2015 12 30 Preghiamo per i cristiani che sono perseguitati spesso con il silenzio vergognoso di tanti
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"Preghiamo per i cristiani che sono perseguitati, spesso con il silenzio vergognoso di tanti".
E' quanto scrive, nel tweet lanciato a Natale dal suo account, Papa Francesco.
E intanto nella notte di Natale:
I terroristi del gruppo jihadista Bangsamoro ha ucciso nove cristiani nel villaggio di Mindanao
Papa Francesco si è dichiarato “profondamente addolorato” nell’“apprendere l’uccisione insensata di persone innocenti a Mindanao”, nelle Filippine, e, in un messaggio di cordoglio firmato dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin ha rivolto le proprie “condoglianze alle famiglie di coloro che hanno perso la vita”.
Il riferimento è alle stragi compiute nella notte di Natale, con nove vittime, ad opera dei Combattenti islamici per la libertà Bangsamoro, formazione jihadista, che pretende la secessione delle isole a maggioranza musulmana dell’arcipelago filippino.
Approfondimento “2015 anno di persecuzioni”
Dall’Africa al Medio Oriente, anche il 2015 è stato un anno in cui purtroppo, in tante aree del pianeta, i cristiani sono stati vittime di discriminazioni e persecuzioni. Se il pensiero va subito alle efferatezze perpetrate dai miliziani del sedicente Stato islamico, il quadro delle persecuzioni anti-cristiane è molto più vasto di quanto si possa comunemente pensare.
E’ quanto sottolinea, al microfono di Alessandro Gisotti, la portavoce in Italia di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), Marta Petrosillo:
R. – Purtroppo il 2015 conferma la tendenza che noi di Aiuto alla Chiesa che Soffre riscontriamo già da alcuni anni, quindi un aumento della persecuzione nei confronti dei cristiani. Proprio nell’ottobre scorso, abbiamo presentato il nostro Rapporto sulla persecuzione anti-cristiana, dal titolo significativo “Perseguitati e dimenticati”. Quindi vediamo, innanzitutto, un aumento della pressione dell’estremismo islamico, un aumento che riscontriamo sicuramente in Africa, dove Boko Haram, oltre alla Nigeria, inizia ad estendere la sua azione anche nei Paesi vicini. Passando dall’Africa al Medio Oriente, l’azione del sedicente Stato Islamico continua a schiacciare la comunità cristiana. Vi sono stati numerosi attacchi di chiese, ed Aleppo, che è sempre stata una delle roccaforti della cristianità in Siria, si svuota drammaticamente di cristiani: da 150 mila che erano prima dell’inizio della crisi, nel 2011, oggi se ne contano appena 50 mila. Stato Islamico, che continua la sua drammatica azione anche in Iraq, dove i cristiani subiscono discriminazioni anche a livello politico. In Asia, non possiamo non citare il Pakistan e fare un cenno all’Indonesia, che vive una situazione poco conosciuta. Anche lì i cristiani soffrono, in particolare nella provincia di Aceh, dove vige la sharia e dove nell’ottobre scorso sono state attaccate numerose chiese. Non è soltanto il fondamentalismo islamico a colpire i cristiani, ma anche ad esempio quello indù. In India abbiamo visto un aumento degli attacchi anti cristiani. In particolare si sta diffondendo una pratica con il tentativo da parte dei fondamentalisti indù di convertire all’induismo cristiani e musulmani.
D. – Sempre più cristiani, da diverse aree del mondo, sono costretti tra mille sofferenze, tra mille difficoltà a fuggire…
R. – L’aumento dell’esodo cristiano, in particolare dal Medio Oriente, sta raggiungendo delle proporzioni drammatiche, tanto che vi sono comunità a rischio. Ad esempio, l’Iraq rischia di svuotarsi della sua comunità cristiana. Anche dalla Siria ci giungono notizie, ad esempio, di autobus che due o tre volte a settimana partono dai principali quartieri di Damasco per portare i giovani cristiani in Europa, perché ormai in Siria non vi è più alcuna prospettiva. Ma anche dall’Italia ci confermano delle associazioni che lavorano con i rifugiati che negli ultimi anni vi è stato un aumento del 30 per cento dei rifugiati cristiani che giungono sulle nostre coste e, ad esempio, molti casi di cristiani nigeriani.
