni ai rappresentanti di Ue e Onu, nelle sedi di Bruxelles e Ginevra, da tre Patriarchi orientali che portano il titolo di Antiochia: il greco-melchita Gregoire III, il greco-ortodosso Yohanna X e il siro-ortodosso Ignatius Aphrem II.
Ad Aleppo, anche nel giorno dell’iniziativa dei bambini a favore della pace, colpi di artiglieria sono caduti in abbondanza anche sui quartieri controllati dall’esercito siriano, provocando morti e feriti. “Da settimane” riferisce all’Agenzia Fides Antoine Audo SJ, Vescovo caldeo di Aleppo, “siamo di nuovo in una situazione di terrore generale, anche se si cerca di mantenere aperte istituzioni pubbliche come l’università. Dai quartieri controllati dai ribelli arrivano ogni giorno colpi d’artiglieria con armi sofisticate, che seminano morte, anche se i ribelli non hanno gli aerei. Tra i soli cristiani, nelle ultime due settimane, ci sono stati più di venti morti. Ma di quello che succede da noi, i media occidentali non parlano. A noi che siamo qui, tutto il sistema mediatico globale appare manovrato da interessi geopolitici che manipolano l’informazione. Tutto diventa pretesto di propaganda. E si continua a nascondere il ruolo e le operazioni messe in atto da Paesi come la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita”.
(Agenzia Fides 7/10/2016).
La Polonia a difesa della vita
Ampio sostegno popolare alla proposta di legge per il divieto totale di aborto. Soprattutto i giovani sostengono l’iniziativa che vuole anche aiutare le madri in difficoltà
Mentre pure San Marino abdica alla difesa del bambino non ancora nato, la Polonia lancia una proposta di legge per abolire totalmente l’aborto.
La cosa non è molto gradita alle istituzioni europee che stanno pensando a come reagire a questa alzata di testa polacca, nonostante ogni Stato membro sia sovrano su certi temi.
Una musica fuori dal coro dei 27 Paesi Ue dove l’aborto è lecito, anche se con limiti diversi, esclusa Malta.
Gregor Puppînk, presidente dell’European Centre for Law and Justice (Eclj) e membro del comitato esecutivo della Federazione ONE of Us, segnala un recente studio del prof. Marcin Kulczik, ricercatore di Eclj, su questa proposta di legge, frutto di un’iniziativa popolare.
“L’iniziativa legislativa dei cittadini per la totale abolizione dell’aborto” chiarisce Puppînk citando il sommario dello studio, “consegnata al Parlamento polacco il 5 luglio 2016, ha come fine quello di assicurare a tutti i bambini, prima e dopo la nascita, eguali diritti e la protezione della vita e della salute”. Ne scaturisce una conseguenza inevitabile: il divieto di aborto.
Le argomentazioni sui cui si basa la proposta di legge sono solide, secondo Kulczik: la Costituzione polacca e la giurisprudenza del Tribunale Costituzionale. La proposta di legge “intende dare una definizione legale di bambino concepito e di momento del concepimento”, spiega Puppînk. Così il nascituro “può essere considerato come paziente alla luce delle leggi sui diritti del malato”.
L’intento dell’iniziativa è quello di modificare la legge del 7 gennaio 1993 sulla pianificazione familiare, la protezione del feto umano e le condizioni per terminare la gravidanza e il codice penale del 1997.
“Vogliamo che la Polonia raggiunga il gruppo di Paesi dei 2/3 del mondo che oggi proteggono il nascituro meglio di noi”, ha dichiarato Jerzy Kwaśniewski uno degli autori del progetto di legge. “Effettivamente gli standard di protezione della vita umana sono più alti in 123 Paesi (sui 196 esistenti) che in Polonia”, scrive Kulczik.
Il disegno di legge propone la rimozione delle tre circostanze in cui attualmente è permesso l’aborto, in applicazione del principio di proporzionalità. È garantito l’aborto come “trattamento medico necessario per salvare la vita della madre, anche se le conseguenze fossero fatali al bambino”. Si suggerisce anche la re-introduzione di una norma sanzionatoria per l’aborto illegale, a condizione della non punibilità totale o di una punibilità assai mitigata per la madre.
“Il disegno di legge” evidenzia Puppînk “non è focalizzato soltanto sul divieto di aborto ma anche sul dovere positivo delle autorità pubbliche verso le famiglie, particolarmente verso le madri, coinvolte in gravidanze problematiche”. L’iniziativa propone di garantire un sostegno statale alle famiglie con figli portatori dì handicap e a quelle dove i bambini sono stati concepiti in situazioni problematiche.
Vengono proposte regolamentazioni pratiche a livello statale per l’assistenza. Di conseguenza “fanno da contraltare all’attuale offerta abortiva, lo sviluppo della cura perinatale, di quella pediatrica a casa, l’assistenza materiale e psicologica e le procedure che danno la possibilità di adottare”, sottolinea Puppînk.
“Questa attitudine positiva in favore della vita umana si sposa con le numerose e concrete iniziative dirette a sostenere le famiglie in circostanze difficili”, afferma Puppînk. Inoltre, “nell’Agenda del governo polacco c’è il Programma Nazionale per la Procreazione che intende istituire la cura generale della salute riproduttiva, inclusi i metodi di procreazione maturale come la NaProTechnology”.
