2016 03 09 Papa suore uccise in Yemen atto di violenza diabolica martiri nell’indifferenza VENEZUELA Violenze contro il Centro agricolo salesiano Norvegia Tolti i figli a due coniugi troppo cristiani
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Papa: dolore per le suore uccise in Yemen, atto di violenza diabolica
Papa Francesco ha espresso il suo profondo dolore per l’uccisione delle quattro Missionarie della Carità in Yemen assieme ad altre 12 persone, in un attacco terrorista. In un telegramma il Pontefice ha assicurato le sue preghiere per le famiglie delle vittime di questo “atto di violenza insensata e diabolica”. (RV 05 03)
Papa: suore di Madre Teresa uccise in Yemen, martiri nell’indifferenza
Le suore di Madre Teresa uccise nello Yemen sono i martiri di oggi, ma non fanno notizia. E’ quanto affermato da Papa Francesco all’Angelus in Piazza San Pietro dove, ancora una volta, ha denunciato la globalizzazione dell’indifferenza tra le cause che alimentano le guerre.
"Questi sono i martiri di oggi! Non sono copertine dei giornali, non sono notizie: questi danno il loro sangue per la Chiesa. Queste persone sono vittime dell’attacco di quelli che li hanno uccisi e anche dell’indifferenza, di questa globalizzazione dell’indifferenza, a cui non importa… Madre Teresa accompagni in paradiso queste sue figlie martiri della carità, e interceda per la pace e il sacro rispetto della vita umana". (RV 06 03)
IL FATTO:
YEMEN - Attacco terrorista al Convento, uccise 4 suore di Madre Teresa e alcuni collaboratori
Quattro Suore Missionarie della Carità, la Congregazione fondata da madre Teresa di Calcutta, sono state trucidate da un commando diuomini armati che ha attaccato la mattina del 4 marzo il loro convento, nella città yemenita di Aden.
Oltre alle suore, sono rimasti uccisi durante l'attacco terrorista anche l'autista e almeno due altri collaboratori etiopi della comunità, mentre è scampata alla morte la superiora del convento.
Sono tutti vivi anche gli anziani e i disabili ospitati presso la comunità, mentre per ora non si hanno notizie del sacerdote salesiano indiano Tom Uzhunnalil, che risiedeva presso il convento delle suore, dopo che la chiesa della Sacra Famiglia a Aden era stata saccheggiata e data alle fiamme da uomini armati non identificati, lo scorso settembre.
Due delle suore uccise erano ruandesi, una era indiana e la quarta veniva del Kenya.
(Agenzia Fides 4/3/2016).
Yemen - suore uccise. Mons. Hinder: vera testimonianza di carità
Ancora nessuna certezza sul movente e i mandanti del brutale assalto di ieri nei pressi di Aden in Yemen, nella casa di assistenza gestita dalle Missionarie della Carità. Quattro le religiose assassinate insieme ad altre 12 persone e un salesiano rapito mentre pregava in cappella. C’è inoltre massimo riserbo per motivi di sicurezza sulla superiora, unica sopravvissuta alla strage.
Al Qaida nega ogni responsbilità.
Si chiama padre Tom Uzhunnalil il sacerdote salesiano indiano che viveva nella struttura e al momento dell’assalto era in cappella dove è stato rapito. Un suo confratello da Sana’a informa i Salesiani di tutto il mondo e li invita a pregare, mentre ancora non ci sono rivendicazioni, seppure circolino i nomi dell’estremismo islamico locale affiliato all’Is. Si chiamavano invece Anselm, Marguerite, Judit e Reginette le suore che dal Rwanda, dall’India e dal Kenya da anni su richiesta del governo accoglievano e curavano gli ultimi di Aden nella casa dove uomini armati e in uniforme le hanno cercate e uccise. Già nel "98 due di loro erano morte così, poi la distruzione della chiesa della Sacra Famiglia a Aden. Infine, la guerra civile che da oltre un anno, per mano dei ribelli Houthi, ha richiamato in Yemen, Iran e Arabia Saudita e ha reso il Paese un caos: 14 milioni di persone sono a rischio malnutrizione, seimila sono i civili morti.