(Radio Vaticana 26 12 2015)
NIGERIA - Boko Haram attacca Maiduguri; a Fides la testimonianza del Vescovo
“I terroristi di Boko Haram sono entrati nel pomeriggio del 27 dicembre in diverse aree di Maiduguri, introducendosi in alcune case e uccidendo gli abitanti, mentre in altre zone hanno inviato donne e bambine kamikaze a farsi esplodere in mezzo alla gente” racconta all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Oliver Dashe Doeme Vescovo di Maiduguri, capitale dello Stato di Borno, nel nord della Nigeria. “Un numero consistente di persone sono state uccise, ma non conosciamo ancora il numero esatto”.
Secondo fonti di agenzia, i morti nel corso dei diversi attacchi simultanei avvenuti a Maiduguri e nella cittadina di Madagali sono almeno 80. Tra i luoghi colpiti c’è pure un moschea. “Anche un esponente della locale comunità islamica è stato ucciso a casa sua” dice Mons. Doeme, che sottolinea: “Boko Haram è una setta che non fa una grande distinzione tra musulmani e non musulmani. La maggior parte della popolazione vuole vivere in pace. Boko Haram uccide chi non aderisce alla sua ideologica che vieta in particolare l’educazione ‘all’occidentale’. I musulmani che non supportano la loro ideologia diventano nemici di Boko Haram”.
“Ormai Boko Haram fa parte del fenomeno mondiale del terrorismo internazionale, come dimostrano gli attacchi simultanei perpetrati qui a Maiduguri che sembrano ricalcare alcune modalità degli attacchi terroristici di Parigi o di altre parti del mondo” conclude il Vescovo. (L.M.) (Agenzia Fides 29/12/2015)
BRUNEI - 5 anni di carcere a chi festeggia Natale in pubblico
Niente alberi o presepi, nessuna decorazione né festa, e nemmeno lo scambio di auguri. Quest’anno nel Brunei sarà vietato festeggiare il Natale in pubblico. La decisione è stata presa dal sultano, Hassanal Bolkiah, per non danneggiare i fedeli musulmani che vivono nel piccolo e ricco Stato a maggioranza islamica e preservarne la fede. I cristiani potranno vivere questi giorni solo in privato o rischiano, come tutti i trasgressori, fino a 5 anni di carcere. Al microfono di Cecilia Seppia, l’analisi di padre Bernardo Cervellera direttore di Asia News:
R. – Il Brunei cerca da anni di mostrarsi molto molto islamico. Ha introdotto la legge islamica da tanto tempo con tutte le forme delle violenze tipiche di questa legge, cioè l’amputazione della mano per i ladri, fustigazioni, pena di morte per la blasfemia... Non parliamo poi se ci sono delle conversioni dall’islam al cristianesimo o a qualche altra religione… Infatti, è un Paese molto ricco in cui però il sultano vive come un potere unico e assoluto. Quindi, per riuscire a mantenere un minimo di legame con la sua base mostra di essere una persona fedelissima all’islam.
D. – Il Brunei è solo l’ultimo di una lunga lista di Paesi islamici dove non è permesso celebrare il Natale, ovviamente con delle differenze; penso alla Turchia o al Marocco dove il Natale è un giorno come gli altri. In Arabia Saudita invece è totalmente diverso, non è permesso il culto pubblico di altre religioni…
R. – Esatto, non soltanto il culto pubblico, neanche il culto privato è permesso in Arabia Saudita. Se vado in Arabia Saudita non posso nemmeno mettere un’icona piccolina in camera mia perché sarebbe proibito: se venisse la polizia religiosa io rischierei la prigione o l’espulsione, non si può nemmeno insegnare il catechismo ai bambini, spiegargli il senso del Natale.
D. – In Pakistan, Afghanistan, Iran, dove la popolazione cristiana invece è più numerosa, che aria si respira nel periodo natalizio?
R. – Diciamo che Pakistan o in Indonesia, per esempio, sono due grossi Paesi islamici. Ci sono le chiese, le persone vanno in Chiesa, certo. Purtroppo, la presenza di gruppi fondamentalisti – soprattutto in Pakistan più che in Indonesia – crea sempre tensioni, a Natale e a Pasqua ogni tanto ci sono stati attentati negli anni passati. Quest’anno, anche in Pakistan la polizia ha dato indicazioni precise per un controllo delle chiese. Anche i vescovi hanno chiesto un maggiore controllo della sicurezza, mentre in Indonesia è abbastanza tradizionale ormai che i gruppi musulmani moderati, amici dei cristiani, facciano un cordone attorno alla chiesa durante la Messa di Natale della notte per fare in modo di fermare qualunque possibile attentato.
