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2015 10 21 Rapporto “Perseguitati e dimenticati”. Anche in Europa cresce intolleranza: 1520 segnalazioni Indonesia - Assaltate chiese: migliaia di cristiani in fuga PAKISTAN - Asia Bibi: 2311 giorni in carcere INDIA - Pastore cristiano protestante ucciso

Fonte:
CulturaCattolica.it

Papa Francesco ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs): sradicare le persecuzioni anticristiane
I cristiani sono il gruppo religioso maggiormente perseguitato. E’ quanto emerge dal Rapporto “Perseguitati e dimenticati”, redatto da “Aiuto alla Chiesa che soffre”, cui Papa Francesco ha inviato, tramite il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, un messaggio in cui apprezza gli sforzi di quanti mostrano al mondo la piaga della persecuzione e la sofferenza dei cristiani”. “Il Santo Padre - continua il porporato - prega che chi ha l’autorità per farlo lotti diligentemente, non solo per sradicare la persecuzione e la discriminazione religiosa nella propria nazione, ma anche per cercare metodi più efficaci per promuovere la cooperazione internazionale al fine di sconfiggere queste offese contro la dignità umana e la libertà religiosa”. Infine, il Segretario di Stato Vaticano, riporta l’auspicio del Pontefice, il quale “spera che gli uomini e le donne di fede e di buona volontà possano mostrare sostegno ai fratelli e sorelle che soffrono in tutto il mondo, offrendo assistenza spirituale e materiale”.
 
Sui contenuti del rapporto presentato ieri:
 
Ventidue gli stati nel mondo in cui i cristiani subiscono gravi limitazioni alla propria libertà religiosa. Lo studio di “Aiuto alla Chiesa che soffre” sottolinea come il numero delle nazioni classificate come di estrema persecuzione sia aumentato dal 2013 al 2015, includendo Iraq, Siria, Nigeria e Sudan. Paesi, questi, segnati dall’estremismo islamico che - recita il Rapporto - si conferma una delle principali minacce della comunità cristiana. Particolarmente grave la situazione in Medio Oriente: in Iraq, dal Duemila a oggi, la popolazione cristiana è diminuita da un milione a meno di 300 mila e se la tendenza continuasse la comunità cristiana potrebbe estinguersi nei prossimi cinque anni. Costretti dai terroristi del sedicente Stato islamico a scegliere tra convertirsi e morire, oltre 120 mila cristiani iracheni sono fuggiti verso il Kurdistan iracheno.
In Nigeria, invece, sono stati 100 mila i cristiani costretti alla fuga dalla violenza estremista di Boko Haram nella sola diocesi di Maiduguri, dove sono state distrutte 350 chiese.Contro la libertà dei cristiani anche altri fondamentalismi: in India numerosi gli attacchi ai cristiani da parte dei movimenti nazionalisti indù, mentre in Sri Lanka, nel solo 2013, 105 chiese e cappelle sono state distrutte o chiuse per opera di estremisti buddisti. Attacchi che aumentano anche in Israele, unico Paese mediorientale in cui la popolazione cristiana è in crescita. Riguardo alla persecuzione ad opera di regimi autoritari e totalitaristi, il rapporto di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” stima che in Corea del Nord almeno il 10% dei circa 400 mila cristiani sia detenuto in campi di lavoro, dove subiscono torture e omicidi e sono per lo più cristiani i circa 3.000 detenuti nelle carceri eritree per motivi religiosi. Infine, in Cina nel solo 2014 i leader religiosi imprigionati sono stati quasi 500.
(Radio Vaticana 14 10 2015)
 