Sgomento per quanto accaduto c'è nel cuore del vicario apostolico dell’Arabia meridionale, mons. Paul Hinder, che più volte ha visitato la comunità di Aden e le suore.
Sentiamo le sue parole:
R. – La prima reazione è chiara: si rivolta il cuore quando si vede gente capace di uccidere queste suore, e forse anche nel nome di Dio: come ha detto il Papa è un atto, diciamo, diabolico! Io le ho visitate parecchie volte e ho visto con quanta dedizione, con quanto amore si siano prese cura di queste persone. Veramente una testimonianza di carità e di vicinanza a tutti coloro che sono lasciati sulla strada. Tanta gente, anche in Yemen, è ferita veramente nel profondo, vedendo cosa capita. Perché è poi la povera gente che ne soffre.
D. – Queste suore sapevano che stavano rischiando la vita, stando lì e donandosi in tutto e per tutto?
R. – Sì. Questa è stata una loro decisione profonda. Loro mi hanno detto – sin dall’inizio, un anno fa – quando è cominciata la guerra: “Noi dobbiamo rimanere con il popolo, con i nostri poveri, qualunque cosa succeda”. Veramente un sacrificio di vita, veramente una positiva controtestimonianza rispetto all’atto che hanno fatto questi criminali.
D. – Sono state invitate proprio dal governo yemenita a fare quello che facevano?
R. – Ma tanti anni fa, prima a Aden e poi a Sana’a, a Hodeidah a Taiss: sono lì e sono rimaste anche nelle altre tre comunità. E lo stesso anche questo padre che non sappiamo dove sia. Anche lui è tornato sapendo che fosse rischioso, però con questo spirito missionario, dicendosi: “Io devo essere lì in questo momento”. Ha chiesto al suo provinciale: “Mi dai il permesso di tornare?”, perché riteneva fosse importante avere qualcuno che testimoniasse la vicinanza, anche in quanto prete. Ora possiamo soltanto pregare il Signore che ci torni, speriamo… Ma non sappiamo.
(RV 05 03)
YEMEN - Il Vescovo Hinder: le suore martiri erano amate dal popolo yemenita.
Nessuna notizia sul sacerdote scomparso
La popolazione locale “amava le suore di Madre Teresa uccise a Aden, ammirava il loro modo di servire gli altri senza guardare all'appartenenza religiosa, ma solo alla scelta di prediligere chi ha più bisogno. Questo suscitava simpatia e affetto tra il popolo. E forse proprio questo dava fastidio”. Così il Vescovo Paul Hinder OFMCap, Vicario apostolico per l'Arabia meridionale, suggerisce in un colloquio con l'Agenzia Fides qual'è la radice dell'odio “diabolico” - secondo l'espressione usata da Papa Francesco – che ha mosso il commando armato responsabile della strage compiuta venerdì scorso nella città portuale yemenita, dove quattro suore Missionarie della Carità sono state trucidate insieme a e altre 12 persone, tra i collaboratori e gli anziani e disabili da loro assistiti presso la “Mother Theresa's Home. Nelle foto dei corpi straziati delle vittime, si vede che al momento della strage le suore indossavano grembiuli da cucina sopra il loro abito religioso.
(Agenzia Fides 7/3/2016).
YEMEN - Suore trucidate, il Vescovo Ballin: più la Chiesa è vicina a Cristo, più partecipa della Sua passione
“Più la Chiesa è vicina a Gesù Cristo, più partecipa della sua passione”. Per questo la strage compiuta da un commando armato nella residenza per anziani e disabili affidata alle cure delle suore di Madre Teresa è anche “un segno che questa Congregazione è molto vicina è Gesù Cristo, perché chi si avvicina a Gesù Cristo si avvicina anche alla sua croce.
Nessun cristiano che resta lontano da Cristo sarà mai sfiorato da persecuzione, ma chi si avvicina a Cristo è coinvolto nella sua passione e nella sua morte, per esserlo anche nella gloria della sua vittoria”.
