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2016 02 03 Patriarca Sako: pianificata la persecuzione contro i cristiani EGITTO: professore copto condannato per oltraggio a islam PAKISTAN: Cristiano morto in carcere - Avvocati minacciati perché difendono un cristiano accusato di blasfemia

Fonte:
CulturaCattolica.it

Patriarca Sako: pianificata la persecuzione contro i cristiani

“Non è un segreto” che siano intervenuti dei “giocatori esterni che hanno agito in base alle proprie ambizioni nella regione”. Sono quelli che “hanno usato la democrazia e la libertà come copertura per privarci delle nostre risorse naturali ed hanno creato il caos ed il terrorismo in Iraq e in Medio Oriente”. È ciò che ha dichiarato il patriarca di Babilonia del Caldei, Louis Raphael I, nel discorso preparato per la conferenza sui diritti delle minoranze religiose nel mondo musulmano, che è in corso in questi giorni a Marrakech, in Marocco.
2003 anno della deriva dell’Iraq e inizio delle sofferenze dei cristiani
Nel suo discorso, ripreso dall’agenzia Fides, il patriarca identifica nel 2003 – anno dell’intervento militare Usa contro il regime di Saddam Hussein – l’inizio dei processi storici che stanno portando l’Iraq alla deriva con un “ordine del giorno sistematico e ben pianificato” che prevede anche “la sparizione dei cristiani e delle altre minoranze religiose” autoctone.
Crescente la discriminazione dei cristiani nella società irachena
Nel suo intervento, il Patriarca ha anche elencato una serie di recenti episodi che documentano la crescente discriminazione dei cristiani nella società irachena: “Un giudice di Baghdad”, ha raccontato, “ha respinto un cristiano dal tribunale in qualità di testimone, affermando che i cristiani non sono ammessi come testimoni nei tribunali iracheni. Alcuni costruttori musulmani si sono rifiutati di costruire case e dimore religiose per i cristiani, perché identificati come infedeli. Le milizie a Baghdad hanno preso possesso delle case dei cristiani, dei loro terreni e delle loro altre proprietà. Sono stati affissi dei manifesti, anche negli uffici pubblici, con cui si chiede alle ragazze cristiane di indossare il velo, sull’esempio della Vergine Maria”.
Formazione di religiosi musulmani che si oppongano al fanatismo
Tra le urgenze da affrontare per salvare il Medio Oriente, il Patriarca ha indicato anche la necessità di formare “religiosi musulmani istruiti, che si oppongano al fanatismo e alla mentalità settaria con le parole e le azioni”. (R.P.)
RV 27 01 2016

EGITTO - I suoi studenti deridevano la barbarie jihadista: professore copto condannato per oltraggio all’islam
La corte di Beni Mazar ha condannato a tre anni di prigione un professore copto con l’accusa di oltraggio all’islam. La vicenda per la quale il docente dovrebbe finire agli arresti è accaduta la scorsa primavera, presso una scuola del villaggio di Nasiriyya, vicino alla città di Beni Mazar, nella provincia egiziana di Minya (vedi Fides 28/5/2015). Quattro studenti di quella scuola erano stati arrestati per essere comparsi in un video di pochi secondi, filmato con il cellulare, in cui si mimava la scena dello sgozzamento di un fedele musulmano in atteggiamento orante, a imitazione delle orrende esecuzioni compiute dai jihadisti dello Stato Islamico (Is).
La breve ripresa filmata, che rappresentava a suo modo un atto d’accusa contro le atrocità commesse dei jihadisti dello Stato Islamico, aveva incredibilmente scatenato la rabbia e le false accuse di elementi islamisti della zona, che hanno costretto le autorità locali a intervenire per riportare la calma convocando lo scorso 17 aprile una riunione di “riconciliazione” tra cristiani e musulmani, con la partecipazione di imam e sacerdoti della zona. Gli stessi quattro ragazzi erano stati arrestati, anche per essere sottratti a eventuali vendette violente, e le famiglie avevano dovuto pagare una cauzione di 10mila lire egiziane per la liberazione di ognuno di loro. Il professore, giudicato corresponsabile della breve registrazione filmata e della sua diffusione, era stato già costretto a lasciare con la sua famiglia il villaggio di Nasiriyya. Adesso il processo giudiziario aperto intorno alla vicenda, lo vede condannato a tre anni di reclusione. (Agenzia Fides 1/2/2016)

