2016 04 20 Papa Francesco: “Quella persecuzione ‘educata’ travestita di modernità e progresso” Il Consiglio d’Europa richiama l’Italia sull’obiezione di coscienza
Aborto in Italia: ecco i dati reali
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LIBANO - Una manifestazione per ricordare i due Vescovi di Aleppo rapiti tre anni fa
NIGERIA – Due anni fa: 276 Ragazze rapite (219 sparite)
“Quella persecuzione ‘educata’ travestita di modernità e progresso”
Ci sono persecuzioni crudeli, come quelle che subivano i cristiani nel Colosseo, sbranati dai leoni, e quelle che subiscono i fratelli e le sorelle del Medio Oriente o dell’Africa, fatti saltare in aria all’uscita della Messa. E ci sono persecuzioni “educate”: quelle, cioè, travestite “di cultura”, “modernità” e “progresso”, che ti rubano la libertà, la dignità e anche l’obiezione di coscienza se non ti adegui a leggi che “vanno contro Dio Creatore”. E guai a mostrare il valore dell’essere “figli di Dio”. Francesco le accusa entrambe nella Messa a Santa Marta di martedì 12, affermando che “la persecuzione è il pane quotidiano della Chiesa”. Lo è sin dai tempi di Stefano, il primo martire che con la sua morte – narrata nella Lettura odierna degli Atti degli Apostoli – innescò una lunga scia di sangue che permea la Chiesa da secoli.
“Ma i martiri – dice il Papa – non sono stati solo quelli lì o quegli altri. Sono uomini e donne di tutti i giorni: oggi, il giorno di Pasqua, appena tre settimane fa… Quei cristiani che festeggiavano la Pasqua nel Pakistan sono stati martirizzati proprio perché festeggiavano il Cristo Risorto. E così la storia della Chiesa va avanti con i suoi martiri”.
Accanto a queste manifestazioni brutali e sanguinarie, “c’è un’altra persecuzione della quale non si parla tanto” che Bergoglio denuncia con fermezza. “È una persecuzione – io direi un po’ ironicamente – ‘educata’. È quando viene perseguitato l’uomo non per confessare il nome di Cristo, ma per voler avere e manifestare i valori di Figlio di Dio”.
“È una persecuzione contro Dio Creatore nella persona dei suoi figli! E così – osserva il Pontefice – vediamo tutti i giorni che le potenze fanno leggi che obbligano ad andare su questa strada e una nazione che non segue queste leggi moderne, colte, o almeno che non vuole averle nella sua legislazione, viene accusata, viene perseguitata educatamente”.
“È la persecuzione che toglie all’uomo la libertà, anche della obiezione di coscienza!”, afferma il Papa. Parole che pesano, soprattutto all’indomani dell’accusa del Consiglio d’Europa all’Italia di rendere troppo difficile alle donne la possibilità di abortire e di “discriminare” i medici non obiettori.
Questa è “la persecuzione del mondo” sottolinea il Santo Padre; la persecuzione che “toglie la libertà” che Dio ci ha donato, perché “Dio ci ha fatto liberi di dare testimonianza del Padre che ci ha creato e di Cristo che ci ha salvato”.
Questa persecuzione “educata” ha anche “un capo”, spiega Francesco. Gesù stesso lo ha nominato: è “il principe di questo mondo”. E “quando le potenze vogliono imporre atteggiamenti, leggi contro la dignità del Figlio di Dio, perseguitano questi e vanno contro il Dio Creatore. È la grande apostasia”. Per questo Cristo avverte: “State attenti! State attenti a non cadere nello spirito del mondo. State attenti!”.
Quindi, conclude il Pontefice, “la vita dei cristiani va avanti con queste due persecuzioni”. Tuttavia, rassicura, “il Signore ci ha promesso di non allontanarsi da noi”. Ci mette in guardia ma ci incoraggia anche ad “andare avanti”: “Io sarò con voi”.
