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2016 04 12 KURDISTAN - La situazione drammatica dei cristiani iracheni a Erbil
TERRA SANTA - CILE – INDIA - PAKISTAN

Fonte:
CulturaCattolica.it

Mons. Cavina: situazione drammatica dei cristiani iracheni a Erbil

Sono 120mila i cristiani iracheni fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive che si trovano a Erbil, in Kurdistan. La sezione italiana della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre ha organizzato una spedizione sul luogo per assistere queste persone guidata dal presidente Alessandro Monteduro. Tra coloro che hanno preso parte al viaggio, anche il vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina, che ha raccontato a Maria Laura Serpico in quali condizioni vivono i cristiani iracheni che hanno trovato rifugio a Erbil:

R. – Mi sembra che la risposta più vera sia una situazione drammatica, anche se questa parola può indicare tutto e nulla. In realtà, però, i cristiani che sono fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive vivono in una situazione di grandissima precarietà, chiusi in campi profughi, dove si trovano ad affrontare condizioni di vita che sono quasi al limite della sopravvivenza. Cito un caso di uno dei campi che abbiamo visitato – ne abbiamo visitati 7 – dove l’acqua c’è, quando c’è; la luce c’è, quando c’è… Quindi famiglie di sei, sette persone che si trovano a vivere in container di dodici metri quadrati: lì mangiano, vivono, dormono nella promiscuità più assoluta con bambini e anziani. E’ terribile vedere gli occhi di questi bambini, velati di una tristezza che veramente ferisce il cuore.
D. – Quindi sono costretti ad abbandonare l’Iraq…
R. – Tendenzialmente nei cristiani non c’è la volontà di lasciare l’Iraq. Loro, sia i profughi che i cristiani di Erbil che non hanno subito l’occupazione dell’Is, vogliono rimanere in Iraq. Questo ce lo hanno ripetuto in tantissimi modi. Per rimanere in Iraq, però, hanno bisogno assolutamente di percepire che la comunità cristiana occidentale sia loro vicina. E questo è quanto ci ha ricordato ad esempio il Patriarca di Baghdad, che nei giorni in cui eravamo ad Erbil era presente e diceva: “Noi abbiamo bisogno di percepire che la Chiesa ci è vicina, la Chiesa universale”. Perché? Perché i musulmani ricevono tanti aiuti dall’esterno e hanno la percezione che i cristiani siano abbandonati a loro stessi. Il fatto, quindi, che ci siano vescovi, che ci siano delegazioni che dal mondo occidentale vengono a visitarci, mostra ai musulmani che noi non siamo soli, non siamo abbandonati e che dietro di noi c’è la Chiesa.
D. – Perché i cristiani iracheni sono disposti a perdere tutto pur di non rinunciare alla loro appartenenza a Cristo?
R. – Questa è veramente la cosa straordinaria che questi cristiani ci insegnano: a non avere paura, cioè, di professare apertamente la nostra fede. Loro riconoscono, e ce lo hanno ripetuto in diverse occasioni, che il Signore è la ricchezza più grande della vita. Si può perdere tutto, ma non si può perdere il Signore, perché se si perde il Signore si perde la speranza.
D. – Cosa vi ha raccontato l’ arcivescovo caldeo di Erbil, mons. Bashar Matti Warda?
R. – Intanto, ci ha ricordato che i cristiani in Iraq vivono una serie di difficoltà che nascono dalla persecuzione, che nascono dalla crisi economica, e dice anche che proprio perché i cristiani, nonostante questa difficoltà, vogliono rimanere in Iraq, il loro modo di essere in Iraq deve necessariamente cambiare, cioè deve assumere la caratteristica della missionarietà. Per “missionarietà” intendeva dire che i cristiani in Iraq devono sentire di appartenere alla società irachena, devono porsi all’interno della società come cittadini a pieno titolo, prendere atto di una responsabilità che i cristiani hanno, anche dal punto di vista politico, sociale e civile.
(Radio Vaticana 05 04 2016)

