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2014 11 19 Papa Francesco: fermiamo violenza contro cristiani. INDONESIA - estremisti islamici impediscono di celebrare Messa. SUD SUDAN - Uccisa la prima donna sindaco di Yei: un atto contro Chiesa. GERMANIA - non manda la figlia a lezione di educazione

Fonte:
CulturaCattolica.it

Papa Francesco: fermiamo assurda violenza contro cristiani
Con “grande trepidazione” Francesco segue le vicende dei cristiani che sono duramente colpiti da “un’assurda violenza – ha sottolineato – che non accenna a fermarsi” e che “hanno diritto di ritrovare nei propri Paesi sicurezza e serenità, professando liberamente” la propria fede. Da qui l’incoraggiamento “ad essere forti e saldi nella speranza”:
"Ancora una volta rivolgo un accorato appello a quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale, come pure a tutte le persone di buona volontà, affinché si intraprenda una vasta mobilitazione di coscienze in favore dei cristiani perseguitati”.

E, tra i drammi dimenticati dalla comunità internazionale, è quella dei cristiani in fuga dall’Iraq, come denuncia p. Raymond Moussalli, vicario del vescovado caldeo ad Amman, in Giordania, dove sono stati di recente accolti oltre 100 mila profughi a causa dell’avanzata delle milizie dello Stato islamico a Mossul e nella Piana di Ninive. (Radio Vaticana 12 11 2014)

INDONESIA -West Java: estremisti islamici impediscono di celebrare Messa
Dopo aver attaccato la comunità protestante, gruppi estremisti del Fronte di difesa islamico (Fpi) e del Formasi (Forum della comunità islamica indonesiana) hanno colpito i cattolici, bloccando le funzioni del fine settimana e impedendo ai fedeli di riunirsi e celebrare Messa. A lanciare l'allarme una serie di sms che hanno iniziato a circolare nei giorni scorsi e confermati poi da padre Saptono, sacerdote della parrocchia di santa Odilia a Cinunuk, nella reggenza di Bandung (provincia di West Java).
Teatro del raid, avvenuto domenica scorsa - riferisce l'agenzia AsiaNews - il complesso di san Carlo Borromeo, circondato da dozzine di estremisti che - lanciando slogan e messaggi ingiuriosi - hanno impedito di celebrare i riti della domenica.
Gli affiliati del Fpi e del Formasi hanno minacciato di incendiare la struttura se, in futuro, verranno celebrate altre Messe o funzioni cristiane. Per scongiurare danni peggiori, il sacerdote - mentre era impegnato in una discussione con alcuni rappresentati dei gruppi estremisti - ha chiesto ai fedeli di rimuovere gli oggetti sacri e i simboli della fede.
Una mossa che ha convinto gli estremisti a frenare la loro follia devastatrice, a fronte della promessa da parte del sacerdote che non vi sarebbero più state celebrazioni nella struttura. Rivolgendosi ai fedeli, padre Saptono parla di evento "scioccante" per una comunità privata del proprio diritto alla preghiera e alla libera pratica del culto "dopo 16 anni di esistenza pacifica".

La presenza dei cattolici nell'area risale al 1995. "Dopo le quattro chiese protestanti bloccate dall'11 ottobre scorso - aggiunge il sacerdote - ora è toccato alla comunità cattolica". Limitazioni alla pratica del culto hanno riguardato non solo Cinunuk, ma anche località sparse nel West Java, sinora considerata una delle aree più a rischio per fenomeni di intolleranza o violenza a sfondo confessionale. Attacchi che non hanno riguardato solo i cristiani, ma hanno visto coinvolte anche altre minoranze, fra cui ahmadi e sciiti.
L'Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo in cui i cattolici sono il 3% del totale, si sta affermando nelle ultime settimane come uno dei centri di maggiore attivismo dell'estremismo islamico per tutta la regione dell'Asia-Pacifico. (Radio Vaticana 13 11 2014)

SUD SUDAN - Uccisa la prima donna sindaco di Yei: un atto contro la Chiesa e contro la pace
Forte condanna della Chiesa per il barbaro omicidio del primo sindaco donna di Yei, nel sud-ovest del Sud Sudan, Cecelia Oba Tito, il cui corpo è stato trovato, insieme a quello del suo capo di gabinetto, Emmanuel Lemi, il 9 novembre nei pressi di una casa in costruzione alla periferia della capitale, Juba. Mons. Zachariah Angutuwa Sebit, Vicario Generale della diocesi di Yei, ha affermato che il duplice omicidio è un atto contro la popolazione della Yei River County e, più in generale, contro la pace nel Sud Sudan.
Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, Mons. Sebit ha aggiunto che gli assassini dell’ex sindaco volevano colpire la Chiesa ed ha chiesto alle autorità di garantire la sicurezza dei cittadini. La signora Tito è stata un membro attivo della Chiesa in Sud Sudan, e si è battuta per promuovere i diritti delle donne nel suo Paese, in particolare l’accesso all’educazione.
Dopo essere stata eletta deputato all’Assemblea Nazionale, ha partecipato alla stesura della Costituzione del Sud Sudan (che ha raggiunto la piena indipendenza nel luglio 2011) e nel 2013 era stata eletta sindaco di Yei. (Agenzia Fides 14/11/2014)

GERMANIA: non manda figlia a lezione di educazione sessuale, genitore arrestato
In Germania, in un piccolo comune della Renania Vestfalia, un genitore è stato arrestato perché si è rifiutato di mandare la propria figlia ad una lezione di educazione sessuale della scuola elementare. L’assurda vicenda è stata possibile in forza di una normativa approvata già da alcuni anni. E’ quanto sottolinea dalla città tedesca di Chemnitz, Andrea Rebeggiani, professore di lettere in pensione, da 27 anni in Germania. L’intervista è di Alessandro Gisotti:

