2015 03 18 Papa Francesco: “I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace”
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VATICANO - Il Papa all’Angelus: “i nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani”
Dopo aver recitato la preghiera mariana dell’Angelus con i fedeli riuniti in piazza San Pietro, domenica 15 marzo, il Santo Padre Francesco ha espresso il suo profondo dolore per i tragici avvenimenti del Pakistan, invocando il dono della pace. Queste le sue parole:
“Con dolore, con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città di Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane.
I cristiani sono perseguitati.
I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani.
Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e della concordia per quel Paese.
Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace”.
CHE IL MONDO CERCA DI NASCONDERE
Rimane davvero decisivo questo inciso sofferto di Papa Francesco.
Da anni questo genocidio silenzioso dei cristiani continua, con storie che possiamo raccontare solo in minima parte (perché la maggioranza è conosciuta solo da Dio).
Cosa significa “versare il sangue solo perché cristiani” è la storia quotidiana di centinaia di migliaia di persone. L’ecumenismo del sangue.
Le notizie che riescono a sfondare la voluta omertà dei nostri mezzi di comunicazione sono solo quelle di tale efferata crudeltà che finiscono per essere considerate eccezioni, esagerazioni esecrabili e limitate.
Il tutto condito dall’idea, evidentissima da noi in Europa, che in fondo i cristiani dovrebbero del tutto ritirarsi nel privato e smetterla di imporre le proprie idee che, in fondo, sono il motivo per cui si attirano tanto odio.
Che il cristianesimo sia l’origine della scoperta della coscienza e della libertà dell’uomo come essere chiamato alla verità per mezzo della relazione e all’amore non ridotto a sentimento, è volutamente dimenticato e negato.
Forse anche per colpa di noi cristiani?
TESTIMONIANZA
(illuminante sulla situazione che porta al “cercare di nascondere” di cui parla il Papa)
Riflessione del vescovo emerito di Aleppo:
Il tempo scorre inesorabilmente, noi non ce ne rendiamo conto, purtroppo. Il 15 marzo, la triste “primavera siriana” compie quattro anni. Si dovrebbero tirare delle somme ma, avendola definita “triste”, si potrebbe pensare che abbia già detto tutto. Niente affatto vero! Perché, in realtà, il povero popolo siriano continua a soffrire ed a morire tanto che ormai tutto ciò che sta succedendo in quel paese non ci interessa più di tanto.
La nostra insensibilità per la sofferenza di tanti nostri fratelli di fede e non, ha raggiunto forse l’apice, così che anche le stesse notizie falsificate o gonfiate per condannare soltanto una parte dei contendenti e che una volta i mass media ci davano con dovizia di falsi particolari, oggi non ci giungono quasi più o se qualcosa ci viene riferito si tratta di una cosa marginale, ormai ci siamo assuefatti. Lasciamo che un popolo muoia, noi stiamo bene. Invece non è affatto così!
Oggi a noi Occidentali due sole cose interessano e dobbiamo guardarcene: i Profughi che fuggono quella guerra ed arrivano sulle nostre coste, ed i terroristi del neo califfato governato dai tagliagole, laggiù convogliati da varie parti del mondo compresa la nostra democratica Europa.
I Profughi sono persone che per salvare la propria vita hanno sacrificato tutto rischiando pure di perderla nella traversata delle infide acque del Mediterraneo. Le loro Odissee ci dovrebbero far riflettere: perché tutto questo? chi l’ha provocato? chi l’ha voluto e soprattutto, chi l’ha sostenuto? Sono domande che non ho mai letto sui giornali e tanto meno ho ascoltato in un TG. Queste domande non ce le poniamo, perché siamo convinti (?) che abbiamo aiutato un popolo a raggiungere la democrazia. E neppure qui ci siamo posti la domanda: quale democrazia? No. Non possiamo porci questa domanda perché siamo convinti che la democrazia sia la nostra. Ma cos’è per noi la democrazia?
Faccio un esempio banale per spiegare a me e a chi legge cosa noi intendiamo per democrazia: la democrazia per noi è come l’andare da un sarto e farsi fare un bel vestito sulle proprie misure, una volta confezionato voglio che esso sia indossato (con le mie misure) da tutti, dal magrolino al medio, dal normale al super dotato ed anche da colui che misura di circonferenza 200-250 cm. Questa è la nostra democrazia. Bravi, bravissimi popoli democratici!