TERRA SANTA - A Gaza le rovine di una antica chiesa bizantina distrutte dai buldozer per far posto a un centro commerciale
Le rovine di una antichissima chiesa bizantina, riaffiorate dal sottosuolo di Gaza durante i lavori per la costruzione di un centro commerciale, sono state rimosse dai buldozer senza che le autorità locali abbiano messo in atto alcun intervento per tutelare il prezioso sito storico-archeologico venuto alla luce. L’episodio di grave incuria, avvenuto la settimana scorsa, ha provocato forti reazioni di biasimo di alcuni cristiani palestinesi, rilanciate dalla stampa israelina.
Gli operai, con le loro scavatrici, secondo le ricostruzioni fornite dalle fonti locali, avrebbero ritrovato i resti di una grande chiesa bizantina di almeno 1500 anni fa, ma avrebbero continuato la loro opera di scavo per predisporre le fondamenta del centro commerciale in costruzione nell’area di piazza Palestina, senza che nessuno disponesse la sospensione dei lavori. A protestare in particolare è stato padre Ibrahim Nairouz, sacerdote anglicano palestinese residente a Nablus, che ha denunciato l’episodio in due lettere inviate al Primo Ministro dell’Autorità palestinese, Rami Hamdallah, e al Ministro palestinese per le Antichità e del Turismo, Rula Maayah. “Se avessero trovato i resti di una moschea o di una sinagoga o di qualsiasi altra struttura antica” si è chesto tra l’altro padre Nairouz in dichiarazioni riportate dalla stampa israeliana, “avrebbero affrontato la situazione nello stesso modo?” (Agenzia Fides 8/4/2016).

CILE - Un’altra chiesa incendiata, sullo sfondo del “conflitto Mapuche”
Un incendio ha distrutto martedì 5 aprile, una chiesa a Quepe, nel comune di Freire, regione cilena de La Araucania. Al chilometro 2,5 della strada per Mahuidanche, zona rurale a sud di Temuco, si trovava la cappella che da 30 anni era punto di riferimento per i fedeli della zona.
Secondo la nota pervenuta a Fides, si tratta di un incendio doloso. Nella zona è arrivato un contingente di forze speciali dei Carabinieri, oltre ai vigili del fuoco che hanno lavorato a lungo per controllare le fiamme. Sul luogo è stata inoltre trovata una tela nera con scritte bianche, parzialmente distrutte dal fuoco, che riportavano le lettere “p.p.m.”, acronimo comunemente usato per riferirsi ai prigionieri politici Mapuche.
“In Araucania c’è una situazione complessa - aveva detto a Fides Sua. Ecc. Mons. Héctor Eduardo Vargas Bastidas, S.D.B., Vescovo di Temuco -. Da un lato esiste un debito storico con il popolo Mapuche. Dall’altro gli atti di violenza aumentano e si diffondono, con tutti i problemi che questo comporta”. Il cosiddetto “conflitto Mapuche” contrappone dagli anni 90 il più grande e importante gruppo etnico del paese agli agricoltori e agli imprenditori a causa della proprietà delle terre (vedi Fides 19/12/2015).Il 31 marzo 2016 era stata incendiata un’altra cappella cattolica nella zona, la cappella di S. Joaquina, al km 5 della strada verso Niagara, comune di Padre Las Casas, sempre nella regione de La Araucania. Anche qui è stata trovata una tela con una scritta che si riferisce alla causa Mapuche.
In precedenza, a La Araucania era stata data alle fiamme una casa (vedi Fides 7/01/2013), dei locali collegati alla Caritas Araucania (vedi Fides 25/07/2012) e un santuario e una casa di ritiri spirituali (vedi Fides 09/03/2016).
(Agenzia Fides, 05/04/2016)

