2014 12 10 Papa a cristiani perseguitati: vorrei essere lì con voi. PAKISTAN: Asia Bibi, accusata di blasfemia e in carcere, è malata. CENTRAFRICA: “Dove sei responsabile della violenza in Centrafrica?” chiede l’Arcivescovo di Bangui
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Iraq, Papa a cristiani perseguitati: vorrei essere lì con voi
Il mondo collabori in modo concorde a fermare la “violenza disumana” che sta facendo strage della minoranze cristiane e non solo del Medio Oriente. È il videomessaggio di solidarietà che Papa Francesco ha affidato al cardinale arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, che da ieri a Erbil, in Iraq, per una visita di 48 ore, allo scopo di assicurare la vicinanza nella preghiera della Chiesa europea ai cristiani iracheni e verificare sul posto l’organizzazione degli aiuti umanitari portati alla regione.
Cacciati via, ammazzati con tutte le varianti suggerite dalla ferocia, profanati e distrutti i luoghi della loro fede. Sono i cristiani iracheni e di altre zone del Medio Oriente, odiati e perseguitati da quello che Francesco definisce “un gruppo estremista e fondamentalista”. E proprio il Papa circonda queste comunità di eroi sconosciuti della fede con la delicatezza e la commozione che suscita un figlio vittima di una violenza. Lo fa a distanza perché non può fare altrimenti, ma l’intensità delle sue parole, la pena sincera che traspare dal modo in cui le pronuncia, “bucano” il diaframma del video e annullano in certo modo una distanza che Papa Francesco per primo vorrebbe non esistesse:
“Anche io, vorrei essere lì, ma poiché non posso viaggiare, lo faccio così… ma vi sono tanto vicino in questi momenti di prova. Ho detto, nel ritorno del mio viaggio in Turchia: i cristiani sono cacciati via dal Medio Oriente, con sofferenza. Vi ringrazio della testimonianza che voi date; c’è tanta sofferenza nella vostra testimonianza. Grazie! Grazie tante!”.
“Sembra che lì non vogliano che ci siano i cristiani ma voi date testimonianza di Cristo”, dice il Papa pensando “alle piaghe, ai dolori delle mamme con i loro bambini, degli anziani e degli sfollati, alle ferite di chi è vittima di ogni tipo di violenza”. Una disumana campagna armata contro degli inermi che – ricorda Papa Francesco – miete vittime non solo fra i cristiani ma anche tra la minoranza degli yazidi:
“Cristiani e yazidi sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e i patrimoni culturali, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro. In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani!”.
Lo aveva già detto dalla Turchia, Francesco, che chi è al servizio del nome di Dio deve condannare chi uccide degli esseri umani. Lo ripete, trovando un’immagine antica e drammaticamente calzante per il coraggio mostrato da una carne di Cristo aggredita e fatta a pezzi, eppure decisa a non darsi per vinta. È l’immagine di Santa Teresina, che definisce la Chiesa perseguitata una “canna” che si piega al vento della tempesta “ma non si rompe”:
“Voi siete le canne di Dio oggi! Le canne che si abbassano con questo vento feroce, ma poi sorgeranno! Voglio ringraziare un’altra volta. Prego lo Spirito che fa nuove tutte le cose, di donare a ciascuno di voi forza e resistenza. E’ un dono dello Spirito Santo”.
A questo punto Francesco chiede aiuto al mondo, facendosi tramite di un popolo che ha una voce e una presenza troppo leggere per poter essere scorto, ascoltato, considerato:
“Chiedo con forza, come già ho fatto in Turchia, una maggiore convergenza internazionale volta a risolvere i conflitti che insanguinano le vostre terre di origine, a contrastare le altre cause che spingono le persone a lasciare la loro patria e a promuovere le condizioni perché possano rimanere o ritornare. Io vi auguro che voi ritorniate, che voi possiate ritornare”.