Visto che la nostra democrazia ha fallito, non è riuscita ad eliminare colui che, pur non dichiarandosi campione democratico, governava il paese secondo un sistema laico applicato ai principi socio-morali di una società che egli conosceva. (Pardon! noi, però, la conoscevamo meglio perché avevamo già il vestito pronto da far indossare a tutti e valido per tutte le stagioni).
Non abbiamo capito il pericolo dell’entrata in azione dei gruppi salafiti penetrati dalla vicina Giordania, che attaccarono subito la base di Banias sul Mediterraneo, non abbiamo neppure capito le formazioni terroristiche che convogliavano nel Nord della Siria via Turchia.
Non abbiamo capito neppure la loro prima ‘dichiarazione del Califfato’ fatta nella città di Raqqa. Abbiamo cominciato a capire qualcosa quando ci sono state le prime teste tagliate, non ai siriani o agli irakeni, bensì ai nostri, ai due – tre – quattro americani, europei, ecc… solo in questo momento ci siamo resi conto di cosa siamo stati capaci di mettere in piedi, ma nessuno ha il coraggio di dire “mea culpa”.
A noi non sono mai interessate le teste cadute dei siriani, degli irakeni, degli yazidi, dei curdi, ecc… erano cose che non ci toccavano, potevano farne cadere quante ne volevano, tanto per noi erano tutti….. animali da macello.
Quando, poi, i tagliagole hanno minacciato anche l’Europa e l’Occidente… ci siamo svegliati quasi da un sogno. Abbiamo cominciato a pensare che bisogna essere attenti…. Ma signori, ci rendiamo conto che molti di questi tagliagole sono dei nostri paesi europei? Noi li abbiamo tenuti e coltivati finché si sono uniti al califfo ed alle sue masnade: tutto potenziale che un giorno ritornerà di diritto a casa propria perché nativi locali e nostri compatrioti.
I TG spesso, però, ci han fatto vedere chiese distrutte o semplicemente croci divelte perché i tagliagole sono allergici ad essa. Noi, paladini della libertà ed in nome della democrazia, in varie zone d’Europa, non esclusa la nostra terra, abbiamo pensato bene di far scomparire la croce dagli edifici pubblici, dalle scuole; abbiamo fatto la battaglia contro il presepe (peraltro introdotto nella tradizione cristiana dal paladino della pace San Francesco d’Assisi). Tutto questo per non offendere la sensibilità di coloro che domani potrebbero essere i nostri aguzzini.
La rimozione della croce, il non fare il presepe, a parte tutto, sono gesti stupidi e beceri da parte di chi pretende di essere democratico e propagatore della libertà di espressione. La croce ed il presepe sono parte integrante della nostra fede e della nostra cultura. L’Europa è nata sotto il segno della croce e nessun può scalfire questo segno impunemente.
Chiudo queste riflessioni con un dubbio: quelli che han decretato la rimozione della croce dalle scuole o dagli edifici pubblici, che han proibito di fare il presepe a scuola, ecc… ritengono davvero che un giorno coloro per i quali hanno tradito la loro coscienza, quella dei loro padri che per generazioni e generazioni hanno creduto in questi due simboli religiosi che non hanno mai fatto male a nessuno, tutt’altro … questi signori credono che riceveranno un trattamento di favore? Gli risparmieranno la testa? Poveri illusi!!!
+ Giuseppe Nazzaro
Vescovo emerito di Aleppo
I fatti tragici della settimana
Attacchi contro chiese in Pakistan. Papa: mondo nasconde persecuzioni anticristiane
Sulle notizie che giungono dal Pakistan ascoltiamo padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, al microfono di Sergio Centofanti:
R. – Le notizie sono terribili: sembra che siano due talebani che volevano entrare in chiesa. Hanno cercato di sparare per entrare in chiesa, ma delle guardie di sicurezza alla chiesa fortunatamente li hanno fermati, perché le due chiese erano stracolme di gente che pregava: almeno mille persone. Per cui, se fossero entrati in chiesa sarebbe stato un massacro enorme. E’ stata una cosa terribile, perché la gente era in chiesa a pregare, perché è domenica! L’altra notizia che abbiamo è che cattolici e protestanti hanno fatto delle manifestazioni e continuano a farle perché criticano la mancanza di sicurezza da parte del governo – del governo del Punjab – che si trova sempre a dover combattere contro attacchi contro le chiese, contro moschee, violenze continue da parte – appunto – di talebani. Sembra poi – così dicono alcune testimonianze – che alcuni dei poliziotti che avrebbero dovuto essere a guardia di queste chiese, invece fossero in un bar a guardare una partita di cricket.
