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2014 11 26 KENYA NIGERIA IRAQ PAKISTAN: il sangue dei cristiani. DOCUMENTO: il listino prezzi dei prigionieri del Califfato – MOSUL: devastato con l'esplosivo il convento delle suore del Sacro Cuore CENTRAFICA: gesto di riconciliazione di mons. Nzapalaing

Fonte:
CulturaCattolica.it

Grave attentato terroristico in Kenya: 28 morti
Grave attentato terroristico in Kenya ad opera del gruppo Al Shabaab, legato ad al Quaeda. Sono 28 i morti accertati. I miliziani hanno fermato un autobus di turisti diretto a Nairobi, separato i passeggeri musulmani da quelli non musulmani, costringendo questi ultimi con la forza a leggere alcuni versi del Corano per poi assassinarli. L’attacco brutale è avvenuto in una zona al confine con la Somalia. Le autorità keniote hanno confermato che al momento dell’assalto a bordo c’erano 60 persone.

… il commento di Arduino Paniccia docente di Studi Strategici all’Università di Trieste:

R. – Le modalità di questo attacco sono, per certi versi, assolutamente nuove e molto gravi: ricordano esecuzioni che speravamo di non dover vedere più con la separazione tra musulmani e cristiani. Gli attacchi in Kenya sono stati numerosi, circa 135 negli ultimi tre anni, quindi un’offensiva che Shabaab e la casa madre Al Qaeda stanno compiendo nel Corno d’Africa per riconquistare terreno e forse anche in una fase di grande imitazione dell’Isis e di quello che sta succedendo a ridosso della Siria e dell’Iraq. Le operazioni dell’Unione Africana inoltre hanno scarsi risultati e soprattutto continuano ad essere utilizzati i droni che tuttavia – ormai è abbastanza chiaro – non sembrano avere assolutamente colpito al cuore l’organizzazione terroristica.

D. – Quindi, una sorta di emulazione del “modus operandi” dello Stato islamico. È anche vero che Al Shabaab in questo momento, come Al Qaeda in generale, sta subendo una crisi e quindi sostanzialmente è come se volesse recuperare un’immagine e lo fa con gesti, azioni brutali …

R. – Certamente, c’è una necessità da parte dei seguaci e dei finanziatori di recuperare un’immagine ma, soprattutto, di recuperare territorio. Non a caso, le operazioni si sono estese anche in altri Paesi limitrofi. Comunque, il vero obiettivo è colpire l’esercito e le forze di polizia keniote che hanno partecipato attivamente ai combattimenti in Somalia.

D. – È stato colpito un bus di turisti. L’obiettivo sicuramente di Al Shabaab resta comunque quello di mettere in ginocchio anche l’economia keniota che si regge sul turismo…

R. – Sì, una strategia già seguita in altri Paesi. L’Egitto, tanto per citarne uno, ma anche Paesi della sponda nordafricana. Certamente, come dicevo, il tentativo, sempre nella strategia qaedista, è quello di allargare la zona di operazioni, coinvolgere più Stati, coinvolgere anche Stati che in qualche modo poi dimostrino di avere degli interessi e delle capacità diverse. Quindi, fare entrare in contraddizione la coalizione stessa e questa è una tipica strategia di Al Qaeda, cercando di minare anche le basi economiche.

D. – Con l’espandersi dello Stato islamico, il fronte del terrorismo si è un po’ spaccato e risulta diviso anche al suo interno: è importante spiegare che Al Qaeda e Al Shabaab, che ovviamente appartiene ed è legato ad Al Qaeda, come lo Stato islamico siano frammentati, quindi è difficile anche riconoscerli…

R. – Sì, dobbiamo anche ricordare che una delle conseguenze della globalizzazione è sempre quella di portare una frammentazione alla propria base e quindi persino i terroristi non possono sfuggire a questa regola. Quello che secondo me l’Occidente, la stessa Europa, gli Stati maggiori non fanno è dedicare oggi la dovuta, assoluta attenzione a delle riflessioni che non siano soltanto delle riflessioni tattiche operative sul terreno, cioè correre ai ripari solo quando hanno fatto inginocchiare e hanno ammazzato i cristiani. Bisogna cercare di avere anche azioni preventive e, come dire, una strategia più coesa.
(Radio Vaticana 22 11 2014)

In Nigeria nuova strage di Boko Haram, almeno 50 morti
Ennesima carneficina ad opera dei fondamentalisti islamici di Boko Haram, nel nord della Nigeria, che hanno ucciso oltre 50 persone nel villaggio di Doron Baga.

