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2016 01 27 IRAQ - raso al suolo monastero di S Elijah SIRIA - Attentato nel quartiere cristiano

Fonte:
CulturaCattolica.it
APPROFONDIMENTI:
Deir Ezzor: Terrore puro
L'esodo dei cristiani cambia il Medio Oriente

Iraq: raso al suolo dall’Is il monastero di St. Elijah a Mosul

In Iraq, la guerra continua a colpire i simboli sacri delle culture locali e della cristianità. A Mosul il sedicente Stato Islamico ha raso al suolo l’antico monastero cristiano di St. Elijah, costruito nel 590 dopo Cristo. Due giorni fa, invece, i bombardamenti aerei della coalizione hanno distrutto la chiesa siro-ortodossa della Vergine Maria, occupata dai jihadisti. (RV 20 01 2016)

SIRIA - Attentato nel quartiere cristiano di Qamishli:
3 morti e 10 feriti
E’ di tre morti e di 10 feriti il bilancio dell’attentato realizzato nella serata di domenica 24 gennaio davanti a un internet cafè nel centro di Qamishli, seconda città della provincia siriana nord-orientale di Hassakè. A portare ancora una volta morte e devastazione nel quartiere abitato in maggioranza da cristiani sono stati due ordigni, uno dei quali collocato su una moto-bomba, nella via conosciuta come “Miami street”, dal nome del ristorante che ospita.
“Tutte e tre le vittime sono cristiane: si tratta di un caldeo e di due siro-ortodossi” riferisce all’Agenzia Fides l’Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, a capo dell’arcidiocesi siro cattolica di Hassakè-Nisibi. “Al momento” prosegue l’Arcivescovo Hindo “ci sono voci ancora indistinte che parlano di una rivendicazione dell’attentato da parte dei jihadisti del Daesh. Ma c’è anche chi mette in relazione gli attentati ai recenti scontri tra milizie curde, che mirano a controllare quel quartiere, e i gruppi di autodifesa “Sootoro”, formati da giovani cristiani siri e assiri, che sono attivi in quella zona. Quindi, in molti pensano che dietro all’attentato potrebbero esserci anche mandanti e esecutori curdi. E’ un altro dei fattori inquietanti di questa guerra: c’è il terrorismo, ma a volte non sappiamo chi davvero ci terrorizza”.
I funerali delle tre vittime si svolgeranno oggi pomeriggio.
Già lo scorso 20 dicembre gli attentati contro due ristoranti di Qamishli, appartenenti a proprietari cristiani, avevano provocato la morte di 13 cristiani e 6 musulmani. Di recente (vedi Fides 20/1/2016), il Patriarca siro ortodosso Mar Ignatius Aphrem II si era recato a Qamishli, nel governatorato siriano nord-orientale di Hassakè, per compiere una mediazione riconciliatrice tra le milizie curde e i gruppi di autodifesa Sootoro. (GV) (Agenzia Fides 25/1/2016).

PAKISTAN - Un cristiano ucciso in Punjab
Nazir Masih, 50enne cristiano, padre di famiglia e impiegato nell’amministrazione locale di Sialkot, nella provincia del Punjab, è stato ucciso mentre completava il suo lavoro di pulizia delle strade. L’episodio è avvenuto alle 7 del mattino del 14 gennaio, ma solo ora ne è giunta notizia all’Agenzia Fides. Nazir Masih, sposato e padre di cinque figli, è stato aggredito da uomini armati e colpito da quattro proiettili di fucile, risultati letali.
La sua famiglia e i cristiani di Sialkot chiedono un’indagine approfondita che porti all’arresto dei colpevoli e un adeguato risarcimento per la famiglia. Sebbene Nazir fosse in servizio quando è stato ucciso, finora l’amministrazione comunale ha negato ogni assistenza per la famiglia.
I conoscenti ricordano Nazir “come un uomo gentile, umile e devoto, che non aveva nemici”, dunque nessuno comprende le ragioni dell’omicidio. Secondo le ipotesi della polizia “Nazir potrebbe aver involontariamente assistito a un crimine o a un reato e dunque potrebbe essere stato eliminato perché scomodo testimone”. Altre piste non escludono un attacco terroristico mirato. La famiglia di Nazir Masih si trova ora in gravi difficoltà finanziarie. Nazir lascia la moglie Samina e cinque figli tra i 21 e gli 11 anni. (Agenzia Fides 22/1/2016)