D. – Perché questi attentati, proprio adesso?
R. – Il governo pakistano è stato sempre ambiguo nei confronti dei talebani: da una parte li ha sempre protetti e ha dato loro ospitalità e rifugio, soprattutto nel Nord del Pakistan; nello stesso tempo, è alleato della comunità internazionale per combattere il terrorismo. E questo gioco continuo adesso è nel periodo in cui sta cercando di combattere il terrorismo. Purtroppo, i talebani sono diffusi ovunque nel Paese perché in tutti questi anni sono riusciti a fondare qualcosa come 20-25 mila scuole coraniche nelle quali si insegna l’islam fondamentalista e quindi ci sono fondamentalisti ovunque che combattono sia i cristiani, sia gli sciiti. Non dimentichiamo che – appunto – ci sono tantissimi attacchi anche a moschee sciite: praticamente, ogni settimana. E poi c’è anche un gruppo, dei cosiddetti “ahmadi” che sono un gruppo che si ispira un po’ a Maometto, un po’ all’islam, ma che è considerato eretico. Quindi, mi sembra che questi talebani pakistani, ormai – stiano emulando le azioni del sedicente Stato islamico.
D. – Quindi c’è un rischio di estensione di questo Stato islamico?
R. – Un rischio di estensione ma soprattutto di alleanze: infatti, lo Stato islamico è molto finanziato da alcuni Paesi del Golfo e quindi ha soldi a non finire, e questo porta tanti gruppi terroristi, tanti gruppi di fondamentalisti islamici a proclamare l’alleanza con loro per avere anche fondi, armi e così via.
D. – La situazione dei cristiani in Pakistan appare sempre più difficile: pensiamo anche i tanti che sono nelle carceri, accusati ingiustamente di blasfemia.
R. – Sì, perché questa ventata di fondamentalismo non permette mai una situazione tranquilla, per cui molti cristiani per una sciocchezza o con falsa testimonianza, vengono accusati di blasfemia contro il Corano, contro il Profeta, e subiscono il carcere. Non solo: spesso subiscono anche una esecuzione sommaria all’interno delle carceri, perché molte volte le stesse guardie carcerarie sono pagate per farli fuori.
D. – Il caso più noto è Asia Bibi: come sta?
R. – Di Asia Bibi si sa che per proteggerla da una possibile esecuzione extragiudiziaria è controllata giorno e notte. Sta in carcere: questa poverina prega, ogni tanto è visitata da parenti o da ong cristiane che la sostengono … Però non si trova un modo per risolvere il suo caso. Probabilmente, se si potesse fare questo processo di appello, la sua condanna a morte sarebbe cancellata. Il punto è che quando i giudici fissano l’appello, si formano subito manifestazioni di gruppi fondamentalisti che chiedono la sua morte. E spesso i giudici hanno paura e quindi aggiornano, rimandano continuamente questo processo d’appello.
Radio Vaticana 15 03 2015
Intanto all’ONU
Mons. Tomasi: Onu protegga cristiani da genocidio in atto
Migliaia di cristiani ogni anno continuano a morire, perseguitati in decine di Paesi soprattutto del Medio Oriente, discriminati per la loro fede, soggetti a violenze e abusi: oltre quattromila le vittime nel 2014. Un dramma che aspetta dalla comunità internazionale risposte concrete per proteggere tante vittime innocenti, attraverso la via del dialogo o, solo in “extrema ratio”, l’uso della forza, come spiega al microfono di Roberta Gisotti mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede preso le Nazioni Unite a Ginevra, in questi giorni impegnato nel Consiglio dei diritti umani dell’Onu, riunito nella città elvetica:
D. – Perché la comunità internazionale continua a sottovalutare e a ritardare la ricerca di soluzioni a questo dramma?
R. – La comunità internazionale si è data delle strutture per le emergenze che accadono nel cammino della storia e queste strutture sono le Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza e gli organismi collegati ad essi. Certo, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando è stata formata l’organizzazione delle Nazioni Unite, si pensava che mai più gli orrori, le tragedie, le atrocità commesse durante quel conflitto si sarebbero ripetute. Ma purtroppo vediamo che nel cosiddetto Stato islamico e in altre parti del Medio Oriente e del mondo continua una violenza spietata contro persone innocenti. Allora, la questione da porsi è: cosa può fare nelle circostanze attuali la comunità internazionale? Oltre a cercare di dare un aiuto umanitario per alleviare le sofferenze, ci sono altri tentativi possibili. Uno certamente è quello di continuare lo sforzo del dialogo tra autorità e potenze politiche, per vedere di arrivare a un cessate-il-fuoco e a far smettere questa violenza sistematica, che sta distruggendo migliaia di persone, intere culture e comunità. Però, non sempre c’è la volontà politica di rispondere in maniera costruttiva o di impegnarsi per dei compromessi che possono portare la pace. Siamo di fronte, mi pare, in qualche modo a un genocidio, perché quello che si sta verificando in Medio Oriente è la distruzione sistematica di un gruppo di persone identificate per la loro credenza religiosa o perché sono in disaccordo con le autorità che comandano il territorio.
