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2016 04 06 CONGO - assalto automezzo Caritas: un morto PAKISTAN – la situazione dopo il massacro dei cristiani. Intanto migliaia di manifestanti chiedono esecuzione Asia Bibi. VENEZUELA - Sacerdote trovato ucciso a San Cristobal Kenya - Garissa ricorda i

Fonte:
CulturaCattolica.it

CONGO RD - Un morto e un ferito nell’assalto ad un automezzo della Caritas, il terzo in un anno
Un autista della Caritas è stato ucciso in un agguato stradale avvenuto nei pressi di Uvira nel Sud Kivu (provincia nell’est della Repubblica Democratica del Congo).
Il fatto è avvenuto il 25 marzo, quando un automezzo della Caritas di Uvira incaricato di trasportare gli stipendi degli insegnanti nel Territorio di Fizi, è stato bloccato nei pressi del ponte Lubumba a più di 40 km da Uvira.
I malviventi hanno costretto l’autista a scendere dal veicolo prima di ucciderlo con un colpo alla testa. L’altra passeggera, la contabile della Caritas, è stata ferita alla mano. È stata poi rilasciata dai banditi che hanno sottratto 194 milioni di franchi congolesi.
Il denaro serviva a pagare gli stipendi degli insegnanti di 201 scuole primarie e secondarie di cinque cittadine del Territorio di Fizi.
In base ad un accordo firmato nel 2011 tra il governo congolese e Caritas Congo, quest’ultima è stata incaricata di provvedere al pagamento degli stipendi degli insegnanti versati dal Ministero dell’Istruzione (vedi Fides 12/8/2011).
Secondo Radio Okapi, che riporta la notizia, questo è il terzo assalto ad un automezzo della Caritas nella zona nel giro di un anno. L’ultimo risale a febbraio, ma non aveva avuto conseguenze così drammatiche. (Agenzia Fides 30/3/2016)

Pakistan: messaggio a sorpresa del Papa per i feriti di Lahore
Le vittime dell’attentato di Pasqua a Lahore hanno ricevuto un messaggio di solidarietà da parte di papa Francesco, prevenuto all’ospedale dove sono ricoverate.
L’arcivescovo di Lahore, monsignor Sebastian Shaw ha raccontato della sua visita ai feriti, letto per letto, quando ha ricevuto sul cellulare una chiamata da parte dei funzionari del Vaticano, che riferivano di un messaggio del Santo Padre, che si era detto desideroso di inviare un saluto ai feriti e ai parenti delle vittime.
Intervistato da Aiuto alla Chiesa che Soffre, monsignor Shaw ha espresso la sua “gioia” per il messaggio del Papa, siglato dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin.
“Mi è stato detto che il Segretario di Stato aveva telefonato alla nunziatura per dire che il Santo Padre sta pregando per le persone sofferenti e che voleva mandare loro personalmente i suoi auguri”, ha proseguito l’arcivescovo.
“Devo dire che è stata una chiamata veramente tempestiva – ha detto Shaw -. In quel momento stavo visitando un centinaio di persone e sono stati tutti davvero lieti di sapere che il Papa pregava per loro, non solo cristiani ma anche musulmani, anch’essi vittime della strage”.
Parlando delle sue visite agli ospedali Sheikh Ziad e Jinnah di Lahore, monsignor Shaw ha dichiarato che “è stato molto, molto difficile consolarli. Non abbiamo trovato le parole con loro”.

Il presule ha raccontato di una famiglia, con una donna che aveva perso il marito e uno dei figli, mentre gli altri due, di quattro e sei anni, erano rimasti gravemente feriti. “Anche lei era ferita e non ha potuto partecipare ai funerali del marito e del figlio”, ha detto, riferendo anche di un’altra madre che ha perso il marito e i due figli, la quale era venuta a visitare Lahore dalla nativa Sanghar. “Questa madre tornerà a casa senza né marito, né figli. Non ci sono parole per consolarla…”, ha commentato il presule.
“In questa traumatica situazione – ha aggiunto – stiamo ancora predicando e consolando i nostri fedeli con le parole di Gesù dopo la Resurrezione: ‘La Pace sia con voi’”.
Monsignor Shaw ha chiesto ad Aiuto alla Chiesa che Soffre di preparare un messaggio di cordoglio da leggere ai funerali delle vittime, nel quale si legge: “Siate certi della compassione e dell’amore dei vostri amici di ACS in tutto il mondo […]. Possa questo messaggio arrivare ai vostri cuori: ‘Non siete soli. Da tutti i paesi del mondo, siamo qui per assicurarvi che non sarete soli nella vostra sofferenza. Siamo in lutto con voi, soffriamo con voi le vostre perdite”.
Ringraziando ACS per questo ed altri messaggi, Shaw ha dichiarato: “Abbiamo bisogno delle vostre preghiere per poter continuare la missione che il Signore Gesù ci ha affidato”.
Luca Marcolivio | 30/03/16 (Zenit)