PAKISTAN - Cristiano morto in carcere: urge una inchiesta
Procedere a una inchiesta seria e indipendente per individuare e punire i responsabili della morte di Liaqat Masih, 35enne cristiano deceduto in seguito a torture e maltrattamenti mentre era detenuto in un carcere pakistano. Lo chiedono i cristiani, leader civili e religiosi, attivisti e associazioni della società civile in Pakistan.
Liaqat Masih, che ha lavorato come autista per Raza Hameed, il figlio di un politico a Gujranwala, in Punjab, era stato arrestato il 15 novembre 2015 insieme a suo figlio, Khurram Sunil, dopo le accuse di furto, per una denuncia del suo datore di lavoro.
Come appreso da Fides, Masih e il figlio sono stati trattenuti in custodia cautelare nella stazione di polizia di Gujranwala senza prove né processo, sebbene si proclamassero innocenti. L’8 gennaio, Khurram Sunil è stato rilasciato su cauzione ma è stato nuovamente arrestato il 10 gennaio come “complice nel furto”.
Liaquat Masih è morto in carcere il 14 gennaio. Anche se per l’autopsia si è trattato di “attacco cardiaco”, il figlio sostiene che suo padre è stato brutalmente picchiato la sera prima della morte, ed è stato appeso a una corda a testa in giù. La polizia ha restituito il corpo di Liaquat Masih alla sua famiglia il 15 gennaio. “La morte di Liaquat Masih fa parte di un modello di esecuzioni extragiudiziali di cristiani, che vengono regolarmente discriminati in Pakistan” afferma una nota inviata a Fides dalla Ong Christian Solidarity Worldwide (CSW). Insieme con la “Cecil Chaudhry & Iris Foundation”, CSW chiede una inchiesta indipendente sulla vicenda e lo svolgimento di una nuova autopsia., notando “il deterioramento della situazione per le minoranze religiose in Pakistan”. (Agenzia Fides 29/1/2016)

TURCHIA - Chiesa di Diyarbekir colpita durante l’offensiva militare contro le postazioni curde
Una chiesa siro-ortodossa di Diyarbakir, dedicata alla Vergine Maria, è stata danneggiata durante le offensive militari turche contro le postazioni del Partito curdo dei Lavoratori (PKK). A provocare i danni sono stati i bombardamenti realizzati dall’esercito turco, A riferirlo è padre Yusuf Akbulut, il parroco della chiesa, che continua a mandare messaggi d’allarme dalla propria casa, dove si è barricato con la famiglia mentre nell’area continuano i combattimenti.
Nel 2000 proprio padre Akbulut era stato arrestato dalle autorità turche per le sue esternazioni sul cosiddetto “genocidio assiro”, perpetrato in Anatolia durante il tempo della Prima guerra mondiale. Il procedimento penale contro il sacerdote aveva destato l’attenzione internazionale, e lo Stato turco aveva deciso di tornare sui propri passi, incaricando il tribunale per la sicurezza di Diyarbakýr di procedere al proscioglimento di Akbulut. L’anno dopo il ministero degli interni turco aveva emanato un decreto contenente disposizioni fortemente restrittive nei confronti di tutti gli assiri e i siriaci provenienti dall’Europa che desideravano visitare i loro luoghi d’origine nelle regioni meridionali del Paese. (Agenzia Fides 29/1/2016).

