Condividi:

2015 05 27 SIRIA - Rapito padre Murad CONGO - tre basi di addestramento per jihadisti: ONU osserva senza intervenire, denunciano i Vescovi. NIGERIA - Boko Haram sfrutta i bambini come kamikaze

Fonte:
CulturaCattolica.it
Sui media primeggia la notizia della presa di Palmira, il cui sito archeologico è patrimonio dell’Unesco.
Prima delle colonne, però, in questi quattro anni di crisi in Siria, sono state distrutte migliaia di vite ed intere comunità.
Secondo i dati forniti ad Aiuto alla Chiesa che Soffre dal patriarcato melchita di Damasco, almeno duemila cristiani sarebbero stati massacrati dal 2011 ad oggi.
La guerra ha inoltre distrutto più di cento chiese e costretto centinaia di migliaia di cristiani ad abbandonare il paese o a vivere in Siria nella condizione di rifugiati, continuando a scappare.
Poi ci sono i rapimenti: ricordiamo i due vescovi ortodossi, per i quali sono passati già due anni, e tre sacerdoti. A questi si aggiunge padre Jacques Murad.
Questi sei ecclesiastici rientrano nel numero di quelle circa 20 mila persone che, nel corso di questi quattro anni, sono scomparse e di cui non si sa nulla. In gran parte sono siriani, ma c’è anche qualche straniero. E’ una sofferenza enorme, quindi, per tantissime famiglie, e questi 20 mila vanno ad aggiungersi poi alle vittime, ai morti e a tutto quello che è successo in questi ultimi quattro anni di questo terribile conflitto

SIRIA - Rapito padre Jacques Murad, della stessa comunità di padre Paolo Dall’Oglio
Il sacerdote Jacques Murad, Priore del Monastero di Mar Elian, è stato rapito da alcuni sequestratori che lo hanno prelevato dal Monastero sotto la minaccia delle armi. Secondo alcune fonti locali, contattate dall’Agenzia Fides, il sequestro sarebbe avvenuto lunedì 18 maggio, mentre altre fonti sostengono che il sacerdote è stato rapito nella giornata di giovedì 21 maggio. La notizia è stata confermata dall’arcidiocesi siro cattolica di Homs, che ha chiesto a tutti i fedeli di invocare il Signore nella preghiera affinché padre Jacques sia liberato e possa tornare alla sua vita di preghiera, al servizio dei fratelli e di tutti i siriani. Secondo alcune fonti locali, insieme a padre Jacques sarebbe stato prelevato dai rapitori anche il diacono Boutros Hanna. Ma tale indiscrezione non è stata al momento confermata dall’arcidiocesi siro-cattolica di Homs.
Secondo le prime ricostruzioni, il rapimento è stato realizzato da uomini armati giunti in moto al Monastero di Mar Elian. I sequestratori hanno costretto padre Jacques a mettersi alla guida della propria auto e, sotto la minaccia delle armi, gli hanno imposto di dirigersi verso una destinazione sconosciuta.
Fonti locali consultate da Fides ipotizzano che dietro il rapimento ci siano gruppi salafiti presenti nella zona, che si sono sentiti rafforzati dai recenti successi dei jihadisti di al-Nusra e dello Stato Islamico in territorio siriano.
Padre Jacques Murad è Priore del Monastero di Mar Elian e parroco della comunità di Qaryatayn, 60 chilometri a sud est di Homs. L’insediamento monastico, collocato alla periferia di Quaryatayn, rappresenta una filiazione del Monastero di Deir Mar Musa al Habashi, rifondato dal gesuita italiano p. Paolo Dall’Oglio, rapito anche lui il 29 luglio 2013 mentre si trovava a Raqqa, capoluogo siriano da anni sotto il controllo dei jihadisti dello Stato Islamico.
Negli anni del conflitto, la città di Qaryatayn era stata più volte conquistata da miliziani anti-Assad e bombardata dall’esercito siriano. Proprio padre Jacques, insieme a un avvocato sunnita, avevano assunto la funzione di mediatori per garantire che il centro urbano di 35mila abitanti fosse risparmiato per lunghi periodi dagli scontri armati.
Nel Monastero sono stati ospitati centinaia di rifugiati, compresi più di cento bambini sotto i dieci anni. Padre Jacques e i suoi amici hanno provveduto a trovare il necessario per la loro sopravvivenza anche ricorrendo all’aiuto di donatori musulmani.
Bastano questi pochi cenni a far intuire quale oasi di carità rappresenti il Monastero di Mar Elian per tutto il popolo siriano, massacrato da una guerra assurda, alimentata dall’esterno.
(Agenzia Fides 22/5/2015).

La cupa strategia jihadista in Siria e in Africa

SIRIA - I jihadisti si ritirano dai villaggi sul fiume Khabur, lasciando croci distrutte e chiese vandalizzate
Le milizie jihadiste dello Stato Islamico (IS) si sono ritirate dai villaggi lungo il fiume Khabur, nella provincia siriana nord-orientale di Jazira, che avevano occupato lo scorso 23 febbraio costringendo alla fuga di massa la popolazione locale, formata in maggioranza da cristiani assiri. Fonti locali confermano all’Agenzia Fides che il ripiegamento dei miliziani dell’IS è stato provocato dall’intensificarsi dei raid aerei realizzati dalle forze della coalizione a guida Usa contro le postazioni dei jihadisti, in supporto alla controffensiva di terra compiuta dalle milizie curde. Le formazioni militari curde e assire entrate nei villaggi abbandonati hanno riferito a fonti locali di aver trovato le chiese devastate e le case saccheggiate, con le croci divelte dai luoghi di culto cristiano e slogan anti-cristiani dipinti sui muri.
Permane l’incertezza sulla sorte dei più di 230 cristiani che i miliziani dell’IS hanno preso in ostaggio al momento della loro offensiva nella valle del Khabur, deportandoli nelle proprie roccaforti. (Agenzia Fides 26/5/2015).

