2016 02 10 Lettera da Aleppo sotto il bombardamento dei ribelli islamisti INDIA: violenze a cristiani Bangladesh: attaccato convento Bologna: No alla croce davanti al cimitero
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«Siamo tribolati ma non schiacciati» di Padre Ibrahim Alsabagh, Aleppo, 7 febbraio 2016
Pubblichiamo integralmente la lettera che ci è arrivata domenica fa da padre Ibrahim Alsabagh. «Noi frati rimarremo qui finché ci sarà l’ultimo cristiano». La città da cinque giorni è oggetto dell’offensiva del Governo siriano che tenta di riconquistarla. Per rivalsa, i ribelli islamisti colpiscono i civili. Oltre 70mila le persone in fuga, migliaia di loro sono ammassate al confine con la Turchia. Che, nonostante gli appelli internazionali, non apre il valico di Bab al Salam.
I bombardamenti
Cari amici, provo a raccontare quello che stiamo vivendo ad Aleppo da quando è cominciata l’offensiva dell’esercito per riprendere la città. Nella notte tra il 3 e il 4 febbraio, due missili lanciati dagli jihadisti hanno colpito la zona di Soulaymanieh-Ram, dove è collocata la nostra succursale. Avevo pensato di radunare i Frati, in un Capitolo locale pastorale, per vedere come potevamo intensificare il servizio svolto nella zona di Soulaymanieh e di Midaan, quando ci ha raggiunto la notizia dell’accaduto. Il risultato dei bombardamenti, incessanti, è sempre lo stesso: morte e distruzione di case. Due cristiani sono rimasti uccisi; diversi feriti e diverse case danneggiate. Siamo scoraggiati, perché avevamo appena finito di riparare i danni dei missili caduti il 12 aprile 2015, quando sono arrivati queste nuove bombe, distruggendo nuovamente quello che abbiamo appena riparato. La nostra chiesa non è stata per ora danneggiata, ma il tetto delle aule di catechismo è stato colpito e parzialmente distrutto, le pareti sono state danneggiate dalle scosse e dalle esplosioni e così i vetri, che sono andati in frantumi. Il missile che è caduto direttamente sulla succursale ha forato il tetto, colpendo la statua della Madonna, il campanile e alcuni depositi di acqua, nuovamente installati. La statua della Madonna è stata ridotta in mille pezzi e potete immaginare il nostro dolore: il volto della Vergine in frantumi in mezzo alla strada, oltraggiato. Mentre l’altro missile è caduto per la strada, danneggiando l’entrata della succursale e ammazzando due uomini cristiani, senza risparmiare gli edifici che, nel passato, sono stati colpiti da diversi missili e bombe. Noi frati siamo subito andati a visitare le case negli edifici vicini alla nostra succursale, dove i due uomini sono stati colpiti e uccisi e abbiamo ascoltato l’esperienza dolorosa delle mamme e dei padri di famiglie che ci raccontavano dell’accaduto e di come hanno vissuto, insieme ai loro figli, il terrore e lo spavento. Stiamo cercando di stare vicini alla nostra gente, che bussa alla nostra porta cercando aiuto. La nostra succursale infatti accoglie le famiglie della zona, ma anche quelle di Midaan (che hanno cercato riparo dopo che la chiesa di Bicharat a Midaan è stata distrutta). Ospitiamo anche la Comunità cristiana maronita che celebra da noi diverse Messe settimanali, dopo la distruzione delle sue chiese nelle zone vicine. È il luogo dove diversi gruppi parrocchiali si ritrovano per i loro raduni settimanali e dove trova spazio anche una scuola per i sordo-muti: uno dei pochissimi centri di questo genere rimasti attivi oggi ad Aleppo. Oltre all’accoglienza e al servizio umano e spirituale menzionato, si distribuisce l’acqua alla gente, dal pozzo che abbiamo dentro la medesima succursale.
Il quartiere cristiano di Midaan
I lanci di missili da parte dei gruppi jiahdisti, come risposta all’avanzata delle forze governative e dei loro alleati, è continuata anche la notte tra il 4 e il 5 febbraio. Ancora una volta, siamo stati colpiti al cuore. Le esplosioni hanno interessato il quartiere di Midaan, la zona a maggioranza cristiana. La distruzione è stata totale: i poveri abitanti rimasti sono nuovamente senza casa. Provate a immaginare cosa voglia dire per noi stare qui mentre di notte cadono i missili. Senza sapere cosa accadrà. Un’anziana signora piangeva raccontando che la gente non sapeva come comportarsi, quale decisione prendere: uscire dalle case per scappare con il pericolo di incontrare “sorella morte” per la strada o rimanere nelle abitazioni rintanati, con il pericolo che i missili le distruggano? Alcune famiglie hanno deciso di dormire al freddo all’entrata delle loro abitazioni, altri sotto le scale. Una signora che ha bussato la nostra porta chiedendo aiuto, mentre portava in braccio il suo bambino, e mi ha raccontato che c’erano delle persone che sono rimaste sotto le macerie. Alle sue grida di soccorso, con l’intenzione che venisse qualcuno ad aiutare quella povera gente, nessuno aveva il coraggio di rispondere. I feriti sono rimasti lì, e così anche i cadaveri, per ore e ore.
