2016 05 04 SIRIA- Aleppo sta morendo ITALIA - Fontana di Trevi rossa come il sangue dei cristiani dimenticati dal mondo Iraq - Is attacca villaggio cristiano nella Piana di Ninive NIGERIA - Rapito Vicario Generale della diocesi di Otukpo
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SIRIA – L’Arcivescovo Marayati: “tutti gridano ‘salvate Aleppo’, e intanto Aleppo sta morendo”
“Tutti gridano ‘salvate Aleppo’, e intanto Aleppo sta morendo. La chiamano ‘guerra civile’, e intanto a pagare il prezzo più alto sono proprio i civili, da una parte e dall’altra, a cominciare dai bambini”. Sono considerazioni amare e addolorate quelle che Mons. Boutros Marayati, Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, esprime sulla sorte tragica del suo popolo e della sua città, dove il conflitto siriano è riesploso in maniera feroce negli ultimi giorni, provocando centinaia di morti, tra cui diversi cristiani.
I quartieri centrali di Aleppo – dove vive anche l’Arcivescovo Marayati –, sotto controllo dell’esercito governativo, sono stati investiti negli ultimi giorni da una pioggia di missili e colpi di artiglieria senza precedenti, provenienti dai quartieri controllati dai ribelli anti-Assad. Anche quei quartieri, sotto controllo di milizie in gran parte legate alle sigle jihadiste, hanno subito bombardamenti pesanti da parte delle forze governative, che hanno colpito anche un ospedale sostenuto da Medici senza Frontiere, provocando circa cinquanta vittime.
“Noi vediamo i colpi che arrivano sui nostri quartieri, e sentiamo da lontano i bombardamenti aerei. Nelle poche settimane in cui ha retto la tregua, si erano riaperte le scuole, abbiamo potuto celebrare la Pasqua, nelle nostre chiese, e la gente credeva di sognare. Ma adesso, dopo quei giorni di speranza, il sogno si è trasformato in un incubo ancora peggiore, e anche le informazioni sono incerte e manipolate. Ho sentito che le trattative a Ginevra riprenderanno solo il 10 maggio. Se non ci sarà un nuovo cessate il fuoco, i prossimi giorni saranno giorni terribili”.
Secondo l’Arcivescovo armeno cattolico, il destino di Aleppo e del popolo siriano rimane nelle mani delle grandi Potenze: “La fine del conflitto” ripete l’Arcivescovo Marayati “dipende dagli Usa, dalla Russia e dalle altre forze della regione: solo loro possono costringere tutte le parti coinvolte in questa sporca guerra a farla finita, mettendo da parte gli interessi e i disegni nascosti che continuano ad alimentare il massacro”. (Agenzia Fides 29/4/2016).
TESTIMONIANZA
Il vescovo di Aleppo piange sulle rovine della Siria
Il vicario apostolico mons. Abou Khazen parla nella sede della Regione a Milano, (…) Frate francescano libanese, già parroco nella grande città del Nord della Siria, (…)ha raccontato la quotidianità della guerra ad Aleppo e di quel cessate il fuoco finito in frantumi senza che nemmeno la cosa faccia notizia nei nostri tg.
«Siamo entrati nel sesto anno della guerra – spiega mons. Abou Khazen –. La metà della popolazione in Siria è profuga, la distruzione è totale: sembra l’Apocalisse. E le minoranze sono coloro che hanno sofferto di più: cristiani, yazidi, assiri, caldei, musulmani moderati che stanno anche loro soffrendo». Viene dal cielo la morte sui quartieri dei cristiani ad Aleppo: ha di nuovo il volto delle bombole di gas lanciate dalle milizie islamiste sulle zone controllate dall’esercito di Assad. Solo nelle ultime ore sono una ventina i morti provocati da questi ordigni, artigianali ma non meno letali rispetto a tutti gli altri. «La gente li chiama il cannone dell’Inferno – racconta il vescovo – tanta è la distruzione che provocano».
Distruzione non solo fisica: «La Siria è composta di 23 gruppi etnici e religiosi differenti – continua il vescovo –. Mi piaceva paragonarlo a un bel mosaico. È proprio questo ciò che i gruppi legati all’Isis e ad al Nusra vogliono distruggere. Vogliono ridurre tutto a un colore solo, il colore nero». Descrive le proporzioni di questa distruzione, mons. Abou Khazen: «Aleppo era paragonata a Milano: era la città industriale e commerciale della Siria – ricorda –. C’erano 43mila tra fabbriche e piccole aziende, alcune avevano anche tremila operai. Adesso non c’è più nulla: i macchinari sono stati rubati, li hanno venduti in Turchia. L’hanno fatto persino con il grano immagazzinato nei silos: portato via e venduto per due piastre. Mentre la gente ad Aleppo per mesi e mesi soffriva la fame».