APPROFONDIMENTI

Deir Ezzor, lo Stato islamico getta la maschera
Terrore puro mentre la diplomazia perde tempo
(Alcuni brani tratti) di Giorgio Bernardelli (LNBQ 19 01 2016)
Deir Ezzor, capoluogo dell’est della Siria, principale centro petrolifero del Paese, è teatro di una sanguinosa battaglia fra l’Isis e l’esercito regolare. Il Califfato cerca la rivincita, dopo le sconfitte subite a Ramadi e Aleppo. E per questo sfodera la sua peggiore violenza. Deir Ezzor, luogo di deportazione degli armeni, è l’unica città mediorientale che ospitava una chiesa dedicata ai martiri del Grande Male, rasa al suolo dall’Isis nel 2014. Ora i pochi cristiani rimasti rischiano un nuovo genocidio.È da alcuni giorni, ormai, che da Deir Ezzor arrivano notizie su un’offensiva in grande stile dello Stato islamico; un nuovo assalto contro i quartieri settentrionali, l’enclave controllata dall’esercito di Damasco che da due anni i jihadisti non riescono ad espugnare e tengono sotto assedio. Offensiva che sabato ha assunto tinte drammatiche con le notizie sui massacri che sarebbero avvenuti durante l’avanzata da nord delle milizie del califfato; ci sarebbero anche centinaia di persone prese in ostaggio di cui non si conosce la sorte. Notizie oggi impossibili da verificare nelle loro proporzioni, nel mezzo di una battaglia che avviene anche a colpi di tweet tra jihadisti che annunciano conquiste di nuove posizioni e lealisti che rispondono raccontando che a Deir Ezzor una controffensiva sarebbe già in corso. Di certo c’è l’ennesimo calvario di un’altra città tra le più ferite in questi cinque anni di guerra in Siria, con la popolazione di interi quartieri nuovamente senza né cibo né acqua. Quando non direttamente alla mercé delle bande dell’Isis.
Che siano 100, 200 o davvero 400 i cadaveri di queste ore, alla fine cambia poco: il punto è che a Deir Ezzor sta andando in scena la risposta del Califfato ai colpi subiti nelle ultime settimane, tra Ramadi a est (esercito iracheno con il supporto aereo della coalizione Usa), i sobborghi di Aleppo a ovest (esercito siriano con il supporto aereo russo) e le zone strappate dai curdi a nord. L’Isis reagisce concentrando la propria offensiva su un altro fronte, in un crocevia lungo l’asse che collega i territori sotto il suo controllo in Siria con quelli in Iraq. Un fronte nel posto dove più facilmente può far leva sul punto debole dei suoi avversari: la mancanza di truppe di terra.
L’Isis cerca una vittoria là dove oggi è più facile. E la cerca per rilanciare la sua aura di invincibilità nei territori dove il Califfato ha preso forma. Per di più in una zona ricca di pozzi petroliferi, il cui sfruttamento è una delle principali fonti di sostentamento delle milizie (conta poco qui il crollo delle quotazioni internazionali: in un’economia di guerra il prezzo della benzina lo fa il mercato nero, non l’indice Nymex).
L’offensiva dell’Isis a Deir Ezzor dice - però - anche un’altra cosa: quanto in questa fase possa diventare ancora più sanguinaria la formazione jihadista. Perché oggi che finalmente si è cominciato perlomeno dal cielo a combatterlo sul serio, il Califfato ha gettato ogni maschera. Non ci prova nemmeno più a presentarsi sotto la parvenza di un ordine islamico fatto di editti, confische e macabre burocrazie, in una sorta di sistema para-statuale. Più passano le settimane e più il suo volto diventa quello del terrore allo stato puro. Le poche notizie che filtrano da Mosul e Raqqa, in queste settimane parlano di una stretta ancora più dura rispetto a ogni canale sfruttabile per esprimere un dissenso, anche all’interno della comunità sunnita.E a farne le spese rischiano di essere ancora luoghi segnati profondamente dal calvario dei cristiani d’Oriente. Sì, perché Deir Ezzor è un grande simbolo anche di questo. La città nel deserto - un secolo fa - fu infatti il punto d’arrivo delle marce forzate degli armeni condotti fin qui dalla Turchia. In migliaia trovarono la morte proprio sulle rive dell’Eufrate. Ma altri proprio qui trovarono anche la forza di rinascere: Deir Ezzor lungo il XX secolo era diventata la sede di un’importante comunità armena in Siria. Qui era stata costruita anche una chiesa dedicata ai martiri del Grande Male, l’unica in Medio Oriente. È stato uno dei primi edifici che l’Isis ha raso al suolo quando ha preso il controllo di una parte della città nel 2014. Nel frattempo gli ultimi armeni rimasti si sono rifugiati nei quartieri controllati dalle truppe lealiste. Quelli di nuovo nel mirino delle bandiere nere.

