2015 07 29 PAKISTAN - Asia Bibi riesame del caso: ma 1000 ragazze ogni anno costrette a convertirsi IRAQ - Mosul a un anno dalla cacciata dei cristiani SIRIA - Aleppo muore di sete RAPIMENTI E OMICIDI di religiosi e cristiani: Brasile Venezuela Spagna...
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Innanzitutto una buona notizia:
PAKISTAN - Il caso di Asia Bibi davanti alla Corte Suprema: pena sospesa e riesame del caso
Lahore
Pena sospesa e riesame del caso: queste le disposizioni della Corte Suprema del Pakistan dopo la prima sentenza del processo di appello, nel terzo e definitivo grado di giudizio, per il caso di Asia Bibi, la madre pakistana cristiana, condannata a morte per blasfemia in Pakistan.
Come l'Agenzia Fides apprende da Joseph Nadeem, tutore della famiglia della donna, nell’udienza svoltasi questa mattina, 22 luglio, alle 9.30 a Lahore, un collegio giudicante di tre magistrati ha dichiarato “ammissibile” il ricorso presentato dall’avvocato della donna, il legale musulmano Saiful Malook. Il caso sarà quindi riesaminato dalla Suprema Corte che entrerà nel merito delle questioni sollevate dalla difesa. Nel frattempo, fino alla prossima udienza, non ancora fissata, la pena di morte per Asia è stata sospesa. .
Presente in aula, Joseph Nadeem, a capo della “Renaissance Education Foundation”, che cura le spese legali e assiste la famiglia di Asia, racconta che l’udienza si è svolta in un clima sereno e che non vi erano leader religiosi islamici né musulmani estremisti presenti in tribunale.
Nadeem dichiara a Fides: “Quello di oggi è un passo avanti importante. Siamo molto soddisfatti. Ora è il momento di pregare insieme il Signore di sciogliere i cuori di quanti sono coinvolti in questo caso, inclusi i giudici, e pregare perché sia fatta giustizia e Asia venga rilasciata. Preghiamo perchè Asia sia sempre rafforzata dalla grazia dello Spirito Santo. E preghiamo per la sua liberazione”. (Agenzia Fides 22/7//2015)
Ma la situazione in Pakistan rimane terribile per le minoranze religiose:
Pakistan. Conversioni forzate all’islam di ragazze cristiane e indù
Ogni anno in Pakistan oltre mille ragazze cristiane o indù sono costrette a convertirsi all'Islam e a sposare uomini musulmani: lo afferma il recente rapporto pubblicato dall'organizzazione non governativa pakistana “Aurat Foundation”. In una nota inviata all’Agenzia Fides, la direttrice della Fondazione, Mahnaz Rehman, presenta una situazione difficile per le donne in Pakistan, affrontando lo specifico tema della discriminazione religiosa. Il reato di “conversione forzata” all’islam è diffuso e comune ma non viene preso in adeguata considerazione dalla polizia e dalla autorità civili, nota il testo.
E’ prassi utilizzare minacce e pressioni sulle vittime e sulle loro famiglie. In uno schema che si ripete costantemente – riferisce la Aurat Foundation – le ragazze, spesso minorenni, vengono rapite e date in moglie al rapitore o a terzi, senza il loro consenso. Se la famiglia sporge denuncia, il rapitore, a sua volta, presenta una contro-denuncia, accusando la famiglia e sostenendo che la ragazza si è convertita di sua spontanea volontà. Quando viene chiamata a testimoniare davanti a un magistrato, la ragazza, sottoposta a minacce e pressioni indicibili, dichiara di essersi convertita volontariamente e di acconsentire al matrimonio. Così il caso viene chiuso. “Tali casi mancano di serie indagini che provino questo fenomeno e il meccanismo che si instaura”, denuncia il Rapporto. Un fatto sembra determinante: “Nel momento in cui viene presentata la denuncia e nasce la controversia, fino all’udienza in tribunale, le ragazze restano in custodia dei rapitori e subiscono trami e violenze di ogni tipo”. Tra le pressioni cui vengono sottoposte le adolescenti, fragili e vulnerabili, si dice loro che “ormai sono musulmane e, se cambieranno religione, la punizione per gli apostatai è la morte”. Il Rapporto invita la polizia e le autorità civili a smascherare questa pratica e a salvare le ragazze delle minoranze religiose.