«Per due anni siamo stati sotto assedio completo: mancava proprio tutto – continua –. Poi l’esercito regolare è riuscito ad aprire un varco, la strada da cui adesso arrivano i rifornimenti, il carburante, la possibilità di entrare e uscire. Ma la città resta divisa a metà: metà dei quartieri è nelle mani dei gruppi fondamentalisti e metà sotto l’esercito regolare».
Resta durissima la vita ad Aleppo: «L’acqua e l’elettricità sono le due sfide più grandi oggi – spiega il vescovo francescano –. Sono sette mesi che siamo senza elettricità: per avere un po’ di corrente dobbiamo rifornirci dai generatori che sono nelle strade. Spesso poi i jihadisti ci tagliano l’acqua: l’ultima volta siamo rimasti più di due mesi senza. Per fortuna in città ci sono dei pozzi soprattutto nelle chiese, nei conventi, nelle moschee. Li abbiamo aperti e la gente viene ad attingere l’acqua. Ma la povertà e la distruzione sono tali che mancano persino i recipienti per farlo. Così come Chiese abbiamo cominciato a distribuire dei bidoni. Nelle case non c’erano i serbatoi, perché l’acqua non era mai stata un problema: stiamo aiutando le famiglie a procurarsele. Alcuni camioncini, poi, li abbiamo trasformati in piccole autocisterne: li utilizziamo per portare l’acqua agli anziani e agli ammalati. E aiutiamo tutti, senza differenza di etnia o religione».
La disoccupazione è ovunque ad Aleppo. «Non c’è il lavoro, non c’è il commercio – spiega mons. Abou Khazen –. Un dollaro valeva 50 lire siriane, adesso ne vale 550. E lo stipendio – per chi ha la fortuna di avercelo ancora – è rimasto lo stesso. L’embargo? Danneggia solo la povera gente che arriva a bruciarsi le scarpe per riscaldarsi».
In un contesto del genere non può stupire che la gente prende la strada dell’Europa. E non finirà finché non si porrà fine alla guerra. (…) Eppure, nonostante il dramma, continua a credere fermamente nella Siria come mosaico di etnie e religioni diverse. E non solo lui: «Il gesto del Papa a Lesbo è stato percepito da tanti musulmani per la sua delicatezza: lo hanno ammirato molto – racconta –. Ci sono musulmani di Aleppo che quando vedono i cristiani che partono li invitano a restare. Dicono loro: “Per favore non lasciateci soli”».
(…) I gruppi che sparano le bombole del gas su Aleppo proprio questo vogliono distruggere; e mons. Abou Khazen non ha paura di dirlo ad alta voce. (…)
di Giorgio Bernardelli LNBQ 27-04-2016
Fontana di Trevi, rossa come il sangue dei cristiani dimenticati dal mondo
Il mondo apra gli occhi sulle persecuzioni anticristiane di oggi, basta con il silenzio complice! E’ il grido che si è levato il 29 aprile alla sera a Roma durante una iniziativa promossa da Aiuto alla Chiesa che Soffre: la Fontana di Trevi, grazie a un gioco di luci, si è tinta di rosso per ricordare i 200 milioni di cristiani perseguitati in questo inizio di 21.mo secolo. Il vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo ha denunciato l’indifferenza dei Paesi ricchi. Presente anche il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, che ha detto: “Siamo qui per far sentire ai cristiani perseguitati che non sono abbandonati, non sono soli, e per chiedere alla gente che attraversa queste piazze di non dimenticare l’esistenza di queste persone”. Il servizio di Marina Tomarro:
L’acqua della fontana più famosa del mondo che si tinge di rosso, colore del sangue dei tanti martiri cristiani che continuano a morire in terre non troppo lontane da noi in Siria in Iraq, così come in Africa o nel più lontano Pakistan. “La salvezza della croce – ha ricordato il cardinale Mauro Piacenza, presidente internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre – giunge anche attraverso queste morti innocenti che rendono il cristianesimo fecondo e pieno d’amore. Ascoltiamo il commento del vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo:
“Penso che sia importante, perché ha luogo in una piazza famosa di Roma: tutti conoscono Fontana di Trevi! E’ molto importante, dunque, fare qui questa manifestazione per mostrare il coraggio, la determinazione nella difesa dei deboli. Non vogliamo dire che difendiamo soltanto i cristiani, perché difendendo i martiri cristiani, difendiamo la dignità umana intera, il rispetto della libertà di coscienza. Questa è la sfida grande per il mondo di oggi.”
Mons. Audo ha lanciato un appello contro l’indifferenza dell’Occidente: “Del milione e mezzo di cristiani che vivevano in Siria prima della guerra – ha spiegato – ne sono rimasti appena 500mila. Nella sola Aleppo c’erano 160mila fedeli: oggi sono 40mila”. Mentre i cristiani di Homs non hanno più chiese, quelli di Malula, dove c’erano i santuari più antichi, sono costretti a fuggire.