Così il Vescovo Camillo Ballin MCCJ, Vicario apostolico per l'Arabia Settentrionale, invita a guardare il massacro di Aden alla luce dell'esperienza martiriale che accompagna tutta la vicenda della Chiesa nel suo camminare nella storia. I massacratori hanno mirato a colpire persone inermi, che non avevano nulla a che vedere con i conflitti che devastano la regione, e che non facevano male a nessuno. “Le suore trucidate” aggiunge all'Agenzia Fides Ballin “stavano dando la loro vita per servire anziani e disabili. Già nel 1998 tre Missionarie della Carità erano state massacrate a bastonate. Ho potuto vedere i loro volti sfigurati dai colpi di bastone. Vuol dire che davvero questa Congregazione segue Gesù da vicino, e può essere un monito anche per noi che apparteniamo a altre famiglie religiose”. (Agenzia Fides 5/3/2016).
INDIA - Missionarie della carità: “Non lasceremo lo Yemen”
In una nota pervenuta a Fides, le Missionarie della Carità rendono noto che dopo il massacro avvenuto in Yemen non abbandoneranno la loro opera in quel paese, ma che “continueranno a servire i poveri e i bisognosi”. “Madre Teresa è sempre stata negli angoli più remoti del mondo, indipendentemente dalla situazione locale” hanno ricordato. A Calcutta, nella casa madre, le suore hanno celebrato una Eucaristia in suffragio delle loro consorelle uccise. (Agenzia Fides 7/3/2016)
VENEZUELA - Violenze contro il Centro agricolo salesiano di Barinas
La comunità salesiana che dirige la Scuola di Barinas informa che circa 15 ettari dell'istituzione sono illegalmente occupati e che nei giorni scorsi un camion dell’istituto è stato dato alle fiamme a pochi metri dai serbatoi di gas, mettendo così in pericolo gli studenti e i salesiani che vivono in questo centro agricolo.
Il fatto risale a una settimana fa, quando i 188 studenti con i 10 membri dello staff del centro agricolo sono stati svegliati da una esplosione, il camion era stato dato alle fiamme da un gruppo di persone che subito dopo fuggivano. "Quando abbiamo voluto spegnere il fuoco, ci siamo accorti che anche la centralina elettrica era bruciata e le pompe dell'acqua non funzionavano" ha detto padre Rafael Montenegro, direttore del centro, nella nota inviata a Fides. "La cosa più grave - riferisce sempre padre Montenegro - è che alla luce del sole abbiamo scoperto che avevano fatto una scia di gasolio che arrivava fino al deposito delle bombole di gas, a circa 10 metri, e sopra queste c'erano degli stracci bagnati da gasolio; è stato un miracolo che il fuoco non sia arrivato là".
La "Scuola Tecnica Agricola Salesiana San José" si trova a Barinas, circa 500 km da Caracas. Da 32 anni è al servizio della regione, godendo grande stima tra la popolazione per il suo lavoro educativo svolto con gli studenti, molti dei quali senza risorse economiche e provenienti dalle aree rurali remote.
L'occupazione dei terreni del Centro è opera di persone che vogliono installarvisi prepotentemente per poi impadronirsi della terra. Diversi incidenti si sono verificati negli ultimi mesi, e anche la debole recinzione del centro è stata abbattuta dagli occupanti, che hanno perfino dato alle fiamme parte delle coltivazioni di mais, molto valutato nella zona, mettendo a rischio la produzione annuale.
In seguito alle segnalazioni alle autorità, 10 giorni fa sono state fermate 13 persone.
(Agenzia Fides, 02/03/2016)
Norvegia - Tolti i figli a due coniugi “troppo cristiani”
La società moderna entra nel paradosso: con una mano concede i bambini, attraverso metodi di fecondazione eterologa che si basano sullo sfruttamento del corpo femminile, a chi ne rivendica il possesso come un diritto; con l’altra mano sottrae i figli alle proprie legittime famiglie.
Quest’ultimo caso si è recentemente verificato ai danni di una famiglia, “accusata” dalle autorità di impartire alla prole un’educazione troppo cristianamente indirizzata. È successo non nei territori del Medio Oriente occupati dall’Isis, né in uno di quei Paesi in cui i cristiani rappresentano una minoranza religiosa perseguitata. Ma è successo in Norvegia, ridente e pacifico Paese situato nell’estremo nord dell’Europa, collocato dall’immaginario collettivo nel gotha della tolleranza.