CONGO RD - “Nell’est del Congo tre basi di addestramento per jihadisti; ma l’ONU osserva senza intervenire” denunciano i Vescovi
“Un clima di genocidio, un focolare d’integralismo jihadista e un processo di balcanizzazione”. Sono questi “i tre pericoli maggiori” denunciati dall’Assemblea Episcopale Provinciale di Bukavu (nell’est della Repubblica Democratica del Congo) in un messaggio pubblicato al termine della loro assemblea, pervenuto all’Agenzia Fides. I Vescovi sottolineano che nella loro Provincia Ecclesiastica “innumerevoli gruppi armati si comportano da predatori nei confronti di popolazioni lasciate a sé stesse” e denunciano i crimini contro l’umanità da loro commessi (comprese mutilazioni di bambini e sventramento di donne incinte).
I Vescovi denunciano inoltre l’installazione nel massiccio del Ruwenzori di “gruppuscoli che inoculano lo spirito jihadista alle loro reclute che addestrano al terrorismo internazionale. La loro base è formata da persone di diversa nazionalità che si sono stabilite in campi di addestramento chiamati Medina, Canada e Parking Kaza Roho. Si sono aggiunti dei giovani congolesi, ingannati da reclutatori senza scrupoli che promettono loro borse di studio per il Medio Oriente, l’Europa e il Canada. La comunità internazionale si limita ad osservare con i suoi droni (si fa riferimento ai droni usati dalla Missione ONU in Congo- MONUSCO, ndr)”. “Bisognerà attendere che questa situazione degeneri perché un domani questa stessa Comunità Internazionale faccia piovere un diluvio di fuoco sulla regione con il pretesto di combattere il jihadismo?” chiedono i Vescovi, secondo i quali è in atto “una strategia di dislocamento forzato delle popolazioni per occuparne progressivamente le terre e installare focolai di integralismo religioso e basi di addestramento terroristico”. “Questo avviene in un contesto di mafia economica e di affarismo politico-militare, alimentato dal saccheggio su grande scala delle abbondanti risorse minerarie, forestali, animali e petrolifere”.
A farne le spese è anche la Chiesa.
Il documento denuncia il tentativo di rapimento di Mons. Placide Lubamba, Vescovo di Kasongo, avvenuto il 12 maggio a Lulingu-Shabunda. Inoltre i Vescovi ribadiscono: “Siamo indignati per il silenzio sui tre padri assunzionisti rapiti il 19 ottobre 2012 (…). Sono vivi o morti ?”.
“Lo Stato - denuncia il documento - lascia marcire la situazione dell’est. Abbiamo difficoltà a comprendere le ambiguità, le tergiversazioni e i paradossi del nostro governo”. I Vescovi concludono chiedendo allo Stato congolese e alla comunità internazionale di agire per proteggere le popolazioni locali. (Agenzia Fides 26/5/2015)

Nigeria. Unicef: Boko Haram sfrutta i bambini-kamikaze
Ancora raid nel nordest della Nigeria, dove l’esercito ha bombardato quattro villaggi al confine del Camerun, controllati dalle milizie islamiche di Boko Haram. Intanto, l’Unicef comunica che nei primi cinque mesi del 2015 tre quarti dei 27 attentati suicidi avvenuti nel Paese sono stati commessi da donne e bambini. Il servizio di Michele Raviart:

Continuano i tentativi dell’esercito nigeriano di riconquistare i villaggi controllati dalla setta islamica Boko Haram. Pochi giorni fa l’ultimo raid, in cui sono stati rasi al suolo quattro villaggi nello Stato del Borno. Ancora non è stato ufficializzato il numero delle vittime degli attacchi, che sono durati sei ore. Molti civili erano già scappati in Ciad e Camerun all’arrivo degli islamisti e anche i sopravvissuti ai raid governativi hanno trovato rifugio oltreconfine. Intanto, nello stato di Adamawa, dichiarato “liberato” dell’esercito lo scorso marzo, dieci persone sono state uccise a colpi di machete da Boko Haram. Esercito e islamisti combattono nella foresta di Sambisa e alcune zone sono state messe in sicurezza.
Riferisce l’agenzia Misna che la maggior parte dei 25 sacerdoti della diocesi di Maiduguri, fuggiti a causa di Boko Haram, sono potuti rientrare e hanno ricominciato a gestire seminari e collegi. La crisi però continua e a farne le spese sono i più deboli. Secondo l’Unicef, sono 743 mila i bambini sradicati dalle loro famiglie nei tre Stati in cui Boko Haram è più forte. In aumento anche gli attentati suicidi: nel 2014 erano stati 26, mentre quest’anno sono già 27. La maggior parte di questi commessi da minori. “I bambini sono le prime vittime, non i responsabili”, spiega il rappresentante Unicef in Nigeria Jean Gough, “sono sfruttati intenzionalmente dagli adulti, nel modo più terribile possibile”.
(Radio Vaticana 26 05 2015)

Vai a "Cristiani perseguitati. Memoria e preghiera"