D. – Come proteggere queste persone?
R. – Davanti a questa sorta di genocidio scatta l’obbligo morale, il dovere – che è previsto nei regolamenti e nella giurisprudenza internazionale – di proteggere questa gente. Decidere le modalità per la protezione di queste persone, i cui diritti fondamentali sono violati, tocca alla comunità internazionale.
D. – A questo proposito quale ruolo possono giocare gli stessi Paesi mediorientali?
R. – Anzitutto, i Paesi della regione, dove queste atrocità vengono commesse, devono impegnarsi in maniera diretta a proteggere i loro cittadini. La solidarietà della comunità internazionale è necessaria, però non senza la presenza, la partecipazione attiva di questi Paesi che sono direttamente coinvolti. E per arrivare a questo accordo è necessario che ci sia una coalizione di vasto respiro e che abbia un obiettivo chiaro, che è quello semplicemente di portare la pace e di rimettere nelle loro case e nelle loro proprietà le persone che sono state costrette a fuggire e che si trovano ora nei campi profughi dei vari Paesi della regione del Medio Oriente. Il cammino ideale è certamente quello di negoziare e di arrivare senza violenza ad una soluzione. La violenza porta sempre a dei risultati che non sono costruttivi e poi, a lungo andare, richiama altra violenza. Quello che si dovrebbe fare è che i grandi Paesi, che hanno un interesse nella regione, che sono direttamente coinvolti, assieme possano trovare una soluzione. L’uso della forza, anche se purtroppo alle volte è necessario, è una “extrema ratio”, è una soluzione veramente limite, quando tutte le altre vie sono state tentate per salvaguardare i diritti fondamentali delle persone, che vengono in questo momento uccise, torturate e veramente distrutte in maniera orribile.
D. – Questa persecuzione dei cristiani, una sorta di genocidio, che non si può veramente più sottacere, potrà essere – volendo avere uno sguardo di speranza – la molla morale, perché i soggetti politici finalmente reagiscano e costruiscano un futuro di stabilità per tutta la regione mediorientale?
R. – Speriamo sia davvero così, che il prezzo alto pagato dalle comunità cristiane che hanno avuto tanti martiri, tante persone scarificate, possa essere l’elemento che porti a una riconciliazione. E’ un cammino molto difficile, perché se guardiamo alla storia degli ultimi 100-150 anni vediamo che c’è stato un dissanguamento sistematico, progressivo e continuo della presenza cristiana in questi Paesi, dovuto al fatto che c’è una posizione strutturale di queste comunità religiose che porta alla discriminazione. La strada per una soluzione duratura ed efficace è che i cittadini di questi Paesi siano riconosciuti tutti come cittadini, con diritti e doveri uguali davanti allo Stato, e quindi anche che vengano protetti e abbiano accesso a tutti i servizi, al lavoro, all’impiego, al servizio pubblico come ogni altro cittadino. Questo è il punto fondamentale che può preparare un cambio efficace e duraturo nella regione.
Radio Vaticana 17 03 2015
Intanto in Pakistan
PAKISTAN - L’Arcivescovo di Lahore ai funerali delle vittime di Youhanabad: “Siate uomini di pace”
“Non abbiamo bisogno e non vogliamo una guerra civile. Noi cristiani siamo uomini di pace. Non lasciamo che il dolore annebbi il nostro sguardo: che sia sempre lo sguardo di Cristo e del suo Vangelo. Quale futuro vogliamo costruire per il Pakistan? Un futuro di armonia e riconciliazione”: con queste parole l’Arcivescovo di Lahore, Sua Ecc. Mons. Sebastian Shaw, si è rivolto alla folla di oltre 10mila fedeli che hanno preso parte questa mattina ai funerali delle vittime dell’attentato alla chiesa di San John (cattolica) e alla Christ Church (protestante) di Youhanabad, sobborgo cristiano alla periferia di Lahore, facendo 15 morti e oltre 80 feriti.