 
Mons. Gallagher: anche in Europa cresce l’intolleranza
“Negli ultimi tempi, su scala mondiale, senza eccezione per il continente europeo, si è testimoni di come il rispetto per la libertà religiosa viene compromesso per una serie di cause e si assiste altresì a un preoccupante peggioramento delle condizioni di tale libertà fondamentale, che in diversi casi ha raggiunto il grado di una persecuzione aperta, in cui sempre più spesso i cristiani sono le prime vittime, benché non le sole”. Lo ha detto l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, intervenendo ieri a Roma, alla conferenza annuale dell’Accademia internazionale per lo sviluppo economico e sociale intitolata “Libertà religiosa, sicurezza e sviluppo in Europa”.
Contro libertà religiosa: fondamentalismi e Stati non democratici
Per mons. Gallagher - riferisce l’agenzia Sir - “fattori determinanti di queste situazioni allarmanti sono certamente riconducibili al diffondersi dei fondamentalismi e al permanere di Stati autoritari e non democratici”. Inoltre, “in molti Paesi di antica tradizione democratica la dimensione religiosa tende a essere vista con un certo sospetto sia a causa delle problematiche inerenti al contesto multiculturale, che per l’affermarsi inesorabile di una visione secolarista, secondo cui le religioni rappresenterebbero delle visioni tradizionali dell’uomo e della società in diretta competizione con la piena affermazione dei diritti dell’uomo”.
Intolleranza e forme di discriminazioni anche in Europa
​”Negli ultimi tempi in Europa si nota una crescita inquietante di forme di intolleranza ed episodi di discriminazione, a volte anche latenti, nei confronti dei cristiani”, ha denunciato mons. Gallagher. In questo contesto, l’arcivescovo ha rammentato “un merito storico” del cristianesimo, ovvero “aver creato, nella separazione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, la possibilità dell’esistenza di uno Stato laico, inteso non come uno Stato totalmente avulso dalla religione, o peggio ancora come uno Stato agnostico, ma come uno Stato che, consapevole del valore del riferimento religioso per molti cittadini e dell’importanza del ruolo delle comunità religiose nella società, permette a ciascuno di vivere secondo la propria coscienza la dimensione religiosa, nel suo duplice aspetto individuale e comunitario, pur avendo uguale rispetto per quanti non si riconoscono in alcun riferimento trascendente”.
In altre parole, “in un contesto sociale di accentuata secolarità, la manifestazione pubblica della propria fede viene più facilmente vista come problematica: si può essere tentati di restringere gli spazi di libertà religiosa sul luogo di lavoro, nei luoghi di educazione e di cura”, ha detto il presule. E ha osservato che “con una frequenza crescente, la legittima volontà di operare nella propria professione secondo i principi derivanti dalla propria religione corre il rischio di essere ritenuta una pratica discriminatoria”. Lo dimostra la “inquietante” crescita in Europa di forme di intolleranza ed episodi di discriminazione, a volte anche latenti, nei confronti dei cristiani. Gallagher ha citato dati dell’Osservatorio per l’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, che finora ha ricevuto 1520 segnalazioni di casi di intolleranza e discriminazione contro i cristiani nel vecchio continente.Un fenomeno “che sta attirando un’attenzione crescente anche in ambito internazionale”.
La libertà religiosa un dovere delle istituzioni
Per mons Gallagher appare perciò “intrinsecamente contraddittorio chiedere la libertà per tutti e in nome di tale libertà negarla ad alcuni gruppi. Deve, dunque, essere un dovere precipuo per le istituzioni contrastare ogni forma di discriminazione basata sull’orientamento religioso, ma anche, in prospettiva positiva, promuovere e proteggere la libertà religiosa allo stesso modo e con tutti gli strumenti impiegati per la difesa di ogni altro diritto fondamentale”. (Radio Vaticana 14 10 2015)
 