L’ultimo caso, e non di una minorenne indifesa
PAKISTAN - Donna cristiana rapita e costretta al matrimonio islamico
Fouzia, 25 anni, donna cristiana sposata e madre di tre figli è stata rapita da un uomo musulmano, Muhammad Nazir, 55 anni, padre di otto figli, il 23 luglio scorso. L’uomo l’ha convertita forzatamente all’islam e resa sua moglie. Come appreso da Fides, l’uomo è un proprietario terriero e nei suoi terreni lavoravano Fouzia e tutta la sua famiglia, poveri braccianti, nell’area di Pattoki, in Punjab.
La famiglia, spaventata, non ha denunciato subito il fatto, ma ha atteso il ritorno a casa della donna. Dopo averne richiesto più volte il ritorno, Nazir ha avvertito che la donna è diventata musulmana ed è ora sua moglie, minacciando “gravi conseguenze” se la famiglia di Fouzia avesse creato problemi.
La famiglia di Fouzia, molto povera, si è rivolta all’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, chiedendo aiuto. Su assistenza dell'avvocato, la madre della vittima ha sporto denuncia alla polizia.
Gill dice a Fides: “Tali casi sono comuni ma, in questo caso, l'uomo che ha rapito la donna cristiana è sposato e anche la vittima è sposata”, e questo, nota il legale, costituisce un elemento che potrebbe salvarla.
(Agenzia Fides 25/7/2015)
E poi la solita accusa di blasfemia
Pakistan: arrestati due fratelli con l'accusa di blasfemia
Vita difficile per i cristiani in Pakistan. L'ennesima conferma è giunta poco fa e ne ha dato notizia l'agenzia Fides: due fratelli di nome Qaisar e Amoon Ayub sono stati arrestati a Lahore con l'accusa di blasfemia e uno di loro è inoltre accusato di aver pubblicato materiale offensivo sul suo sito internet. Una denuncia nei loro confronti era stata registrata già nel 2012. Secondo i due, tuttavia, il sito incriminato è stato chiuso nel 2009. Sembra però che un amico musulmano dei due fratelli lo abbia ripristinato e gestito per conto proprio, anche se formalmente la proprietà è rimasta a nome di Qaisar Ayub.
I due fratelli, entrambi sposati, Qaisar è inoltre padre di tre figli, sono fuggiti per un periodo a Singapore e poi in Thailandia, secondo le ricostruzioni di Fides. Rientrati in Pakistan nel 2012, Qaisar è stato informato che una denuncia per blasfemia era stata registrata contro di lui. A novembre 2014 Qaisar e Amoon sono stati fermati dalla polizia e arrestati.
La Ong Claas (Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement), che difende i cristiani in procedimenti giuridici nei quali sono coinvolti da innocenti, ha preso in consegna il loro caso, in quanto si reputa sia basato su accuse false e fabbricate ad arte. Finora i tentativi di ottenere una cauzione o la scarcerazione dei due non hanno avuto esito.
TRISTE RICORRENZA
Mosul ad un anno da cacciata dei cristiani. Mons. Yaldo: è martirio
Il 16 luglio di un anno fa, si ebbe notizia per la prima volta delle case dei cristiani di Mosul, in Iraq, segnate minacciosamente con la lettera araba "Nun" (N), cioè seguaci del "Nazareno". Oggi, nella città occupata dallo Stato Islamico non ci sono più cristiani, le chiese sono chiuse o trasformate in moschee. E la fuga della minoranza cristiana dall'Iraq continua, come testimonia al microfono di Roberta Barbi il vescovo ausiliare del Patriarcato caldeo di Baghdad, mons. Basilio Yaldo:
R. – La situazione è tale per cui tutti gli iracheni soffrono, ma i cristiani in modo particolare, soffrono di più perché sono solo una minoranza nel Paese: non hanno alcun potere né alcuna autorità. Soffrono anche per il fenomeno delle emigrazioni, che divide le loro famiglie e che li porta a spostarsi in diverse parti del mondo: adesso ci sono cristiani iracheni in Giordania, in Siria, in Libano, in Turchia… Forse in Siria meno perché la situazione è anche peggiore della nostra.
