2015 02 11 SIRIA testimonianza “Tutto si fa in modo ecumenico: o siamo insieme o non siamo” NIGERIA “Se Maiduguri dovesse cadere disastro per tutta l’Africa” INDIA arrestati 200 cristiani che protestavano per attacchi a chiese
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Siria: Is, esecuzioni pubbliche a Raqqa e Aleppo
Non si fermano i bombardamenti dell’aviazione di Amman sulle roccaforti dello Stato islamico (Is), in risposta alla barbara uccisione del pilota giordano Muath al Kaseasbeh. Intanto, secondo alcune indiscrezioni della stampa statunitense, il Pentagono starebbe valutando l’invio di truppe di terra per combattere, insieme all’esercito iracheno, contro l’Is in una grande offensiva di primavera per riprendere la città di Mosul.
Ma nelle aree controllate dal Califfato non si fermano le brutalità. A Raqqa, in Siria, tre uomini accusati di essere “spie” sono stati decapitati in piazza, mentre ad Aleppo quattro uomini accusati di furto sono statti uccisi e poi crocefissi davanti a una folla di persone. E per una testimonianza su come si vive ad Aleppo, città devastata da cinque anni di guerra, sentiamo mons. Boutros Marayati, vescovo armeno-cattolico di Aleppo, al microfono di Michele Raviart:
R. – La situazione ad Aleppo è una situazione drammatica, molto tragica, perché manca tutto. Manca l’acqua, manca l’elettricità, la luce, il riscaldamento, la benzina, i medici sono andati via, non ci sono medicine, ma siamo lì, a vivere, per non dire a sopravvivere. E ci sentiamo un po’ abbandonati, dimenticati dall’Occidente e da tutto il mondo. E allora la nostra gente, i nostri fedeli vengono spesso da noi per chiedere: “Rimaniamo o partiamo? Cosa facciamo?”. E tu non puoi dire niente, davanti a questa tragedia.
D. – Come si vive nel quotidiano, ad Aleppo?
R. – Soprattutto manca la sicurezza. Arrivano razzi, bombe dalla zona dei jihadisti e due settimane fa anche la nostra cattedrale è stata colpita: è stata distrutta la cupola e il tetto della chiesa. E così la gente adesso pensa ad andare via. Già due terzi della popolazione dei cristiani armeni sono andati via; è rimasto un terzo di questa gente che ancora crede: crede alla pace, vuol rimanere. E soprattutto, quando hanno lanciato questo appello per un cessate il fuoco, tanti hanno ripreso fiducia e ancora ne hanno, ma diventano più pessimisti perché vedono che la situazione non è cambiata, al contrario: è peggiorata.
D. – Cosa fa la comunità armeno-cattolica?
R. – Noi apriamo solamente le nostre chiese per aiutare la gente. Arrivano aiuti: tutti sono diventati poveri e chiedono l’elemosina; quelli che aiutavano la Chiesa, sono ormai loro stessi bisognosi di aiuto. Ma sono anche stufi: come pensare che tu possa fare sempre la fila per aspettare una goccia d’acqua, aspettare la benzina, il cibo? Ma malgrado tutto, abbiamo aperto le scuole, i fedeli vengono in chiesa: tante chiese sono state distrutte, ma quelle che funzionano ancora sono piene!
D. – Come superate la paura per tutta la distruzione che c’è attorno a voi?
R. – Questo tipo di male, come si dice nel Vangelo, non si vince che con la preghiera e il digiuno. Allora noi chiediamo la pace. Come diceva un vescovo: queste cose si chiedono al Signore, con le lacrime. Ed è quello che adesso stiamo facendo nelle nostre comunità.
D. – Qual è il rapporto con le altre confessioni?
R. – In Aleppo, tutto si fa in modo “ecumenico”: non puoi essere cristiano cattolico da solo; o siamo insieme, o non siamo. Allora tutto quello che si fa, si fa tra ortodossi, cattolici e protestanti insieme e anche con i musulmani moderati. Tutto quello che si riesce a fare adesso è frutto di collaborazione, di solidarietà ecumenica e interreligiosa.
(Radio Vaticana 08 02 2015)
NIGERIA - “Se Maiduguri dovesse cadere nelle mani di Boko Haram sarebbe un disastro per tutta l’Africa”
“Se Maiduguri dovesse cadere nelle mani di Boko Haram sarebbe un disastro per tutta l’Africa” dice all’Agenzia Fides p. Gideon Obasogie, responsabile delle comunicazioni sociale della diocesi di Maiduguri, la capitale dello Stato di Borno, nella Nigeria nord-orientale, fatto oggetto nei giorni scorsi di più tentativi d’assalto da parte della setta islamista.
“Maiduguri è una capitale statale e sede del governo locale, con tutte le sue strutture, con un’alta concentrazione della popolazione dello Stato di Borno, ed è il centro commerciale nevralgico del nord-est” spiega p. Obasogie. “Se la città dovesse cadere, una parte dei cittadini potrebbe finire per radicalizzarsi e i terroristi avrebbero ancora più reclute. Maiduguri diverrebbe per Boko Haram una roccaforte dalla quale lanciarsi in ulteriori conquiste negli Stati di Yobe, Bauchi, Adamawa e Gombe. Infine, se Maiduguri dovesse cadere nelle loro mani, i militanti di Boko Haram controllerebbero un aeroporto e la base della 7ma divisione. Questo sarebbe uno sviluppo della situazione molto pericoloso per la Nigeria e potenzialmente per tutta l’Africa” sottolinea ancora il sacerdote. “Finora - afferma p. Obasogie - i militanti hanno conquistato e occupato cittadine e villaggi vicino a Maiduguri”.