Le vittime di questo episodio sono i coniugi Bodnariu, lui romeno (Marius) e lei norvegese (Ruth), e i loro cinque figli: Eliana (9 anni), Noemi (7), Matei (5), Ioan (2) e Ezekiel (4 mesi), che i servizi sociali hanno tolto alla custodia dei genitori lo scorso 16 novembre.
Lo hanno fatto recandosi presso la scuola che frequentano i bambini più grandi. Li hanno presi con loro e poi si sono recati a casa Bodnariu, dove hanno arrestato Ruth, la quale è stata poi rilasciata dopo un interrogatorio. Stessa sorte è toccata a Marius, arrestato mentre si trovava al lavoro. In un primo momento, le autorità non avrebbero fornito spiegazioni ai due coniugi. Solo successivamente, come ha riportato Tempi, tramite il loro legale sono riusciti a dirimere la coltre di mistero.
L’intervento dei servizi sociali sarebbe partito dopo una segnalazione da parte della preside della scuola dei loro figli, preoccupata perché le due bambine più grandi avevano parlato di castighi da parte dei genitori. Nella lettera inviata ai servizi sociali, la preside non ha mancato di segnalare che i due coniugi sono “molto cristiani”, così come gli zii e la nonna paterna, il che li porterebbe a credere in un Dio che “punisce i peccati”. La preside, sebbene convinta che i bambini non abbiano subito violenza fisica, è dunque persuasa che questo clima religioso inibisca i piccoli.
A seguito degli accertamenti effettuati, è emerso che i bambini nascondono spesso le marachelle per evitare che i genitori possano dar loro delle sculacciate. Al tempo stesso, i bambini hanno spiegato di non temere mamma e papà e di non essere per nulla spaventati dall’idea di tornare a casa. Come in un romanzo kafkiano, i due coniugi sono stati costretti a difendersi da queste accuse durante gli interrogatori. Hanno ammesso di aver sgridato e talvolta sculacciato i propri figli, ma hanno negato con fermezza di aver mai “abusato” dei loro figli, azione di cui le autorità hanno insistentemente chiesto conto.
Oltre l’umiliazione, i genitori hanno dovuto subire anche un’assurda accusa di colpevolezza, tale da spingere le autorità a sottrarre loro tutti e cinque i figli e a distribuirli in diverse case famiglie. Secondo fonti citate sempre da Tempi, i bambini avrebbero scritto diverse lettere ai genitori, che però non sono mai state consegnate. I servizi sociali hanno negato l’esistenza di queste lettere e hanno affermato che ai bambini non mancano i genitori.
Secondo i nonni dei piccoli non v’è alcun dubbio circa il fatto che “l’educazione cristiana dei bambini è ciò su cui verte l’azione delle istituzioni norvegesi”. Un’azione che appare spietata: il neonato viene visto e allattato solo due volte a settimana, mentre gli altri due maschietti si incontrano con la madre solo una volta a settimana. Le due figlie più grandi, invece, non possono vedere mai i genitori. Un gesto di clemenza si è consumato lo scorso 18 febbraio, quando la famiglia si è finalmente potuta ricongiungere per diverse ore. Intanto, però, è partito l’iter di adozione.
La società civile non è rimasta indifferente a questa vessazione. Quasi 60mila sono le persone che finora hanno aderito a una raccolta firme per chiedere al Governo norvegese di intervenire per mettere fine a questo incubo. Tuttavia la ministra norvegese della Gioventù, Solveig Horne, ha seccamente risposto: “Ciò che accade in famiglia, non è più solo una questione privata”. Ed ha aggiunto: “Nessuno può dire che secondo la propria religione è consentito picchiare un bambino. Per la legge norvegese, questo non è permesso”.
Secondo la ministra dunque, qualche sculacciata subita deve portare inevitabilmente al trauma di essere strappati ai propri genitori. Non la pensano come lei moltitudini di persone, nel suo Paese ma soprattutto nel resto d’Europa. Attestazioni di solidarietà giungono costantemente alla famiglia Bodnariu. Il prossimo 16 aprile in migliaia si riuniranno in strada per chiedere la liberazione dei bambini in centinaia di città romene, negli Stati Uniti, in Australia e in diverse capitali europee. La libertà religiosa è in pericolo anche in Occidente. E la gente ha iniziato a prenderne coscienza.
Federico Cenci | 01/03/16 Zenit org