All’evento era presente anche Maddalena Santoro, sorella di, don Andrea Santoro, assassinato in Turchia nel 2006. Ricordati anche Shahbaz Bhatti, primo e unico ministro cattolico nel Pakistan, ucciso nel 2011, Asia Bibi, la donna cristiana detenuta in Pakistan per l’accusa di blasfemia dal 2009, le quattro missionarie della Carità trucidate nel marzo scorso in Yemen e i 148 studenti dell’Università di Garissa uccisi lo scorso anno in Kenya. (Radio Vaticana 30 04 2016)
Iraq – Is attacca villaggio cristiano nella Piana di Ninive
Nelle prime ore di martedì 3 maggio le milizie del sedicente Stato islamico (Is) hanno sferrato un pesante attacco contro Teleskuf, un villaggio cristiano nei pressi di Alqosh, nella piana di Ninive, causando gravi danni. La zona è a nord di Mosul, roccaforte in Iraq del gruppo jihadista che da due anni controlla la regione. Secondo quanto riferisce una nota del Patriarcato caldeo ripresa dall’agenzia AsiaNews, nell’assalto sono rimasti coinvolti alcuni cristiani, che facevano la guardia agli ingressi del villaggio. I feriti sono stati subito trasportati negli ospedali della zona.
Il controllo dell’area è affidato a gruppi di cristiani
Le comunità cristiane della piana di Ninive hanno abbandonato le loro case e i loro villaggi fra il giugno e l’agosto del 2014, in concomitanza con l’ascesa di Daesh (acronimo arabo per l’Is) nella regione. In particolare gli abitanti di Teleskuf sono fuggiti ad agosto, cercando rifugio a Erbil e in altre aree del Kurdistan irakeno. Qualche mese più tardi (verso la fine del 2014) i miliziani jihadisti sono indietreggiati abbandonando l’area, che è poi finita sotto il controllo dei Peshmerga (i combattenti curdi) i quali ne hanno scongiurato la distruzione. Da qualche tempo il controllo e la guardia dell’area è affidato a gruppi di cristiani, rimasti coinvolti oggi nell’attacco.
La Chiesa caldea teme che gli scontri possano causare altri sfollati
Fonti del Patriarcato caldeo manifestano ad AsiaNews profonda preoccupazione “per la presenza dello Stato Islamico nel villaggio” e per le distruzioni causate. Il timore è che gli scontri e le violenze si possano estendere ai villaggi vicini, costringendo i cristiani a fuggire di nuovo. A complicare il quadro la possibilità che “vi possano essere ancor più famiglie di sfollati” rispetto alle “molte che già ci sono” e che vanno sostenute e curate. “Facciamo affidamento alle persone di buona volontà – conclude la nota del Patriarcato – perché si fermino questi atti di terrorismo”.
Monito del Patriarca Sako contro la classe politica e istituzionale irachena
La situazione in Iraq non sembra dunque migliorare e oggi anche i cristiani sono finiti nel mirino dei jihadisti del Califfato. Non più tardi di ieri il Patriarca caldeo Mar Louis Raphael Sako aveva lanciato un durissimo monito contro la classe politica e istituzionale irakena, incapace di avviare un programma “condiviso” di rinascita del Paese. In precedenza l’ausiliare di Baghdad mons. Shlemon Warduni aveva affermato che l’Iraq ha raggiunto “il momento più basso” della sua storia. (R.P.)
(Radio Vaticana 03 05 2016)
NIGERIA – Rapito il Vicario Generale della diocesi di Otukpo, p. John Adeyi
P. John Adeyi, Vicario Generale della diocesi di Otukpo, nello Stato nigeriano di Benue, è stato rapito da sconosciti domenica 24 aprile, dopo aver celebrare la Messa in una delle parrocchie a lui affidate nel villaggio di Okwungaga,. L’auto del sacerdote è stata bloccata sulla strada Odoba Otukpa-Okwungaga
Secondo la famiglia, i rapitori hanno chiesto per la liberazione del sacerdote un riscatto di 25 milioni di naira (poco più di 100.000 Euro) ridotto in seguito a 10 milioni (circa 45.000 Euro).
La regione dove è avvenuta il rapimento è funestata da tempo da una serie di sequestri di persona a scopo di estorsione. (Agenzia Fides 29/4/2016)
INDIA – Sequestrato e malmenato il Vescovo di Cuddapah
Il Vescovo della diocesi indiana di Cuddapah, nell’Andra Paresh, Sua Ecc. Mons. Gallela Prasad, è stato aggredito, sequestrato malmenato per una notte. L’aggressione è avvenuta lunedì 25 aprile ma se ne è avuta notizia solo alcuni giorni dopo, secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides. Mentre il Vescovo ritornava da Karunagari, circa 425 km a sud di Hyderabad, dopo una celebrazione, l’automobile è stata fermata da ignoti che hanno bendato il Vescovo e l’autista, li hanno portati in un luogo sconosciuto e li hanno malmenati per tutta la notte.
(Agenzia Fides 30/04/2016)