Il sacerdote descrive così la situazione nella capitale dello Stato di Borno: “Con la recente ondata di attacchi, la tensione è salita, mentre si stanno avvicinando le elezioni di febbraio, facendo sì che ogni sorta di personalità si presenti in città, facendo promesse per ottenere il voto dei cittadini”.
“I cittadini di Maiduguri tendono ad evitare le aree affollate per paura di attacchi terroristici, e i seggi elettorali non fanno eccezione, a meno che la sicurezza degli elettori non sia garantita. Se qualcuno vuole il nostro voto, la nostra sicurezza deve essere garantita” conclude p. Obasogie. (Agenzia Fides 5/2/2015)
INDIA: a New Dehli, la polizia locale ha arrestato circa 200 persone che partecipavano ad una marcia di protesta per le recenti violenze perpetrate negli ultimi mesi contro fedeli e chiese cristiane.
Il corteo - informa l’Ansa - era partito dalla cattedrale cattolica del Sacro Cuore per recarsi alla residenza del ministro dell’Interno, Rajnath Singh, al fine di chiedere una energica azione contro gli autori degli attacchi. Ma la polizia, che non lo aveva autorizzato, lo ha bloccato procedendo agli arresti.
La manifestazione era stata convocata dall’arcidiocesi della capitale dopo l’ennesimo attacco avvenuto il 2 febbraio contro una chiesa, la St. Alphonsa Church di Delhi, in cui sconosciuti hanno compiuto atti di vandalismo, dissacrando anche le ostie di una pisside. Nel comunicato si convocava “una manifestazione pacifica per portare a conoscenza del governo i frequenti attacchi contro le chiese cattoliche di Delhi e sollecitare il governo a fornire sicurezza a tutti i luoghi religiosi, svolgere approfondite indagini sugli atti di violenza e consegnare alla giustizia i loro responsabili”.
Prima che il corteo fosse bloccato dalla polizia, i partecipanti gridavano slogan come “Vogliamo giustizia!”, mostrando cartelli e striscioni con le scritte “Basta con gli attacchi contro di noi!” e “La pace è tutto quello che desideriamo!”.
Il commento del fatto su Radio Vaticana:
Benedetta Capelli ha raccolto il commento di padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews:
R. – Ormai stiamo assistendo ogni giorno ad attacchi a chiese, Ostie profanate, altari distrutti, edifici bruciati e cristiani arrestati con l’accusa di aver fatto conversioni forzate… C’è veramente una situazione in cui si sta manipolando sempre di più l’India e la sua Costituzione, che è un Costituzione laica, a favore invece di un nazionalismo indù, che soffoca - sempre di più - le altre comunità religiose, soprattutto cristiani e musulmani.
D. – Quindi possiamo dire che da maggio, quando c’è stata l’affermazione dei nazionalisti nelle elezioni, l’intolleranza religiosa è cresciuta?
R. – E’ cresciuta tantissimo, anche perché il primo ministro Narendra Modi è salito al potere con l’appoggio di tutti questi gruppi nazionalisti e spesso fondamentalisti, militanti anche violenti e armati che ora stanno presentando il conto a Narendra Modi: vogliono essere protetti ma allo stesso tempo si sentono più sicuri e attaccano in modo molto più forte. Ci sono due cose molto preoccupanti: la prima è che si vogliono moltiplicare a tutti i costi queste leggi anticonversione, in cui – appunto – si bloccano in tutti i modi le conversioni dall’induismo alle altre religioni, mentre non si verifica mai se le conversioni dalle altre religioni all’induismo sono fatte attraverso pressioni sociali, attraverso donazioni di denaro ed altro. Quindi è una legge a senso unico. L’altra cosa è quella di volere rivedere tutta la cultura indiana, tutta l’educazione e i libri di scuola, perché osannino sempre e soltanto l’induismo e la nazione indù.
D. – Eppure l’educazione è garantita proprio dalla presenza di istituti e scuole cristiane, che ovviamente si mettono a disposizione anche degli indù…
R. – Ma certo! La Chiesa cattolica ha decine e decine di scuole, di college, di università e offre questo servizio a tutta la popolazione. Credo che una statistica di alcuni anni fa dicesse che oltre il 60 per cento delle persone che frequentano le scuole cattoliche – per esempio l’università - sono non cristiani. In più c’è un grande contributo dei cristiani alla dignità della donna e all’istruzione delle donne: tutto questo rappresenta, appunto, un servizio enorme aperto a tutti, che invece viene continuamente sospettato di proselitismo.
D. – L’India nelle mani degli estremisti indù che cosa potrebbe rappresentare per l’intera area, a livello proprio di libertà religiosa?
R. – C’è stata una personalità cristiana che ha detto: c’è il timore che l’India diventi come il Pakistan e, attraverso un rafforzamento di questi gruppi violenti indù, c’è il rischio che si possa arrivare a delle guerre religiose o a violenze sempre più grandi nei confronti di cristiani e di musulmani, c’è la possibilità che si rompa il tessuto della convivenza in India. Questo diventa un problema anche per l’economia indiana: proprio mentre l’India sta cercando di diventare sempre più un partner internazionale di tutte le economie del mondo, praticamente va a finire che si chiude in una gabbia costruita da sé, bloccando quindi lo sviluppo del Paese.
(RadioVaticana 05 02 2015)