La celebrazione delle esequie, tenutasi nella chiesa cattolica di St. John, è stata ecumenica: vi hanno partecipato l’Arcivescovo cattolico e quello protestante di Lahore. Le vittime e le famiglie presenti appartenevano a entrambe le comunità cristiane: si celebrava, in segno di profonda comunione, il funerale delle vittime di entrambi gli attentati. (Agenzia Fides 17/3/2015)
PAKISTAN - Giovane cristiano innocente torturato a morte dalla polizia pakistana
Un giovane cristiano è stato torturato a morte dalla polizia pakistana dopo che sua madre era stata accusata di aver rubato oro e denaro dal suo datore di lavoro musulmano. Zubair Masih, 25 anni, è stato preso in custodia dalla polizia, con altri membri della famiglia, dopo le accuse formulate contro la sua madre, Ayesha Bibi. Il giovane non è stato rilasciato come gli altri. Il suo corpo è stato riportato alla famiglia, dopo essere stato torturato in una stazione di polizia per tutta la notte.
Come appreso da Fides, Ayesha, vedova, era accusata di aver rubato alcuni gioielli e un importo di 2000 rupie dall’abitazione del suo datore di lavoro, Abdul Jabar, dove lavorava come domestica.
Jabbar e alcuni poliziotti hanno fatto irruzione in casa sua, accusandola di furto, ma la donna negava di aver commesso i crimini presunti. Una denuncia è stata registrata anche a suo carico. Gli agenti e Jabbar hanno iniziato a percuoterla, portandola a casa di suo fratello Arshad Masih, dove l’uomo vive con i suoi due figli. Dato che la donna si dichiarava ancora innocente, gli agenti hanno preso tutti i presenti conducendoli alla stazione di polizia dove sono stati pesantemente percossi. La donna ne è uscita con un braccio fratturato. Alla fine della giornata tutti, tranne Zubair, sono stati rilasciati.
I familiari erano molto preoccupati per il giovane innocente, pensando alle torture che avrebbe subito. Il giorno dopo, il 7 marzo il suo corpo senza vita è stato scaricato dalla polizia davanti alla sua abitazione. Portato in ospedale, il medico non ha potuto far altro che constatarne il decesso, a causa di lesioni multiple.
La notizia ha generato strazio nella famiglia e sconcerto nella comunità cristiana.
(Agenzia Fides 14/3/2015)
INDIA: violentata suora anziana, marcia per chiedere giustizia
Un gruppo composto da circa otto persone ha rapinato il convento dedicato a Gesù e Maria a Ranagath, nello Stato del West Bengal, e ha violentato la superiora di 72 anni che cercava di fermare i criminali. Inoltre ha picchiato altre tre anziane consorelle. Ora sono tutte ricoverate in ospedale. La popolazione, sconvolta dall’accaduto - riferisce l’agenzia AsiaNews - è scesa in piazza per chiedere giustizia. Il governo parla di “odioso crimine” che “potrebbe nascere dalla volontà di destabilizzare lo Stato”.
SPAGNA - Ucciso il parroco del Santuario della Virxe do Cristal
Più di cinquecento persone e un centinaio di sacerdoti hanno partecipato ai funerali di padre Adolfo Enríquez (77 anni), celebrati nel Santuario della Virxe do Cristal, nei pressi di Vilanova dos Infantes (municipio di Celanova, diocesi di Ourense, in Galizia).
Il parroco è stato assassinato la settimana scorsa. Il suo corpo è stato ritrovato mercoledì 11 marzo nel terreno dietro la casa parrocchiale, dove andava ogni sera per dar da mangiare ai gatti. Probabilmente era stato ucciso il giorno prima. Mentre la polizia continua le indagini, la stampa ha riportato che il sacerdote era benvoluto dalla comunità e la sua casa era aperta a tutti.
Sua Ecc. Mons. Leonardo Lemos Montanet, Vescovo della diocesi di Orense, che ha celebrato i funerali, ha espresso il suo dolore per questa morte “inaspettata e violenta” e ha chiesto di pregare per coloro che l’hanno causata. “Su padre Adolfo Enriquez posso dire solo cose buone - ha aggiunto il Vescovo -, un sacerdote che ha mantenuto vivo il culto e la devozione in questo luogo, ha lottato per rendere questo santuario un luogo di pellegrinaggio, e che adesso dobbiamo promuovere. Sono orgoglioso - così mi aveva detto lui stesso - di essere il custode e il guardiano della piccola e venerata immagine della Madonna di Cristal, e noi crediamo fermamente che così è stato fino alla fine”. (Agenzia Fides, 16/03/2015)