Pakistan: migliaia di manifestanti chiedono l'esecuzione di Asia Bibi
In Pakistan, migliaia di manifestanti sono da diversi giorni accampati all'esterno della Presidenza a Islamabad per chiedere la condanna a morte di Asia Bibi, una donna cristiana, madre di 5 figli, ingiustamente accusata di blasfemìa e in carcere da quasi 7 anni. I dimostranti assicurano di esser "pronti a morire" pur di non abbandonare l'area, nonostante l’ultimatum della polizia. La protesta è iniziata domenica, subito dopo l’attentato integralista di Lahore dove hanno perso la vita oltre 70 persone, in gran parte cristiani. Il primo vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, in un'interrogazione scritta rivolta all'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini, afferma: "L'Unione Europea agisca subito per scongiurare l'esecuzione di Asia Bibi". Purtroppo, su questa drammatica vicenda continua il silenzio dei media internazionali.
Dice padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews (al microfono di Luca Collodi):
R. – Penso che la cosa fondamentale è che la lotta al fondamentalismo deve essere fatta non semplicemente dal punto di vista militare, ma da quello culturale. Hanno preso 5.000 fondamentalisti, ma in Pakistan i talebani hanno aperto oltre 20.000 scuole islamiche! Se ammettiamo che in ogni scuola ci siano almeno 1.000 studenti, tutti questi sono centinaia di migliaia di fondamentalisti. Bisogna trovare queste scuole islamiche, vedere che tipo di insegnamento danno, vedere i testi scolastici e le prediche che si fanno in moschea; ci sono addirittura delle trasmissioni alla televisione pubblica che esaltano il fondamentalismo. Se non si fa questo lavoro a 360°, di tipo culturale e non soltanto militare o di sicurezza, non ne verremo fuori.
(Radio Vaticana 30 03 2016)

RIFLESSIONE

Il Pakistan, le madrase e i “cristiani delle catacombe”
Nel giorno della Resurrezione, il Pakistan sembra sprofondare di nuovo negli abissi dell’odio e della morte. A Lahore, nella regione centrale del Paese, un kamikaze si è fatto esplodere in un parco dove numerose famiglie stavano vivendo momenti di spensieratezza.
Il bilancio (purtroppo provvisorio) parla di 72 vittime, di cui 30 bambini, e di almeno 340 feriti. La maggior parte appartenenti alla comunità cristiana del Pakistan, 4% di una popolazione a preponderanza musulmana e per l’ennesima volta bersaglio di atroci attentati.
La mattanza ha alimentato un clima di tensione e di allarme. Ne parla, in un’intervista a ZENIT, Shahid Mobeen, docente di Pensiero e religione islamica presso l’Università Pontificia Lateranense, fondatore dell’Associazione Pakistani Cristiani in Italia.

“Dopo l’attentato le minoranze religiose sono molto impaurite, a tal punto da avere difficoltà ad uscire di casa”, spiega, alla luce delle continue testimonianze telefoniche che sta raccogliendo dal suo Paese.
Sembra dunque che siano tornati i tempi delle catacombe, per i cristiani del Paese asiatico. E lo dimostra anche il fatto “che molti genitori in questi giorni hanno evitato di mandare i figli a scuola e che in tanti hanno cercato di evitare i luoghi di maggiore raggruppamento”.
E un luogo di questo tipo era il giorno della strage il parco giochi di Gulshan-e-Iqbal, dove tante famiglie cristiane erano andate a festeggiare la Pasqua dopo aver partecipato alle celebrazioni religiose.

L’attentato è stato rivendicato dagli islamisti di Jamatul Ahrar, già legato al principale gruppo talebano pachistano Tehrik e Taleban Pakistan (Ttp). Si tratta forse di una prova di forza dei talebani dinanzi all’insorgere dell’Isis, il quale fa incetta di consensi tra le frange più estreme dell’Islam pachistano.
Estremismo islamico che ha trovato finora una sponda istituzionale, che ora potrebbe però tramontare.
Le autorità infatti, al di là dei proclami, sembrano così impotenti dinanzi alla crescita del fondamentalismo islamico. Crescita che secondo Mobeen è dovuta al ruolo che ricoprono nel Paese le madrase, le scuole coraniche che negli anni (anche grazie a copiosi finanziamenti dall’estero) hanno lentamente eroso terreno all’istruzione pubblica.

Egli rileva che “molto spesso i genitori, non avendo a disposizione per i propri figli scuole statali, sono costretti a mandarli nelle madrase”, dove tuttavia possono venire indottrinati alla jihad. Soprattutto quando questi istituti sono terre franche dell’islamismo più radicale, svincolati da ogni monitoraggio.
Mobeen spiega infatti che “su 40mila madrase presenti sul territorio nazionale, quelle registrate dallo Stato, che seguono un minimo di curriculum, non sono nemmeno 8mila”. Ciò significa che “circa 32mila madrase vengono frequentate da centinaia di migliaia di bambini, che sono potenziali mujaheddin pronti a fare la guerra santa contro l’Occidente, contro la democrazia e contro le Istituzioni”.
Per cambiare la situazione, Mobeen chiede al Governo che venga ripristinato il Ministero federale per le Minoranze, perché “noi cristiani non siamo dhimmi (sudditi non-musulmani) da proteggere, ma siamo cofondatori del Pakistan e abbiamo pieno diritto di cittadinanza”. La pace dunque passa non per la protezione di una minoranza, ma per il riconoscimento delle pari opportunità.
Federico Cenci | 29/03/16 ZENIT