(Zenit. Salvatore Cernuzio - 12/04/16)
Ecco a cosa si riferisce il Papa:
Il Consiglio d’Europa richiama l’Italia sull’obiezione di coscienza
Secondo il Consiglio d’Europa nel nostro Paese gli obiettori di coscienza ostacolano l’accesso all’aborto.
Arriva dal Consiglio d’Europa la nuova accusa all’Italia sui temi della bioetica. Secondo il Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, infatti, sulla base di un ricorso presentato dalla Cgil, le donne incontrerebbero difficoltà nell’accesso ai servizi pubblici d’interruzione della gravidanza.
Secondo il Comitato, l’Italia ostacolerebbe così il “diritto alla salute” delle donne, obbligandole a rivolgersi a strutture private o all’estero per accedere all’aborto. Inoltre il Consiglio ha scritto che il personale medico non obiettore è vittima di “diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti”.
Aborto in Italia: ecco i dati reali
Il “diritto” all’aborto in Italia è negato? Il recente pronunciamento del Consiglio d’Europa e le reazioni che ne sono seguite sembrano offrire una risposta affermativa. Ma la realtà dei fatti dimostra il contrario.
L’alto numero di medici obiettori, infatti, non ostacola affatto le interruzioni di gravidanza in Italia. Non c’è bisogno di letture ideologiche per dirlo, basta attenersi a una ricostruzione empirica della realtà.
Nel novembre scorso il Ministero della Salute ha inviato in Parlamento l’ultima relazione sulla legge 194, dalla quale emerge che nel 2014 le interruzioni volontarie di gravidanza sono state poco meno di 100mila (precisamente 97.535).
Se si raffronta questo dato al numero di bambini nati nello stesso anno (509mila), si evince che nel nostro Paese quasi una gravidanza su cinque, aborti spontanei esclusi, non termina con il parto. Un dato, questo, che da solo basterebbe per suggerire una lettura dei fatti diversa da quella interpretata dal Consiglio d’Europa.
Ma c’è un altro dato a confermare che l’accesso all’aborto in Italia è tutt’altro che una chimera. Dal 1983 al 2003 le interruzioni di gravidanza sono passate da 234 mila a 102mila circa, diventando meno della metà. Contestualmente, il numero di ginecologi obiettori è rimasto quasi invariato (un centinaio in meno). Ne deriva che il lavoro per i medici che praticano l’aborto si è dimezzato rispetto a trent’anni fa.
La media nazionale parla di 1,6 interruzioni di gravidanza a settimana praticate da ogni ginecologo non obiettore nel 2013, contro i 3,3 del 1983, anno nel quale nessuno si sarebbe sognato di accusare l’obiezione di coscienza di intralciare questo “diritto”. Oggi, a fronte di una crisi demografica senza eguali dall’Unità d’Italia, si contano 5 strutture ospedaliere in cui si può abortire ogni 7 in cui si può invece partorire. Ciò significa che, se gli aborti sono il 20% delle nascite, i punti Ivg (luoghi dove si praticano aborti) sono il 74% degli ospedali con sale parto.
Punti Ivg che – detto per inciso – sono frequentati sempre meno da donne italiane e sempre più da donne straniere. Dei quasi 100mila aborti del 2014, circa 30mila sono stati praticati su donne originarie di altri Paesi. I cittadini stranieri, che sono l’8% della popolazione italiana, sono dunque coinvolti dall’aborto nel 30% dei casi.
Una sproporzione che testimonia come le ricorrenti all’interruzione volontaria di gravidanza siano spesso donne povere ed emarginate. Un motivo valido per puntare l’indice non verso quel 70% di medici obiettori, i quali esercitano un diritto costituzionale previsto dalla stessa legge 194, bensì verso una evidente scarsa propensione all’accoglienza nei confronti dei più bisognosi.
Le donne che decidono di sopprimere la vita che portano in grembo sono le prime vittime di una “cultura dello scarto” che è il vero problema da affrontare. Anziché reclamare che venga garantita la legge 194 sulla base del sensazionalismo o di dati anodini, un serio impegno sociale sarebbe auspicare che nessuna donna sia più costretta a eliminare il bambino che cresce nelle sue viscere.