PAKISTAN - Difendono un cristiano accusato di blasfemia: avvocati minacciati
Due avvocati che offrono i loro servizi professionali all’Ong pakistana “Lead” (Legal Evangelical Association and Development) sono stati fermati per strada e minacciati da ignoti mentre si recavano in tribunale, all’udienza per il caso di Sajjad Masih Gill, un cristiano condannato all’ergastolo per presunta blasfemia, che ha presentato appello all’Alta Corte di Lahore. I due aggrediti sono l’avvocato Aric John e un suo assistente, bloccati sulla strada tra Kasur e Lahore da un commando di militanti armati che hanno minacciato di attentare alla loro vita e a quella dei loro familiari. Lo staff legale ha dovuto chiedere un rinvio dell’udienza, ora fissata per il 16 febbraio.
Come riferito a Fides, i due avvocati offrono i loro servizi gratuitamente. Altre minacce sono giunte ai legali in altri casi passati. Sajjad Masih Gill, 31 anni, è stato condannato in primo grado al carcere a vita per un presunto reato commesso nel luglio 2013 a Gojra, in Punjab. Come lui, molti cristiani in Pakistan vivono un calvario giudiziario e chiedono giustizia, difendendosi da accuse false e pretestuose.
“I nostri legali e i nostri volontari sono in prima linea e non si faranno intimidire” commenta a Fides Sardar Mushtaq Gill, avvocato cristiano a capo di “Lead”. “Continueremo a impegnarci per la tutela di quanti subiscono violazioni dei diritti umani in Pakistan, in particolare per le vittime della legge sulla blasfemia e per coloro che soffrono e hanno fame di giustizia e pace”. L’avvocato Gill ricorda che “questa legge viene utilizzata contro i cristiani per metterli sotto scacco. Chiediamo dei passi alla comunità internazionale perché in Pakistan si possa giungere alla sua abolizione”. (Agenzia Fides 27/1/2016)

SIRIA - L’allarme dell’Arcivescovo Hindo: Deir el Zor è alla fame
Nei quartieri e nei sobborghi della città siriana di Deir el Zor, sotto assedio dei jihadisti dello Stato Islamico (Daesh), e in questi giorni stretti anche dalla morsa del freddo, almeno 120mila civili siriani sono ridotti alla fame. A lanciare l’allare sull’ennesima, potenziale catastrofe umanitaria innescata dal conflitto siriano è l’Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, alla guida dell’arcidiocesi siro-cattolica di Hassakè-Nisibi.”Da più di un anno, da quando cioè hanno perso postazioni strategiche e una parte dei quartieri cittadini – riferisce all’Agenzia Fides l’Arcivescovo – i jihadisti hanno intensificato la stretta dell’assedio, non facendo entrare i viveri. Quei pochi prodotti che ancora si trovano – pomodori, scatole di sardine, un po’ di té – vengono venduti al mercato nero con prezzi più che decuplicati, quando va bene”.
Lo scorso 17 gennaio, i miliziani del Daesh hanno attaccato quartieri della città massacrando almeno 300 civili e deportandone altre centinaia. L’Arcivescovo Hindo, sulla base di informazioni raccolte sul campo, ritiene che la città rappresenti in questo momento un interesse strategico per i jihadisti delllo Stato Islamico: “Molti di loro - riferisce l’Arcivescovo – cominciano a pensare che Raqqa, la loro capitale in Siria, dove stanno confluendo anche le loro milizie in fuga dall’area di Aleppo, potrebbe cadere. E allora si stanno trasferendo a Deir el Zor, forse con l’intenzione di trasformarla in una loro nuova roccaforte. Ma finora le incursioni aere russe e anche quelle degli Usa sono scattate solo quando i jihadisti hanno provato a occupare l’aeroporto”. A Deir el Zor prima della guerra vivevano mille famiglie cristiane. Adesso, secondo quanto risulta all’Arcivescovo Hindo, nella città sarebbe rimasto un solo cristiano. (GV) (Agenzia Fides 27/1/2016).

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