D. – La situazione è preoccupante soprattutto a Mosul, che rappresenta una delle comunità cristiane più antiche, con una storia di oltre 1.700 anni, ridotta ora a solo poche persone…
R. – I cristiani erano la maggioranza attorno alla città di Mosul, che è la seconda città più grande dell’Iraq. Dopo Baghdad, che è la capitale, c’è Ninive, il nome antico di Mosul. Quasi tutti i cristiani dell’Iraq appartengono a questa città, Ninive, l’attuale Mosul, dove è presente lo Stato Islamico, il Daesh. I cristiani erano nei villaggi che appartengono a Ninive - tanti villaggi erano interamente cristiani, anch’io sono di lì - un giorno sono scappati e sono diventati rifugiati, hanno lasciato questi villaggi proprio un anno fa, quando è entrato l’Is. Era notte, hanno lasciato i loro villaggi e le loro case più di 120mila cristiani! Nessuno è più nei villaggi che appartengono a Mosul: la maggioranza dei cristiani è andata via.
D. – Molti sono stati costretti a scappare per paura, ma anche perché non possono pagare la tassa di protezione…
R. – Hanno dato loro tre possibilità: pagare la tassa, diventare musulmani o lasciare le loro case e andarsene da un’altra parte…
D. – Dove vanno i cristiani cacciati dalle loro case e come vivono?
R. – Sono andati verso altre città, Erbil e Duhok, che appartengono alla parte del Kurdistan. I primi giorni sono stati molto difficili per loro: la maggior parte di loro hanno dormito in strada. La Chiesa ha subito cercato di aiutare questi cristiani: prima di tutto ha costruito le tende, poi ha messo a disposizione roulotte e van. Dopo alcuni mesi ha pensato anche di affittare alcune case: in ogni stanza vivono tre famiglie. Dividono la stanza con una tenda e vivono tre famiglie: in una sola stanza! Adesso la Chiesa sta cercando di aiutarli anche in altri modi.
D. – Ci sono anche continue notizie di espropriazioni e distruzioni di chiese e conventi…
R. – Da una settimana la situazione è molto peggiorata rispetto a prima. La settimana scorsa hanno preso alcune case dei cristiani e hanno rapito 2 o 3 cristiani a Baghdad, che poi hanno ammazzato; altri 2 hanno pagato il riscatto e dopo una settimana sono stati rilasciati…
D. – Cosa può fare la comunità internazionale? Come vi può aiutare?
R. – La Comunità internazionale può aiutare il nostro Paese facendo pressione sul nostro governo e cercando di creare una sorta di protezione internazionale di questi villaggi. Nonostante mandino aiuti – aiuti sanitari, cibo, vestiario – mancano ancora tante cose. Prima in Iraq c’erano più di un milione di cristiani, questo prima del 2003; il numero poi è cominciato a diminuire e adesso non se ne trovano più di 400mila: meno della metà! Purtroppo noi siamo quel che ne resta, perché il martirio è il carisma della nostra Chiesa: all’inizio è stata perseguitata dai persiani, poi dagli arabi, poi dai mongoli, dagli ottomani. Adesso dal Daesh!
(Radio Vaticana 17 07 2015)
Mentre da noi ci si lamenta per il caldo…
SIRIA - Aleppo muore di sete, le parrocchie continuano a essere “fari di speranza”
Nella città-martire di Aleppo, sfiancata da oltre quattro anni di guerra civile, uomini, donne e bambini si aggirano tutto il giorno per le strade con latte di plastica e bottiglie, alla continua ricerca di un po' d'acqua da bere. E' questo lo scenario angoscioso descritto all'Agenzia Fides dal siro-cattolico damasceno Samaan Daoud, ex guida turistica, da tempo coinvolto nei programmi sociali e assistenziali curati dalle comunità cristiane siriane, a partire da quelli avviati dalla Società salesiana di San Giovanni Bosco.