Sono già di fatto membri dell’Is i jihadisti di Boko Haram, che ieri sono tornati a uccidere nel nord della Nigeria, al confine con il Ciad, ma la notizia si è saputa solo oggi a causa delle difficoltà di collegamento delle zone rurali. Il villaggio di Doron Baga era già stato teatro dei loro sanguinosi agguati: ieri sono arrivati in motocicletta sparando contro la folla prima di sparire in mezzo alla giungla. Nel frattempo, l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), stima che oltre 900 persone sono morte negli ultimi due mesi tra Siria e Iraq per mano dell’Is.
(Radio Vaticana 23 11 2014)

DOCUMENTO

Prigionieri dell’Isis: diffuso il documento della vergogna
Marazziti, presidente del Comitato Diritti Umani della Camera dei Deputati, ha tenuto una conferenza stampa in cui ha mostrato il listino prezzi dei prigionieri del Califfato

Mario Marazziti, presidente del Comitato Diritti Umani della Camera dei Deputati, coinvolto in molte iniziative per la pace della Comunità di Sant’Egidio, è tornato da Erbil, Kurdistan iracheno, con una delegazione della Commissione Esteri...
Nel corso di una conferenza stampa presso la Camera dei deputati ha diffuso per la prima volta un documento, ritenuto attendibile e ricevuto da fonte ritenuta attendibile, che proviene dalle file dell’Isis. Contiene le norme e i tariffari ufficiali per la compravendita dei prigionieri schiavi con finalità di finanziamento del Califfato. La pena, in caso le tariffe non vengano rispettate, è capitale.

“Considerato che il tasso di cambio per un euro è di 1443 Dinari iracheni un bambino o una bambina da 1 a 9 anni costa circa 140 euro, un po’ meno di 200 dollari. E’ la merce di maggiore valore. Sia yazidi che cristiani. Sotto i 50 euro la ‘merce’ di minore valore, le donne oltre i 40 anni. Prezzi intermedi, sotto ai cento euro, per le donne cristiane o yazide tra i 20 e i 30 anni e tra i 30 e 40 anni”.

Marazziti definisce ciò “una mostruosità che fa parte del genocidio e che accade mentre parliamo. C’è poi una emergenza umanitaria che va affrontata dalla Comunità mondiale e dalla coalizione anti-Isis in contemporanea con la risposta militare e con una nuova strategia politica, perché il ritardo nella risposta umanitaria, questo inverno, favorirebbe il progetto Isis di pulizia etnica e la scomparsa definitiva dalla regione dei cristiani, degli yazidi, dei turcomanni, delle minoranze sciite e di tutte le altre comunità religiose millenarie”.

La guerra in corso, che coinvolge Siria e Iraq, e che con il Califfato vuole ridisegnare i confini dell’intero Medio Oriente spazzando via tutte le minoranze, yazidi, cristiani, torcomanni, sciiti, shabak e sunniti che non si sottomettono, con un vero e proprio genocidio, fisico, culturale e religioso, ha creato nel Kurdistan iracheno una emergenza umanitaria di dimensioni gigantesche. “Più di un milione di profughi, siriani in fuga dalla guerra e in gran parte con nuovi arrivi di massa dalla Piana di Ninive, dopo l’inizio di agosto, sono una cifra gigantesca, un quinto della popolazione, una catastrofe umanitaria”, ha detto Marazziti.
Il quale ha aggiunto: “Come se in Italia, in Francia o in Gran Bretagna negli ultimi due mesi fossero arrivati 12, 15 milioni di profughi e sfollati. E’ bene capirne le proporzioni, in un tempo in cui in Italia cresce il fronte di chi dice nemmeno un immigrato in più dal Mediterraneo e si vuole interrompere l’operazione Mare Nostrum, senza alternative efficaci, quando ha salvato direttamente più di 100 mila vite umane di persone fuggite dalle guerre”.
Affermando che non si può stare a guardare mentre proseguono le compravendite di schiavi, Marazziti lancia dunque un appello all’intera comunità internazionale: “Accanto allo sforzo militare, uno sforzo umanitario globale”.
07 Novembre 2014 (Zenit.org)

IRAQ - A Mosul i jihadisti dello Stato Islamico devastano con l’esplosivo il convento delle suore del Sacro Cuore
Secondo fonti locali consultate dall’Agenzia Fides, nella giornata di lunedì 24 novembre i miliziani jihadisti dello Stato Islamico che controllano la città di Mosul sono ricorsi a cariche esplosive per danneggiare gravemente il convento delle suore caldee del Sacro Cuore, in precedenza da loro occupato e usato come alloggio e base logistica.
I media legati alla comunità caldea riferiscono che la distruzione tramite esplosivo sarebbe avvenuta in due fasi: un primo tentativo non ha avuto esito, ma poi i jihadisti sono ricorsi a cariche più potenti di esplosivo, provocando danni gravi soprattutto alla chiesa, con l’intento di eliminare la croce che svetta su luogo di culto. Prima di mettere in atto la loro opera devastatrice, i miliziani dello Stato Islamico hanno avvertito gli abitanti della zona, suggerendo loro di tenere aperte le finestre per evitare che i vetri fossero infranti dallo spostamento d’aria.
Fonti locali ipotizzano che il convento sia stato abbandonato perchè considerato imminente bersaglio dei raid aerei realizzati anche a Mosul dalla coalizione anti-Califfato a guida Usa. Al momento non risulta che sia stato danneggiato l’adiacente monastero di san Giorgio, appartenente all’ordine antoniano di Sant’Ormisda dei caldei.
Il convento delle suore caldee del sacro Cuore, noto come convento della Vittoria, era stato costruito grazie a una donazione di Saddam Hussein, il Presidente iracheno giustiziato per impiccagione il 30 dicembre 2006. (Agenzia Fides 25/11/2014).