 
Indonesia. Assaltate chiese ad Aceh: un morto e 4 feriti
È di un morto, quattro feriti e una chiesa incendiata il bilancio degli scontri confessionali registrati ieri nel distretto di Singkil, provincia di Aceh, nell’ovest dell’Indonesia, la zona più “islamica” del Paese musulmano più popoloso al mondo e soprannominata “La porta della Mecca”. Testimoni locali riferiscono che centinaia di musulmani hanno attaccato un primo luogo di culto cristiano perché “illegale” (e privo dei permessi di costruzione), dandolo alle fiamme. In seguito, la folla si è diretta verso una seconda chiesa, dando vita a scontri violenti che hanno provocato la morte di una persona e il ferimento di diverse altre.
Sono almeno 10 i luoghi di culto cristiani considerati “irregolari”
Da qualche settimana - riporta l’agenzia AsiaNews - si registra un incremento della tensione ad Aceh, nel contesto di una crescente pressione esercitata dalla frangia fondamentalista islamica locale. La scorsa settimana un gruppo di manifestanti ha organizzato una dimostrazione di piazza chiedendo la demolizione di quelle che definiscono “chiese prive delle licenze”. In risposta, il governo locale ha acconsentito all’abbattimento ma avrebbe posticipato “troppo” l’inizio delle operazioni provocando il risentimento dei movimenti estremisti. Sono almeno 10 i luoghi di culto cristiani considerati “irregolari” perché privi dell’Imb (Izin Mendirikan Bangunan, il permesso di costruzione); l’inizio delle demolizioni era programmato per il 19 ottobre e si sarebbe concluso nel giro di due settimane.
In alcune regioni indonesiane un islam sempre più radicale
L’Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, è spesso teatro di attacchi o gesti di intolleranza contro le minoranze, cristiani, musulmani ahmadi o di altre fedi. Nella provincia di Aceh - unica nell’Arcipelago - vige la legge islamica (shari’a), in seguito a un accordo di pace fra Jakarta e Movimento per la liberazione di Aceh (Gam), e in molte altre aree (come Bekasi e Bogor nel West Java) si fa sempre più radicale ed estrema la visione dell’islam. (Radio Vaticana 14 10 15)
 
Indonesia. Attacchi alle chiese: migliaia di cristiani di Aceh in fuga
Migliaia di persone hanno abbandonato le loro case e fuggono dal distretto di Singkil, nella provincia di Aceh, dopo gli episodi di violenza confessionale di due giorni fa. Centinaia di musulmani appartenenti all’Islamic Youth Movement (Ppi) hanno incendiato due chiese cristiane e ingaggiato una sorta di guerriglia contro i cristiani. Il bilancio aggiornato - riferisce l’agenzia AsiaNews - è di due morti tra gli assalitori e alcuni feriti. Centinaia di famiglie, quasi 7mila persone, abbandonano la zona per timore di recrudescenza del conflitto.
Centinaia di cristiani stanno cercando rifugio nel Sumatra del Nord
Il distretto di Singkil è collocato all’estremo sud della provincia di Aceh, a pochi chilometri dal confine con il Sumatra del Nord, dove stanno affluendo i fuggitivi. Ad Aceh vige la sharia islamica. In una lettera indirizzata a Kelompok Bakti Kasih Kemanusiaan (Kbkk), gruppo umanitario cattolico con sede a Jakarta, il sacerdote Ipung Purwosuranto afferma che centinaia di persone stanno cercando rifugio nel Sumatra del Nord: “A decine sono arrivati chiedendo asilo alla parrocchia di San Michele a Tumajae, nella diocesi di Sibolga. Sono ospitati temporaneamente nella canonica e nella casa delle suore”. Secondo padre Dominikus Sibagariang, il flusso di rifugiati avrebbe raggiunto le 2mila unità: “Diversi sacerdoti cappuccini li aiutano portando loro generi alimentari insieme alle suore locali. È una missione umanitaria. La presenza dei sacerdoti dà alla gente un senso di speranza e sicurezza”. (Radio Vaticana 15 10 2015)
 
PAKISTAN - Asia Bibi in isolamento, nuove minacce di morte (2311 giorni in carcere)
Asia Bibi, la donna cristiana pakistana nel braccio della morte dal 2010 per blasfemia, è stata messa in isolamento per garantirne la sicurezza e una maggiore tutela, viste le sue precarie condizioni di salute. Purtroppo il suo non è un caso isolato in Pakistan: nel 2014 nel Paese sono stati ben 1400 i casi di accusa per blasfemia e negli ultimi giorni, nella provincia del Punjab, si sono verificate nuove violenze e nuovi arresti di cristiani accusati falsamente. Proprio qui, con un’ordinanza parlamentare, è stato tolto il diritto di voto alle minoranze per le prossime elezioni previste tra due anni. Al microfono di Roberta Barbi, fa il punto sulla situazione il prof. Mobeen Shahid, docente di Storia e del pensiero islamico presso la Pontificia Università Lateranense e segretario dell’Associazione Pakistani cristiani in Italia:


  1. - Asia Bibi è stata minacciata dopo la conferma della sentenza di morte da parte della Corte Suprema per Mumtaz Qadri, che ha ucciso il governatore Salman Taseer, e questo solo perché ha commentato che la legge sulla blasfemia è una legge nera, che sta facendo vittime innocenti nella società pakistana.