“L'emergenza acqua - riferisce Samaan - è resa insopportabile dal caldo soffocante di questi giorni. Le chiese distribuiscono senza interruzione l'acqua potabile estratta dai propri pozzi, ma la richiesta è altissima e non si riesce a soddisfarla”. Anche la sete della popolazione viene usata come arma di pressione nella guerra civile che sconvolge il Paese: “Aleppo è una città ricca di risorse idriche - spiega Samaan - ma i gruppi armati che controllano le pompe idriche chiudono i rubinetti per fare pressione sulla città. Non si sa quali trattative stanno tentando di imporre al governo di Damasco, e usano l'approvvigionamento idrico come strumento di ricatto. Quelli che pagano il prezzo più alto sono i civili, che non c'entrano niente”.
Sul terreno delle operazioni militari, gli sviluppi più recenti confermano che per Aleppo la soluzione può essere trovata solo a livello internazionale. “La città è molto vicina al confine con la Turchia - ricorda Samaan - e i ribelli non hanno problemi a ricevere appoggi logistici, armi e ogni tipo di aiuto da quella parte. A livello locale, si possono trovare solo soluzioni provvisorie fondate su equilibri precari”.
Intanto, nella metropoli assetata e sfigurata dalla guerra – racconta a Fides Samaan Daoud – le chiese cristiane non ancora distrutte dalle bombe continuano a tener viva la speranza 'contro ogni speranza'. “Alla parrocchia dei Francescani si incontrano ogni giorno più di 150 giovani - riferisce Saaman - e anche l'oratorio dei Salesiani organizza attività estive per 500 ragazzi e ragazze. Lì si prova a custodire nei ragazzi anche la memoria di Aleppo com'era prima: una città vitale, allegra, con tante possibilità di incontro. Se vai in queste parrocchie, ancora trovi una luce di speranza. Sono come i fari quando illuminano le notti di tempesta, e riaccendono la speranza per i naviganti che si erano perduti in un mare buio e ostile”. (Agenzia Fides 18/7/2015).
Lungo elenco di rapimenti e omicidi
SIRIA - L'Arcivescovo Antiba conferma il rapimento di padre Antoine Boutros e del suo collaboratore
“Posso confermare che padre Antoine Boutros e il suo collaboratore Said Al-Abdun, scomparsi da domenica scorsa, sono stati effettivamente fermati e sequestrati da uno dei tanti gruppi armati ribelli che si muovono nella zona. Dal momento della scomparsa non abbiamo notizie di loro, né ci sono arrivate richieste da parte dei rapitori”. Così Mons. Nicolas Antiba, Arcivescovo greco-melkita di Bosra e Hauran, conferma all'Agenzia Fides l'ipotesi del rapimento, circolata fin dalle prime ore successive alla sparizione di padre Antoine e di Said (vedi Fides 16/7/2015). I due, a bordo di un'autovettura, erano in viaggio dalla città di Shahba a quella di Sama Hinadat, dove padre Antoine avrebbe dovuto celebrare la messa domenicale.
Il sacerdote greco-melkita Antoine Boutros, 50 anni, sposato e padre di una figlia, parroco della chiesa di San Filippo Apostolo nella città di Shahba (50 miglia a sud-est di Damasco), è conosciuto anche per le iniziative caritative e umanitarie da lui coordinate nella provincia siriana di Suwayda, e per aver contribuito a mantenere in quell'area una relativa pace civile, coinvolgendosi in operazioni di mediazione tra le diverse fazioni in lotta. “Tutti i venti sacerdoti dell'arcidiocesi sono operatori di pace, e cercano sempre di lavorare per la riconciliazione e a vantaggio di tutti, nella situazione di sofferenza e dolore vissuta dal popolo siriano” sottolinea a Fides l'Arcivescovo Antiba.
(Agenzia Fides 17/7/2015).
LIBIA - Tre cristiani africani rapiti dai jihadisti a sud di Sirte; quattro italiani rapiti a Mellitah
Tre cristiani - un ghanese, un nigeriano e un egiziano copto – sono stati rapiti in Libia da un gruppo jihadista collegato allo Stato Islamico (Daesh). Il rapimento risale all'11 luglio, ma la conferma del sequestro è stata fornita solo domenica 19 luglio, da Mohammed Hijazi, portavoce militare del governo libico attualmente insediato a Tobruk e riconosciuto dalla comunità internazionale.