VENEZUELA - Sacerdote trovato ucciso a San Cristobal
"La diocesi di San Cristobal ha il penoso dovere di riferire la tragica morte di uno dei suoi sacerdoti, il presbitero Darwin Antonio Zambrano Gamez. Secondo i rapporti, la morte sarebbe avvenuta la notte del 30 marzo 2016. I suoi resti sono stati trovati in un parco nella città di San Cristobal la mattina del 31 marzo e mostrano segni di violenza e coltellate.
Le ragioni per cui è stato ucciso sono sconosciute. Le autorità competenti stanno conducendo indagini sul caso. Sia il Vescovo, come la famiglia e il presbiterio della Diocesi aspettano le indagini per chiarire l'accaduto e conoscere i responsabili di questo crimine, perché devono essere portati davanti alla giustizia". Questo il testo del comunicato della diocesi venezuelana di San Cristobal, inviato a Fides, sulla tragica fine di un sacerdote diocesano.
Don Darwin Zambrano Gamez era nato il 24 ottobre 1977 ed era stato ordinato sacerdote il 5 luglio 2010 nella parrocchia di San Agaton di Palmira. Attualmente era viceparroco nella parrocchia di San José de Bolívar ed era conosciuto per il suo spirito di servizio, l’umorismo e la gioia continua. (Agenzia Fides, 01/04/2016)

AD UN ANNO: PER RICORDARE

Kenya. Messa a Garissa per ricordare la strage degli studenti
La Diocesi di Garissa, nel Nord-Est del Kenya, ha ricordato con una Messa nella Domenica della Divina Misericordia la strage compiuta dai terroristi di al-Shabaab il 2 aprile di un anno fa: 148 persone, quasi tutti studenti cristiani, vennero uccisi nel campus universitario dagli estremisti islamici. Nell'omelia, il vescovo di Garissa, Joseph Alessandro, ha invitato a pregare per le vittime, per i familiari e per la conversione degli assassini. Grande la partecipazione all'evento. Ma per conoscere quale sia la situazione oggi a Garissa, Lucas Duran ha raggiunto telefonicamente Tommy Simmons, fondatore di Amref Italia, organizzazione che dal 1957 è presente in Kenya e che intervenne fin dal primo momento per portare soccorso alle vittime:
R. – C’è molta frustrazione, perché gli attacchi dell’anno scorso - oltre al terribile massacro degli studenti e al numero di feriti - ha provocato degli effetti sul territorio molto importanti, perché prima dell’attacco l’85 per cento del personale sanitario veniva da altre parti del Paese, così come la metà degli insegnanti: poiché i terroristi hanno ucciso i non residenti e i non musulmani, dopo quell’attacco all’università ed altri incidenti simili con effetti meno dirompenti, molti di questi professionisti sono scappati. Nella sola contea di Garissa mancano ancora all’appello circa 800 insegnanti e un numero imprecisato di personale sanitario, per cui ci sono scuole che hanno chiuso, centri sanitari che hanno chiuso… E questo è un problema, anche perché sta creando dei forti risentimenti nei confronti di uno Stato che sembra assente, che si focalizza molto sulla sicurezza ma che non riesce a convincere altri professionisti ad esporsi a questi rischi.
D. – Rispetto al campus universitario, che è stato oggetto della strage: il campus è aperto?
R. – Il campus è stato riaperto a gennaio, però 700 studenti non locali che frequentavano l’università non sono tornati. Adesso la maggior parte dei pochi studenti che sono rientrati all’università sono solo locali. Per cui è completamente cambiata la natura stessa dell’università. La parola “Garissa” viene ormai associata ad una minaccia nei confronti dei non musulmani.

D. – Ricordiamo anche il ruolo che Amref ha avuto a Garissa nel momento della strage. E qual è il ruolo che può ancora avere Amref?
R. – Il personale di Amref che era nella città di Garissa – perché lavora proprio qui – è intervenuta subito all’Università, aiutando a portare via i feriti e a portarli in ospedale. Immediatamente sono intervenuti i “flight doctor” e abbiamo portato, con le nostre ambulanze, in aereo a Nairobi, 18 feriti fra i più gravi, che abbiamo poi anche assistito successivamente nella loro riabilitazione sia psicologica che fisica. Il ruolo di Amref sul territorio è molto importante ed è molto apprezzato, proprio perché ci occupiamo di sanità, di prevenzione dell’Hiv, del rafforzamento dei centri sanitari, di assistenza alle madri, di nutrizione, di assistenza agli orfani… Per cui la presenza sul territorio è importante ed è molto importante anche perché rappresenta un segnale che si può continuare lavorare, si può continuare a fare delle cose, pur mantenendo una forte attenzione sulla sicurezza e sulla tutela del nostro personale che opera sul territorio.
(Radio Vaticana 03 04 2016)

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