  2. – Di recente sono emerse preoccupazioni sulle condizioni di salute e psicologiche della donna…

  3. – Il problema della salute di Asia Bibi è legato al suo isolamento, è legato al fatto che tutti questi anni è sempre sola e continua a vivere in uno stato di stress, non ha neanche potuto partecipare ai matrimoni di suo figlio e di sua figlia… è sempre in prigione. L’ultima volta è potuto andare solo suo padre a visitarla. Ma questa distanza ha avuto anche una forte influenza sulla salute psicologica! A livello di sicurezza ha tutto, l’unica cosa è che ormai è debole anche a livello psicologico e non sa come andrà a finire la sua vicenda. Ho la certezza, da parte del marito e del tutore Mushtaq, che è stato provveduto, nel momento necessario, anche a un medico dell’ospedale militare, che in Pakistan rappresenta la migliore cura possibile, perché i medici militari hanno studiato anche nei Paesi europei e sono molto ben preparati.


 

  1. – La famiglia di Asia Bibi ha chiesto il trasferimento in una prigione di Lahore. Questo è fattibile secondo lei?

  2. – Certo, sarebbe meglio se venisse spostata nella prigione di Lahore, perché così almeno la famiglia potrebbe anche visitarla più spesso e darle anche un sostegno psicologico in questo periodo di attesa per l’udienza. È strano che ancora non sia stata fissata un’udienza da parte della Corte Suprema.

  3. – Nel luglio scorso un tribunale pakistano aveva sospeso la sentenza di condanna a morte in attesa di un riesame da parte della Corte Suprema: a che punto è questo provvedimento?

  4. – La sua condanna ha questa storia: la prima condanna fu della prima corte, quella di primo livello; poi l’appello fu fatto presso l’Alta Corte di Lahore - perché in Pakistan ci sono quattro regioni e ogni regione ha un’Alta Corte regionale, e questo sarebbe il secondo grado - il terzo grado, che è il livello più alto, è la Corte Suprema. Per cui non è che ha sospeso la condanna a morte, anzi, l’Alta Corte di Lahore ha confermato la condanna a morte di Asia Bibi, ora l’appello è presso la Corte Suprema, ma ovviamente la Corte Suprema del Pakistan ha le sessioni in ogni regione e quindi a livello regionale, nei capoluoghi, c’è anche la sessione della Corte Suprema. Ora, l’appello dal luglio scorso è presso la Corte Suprema, in attesa dell’udienza. Purtroppo ancora non c’è una data per l’udienza.

  5. – Per paura di ritorsioni la famiglia di Asia Bibi vive da anni in clandestinità…

  6. – Sì, in realtà vive in semi-clandestinità, anche perché due dei figli di Asia Bibi si sono sposati e tutto è successo in mezzo ai parenti e ai vicini… Ovviamente ai figli manca la madre e loro vorrebbero averla fra loro, ma purtroppo finora non è stato possibile a causa proprio delle due conferme di condanna, sia da parte del tribunale di primo livello che da parte dell’Alta Corte di Lahore. (Radio Vaticana 15 10 2015)