“Il futuro di questo progetto di legge sull’aborto dipende dal Parlamento polacco. Dopo la prima lettura, la proposta è stata mandata alla Commissione di Giustizia e Diritti Umani il 23 settembre scorso, qui sarà ulteriormente discussa”, continua Puppînk. Quindi la versione finale potrebbe esser sostanzialmente differente dal progetto iniziale.
L’aborto in Polonia è stato introdotto per le donne polacche per la prima volta dal regime nazista di Hitler durante l’occupazione della Polonia tra il 1943 e il 1945. Viene poi legalizzato dal regime comunista nel 1956, che lo permette su indicazioni mediche, in caso di violenza, in caso di condizioni di vita difficili. “In pratica l’aborto era permesso a richiesta”, commenta Kulczik.
Il fatto che l’aborto, in quanto tale, venga introdotto da due regimi (la Russia comunista nel 1920 è stato il primo Paese in assoluto ad introdurre l’aborto) dovrebbe fare riflettere.
“Attualmente la legge polacca ammette l’aborto in tre circostanze: quando la vita o la salute della donna sono messe in pericolo se la gravidanza prosegue, quando la gravidanza è la conseguenza di un’azione criminosa, quando il feto è seriamente malformato”, spiega Kulczik.
Questa legge del 1993 è a sua volta il “frutto di un grande sforzo per il rispetto della vita umana fin dal concepimento, ispirato e supportato particolarmente dalla Chiesa cattolica durante il papato di Giovanni Paolo II”, ricorda Kulczik. Presentata spesso come un “compromesso “, la legge del 1993 secondo l’Eclj è stato un primo passo verso la protezione onnicomprensiva della vita umana, dal concepimento alla morte naturale.
“Sfortunatamente l’aborto è presentato troppo spesso come unica soluzione”, sottolinea Kulczik. Dal 2000 al 2014 l’aborto in Polonia è aumentato da 139 aborti a 971 annui.
Kulczik ritiene che le elezioni polacche dell’ottobre 2015 che hanno portato ad un cambiamento sostanziale del panorama politico, abbiano creato il terreno favorevole per questa proposta di legge e per le iniziative a favore della famiglia.
L’iniziativa legislativa cittadina è una forma di democrazia partecipativa, prevista dall’art.118 par.2 della Costituzione polacca. Una legge può essere introdotta da un gruppo di almeno 100mila cittadini aventi diritto di voto. La proposta viene inviata al Sejm che è la “Camera bassa” del Parlamento polacco. Per questa iniziativa a difesa del nascituro le firme raccolte sono state oltre mezzo milione.
La bozza e la base giuridica di questo atto sono state preparate da Ordo Juris insitute For Legal Culture in collaborazione con un dispiegamento di associazioni pro famiglia e pro vita. “La notizia dell’istituzione di un comitato per l’iniziativa legislativa ‘Stop Aborcji’ (Basta aborto, ndr) è stata presentata il 14 marzo scorso al Sejm”, si legge nell’introduzione dello studio di Kulczik. Nasce da lontano questa proposta di legge, perché le associazioni pro vita e non solo polacche sono state molto attive fin dal 1989 nel proporre studi e iniziative a favore del riconoscimento del diritto del bambino prima e dopo la nascita.
I movimenti pro-vita sono stati incoraggiati nel proseguire il loro lavoro anche dalle parole dell’attuale presidente, Andrzej Duda, che nel discorso tenuto durante la campagna elettorale del 2015 disse: “L’assoluta protezione della vita, specialmente dell’indifeso, il bambino non ancora nato, deve essere introdotta in Polonia. Questo richiede tempo ma non è possibile alcun compromesso… Per me la difesa della vita è parte della difesa della società polacca, della difesa della famiglia polacca. Non ci può essere la Polonia senza una generazione di polacchi. Inoltre ognuno deve avere la possibilità di nascere. Non c’è discussione. Io sono un forte difensore della protezione della vita”.
La popolazione polacca sembra essere sempre più in linea con queste dichiarazioni del suo presidente. Lo rivela un sondaggio del marzo 2016 della Cbos, Centro Ricerca sull’Opinione Pubblica, secondo cui il sostegno all’aborto in tutti i tre casi è sceso dal 1992 ad oggi: dal 71 al 53% in caso di aborto per malformazioni del feto; dall’88 all’80% quando la vita della donna è minacciata; dall’80 al 73% in caso di violenza o incesto”. L’81% dei polacchi ritiene inaccettabile l’aborto a richiesta. Un altro sondaggio, condotta dalla Ibris, Istituto per la ricerca sociale e di mercato, che chiedeva espressamente l’opinione sul divieto assoluto di aborto, escluso il pericolo di vita della madre, ha dato questo risultato: il 58,4% dei polacchi (donne 57,9%, uomini 59,5%) è d’accordo con la totale abolizione dell’aborto, mentre solo il 30% è contrario. I maggiori sostenitori dell’iniziativa sono stati i giovani che si sono espressi al 79,2% a sostegno di “Stop Aborcji”. Dati importanti, che indicano un cambiamento di rotta di una società. Certo Giovanni Paolo II, il “Papa della Vita”, in tutto questo ha qualche ruolo.