D’altronde come affermano l’Associazione Medici Cattolici Italiani e la Federazione Europea delle Associazioni Mediche Cattoliche – le quali hanno reagito con “sconcerto” al pronunciamento del Consiglio d’Europa – “non c’è futuro per l’Europa se non in una scelta di superamento della logica abortiva nella prospettiva di accoglienza della vita umana, sostenuta spesso più a parole che nei fatti”. ( di Federico Cenci | 14/04/16 Zenit)
SUDAN - Monaco copto ortodosso rapito nel Darfur
Il monaco copto ortodosso Gabriel El Anthony, di cittadinanza sudanese, è stato rapito giovedì 14 aprile nella città di Nyala, capitale dello Stato sudanese del Darfur meridionale. A sequestrarlo, secondo fonti locali consultate dall'Agenzia Fides, è stato un gruppo di uomini armati che si sono allontanati dal luogo del rapimento a bordo di un fuoristrada, dopo aver legato e picchiato due persone che erano in compagnia del monaco. Il religioso è stato prelevato mentre si trovava presso strutture appartenenti alla locale parrocchia copta, non lontano dal Campo profughi di Atash. (GV) (Agenzia Fides 16/4/2016).
PER RICORDARE
LIBANO - “Noi non dimentichiamo”. Una manifestazione per ricordare i due Vescovi di Aleppo rapiti tre anni fa
Nella giornata di martedì 19 aprile, militanti di associazioni e organizzazioni libanesi si ritrovano nella sede municipale di Sin el Fil, sobborgo orientale della capitale libanese, per ricordare la vicenda dei due Vescovi Metropoliti di Aleppo - il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Boulos Yazigi - di cui non si hanno notizie certe dal giorno del loro rapimento, avvenuto il 22 aprile del 2013.
L'incontro, organizzato da sigle legate alla Chiesa siro-ortodossa e alla Chiesa greco ortodossa a tre anni dal rapimento, punta a impedire che sulla vicenda dei due Vescovi cali l'oblio, e a riattivare canali e iniziative per rompere la totale mancanza di informazioni intorno alla loro sorte. I due Vescovi metropoliti di Aleppo – il greco ortodosso Boulos al-Yazigi e il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim - erano stati rapiti nell'area compresa tra la metropoli siriana e il confine con la Turchia. Da allora, nessun gruppo ha rivendicato il sequestro. Intorno al caso sono state fatte filtrare a più riprese indiscrezioni e annunci di novità che poi si sono rivelati poco fondati. Sei mesi dopo il sequestro (vedi Fides 30/10/2013), il generale Abbas Ibrahim, capo della Sicurezza Generale libanese, si era spinto a rivelare che il luogo in cui erano detenuti i due Vescovi rapiti era stato individuato, e erano iniziati “contatti indiretti” con i sequestratori per ottenerne la liberazione. Rivelazioni a cui poi non sono seguiti riscontri concreti. (Agenzia Fides 19/4/2016).