D. – Questi divieti sono rivolti a tutte le feste cristiane, però con il Natale sembra che le norme si facciano più stringenti, addirittura il carcere a 5 anni… Perché proprio il Natale?
R. – Perché il Natale è diventato una festa così internazionale, un po’ gonfiata dal mondo occidentale. E un po’ perché presenta un Dio bambino, un Dio buono, un Dio dolce e indifeso, e quindi molto spesso queste monarchie o questi luoghi di islam fondamentalista lo vedono molto concorrenziale. In Brunei, ad esempio, avranno paura che la grande maggioranza dei musulmani rischi di essere deviata dalla strada giusta, cioè temono conversioni… In effetti, molto mondo islamico a causa di questi terrorismi che sono diffusi un po’ ovunque si domanda veramente: "Come mai nella nostra religione c’è una tale amplificazione della violenza?". Va detto però che ci sono proibizioni non del culto, ma magari di fare presepi o di fare "Christmas Carol", cioè canti di Natale, rappresentazioni sacre del Natale anche in Occidente. Questo non a causa dei musulmani, ma a causa di un laicismo violento in cui si mettono in contrapposizione le diverse religioni. In realtà, molto spesso le diverse religioni non sono in contrapposizione, perché se c’è una contrapposizione tra il terrorismo islamico e il cristianesimo, o tra il terrorismo islamico e l’islam moderato, non vuol dire che cristiani e musulmani non possano gioire insieme del Natale.
D. – Ci sono invece alcuni Paesi islamici, penso agli Emirati Arabi, a Dubai, negli altri Paesi del Golfo, dove c’è invece molta tolleranza, non si hanno problemi ad esibire gli alberi di Natale, gli addobbi, le luci… In questo caso, è il lato commerciale del Natale che ha vinto e il Natale è diventato quasi una festa pagana…
R. – Forse il consumismo, o più che altro una globalizzazione delle feste, ha portato a questa tolleranza. Va detto però che effettivamente gli Emirati, Dubai, questi Paesi, stanno cercando davvero di modernizzarsi, di diventare Paesi che, sì, conservano la loro identità islamica, ma sono aperti a tutto il resto del mondo, per cui danno la possibilità ai cristiani di avere chiese.
(Radio Vaticana 23 12 2015)
Siria. Scomparso p. Dhya Azziz. Non escluso il sequestro
Dalle ore 9 del mattino del 23 dicembre scorso si è perso ogni contatto con il padre francescano, Dhiya Azziz, 41 anni, parroco di Yacoubieh, in Siria, che era in viaggio in taxi di ritorno dalla Turchia, dove era andato a trovare la famiglia lì rifugiata. Ne dà notizia la Custodia di Terra Santa che ritiene "lecito pensare che sia stato preso da qualche gruppo". A bordo del veicolo partito da Latakia c'erano altre persone. P.Dhiya era stato già rapito dai jihadisti in luglio, ma era risuscito a fuggire. Paolo Ondarza ha raggiunto telefonicamente il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:
R. – Non abbiamo più sue notizie dalla mattina del 23 dicembre, l’antivigilia di Natale. Abbiamo aspettato qualche giorno prima di verificare se si ritrovava, ma ora…
D. – I vostri sospetti sono che possa essere stato preso da qualche gruppo?
R. – Non abbiamo nessunissima informazione. Stava viaggiando in una zona pericolosa per tornare in parrocchia. Pensavamo l’avesse preso qualcuno dell’esercito, ma non abbiamo avuto riscontro. Quindi, le alternative restano che l’abbiano preso i ribelli oppure – Dio non voglia – che sia stato ucciso.