In particolare l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata – promette Papa Francesco – la preghiera dei cristiani del mondo si leverà più forte per i fratelli perseguitati. “La vostra resistenza è martirio, rugiada che feconda” soggiunge col rammarico di dover terminare. “Che il Signore vi benedica, che la Madonna vi custodisca”. (Radio Vaticana 06 12 2014- servizio di Alessandro De Carolis)
Pakistan: Asia Bibi accusata di blasfemia in carcere malata
Asia Bibi è molto malata. La donna pakistana cattolica, madre di cinque figli, condannata a morte per blasfemia, è da cinque anni in carcere. Da diverso tempo accusa febbre alta e forti emicranie. Per una revisione della sentenza, si stanno moltiplicando le iniziative internazionali, che chiedono anche una modifica della legge sulla blasfemia, diventata in Pakistan un’arma di persecuzione delle minoranze. Tuttavia, le difficoltà in un Paese al 95% islamico sembrano insormontabili. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Mobeen Shahid, docente di Pensiero e religione islamica alla Pontificia Università Lateranense e fondatore dell’Associazione internazionale “Pakistani cristiani in Italia”:
R. – Asia Bibi non sta male solo da ora, ma già da qualche anno, non avendo avuto grandi possibilità di vedere la sua famiglia. Non solo non riesce a vedere i suoi familiari, ha anche paura di essere uccisa da una delle sue compagne di cella. Per questo, fisicamente la donna è molto debole e su di lei influisce negativamente anche il suo isolamento.
D. – E’ importante che il movimento internazionale per la salvezza di Asia Bibi continui a chiedere la scarcerazione della donna?
R. – Sì, ma il fatto triste è che un’Alta Corte confermi una condanna a morte basata su false accuse. Purtroppo, la situazione della persecuzione dei cristiani è un fatto quotidiano.
D. – In Pakistan, c’è molto timore di difendere Asia Bibi anche da parte di chi è convinto della sua innocenza. C’è qualche speranza che la sentenza di condanna a morte venga annullata?
R. – Devo dire che le possibilità che possa essere cancellata sono maggiori. Però, nello stesso momento, non è detto che sia così semplice per i giudici stessi, in quanto la Corte suprema è a Islamabad e proprio a Islamabad si trova il parlamento dove sono presenti i gruppi fondamentalisti religiosi e sono proprio loro che cercano di mantenere l’atteggiamento fanatico a livello popolare. Sarà quindi difficile per il giudice che dovrà trattare il caso guardarsi da questa aggressione dei gruppi religiosi e anche lasciare libera Asia Bibi e farla rimanere in Pakistan, in condizioni di sicurezza. Infatti, è sufficiente l’accusa rivoltale perché qualcuno si senta in diritto di ucciderla. Nessuno andrà a cercare le prove. Uno dei politici e religiosi di Peshawar aveva anche promesso un premio per chi riuscisse a uccidere Asia Bibi, per cui lei ha anche una "fatwa" dichiarata contro di sé nel momento in cui dovesse essere liberata, nel caso in cui ciò dovesse accadere. Non è semplice proteggerla in Pakistan.
D. – In questa situazione, a rischiare la vita non è solo Asia Bibi ma anche quei pochi che la appoggiano, tra cui l’avvocato difensore che ha ricevuto molte minacce. Che clima si respira da questo punto di vista nel Paese?
R. – Tutti i cristiani, ogni giorno, vivono con la paura che qualsiasi amico o qualsiasi vicino li possano accusare di blasfemia e in questa ottica anche il cittadino musulmano del Pakistan più equilibrato, che potesse anche provare a difendere il vicino accusato falsamente di blasfemia, ha paura, in quanto l’atteggiamento generale è quello di non ascoltare nessuno, nel senso che la promozione dell’educazione al rispetto altrui è sostanzialmente ferma. Viceversa, l’educazione al fondamentalismo ha prodotto i mujaheddin e i taleban e l’attuale condizione fanatica sociale. E’ quindi sempre l’educazione che potrà produrre questo cambiamento, scardinando la legge stessa, perché il potere della legge sta nel suo abuso.
(Radio Vaticana 05 12 2014)
PAKISTAN - Donna cristiana malmenata e umiliata
Oltre al noto caso dei due coniugi cristiani arsi vivi il 4 novembre, un altro grave incidente ha turbato di recente la comunità cristiana del Punjab: è avvenuto nei giorni scorsi nella città di Rana, nel distretto di Shiekhupura, dove una donna cristiana è stata picchiata e denudata dai due fratelli musulmani, Muneeb e Mobeel Gondal, dopo un litigio con i due, che erano i suoi datori di lavoro.