L’esodo dei cristiani cambia il Medio Oriente
In Medio Oriente la fuga dei profughi cristiani modifica l’intera area. “Una sfiducia reciproca tra i popoli che sarà difficile da colmare anche alla fine del conflitto siriano” ha detto padre Piebattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa. I cambiamenti che riguardano gli assetti politici ma anche la cultura dei Paesi arabi sono stati al centro dell’incontro “Cristiani in Medio Oriente e migrazioni forzate” organizzato a Roma dall’associazione Avsi e dalla rivista Oasis.
Il servizio di Veronica Di Benedetto Montaccini:
Iraq, Siria e Libia secondo il rapporto annuale dell’organizzazione “Open Doors” sulle persecuzioni religiose sono tra i Paesi più feroci contro i cristiani. Si tratta di migliaia di persone costrette ad abbandonare la propria casa, insieme a tante altre minoranze. Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, parla della brutalità di quello che Papa Francesco definisce un cambiamento epocale:
“Il Medio Oriente sta cambiando in maniera radicale e con una brutalità che non abbiamo conosciuto nei secoli precedenti, almeno nell’era moderna: Paesi che scompaiono - penso alla Siria, all’Iraq - e persecuzioni su base religiosa. Tutto questo prende di mira non solo i cristiani ma anche i non cristiani. Quindi dobbiamo calare la prospettiva cristiana all’interno di un contesto più ampio, articolato e complicatissimo da comprendere. In Medio Oriente non si possono distinguere sfera religiosa e sfera politica. L’elemento religioso diventa strumentale a contrapposizione di carattere economico e politico, penso ai sunniti e sciiti, Arabia Saudita e Iran. I fondamentalismi, una volta creati, si allargano ai cristiani e a tutte le altre minoranze”.
La speranza, racconta padre Pierbattista Pizzaballa, è data dai cristiani vittime dei conflitti che rimangono in Medio Oriente senza mezzi per andarsene, ma determinati a non rinnegare la fede:
“La gente normale ha bisogno di tutto: acqua, elettricità, viveri, lavoro… Ma quando visiti ed incontri la gente quello che ti chiedono è questo: “Padre, resti con noi; abbiamo bisogno di qualcuno che ci dia coraggio”.(RV 20 01 2016)

Sako all’Europarlamento: fermate il genocidio dei cristiani
“È tempo di assumersi la responsabilità prima che questo conflitto si estenda per altri lunghi anni; questo è il tempo giusto per unire le forze e tenersi per mano, cristiani, musulmani, di fermare i massacri e le distruzioni. È il tempo di stabilire pace e giustizia. Così facendo saremo i promotori di un punto di svolta in questa terra, degni di raggiungere sicurezza e pace per il nostro popolo. Vi preghiamo di fare quanto è nelle vostre possibilità per fermare questo genocidio prima che sia troppo tardi”. È l’accorato appello che il Patriarca caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako lancia al presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, in una lettera a lui indirizzata nei giorni in cui a Strasburgo discute del sistematico massacro delle minoranze religiose ad opera dell’Isis.
Patriarca Sako contro gli “attori esterni” del conflitto
Nella prossima sessione del Parlamento europeo che si svolgerà dall’1 al 4 febbraio sempre a Strasburgo - riporta l’agenzia Sir - dovrebbe essere votata anche una risoluzione sull’argomento. Nella lettera il patriarca caldeo si scaglia contro gli “attori esterni” del conflitto, rei di intervenire solo per “la loro personale ambizione nella Regione. Essi hanno usato democrazia e libertà come copertura per privarci delle nostre risorse naturali, pace e libertà creando caos e terrorismo in Iraq e nel Medio Oriente”.
Cristiani e minoranze spinti a lasciare l’Iraq
Il Patriarca non esita, poi, a puntare l’indice contro l’agonia dei cristiani e degli altri gruppi etnici causata, a sua detta, da “una ben concertata agenda da parte dell’Iraq di spingere i cristiani e le altre minoranze religiose a lasciare la propria terra”. A ciò si aggiungano le azioni del sedicente Stato Islamico (Is) contro cristiani e yazidi scacciati dalle loro case a Mosul e nella Piana di Ninive. Un comportamento contro le minoranze che può essere definito “genocidio”.
(RV 21 01 2016)

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