R. – La notizia o il fatto non è nuovo, si è ripetuto. E’ già accaduto alcuni anni fa che altre famiglie di confessione battista hanno rifiutato che i loro figli frequentassero le lezioni di educazione sessuale e hanno preteso che su questa materia i figli fossero educati in casa. Per questo motivo sono stati denunciati, essendoci una legge non generale dello Stato, ma dei Länder, che vieta questo, vieta cioè la possibilità di istruire i figli a casa. Questa legge prevede multa o arresto per i genitori che si rifiutino di mandare i figli a scuola durante queste lezioni.
D. – Non si tratta di arresto di genitori che non mandano i figli a scuola, ma che non li mandano proprio a queste lezioni…
R. – Non vogliono mandarli a queste lezioni e dicono: “Sull’educazione sessuale siamo noi i primi responsabili”.
D. – Come è possibile che una nazione democratica e libera come la Germania mandi in carcere, quindi praticamente assimilandoli ai criminali, genitori che non vogliono mandare a queste lezioni specifiche di educazione sessuale i propri figli?
R. – Perché esiste una normativa, in Germania, che obbliga i genitori a mandare i figli a scuola in generale. In questo contesto non ci si può rifiutare di mandare i figli oppure di far ricevere dai figli tutte le offerte della scuola. Si può soltanto raggiungere un accordo con i professori e con il preside, perché i genitori vengano informati dei contenuti di queste lezioni e anche della data in cui queste lezioni vengono impartite.
D. – La questione dell’educazione sessuale, ovviamente, ha creato molta preoccupazione, perché sostanzialmente queste lezioni – si dice – sono molto fortemente orientate in un certo senso…
R. – Posso confermarlo anche per l’esperienza che ho dei miei figli, soprattutto in alcuni Länder, come il Nordrhein-Westfalen. Una coppia della nostra comunità di Monaco aveva una bambina all’asilo e la bambina tornava molto disturbata. Informandosi, hanno scoperto che questi bambini venivano educati sessualmente a toccarsi per conoscersi. Sono andati a protestare dai professori e hanno ritirato i bambini.
D. – Come ritiene che sia possibile una cosa del genere?
R. – Perché la teoria “gender” è entrata ovunque e viene accettata acriticamente come la verità e come una buona base per liberare la personalità dei figli, facendola crescere meglio, più libera e più autonoma.
D. – Lei sta parlando anche di asilo, quindi stiamo parlando di bambini di due, tre anni?
R. – In alcuni asili, non potrei dire quanti, ho letto che viene istituito un angolo dove i bambini possono ritirarsi e lì accarezzarsi, toccarsi, conoscersi.
D. – Non ci sono particolari manifestazioni popolari o in qualche modo una reazione della Chiesa e non solo?
R. – La Chiesa ha preso posizione ufficiale contro questo e ogni tanto si leggono dichiarazioni dei vescovi. C’è, però, un’associazione di genitori, che si è organizzata spontaneamente a Stoccarda, e che pubblica anche un bollettino, informando su tutto quello che succede.
D. – Quindi, diciamo che c’è una risposta di base spontanea, ma non ci sono grandi reazioni a livello politico?
R. – Non viene sentito ancora a livello generale. La tendenza a livello generale, anche governativa, è di accettare la teoria “gender”, di introdurla obbligatoriamente in tutti i livelli della scuola.
(Radio Vaticana 13 11 2014)

TESTIMONIANZA

Asia Bibi, la fede come sostegno
Il marito della donna condannata a morte per blasfemia parla della sofferenza e della fede in Dio di sua moglie

“Tutti noi speravamo nell’assoluzione in appello, ma così non è stato”. Parola di Ashiq Masih, marito di Asia Bibi, la donna cristiana che è stata condannata a morte per blasfemia in Pakistan. Nonostante l’amarezza dovuta all’ultima sentenza, il marito non vuole però abbandonare la speranza. In un’intervista ad Avvenire afferma: “Ora confidiamo che la Corte suprema faccia giustizia e liberi Asia dalla catene in cui l’ha ridotta la legge di blasfemia”. E aggiunge: “Nonostante tutto, abbiamo ancora fiducia nella giustizia”.
L’uomo non nasconde che l’assenza di sua moglie genera tristezza ed apprensione in famiglia, ma aggiunge: “Ogni giorno preghiamo per Asia, perché Dio la liberi presto, secondo la sua volontà. Restiamo uniti, lei è presente nei nostri cuori”. La preghiera è dunque un sollievo da questa sofferenza. “Crediamo possa aprire tutte le porte”, sospira Ashiq.
A proposito di come sua moglie sta vivendo questo momento, l’uomo spiega: “La fede la sorregge, è la sua roccia. La Bibbia è la sua compagna quotidiana. Confida in Dio e nel suo amore. Per questo è viva”. La sua ultima visita in carcere risale a pochi giorni fa.“Ha il cuore spezzato - dice -. Fra le lacrime chiedeva a Dio di avere misericordia di lei e di farla uscire dal carcere. Farei qualunque cosa per aiutarla”.
Il marito ha dunque cercato di confortarla “dicendole che le comunità cristiane in tutto il mondo sono al suo fianco e pregano per lei, mentre tante persone si stanno prodigando per restituirle la libertà”. Ashiq è sicuro: “Se Asia uscirà viva da quel carcere, se riavrà una vita di libertà e di amore, sarà per opera di Dio. Gli chiediamo ogni giorno di ‘completare l’opera sua’, come dice il salmo”.
07 Novembre 2014 (Zenit.org)

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