PAKISTAN - Cristiano torturato e ucciso mentre era in custodia della polizia
Un cristiano di 35 anni, Rakha Shahzad, è stato rinvenuto morto dopo essere stato torturato mentre era in custodia della polizia di Lahore. L’uomo era in stato di arresto con l’accusa di “vendita di alcolici e droga”. Come riferisce la sua famiglia, “Shahzad è morto a causa delle torture della polizia”, mentre gli agenti parlano di un “attacco di cuore” durante l’interrogatorio.
P. Francis Nadeem, provinciale dei Cappuccini in Pakistan, riferisce all’Agenzia Fides lo sconcerto della comunità cristiana “per l’ennesimo omicidio extragiudiziale”. I familiari del defunto hanno avviato vibranti proteste a Lahore, cercando anche di entrare con la forza nella stazione di polizia. Tre agenti sono stati denunciati e una inchiesta è stata avviata. Il cadavere dell’uomo è stato trasferito in ospedale dove si farà un’autopsia per stabilire le cause del decesso. Il fratello di Shahzad dichiara che l’uomo “era stato arrestato senza motivo” e chiede allo stato di occuparsi della sua famiglia.
L’avvocato cristiano Mushtaq Gill commenta a Fides: “ Il mondo intero è ancora profondamente scioccato e scandalizzato per il linciaggio della coppia cristiana a Kasur, ma le violenze continuano. E’ urgente abrogare le leggi che sono abitualmente utilizzate per perseguitare i cristiani e garantire giustizia e legalità, a partire dall’opera e dal comportamento della polizia e dei funzionari pubblici”. (Agenzia Fides 25/11/2014)

TESTIMONIANZA

Centrafrica: gesto di riconciliazione di mons. Nzapalainga

“Per me, in quanto uomo di Dio, laddove si trovino degli uomini, delle donne e dei bambini, questi sono figli di Dio, creati a sua immagine, ed io ho l’obbligo di andare loro incontro”: lo ha detto ieri mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui e presidente della Conferenza episcopale, spiegando il senso dell’iniziativa umanitaria intrapresa dalla Chiesa nel campo Beal, che accoglie 874 membri dell’ex coalizione ribelle Seleka.

Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, mons. Nzapalainga ha guidato una delegazione di cristiani, donne e uomini, con aiuti alimentari raccolti da Caritas-Centrafrique, che sono stati distribuiti sul posto dalle donne di diverse associazioni del volontariato cattolico. Facevano parte della delegazione un’equipe medica composta da 5 suore infermiere e da una laica.

Nella Repubblica Centrafricana è in atto un difficile processo di disarmo e di acquartieramento degli ex ribelli Seleka e dei loro antagonisti, le milizie anti-balaka, in campi provvisori dove le condizioni di vita sono molto precarie. Il dramma umanitario è accentuato dal fatto che, accanto agli ex combattenti, ci sono anche le loro famiglie, con donne e bambini.

I Seleka si sono resi responsabili di danni e persecuzioni gravissime nei confronti delle chiese cristiane, compresa quella cattolica, durante il periodo nel quale avevano preso il potere.

Il gesto di mons. Nzapalainga, che si è sempre battuto per la pace e la riconciliazione nazionale insieme al Pastore Nicolas Grékoyamé-Gbangou, presidente delle Chiese Evangeliche, e all’imam di Bangui Oumar Kobine Layama, è stato apprezzato dal comandante del campo Beal, Rodrigue Yamendji. “ Ringrazio molto calorosamente l’equipe della Chiesa cattolica che è venuta a visitarci” ha detto Yamendji, considerando la visita come parte dei piani di Dio. “Auspico - ha proseguito - che questa volontà di riconciliazione continui, perché tutti i centrafricani possano ricostruire il nostro Paese”.

Padre Patrick Mbea, Superiore regionale degli Spiritani, ha annunciato che si sta valutando la creazione di una scuola nel campo Beal, così come in altri campi d’accoglienza. Mons. Nzapalainga ha infine manifestato la sua intenzione di visitare anche i campi dove sono accolti i miliziani anti-balaka.
Radio Vaticana 25 11 2014

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