D. – Lui si trovava esattamente dove?
R. – Con precisione dove sia stato preso, non lo sappiamo. Lui era partito da Latakia, che è una città importante sulla costa. Il tragitto per Yacoubieh originariamente era molto breve, ma, essendo zona pericolosa, ha dovuto scendere nel centro del Paese. Spostarsi in Siria oggi è estremamente pericoloso. Lui ha dovuto spostarsi per vedere i suoi genitori ammalati, che anch’essi – ahimé – sono rifugiati in Turchia. E quindi ha dovuto, come tantissime altre persone in Siria, correre il rischio di spostarsi, e questa volta gli è andata male.
D. – Solo nel luglio del 2015 è stato rapito e detenuto da un gruppo jihadista…
R. – Rapito e detenuto, ma riuscì a fuggire. E speriamo che possa ripetersi anche questa volta.
D. – Padre Pizzaballa, può dirci brevemente chi è padre Azziz?
R. – È nato nel 1974, quindi è abbastanza giovane. È iracheno, nato a Mosul, ma cresciuto a Qaraqosh, che era un villaggio, una cittadina interamente cristiana nel nord dell’Iraq, e che oggi è sotto il controllo del sedicente Stato islamico. Quindi, hanno dovuto fuggire tutti. E lui stesso poi si offrì volontario per andare a servire come parroco a Yacoubieh, che è una zona abbastanza pericolosa, perché è una zona sotto il controllo dei ribelli e non più dei governativi.
D. – Il vostro appello…
R. – Che tutti coloro che possono darci informazioni possano farsi capire in modo che noi possiamo fare tutto quello che è possibile per cercare di recuperarlo, lui assieme a coloro che viaggiavano con lui.
(Radio Vaticana 28 12 2015)
IRAQ - L'Is contro il Natale. A Kirkuk profanati due cimiteri
Nuovi attacchi contro i cristiani e le feste del Natale nel nord dell’Iraq per mano di Daesh (acronimo arabo dello Stato islamico, Is) e altri gruppi estremisti. Fonti dell'agenzia AsiaNews nel nord del Paese riferiscono che i miliziani dell’Is a Mosul hanno affisso dei cartelli in città, in cui ordinano ai musulmani “di non festeggiare” in alcun modo il Natale con i cristiani, perché “sono eretici”. A Kirkuk, invece, gruppi di estremisti islamici hanno fatto irruzione all’interno di due cimiteri cristiani, profanando e distruggendo diverse tombe. I cristiani irakeni rispediscono al mittente gli attacchi di queste ultime ore e affermano di voler celebrare la festa, senza curarsi di minacce e intimidazioni.
Il Corano descrive il Cristo come “portavoce della parola di Dio
Il patriarcato caldeo condanna i nuovi episodi di violenza e intimidazione ai danni della comunità cristiana irakena, e lo fa utilizzando le stesse parole contenute nel Corano e in cui si afferma che i cristiani non sono eretici e la Trinità è una espressione teologica della rivelazione dell’unico Dio. Il libro sacro dei musulmani, spiegano i vertici della Chiesa caldea, descrive il Cristo come “portavoce della parola di Dio”. I cristiani non sono politeisti, né degli infedeli ed è per questo che il Corano afferma che “sono i più vicini a coloro che credono”. Alcuni fedeli della capitale, interpellati da AsiaNews, invitano i musulmani a “occuparsi della loro fede” e “di lasciarci vivere e celebrare liberamente la nostra” come dice il Corano stesso che vieta “costruzioni” in tema di fede e afferma: “Io ho la mia religione e voi la vostra”.
700mila cristiani iracheni hanno lasciato il Paese
Intanto il parlamentare cristiano Yonadam Kanna, presidente del gruppo Rafeedain, ha mostrato all’Assemblea un documento in cui emerge che oltre 700mila cristiani hanno lasciato il Paese a causa del conflitto e delle violenze negli ultimi 30 anni. Le migrazioni sono iniziate già negli ultimi anni del regime di Saddam Hussein ed è precipitato negli ultimi anni.
L'ultimo esodo dei cristiani da Mosul e dalla Piana di Ninive
La comparsa del sedicente Stato islamico e l’esodo di centinaia di migliaia di persone da Mosul e dalla piana di Ninive nell’estate del 2014 sono l’ultimo di una serie di attacchi, con profanazione di chiese e luoghi di culto, violenze a singoli e gruppi, sradicamento e spossessamento di beni e proprietà. Dagli oltre 1,5 milioni del 2003 si è passati oggi a meno di 500mila. (RadioVaticana 23 12 2015)