Come riferito a Fides, la donna cristiana Elisabeth Bibi, 28 anni, madre di quattro figli, era incinta. E’ stata malmenata, derisa e umiliata, privata della dignità, costretta a sfilare nuda per le strade della cittadina. Condotta in ospedale, a causa delle percosse subite, la donna ha perso il bambino che portava in grembo.
I parenti della donna sono stati intimiditi e, in un primo tempo, non hanno presentato denuncia. Ma alcuni cristiani locali hanno contattato l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, difensore dei diritti umani, chiedendo assistenza legale. L’avvocato ha raccontato a Fides che la polizia non ha nemmeno aperto un fascicolo e non ha arrestato alcun sospetto. Parlando con la famiglia, l’avvocato Gill ha saputo che anche i fratelli della vittima sono stati pesantemente minacciati. Ora il marito della donna ha sporto denuncia e sarà avviata una indagine. Secondo il racconto della vittima, che lavorava come cameriera, la donna “non aveva risposto alle aspettative” e aveva anche rifiutato avances sessuali dei datori di lavoro, che hanno deciso di punirla. (Agenzia Fides 9/12/2014)
TESTIMONIANZA
CENTRAFRICA - “Dove sei, responsabile della violenza in Centrafrica?” chiede l’Arcivescovo di Bangui
“Dove sei?”. La domanda di Dio, dopo la trasgressione di Adamo ed Eva, rivolta a tutta l’umanità, viene riportata alla situazione della Repubblica Centrafricana da parte di Sua Ecc. Mons. Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui, nella sua omelia per la Messa della solennità dell’Immacolata Concezione. “Dove sei tu, giovane uomo, che sei stato armato, drogato e mandato a depredare, uccidere, bruciare i villaggi? Esci dai gruppi armati, deponi l’arma e riprendi il cammino della formazione per crescere e partecipare allo sviluppo del Centrafrica” afferma Mons. Nzapalainga nella sua omelia, il cui testo è pervenuto all’Agenzia Fides.
L’Arcivescovo di Bangui richiama la responsabilità di tutti nelle violenze che hanno sprofondato il Centrafrica nella sua peggiore crisi dall’indipendenza. Ai capi guerriglia: “Dove sei tu, il capo milizia che manipola, che si arricchisce sulla pelle dei poveri e semina il terrore, la morte e la desolazione? Esci dalla ribellione! Fai atto di contrizione per riconciliarti con la tua comunità e ritrovare la pace del cuore e dell’anima”.
Ma c’è pure la responsabilità delle donne che incitano alla violenza: “Dove sei tu, madre o sorella che alimenti il fuoco dello scontro armato con le tue menzogne e incitazioni all’odio e alla divisione? Esci dalla collera e dal desiderio di vendetta per pronunciare parole di pace, perdono e riconciliazione. In questo modo instraderai i tuoi figli e i tuoi fratelli sul cammino del bene”.
C’è poi il politico che “si nasconde dietro il pretesto di una crisi asseritamente religiosa per appagare il desiderio di vendetta personale e conquistare il potere con la violenza”. “Esci da questa situazione - esorta Mons. Nzapalainga - riconsidera il tuo progetto politico e il tuo impegno per una vita migliore di questo popolo, che non conosce altro che la prepotenza da troppo tempo”.
L’ultima domanda “a te che fornisci le armi e che ti nascondi dietro i gruppi armati per conquistare parti di mercato. Chi sei? Dove sei? Dove sei tu?”. Domande che fanno prefigurare responsabilità che vanno oltre la Repubblica Centrafricana e che riguardano diversi attori internazionali, pubblici e privati.
“È venuto il momento di fermare le violenze. Di fare spazio alla grazia del perdono ricevuto oggi per voltare pagina, guardarsi di nuovo negli occhi e camminare ancora una volta insieme” conclude Mons. Nzapalainga. (Agenzia Fides 9/12/2014)