Perché rimaniamo.
Noi però non ci arrendiamo. Siamo tribolati ma non schiacciati. Alle case danneggiate che abbiamo visitato, insieme con l’ingegnere, abbiamo distribuito subito scatole di alimentari di emergenza e abbiamo iniziato a riparare, cominciando dalle porte e le finestre. Per chi ha avuto la casa tutta danneggiata, abbiamo aiutato con i soldi per prendere case in affitto per tre mesi, con la possibilità di rinnovare il pagamento. In tantissimi bussano alla nostra porta terrorizzati, soprattutto le famiglie con i bambini piccoli. La maggior parte di loro non ce la fa a pensare di fuggire: non hanno neanche un soldino per il trasporto. Per me, in questa situazione, non restano che l’accoglienza e l’ascolto. Dopodichè, bisogna passare subito all’azione: non si può rimandare all’indomani. Il lavoro però è immenso e così anche le necessità.
Acqua e prezzi proibitivi
Rimane il problema grandissimo dell’acqua: mentre i missili cadevano, era impressionante vedere la gente aggirarsi cercando l’acqua. Le persone sono disperate e sfidano i missili e la pioggia, pur di attingere acqua dai rubinetti installati lungo la strada, dove ci sono i pozzi. Ormai, è da più di dieci giorni che siamo senza acqua. Il dollaro arriva a 410 lire siriane oggi, mentre ieri aveva il prezzo di 400. Questo vuole dire che i prezzi di alimentari s’è alzato da un giorno all’altro, anche quello delle cose più leggere e più semplici di verdura.. Una signora racconta che ormai le entrate mensili, per lei che ha ancora un lavoro e un’entrata fissa mensile, non permette oggi di comprare un piatto di verdura giornaliero per tutto il mese.
“Fino a quando, Signore, ti scorderai di me?” (cf. Sal 12)
Dentro il dolore di questi giorni, mi torna alla mente il Salmo che dice: “Fino a quando Signore ti scorderai di me?”. La domanda a volte affiora: il Signore ci ha abbandonato? Ma dove è il Signore? È un momento dove la fede viene scossa fortemente dalle sue radici per tutto il “piccolo gregge” che è rimasto ancora ad Aleppo. A Saul, il Risorto l’aveva chiesto: “Perché mi perseguiti?”, lasciando una conferma sicura della Sua unione con le membra del Suo Corpo mistico. Egli è presente; sofferente e appeso sulla croce e non “guarda da lontano mentre i Suoi soffrono”. Egli è presente in mezzo al Suo popolo; lo aiuta e lo assiste attraverso la tenerezza misericordiosa dei suoi pastori; anche se sono molto affaticati e amareggiati al vedere cosa succede al loro gregge. Così è per noi, frati francescani. E per questo rimaniamo qui.
India - Uttar Pradesh: in aumento le violenze contro i cristiani
Il pastore Rampal e due fedeli cristiani, di nome Lalu Gautam e Ranjeet, arrestati e detenuti dalla polizia di Noida con la falsa accusa di celebrare riti religiosi senza permesso; il pastore pentecostale Sajju K John della chiesa “India Mission” fermato insieme ad altri 20 pastori e detenuti per ore nella stazione di polizia nella città di Robertsganj, senza che contro di loro fosse stato contestato alcun crimine. Sono gli ultimi episodi di discriminazione nei confronti della comunità cristiana dell’Uttar Pradesh in India.
Il pastore Rampal e i due cristiani sono stati arrestati mentre era in corso la Messa di domenica scorsa. La polizia di Noida ha interrotto la funzione e li ha condotti presso la stazione locale, accusandoli di celebrare il rito senza permesso, dato che la loro chiesa risulterebbe non registrata. Il pastore pentecostale e gli altri 20 leader cristiani di Robertsganj sono stati fermati il giorno prima (sabato scorso), mentre stavano recitando le loro preghiere della sera. Una folla di radicali ha interrotto l’incontro, li ha costretti a uscire per strada, umiliati e colpiti con dei bastoni, fino a quando la polizia non li ha portati via. Tutti sono stati rilasciati solo dopo molte ore, senza accuse.
Preoccupa la frequenza di questi incidenti. (RV 09 02 2016)
Bangladesh: attaccato convento di suore: suore derubate e malmenate
Un gruppo composto da circa 20 persone ha attaccato nella notte un convento di suore e una chiesa cattolica nel distretto di Chuadanga, 160 chilometri a ovest della capitale Dhaka. I malviventi hanno derubato le religiose usando intimidazione e violenza, e messo a soqquadro la chiesa. La polizia, informata, ha aperto un’inchiesta. Tuttavia, un leader cristiano fa notare all’agenzia AsiaNews come sia “preoccupante” che oramai neanche le religiose siano immuni dalla violenza nel Paese.