NIGERIA – 276 Ragazze rapite: 219 sparite
Il fatto. Il 14 aprile 2014 a Chibok il sequestro delle 276 liceali. Senza esito la mobilitazione mondiale. E Boko Haram continua a fare stragi
Nigeria. Card. Onaiyekan: non dimenticare le studentesse di Chibok
Due anni fa gli estremisti islamici di Boko Haram rapirono 276 studentesse di una scuola superiore statale a Chibok, nel nord della Nigeria. Alcune ragazze riuscirono a fuggire, ma la maggior parte rimasero nelle mani dei terroristi. Non bisogna dimenticare queste ragazze ribadisce l’arcivescovo di Abuja, il cardinale John Onaiyekan. Massimiliano Menichetti:
Nella notte tra il 14 e 15 aprile 2014 i terroristi di Boko Haram irrompono in una scuola superiore statale a Chibok, nel nord della Nigeria e rapiscono, nonostante le misure di sicurezza e il dispiegamento di guardie, 276 studentesse, 57 riescono a fuggire, ma delle altre 219 si persero completamente le tracce. I genitori delle ragazze non hanno mai smesso di sperare, come la Comunità internazionale e il movimento #BringBackOurGirls, "Ridateci le nostre ragazze", che ha organizzato una serie di manifestazioni per la liberazione delle giovani. Recentemente un video, probabilmente realizzato a dicembre, mostra per due minuti, quindici studentesse che indossando il velo pronunciando il proprio nome: ''Stiamo tutte bene'' dice una di loro. Rimangono però i dubbi sulla sorte delle ragazze ed il pensiero va a maggio 2014 quando il leader dei terroristi Abubakar Shekau confermò la responsabilità del rapimento e la volontà di vendere le giovani “nel nome di Allah” o di “darle in sposa” ai militanti. La paura è anche che abbiano subito violenze o siano state usate come kamikaze. Le ragazze sono diventate un emblema della strategia del terrore degli estremisti che in questi anni hanno rapito migliaia di persone come conferma ai nostri microfoni l’arcivescovo di Abuja, card. John Onaiyekan:
R. – Il primo pensiero che mi viene in mente è che siamo stati due anni senza notizie. È una vergogna! È imbarazzante per tutti noi nigeriani. Il secondo anniversario è il momento giusto per non dimenticare queste ragazze. Il caso di Chibok è un simbolo perché ci sono migliaia di persone: donne, giovani, anziani, che sono stati rapiti da Boko Haram. Il governo inizia ad avere un po’ di successo dal punto di vista militare: sta liberando tanta gente, solo che delle ragazze di Chibok non c’è nessuna notizia.D. - Ma questo video che hanno diffuso è un buon segnale secondo lei?
R. - Il video non ci dice niente. Non sappiamo chi lo ha realizzato, chi lo ha rilasciato, dove è stato girato. Il governo nigeriano dice di non sapere nulla a riguardo e fino ad ora non ha rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale. La gente è stanca di vedere video, perché sono tanti mesi che ogni tanto li diffondono.
(Radio Vaticana 14 04 2016)
ITALIA – Marche. A Fermo, esplode una bomba davanti la chiesa di don Vinicio Albanesi
A Fermo, nelle Marche, la notte tra il 12 e il 13 aprile è esploso un ordigno di fronte al portone della chiesa di San Marco alla Paludi. Non ci sono stati feriti ma i danni al luogo sacro sono ingenti. Paura per i residenti svegliati nel cuore della notte dal boato. Si tratta del terzo attentato a una chiesa del Comune marchigiano nell’ultimo mese e mezzo. Sul filo che lega questi episodi, Daniele Gargagliano ha raccolto a caldo il commento di don Vinicio Albanesi, parroco della chiesa teatro dell’esplosione e presidente della Comunità di Capodarco:
D. – Sono atti vandalici o c’è un obiettivo preciso nel colpire le attività sociali della diocesi?
R. – Sono atti più che vandalici. Sono segnali evidenti di avvertimento. Sono delle vere e proprie bombe, fatte non con livelli di esplosivo raffinato, perché è polvere da sparo. ma sono vere bombe. Un tipo di avvertimento preciso per far male. Finora non alle persone, ma abbastanza significativi.
D. – Lei lavora sul e per il territorio anche con minori e tossicodipendenti. Perché la vostra attività dà talmente fastidio?
R. – A volte, quando qualcuno fa del bene può creare fastidio a chi opera nel male. E’ un disturbo. Perché se un ambiente viene risanato, viene accudito, viene accompagnato, è evidente che chi agisce nell’ombra dell’illegalità, nella prostituzione, nello spaccio e nelle ruberie viene disturbato: perché gli si sottrae terreno. Si bonifica un territorio.
Da come si vedono le scene, c’è una evidente impronta di uno stile mafioso, di uno stile malavitoso; se non di mafia ad alto rango, certamente malavitoso.
(Radio Vaticana 13 04 2016)