 
PAKISTAN - Nuovi arresti e violenze sui cristiani per presunta blasfemia
Proseguono gli arresti di cristiani accusati falsamente, in base ai motivi più disparati, di blasfemia. Secondo i nuovi casi appresi da Fides, una delle vittime è il giovane cristiano Naveed John, 24 anni, accusato e arrestato a Sargodha, in Punjab.
Secondo una pratica diffusa tra i gruppi cristiani pentecostali e carismatici, il giovane stava pregando in privato per un’altra persona, chiedendo a Dio di liberarla da mali fisici e spirituali. Nella sua casa spesso venivano fedeli di diverse religioni, inclusi musulmani, chiedendogli di pregare per loro. Uno di questi, un agente di polizia in incognito, aveva portato una spada su cui erano incisi dei versetti del Corano e quando il giovane l’ha messa sotto le sua gambe, lo ha denunciato affermando che Naveed aveva intenzionalmente agito per oltraggiare il Corano. Come riferito a Fides dall’Ong LEAD, anche la famiglia della vittima è ora sotto minaccia.
In un altro caso, un cristiano pakistano e la sua famiglia sono stati costretti ad abbandonare la loro residenza per sfuggire all’ira di una folla di musulmani che li accusavano di blasfemia. Il caso si è verificato nell’area di Wazirabad, in Punjab, dove Aftab Gill, 40 anni andava ad attingere acqua pulita alla fontana appartenente a una moschea, come molti altri nella comunità. Un musulmano gli ha detto: “I cristiani non sono autorizzati a usare quell’acqua, altrimenti voi infedeli la contaminate. Se la volete, dovete convertirvi all’islam”. Gill e i suoi figli hanno rifiutato, ne è nato un alterco che la polizia è intervenuta a sedare. In men che non si dica circa 200 uomini si sono radunati per aggredire Gill e la sua famiglia, accusandoli di blasfemia. La polizia è dovuta intervenire per salvare la famiglia dal linciaggio.
“Le legge sulla blasfemia sta promuovendo in Pakistan un clima di intolleranza, generando la violazioni di una vasta gamma di diritti umani inclusi i diritti alla libertà di espressione e di religione”, nota a Fides l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, responsabile di LEAD. (PA) (Agenzia Fides 15/10/2015)
 
INDIA - Pastore cristiano protestante ucciso in Jharkhand
Un Pastore cristiano protestante è stato ucciso nello stato di Jharkhand, in India orientale. Come riferito a Fides dalla rete Evangelical Fellowship of India, Chamu Hasda Purty, 54 anni, della Chiesa pentecostale indipendente, è stato ucciso il 12 ottobre nel villaggio di Sandhi, villaggio del distretto di Khunti dello stato di Jharkhand. Un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione in casa sua e gli ha sparato. L’omicidio a sangue freddo ha creato tensione e paura tra i cristiani della zona. Nello stato stanno crescendo i gruppi estremisti indù che di recente hanno lanciato una campagna per promuovere una legge anticonversione (vedi sotto), muovendo da presunte conversioni di massa operate dai cristiani fra i tribali.
Nello stato, attualmente governato dal Bharatiya Janata Party, formazione nazionalista, vive una comunità cristiana di circa un milione e mezzo di fedeli, prevalentemente costituita da gruppi tribali. (Agenzia Fides 16/10/2015)
 
INDIA - Estremisti indù chiedono una legge anti-conversione in Jharkhand
Gruppi estremisti indù hanno iniziato la campagna per promuovere l’adozione di una nuova “legge anti-conversione” nello stato indiano di Jharkhand, in India centrosettentrionale. Come appreso da Fides, dopo la notizia della conversione al cristianesimo di 300 tribali nel distretto di Gumla, in Jharkhand, il gruppo estremista indù “Vishwa Hindu Parishad” (VHP) ha avviato la mobilitazione per un provvedimento sul modello di quelli esistenti in altri stati indiani, come Chhattisgarh, Madhya Pradesh e altri. “Urge approvare una legge anti-conversione in Jharkhand, dove i missionari cristiani stanno silenziosamente portando avanti le conversioni dei tribali” ha detto il leader del Vhp, Pramod Mishra. Il Vhp ha reso noto che continuerà ad organizzare i “Ghar Wapsi”, quelle celebrazioni pubbliche di “riconversione”, in cui i tribali ritornano alla loro fede originaria.
I gruppi radicali induisti hanno chiesto una legge che proibisce le conversioni anche a livello federale, ma nei mesi scorsi il Ministro federale per lo sviluppo urbano, M. Venkaiah Naidu ha specificato che “il governo federale non ha alcun intento di presentare una legge anti-conversione”, come quelle in vigore in alcuni stati. Secondo la Chiesa cattolica indiana, questi decreti, che dicono di voler difendere la libertà religiosa, invece la limitano e penalizzano la libertà di coscienza. Essi, si aggiunge, sono contrari alla Costituzione, che garantisce la libertà per ogni cittadino di praticare, professare e diffondere la propria religione”. (Agenzia Fides 14/10/2015)

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