INDIA - Pastore protestante aggredito in Rajasthan
Il Pastore Sumati Prakash Kharadia, della comunità protestante “Assemblea di Dio”, è stato aggredito e brutalmente picchiato da una folla di circa 25 estremisti nel villaggio di Sabli, in Rajasthan. Il Pastore si trova ora in ospedale con lesioni e fratture. “L’attacco brutale a un Pastore pentecostale innocente, avvenuto il 20 marzo in Rajasthan, giunge un mese dopo che i cristiani sono stati percossi nel distretto di Churu, in Rajasthan, con l’accusa di fare proselitismo” commenta a Fides Sajan K. George, presidente del “Global Council of India Christians” (Gcic), deplorando l’avvenimento e la violenza sulle minoranze da parte di gruppi radicali induisti. “Si tratta di accuse infondate. I gruppi della destra indù prendono di mira i cristiani con l’accusa di operare conversioni fraudolente. Ricordiamo che la Costituzione indiana sancisce la libertà religiosa e chiediamo al governo di farla rispettare” nota il Gc ic. (Agenzia Fides 23/3/2016)

PAKISTAN - Prosegue il calvario per la cristiana Fouzia Sadiqe: ricatturata
E’ stata ricatturata dal suo aguzzino che la pretende come sposa: continua il calvario di Fouzia Sadiqe, donna cristiana che viveva con i suoi genitori fino a quando un musulmano l’ha rapita e costretta alla conversione all’Islam e al matrimonio islamico. Dopo il rapimento, avvenuto a luglio 2015 (vedi Fides 25/7/2015), l’8 marzo di quest’anno Fouzia era riuscita a fuggire e aveva chiesto l’assistenza dell’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, che ha avviato un procedimento legale. L’udienza del processo, a carico del rapitore, è stata fissata per il 5 aprile.
Fouzia aveva anche lanciato un accorato appello per tutte le donne rapite e convertite con la forza in Pakistan (vedi Fides 11/3/2016). La donna intanto si era nascosta ma proprio ieri aveva chiesto di poter celebrare la Domenica delle Palme insieme con la sua famiglia. In quell’occasione, alcuni uomini l’hanno rapita nuovamente. La famiglia della donna ora teme le forti pressioni, minacce, violenze e torture psicofisiche perchè lei possa dichiarare davanti al giudice di aver scelto liberamente l’uomo e la religione islamica. Così il caso verrebbe definitivamente chiuso.
Come riportano fonti di Fides, sono almeno mille ogni anno i casi denunciati di ragazze delle minoranze religiose, cristiane e indù, rapite e convertite all’islam, ma migliaia di altri casi non vengono alla luce. (Agenzia Fides 21/3/2016)

PAKISTAN - Ucciso barbaramente un cristiano disabile
Nazir Masih, 50 anni, disabile di religione cristiana e padre di quattro figli, è stato assalito da tre musulmani che lo hanno barbaramente ucciso, sgozzandolo e sfigurandolo in viso. Come appreso da Fides, la denuncia del tragico episodio, avvenuto il 5 aprile, è stata presentata da uno dei figli, Iqbal Masih, ma finora gli assassini non sono stati arrestati.
Secondo la ricostruzione dei fatti, Nazir Masih era un piccolo imprenditore nel settore immobiliare e per la sua professione aveva a che fare con tre musulmani, Mohammad Haider, Mohammad Nazar e Mohammad Achy Gujjar. Il 5 aprile i tre si sono incontrati a casa di Nazir Masih e con il suo socio Meher Din. Durante l’incontro, è sorta una accesa discussione per motivi economici: il cristiano rivendicava dai tre un credito di circa 250mila rupie.
Lo stesso giorno, nel tardo pomeriggio, Nazir è stato ucciso: secondo la denuncia, i sospetti ricadono sui tre musulmani. L’uomo è stato sgozzato, il suo viso sfigurato con arma da taglio e altre parti del corpo mozzate. Secondo la denuncia i tre avrebbero rivelato ad altre persone: “Abbiamo finito un infedele”. I parenti della vittima si sono rivolti all’Ong “Lead” (Legal Evangelical Association Development), che fornisce assistenza legale gratuita alle famiglie dei cristiani che subiscono ingiustizie. (Agenzia Fides 11/4/2016)

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