Il sequestro è avvenuto nell'area di Nufliyah, a sud di Sirte, in una zona considerata una delle roccaforti dei gruppi jihadisti che si richiamano allo Stato Islamico (Daesh), e che stanno allargando il proprio raggio d'azione nel caos libico seguito all'intervento occidentale e alla caduta del regime di Muammar Gheddafi. Il gruppo jihadista ha rivendicato il rapimento sui social media, pubblicando le foto dei documenti d'identità dei tre rapiti, senza fornire ulteriori particolari.
Secondo fonti egiziane consultate dall'Agenzia Fides, sarebbero in corso tentativi per verificare la possibilità di ottenere la liberazione dei rapiti attraverso il pagamento di un riscatto.
Intanto il 19 luglio quattro italiani sono stati rapiti a Mellitah. Si tratta di quattro tecnici, dipendenti di una ditta italiana che lavora negli impianti petroliferi nordafricani.
(Agenzia Fides 20/7/2015).
BRASILE - Uccisa una suora francescana
Suor Irma Odete Francisca, 65 anni, religiosa della congregazione delle Francescane di Siessen, è stata uccisa ieri, 24 luglio, al Centro di riabilitazione per tossicodipendenti “La Estrella” dell'opera “Fazenda da Esperança” che si trova nella città di Guaratinguetá, nello stato di Sao Paulo. Come Fides apprende dalla Pontificie Opere Missionarie in Brasile, la religiosa è stata uccisa da un uomo con otto coltellate alla schiena, durante un tentativo di furto.
La congregazione riferisce che l’omicidio è avvenuto la mattina del 24 luglio, quando un malvivente è penetrato nella casa della suore. Suor Irma Odete Francisca, che operava nel Centro da sei anni, è stata aggredita brutalmente e uccisa. Secondo la polizia locale, l'aggressore, con il volto coperto e scalzo, era entrato nel convento per rubare e ha intimato alle suore di consegnare denaro. IL Centro “La Estrella” di Guaratinguetá ospita circa 350 tossicodipendenti, in via di disintossicazione. (Agenzia Fides 25/7/2015)
VENEZUELA - Ritrovato il cadavere di un francescano scomparso da alcuni giorni
Il corpo del sacerdote francescano Alex Pinto è stato ritrovato nel pomeriggio di ieri, 20 luglio, lungo la strada che collega Ciudad Bolivar a Puerto Ordaz, da alcuni confratelli e da uomini della polizia che stavano perlustrando la zona. Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, il cadavere era stato dato alle fiamme e presentava segni di decomposizione. Il sacerdote era scomparso dal 15 luglio e venerdì 17 il suo furgoncino è stato ritrovato incendiato nei pressi di Ciudad Bolivar. Il religioso, cinquantenne, celebrava ordinariamente la Messa nella chiesa dedicata a San Francesco d'Assisi, parrocchia Vista Hermosa di Ciudad Bolivar. Viene ricordato come una persona tutta dedita al servizio di Dio e alle necessità degli ultimi. Sono in corso le indagini per chiarire la dinamica dell’evento criminoso, anche se sembra che il sacerdote sia stato colpito con un colpo di arma da fuoco. (Agenzia Fides 21/07/2015)
SPAGNA - Sacerdote ucciso a coltellate sulla porta di casa
Il sacerdote p. Carlos Martinez Perez, 75 anni, è morto il 16 luglio, vittima di una brutale aggressione sulla porta della sua casa, dopo aver celebrato l'Eucaristia nella chiesa del convento di San Leandro, di cui era cappellano. Come informa un comunicato dell’Arcidiocesi di Siviglia pervenuto all’Agenzia Fides, l’Arcivescovo, Sua Ecc. Mons. Juan Jose Asenjo, il Vescovo Ausiliare, Mons. Santiago Gomez, unitamente al Consiglio Episcopale ed al Presbiterio di Siviglia, “esprimono la loro profonda costernazione a questa notizia, manifestano il loro dolore e quello di tutta l'Arcidiocesi per questa tragica perdita, e chiedono una preghiera per il riposo eterno del sacerdote e il conforto dei suoi familiari”.