In un primo momento si sono recati nella chiesa, dove hanno distrutto alcuni libri di preghiera. Poi sono entrati nel convento, dove tre suore stavano dormendo: le hanno svegliate e tenute sotto la minaccia delle armi mentre compivano la rapina. Fra la refurtiva telefoni cellulari, alcuni oggetti di poco valore e soprattutto 350mila rupie bangladeshi (circa 4mila euro) che le suore tenevano in casa per pagare un lavoro di muratura nel convento. Portati via anche gli abiti delle religiose. Una di loro è stata schiaffeggiata con forza perché si era rifiutata di consegnare il denaro, ma per fortuna il gruppo non ha subito altri abusi fisici. Tuttavia, ora vivono nella paura: la polizia, informata dei fatti, ha aperto un’inchiesta ma fino ad ora non è riuscita a identificare i colpevoli. (RV 09 02 2016)
EGITTO - Scomparsa una 18enne copta; manifestazioni contro la piaga dei rapimenti “mirati” contro i cristiani
Più di 150 cristiani copti hanno preso parte ad un sit-in convocato per la sera di ieri, domenica 7 febbraio, davanti alla sede dell’amministrazione provinciale di Minya, per sensibilizzare le autorità e le forze di polizia intorno al caso di una ragazza copta di 18 anni, scomparsa da alcuni giorni.
I rapimenti mirati di cristiani continuano a rappresentare una piaga per la comunità copta in molte aree dell’Egitto. Si tratta di solito di sequestri-lampo con richieste di riscatto calibrate sulle possibilità economiche delle famiglie dei sequestrati. Ma in diversi casi, i rapimenti si sono conclusi con la morte dei sequestrati. (Agenzia Fides 8/2/2016).
PAKISTAN - Cristiano minacciato: “Convèrtiti all’islam”
Convertirsi all’islam o subire continue vessazioni, violenze e molestie: è quanto accaduto al cristiano Patras Hanif, padre di cinque figli, vittima di abusi sul posto di lavoro. Patras, operaio in un cantiere a Multan, in Punjab, è stato costantemente minacciato, discriminato e torturato psicologicamente da altri lavoratori, che intendevano convertirlo all’islam. Patras, sfinito, ha perfino pensato al suicidio. “Mi chiamavano regolarmente ‘kafir’, cioè infedele, e mi minacciavano di ricorrere a false accuse di blasfemia se non avessi abbracciato l’islam” ha raccontato Patras all’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, a cui ha chiesto assistenza legale.
“Estremismo, odio gratuito, motivato solo da una fede diversa, ostilità preconcetta: tutto questo subiscono i cristiani in Pakistan. Gruppi estremisti islamici vorrebbero fare tabula rasa del cristianesimo e delle altre religioni. E purtroppo questo virus a volte si insinua nella società, in persone normali: così nascono casi come quello di Hanif” spiega a Fides l’avvocato Gill.
“Questo estremismo è la causa dell’esodo delle minoranze religiose dal Pakistan.
(Agenzia Fides 3/2/2016)
Bologna - NO alla Croce davanti al cimitero, divampano polemiche
Niente Croce al nuovo ingresso del cimitero. Così ha deliberato nei giorni scorsi il comune di Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna, per non offendere i credenti di altre fedi. E mentre il simbolo cristiano è rimasto inchiodato al vecchio ingresso, che ora risulta inagibile, sono partite in città non poche polemiche. Il servizio di Luca Tentori:
Il dibattito è ormai un classico degli ultimi anni in Italia: la presenza dei simboli cristiani nei luoghi pubblici. Questa volta è toccato a un cimitero bolognese che dopo la sua ristrutturazione si è visto negare la Croce da parte dell’amministrazione comunale. «Lasciare questo segno all’ingresso di un camposanto - ha detto in proposito l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi - non limita l’accoglienza e non offende nessuno ma richiama a quell’umanesimo che fa parte anche della cultura laica. La Croce è un simbolo che veicola valori di umanità». E oggi nel settimanale diocesano «Avvenire–Bologna Sette» un editoriale ricorda come nella laicissima Francia la legge ha preservato solo due luoghi pubblici dalla rimozione dei simboli religiosi: le chiese e i cimiteri.
Il pluralismo di culto nei cimiteri comunali è garantito dalla legislazione italiana che prevede la possibilità di riservare aree per credenti non cristiani in cui si possano osservare differenti tradizioni e pratiche funerarie.
I rappresentanti delle altre religioni hanno dichiarato di non sentirsi offesi dalla croce perché riflette le tradizioni della fede e della storia italiana. Essi temono piuttosto che tale rimozione possa preludere ad analoghe iniziative anche nei confronti dei loro simboli.
«Un cimitero privo della Croce – conclude il settimanale della diocesi petroniana - è come un simbolo di muta disperazione di fronte alla morte. La croce all’ingresso del campo santo getta invece un barlume di speranza che non offende nessuno, ma che offre conforto a tanti».
(Radio Vaticana 07 02 2016)