D. Carlos Martinez era nato a Siviglia il 28 novembre 1939 ed era stato ordinato sacerdote nel maggio 1972. Dottore in storia, con una laurea in economia e geografia e scienze storiche, era vicario parrocchiale a San Isidoro, San Ildefonso y Santiago, oltre che cappellano di San Leandro.
Secondo le notizie raccolte da Fides, il sacerdote è morto per le ferite causate da un grosso coltello con cui è stato aggredito. Il presunto omicida, arrestato nella stessa serata di ieri, sarebbe l’ex marito della nipote del sacerdote, che attribuiva a p. Carlos il fallimento del suo matrimonio. L’uomo sarebbe stato in cura presso un ospedale psichiatrico, e dopo aver ucciso il sacerdote sembra fosse diretto a casa della ex moglie e dei tre figli. (Agenzia Fides 17/07/2015)
COLOMBIA - Sacerdote sgozzato in sacrestia mentre si apprestava a celebrar messa
L'anziano sacerdote Luis Alfonso León Pereira è stato barbaramente ucciso in sacrestia mentre se preparava a celebrare la liturgia eucaristica. Il tragico evento si è consumato la sera di mercoledì 15 luglio nella parrocchia di Santa Maria madre della Chiesa nel Barrio Sucre, quartiere della città di Monterìa.
A compiere l'omicidio è stato un senza fissa dimora, che era entrato in parrocchia con l'intento di rubare. Scoperto dal sacerdote mentre compiva il furto, l'indigente si è scagliato contro di lui con un moncone di bottiglia rotta, colpendolo al viso e ferendolo mortalmente al collo. Poi ha tentato di fuggire, ma è stato fermato dagli abitanti del quartiere, che stavano per impiccarlo. A salvarlo dal linciaggio è dovuta intervenire la polizia. Momenti di tensione tra le forze dell'ordine e la folla si sono registrati anche dopo l'arresto. Più di cento agenti, compresi quelli dei reparti speciali, sono stati coinvolti nell'operazione messa in atto per trasferire l'omicida in un luogo di detenzione lontano dal quartiere.
La diocesi di Monterìa, con un comunicato firmato dal Vescovo Ramon Alberto Rolon Guepsa, ha indetto tre giorni di lutto, durante i quali in tutte le parrocchie si celebreranno liturgie eucaristiche e si esporrà il Santissimo Sacramento “come atto di riparazione davanti a un fatto tanto riprovevole”. Anche nella parrocchia di Santa Maria Madre della Chiesa sarà celebrata una messa di purificazione come atto di riparazione per il crimine commesso in quel luogo sacro. Il vescovo esprime riprovazione per gli atti violenti che continuamente si succedono nella città e nel Paese, considerati come effetto di una decomposizione morale e sociale generalizzata. “Facciamo appello alle comunità che domani celebreranno la memoria liturgica della Vergine del Carmine” si legge nel comunicato della diocesi pervenuto all'Agenzia Fides “affinchè si manifestino con tratti di sobrietà le espressioni della devozione popolare, in memoria di un sacerdote che ha speso 48 anni della sua vita al servizio della Chiesa come presbitero della nostra Chiesa particolare, distinguendosi per la sua passione civica in diversi settori della società civile”.
Padre Luis Alfonso León Pereira era arrivato a Monterìa nel 1968, dopo aver ricevuto l'ordinazione sacerdotale a Charalà, nel dipartimento colombiano nord-orientale di Santander, la sua terra natale. La sua figura era molto nota in città: nel corso degli anni Novanta del secolo scorso, padre Leon aveva accettato la proposta di alcuni leader locali che gli avevano chiesto di candidarsi alle elezioni per la carica di sindaco: il sacerdote aveva vinto, sbaragliando i candidati dei partiti tradizionali. Da sindaco aveva guidato l'amministrazione comunale dal '95 al '97, per poi tornare a svolgere il suo ministero pastorale. Attualmente era parroco della chiesa di Sant'Antonio da Padova, ma negli ultimi giorni stava sostituendo per le celebrazioni liturgiche e sacramentali anche il parroco della chiesa dove è stato assassinato. (Agenzia Fides 16/7/2015).