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2014 10 29 Almeno 150 milioni di cristiani perseguitati. TESTIMONIANZA: Lettera di Asia Bibi al PAPA

Fonte:
CulturaCattolica.it

150 milioni di cristiani sotto assedio
da Avvenire giovedì 23 ottobre 2014
Il caso. Da Parigi arriva il “Libro nero” delle persecuzioni: analisi e reportage mostrano che oggi la religione del Vangelo è la più oppressa del mondo
I numeri choc del «libro nero» sulle persecuzioni Le stime sul numero di cristiani perseguitati nel mondo variano fra cento e centocinquanta milioni, ma si sale fino a duecento milioni se si allarga lo spettro alle forme gravi di discriminazione. È quanto emerge dal Libro nero della condizione dei cristiani nel mondo, una raccolta di studi,...

Almeno 150 milioni…
Da Radio Vaticana 23 10 2014
Almeno 150 milioni di cristiani rischiano la vita a causa di persecuzioni antireligiose. E’ il dato impressionante contenuto nel volume “Il libro nero sulla condizione dei cristiani nel mondo”, pubblicato dall’editrice francese Xoeditions, presentato oggi a Parigi tra gli altri dal prof. Andrea Riccardi, che è uno dei 70 autori del volume di oltre 800 pagine. Il libro verrà pubblicato in Italia da Mondadori il prossimo 6 novembre. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Tra 150 e 200 milioni di cristiani non possono vivere la loro fede liberamente nel mondo di oggi. Nel primo scorcio del XXI secolo, il 75 per cento delle violenze perpetrate contro una minoranza religiosa riguarda proprio i cristiani. Sono alcuni dei dati impressionanti del “Libro nero sulla condizione dei cristiani del mondo” che evidenziano che per tantissimi discepoli di Gesù il martirio non è solo un ricordo del passato. Nel volume, coordinato dal giornalista Samuel Lieven del quotidiano cattolico francese La Croix, decine di mappe, grafici e statistiche mostrano analiticamente e in modo oggettivo quanto i cristiani siano oggi sotto attacco in decine di Paesi del mondo. Se infatti, in Medio Oriente o in alcuni Paesi africani come la Nigeria, i cristiani sono entrati nel mirino degli islamisti, in alcune aree dell’Asia sono vittime di estremisti indù e buddisti. Ma i cristiani sono oggetto di minacce e violenza anche nella “cattolica” America Latina dove sacerdoti e operatori pastorali sono spesso bersaglio della criminalità organizzata e del narcotraffico.

Un quadro drammatico dunque che si riflette nella domanda che pone il libro fin dalla copertina “Una civiltà in pericolo?”. Sulle cause di questa persecuzione, abbiamo intervistato Marta Petrosillo, portavoce in Italia dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”:

R. – La prima ragione è che sono minoranza in tanti Paesi nel mondo. E’ un dato numerico, che però si associa anche ad un altro dato, ovvero che, nei Paesi in cui i cristiani sono la maggioranza, non si verificano discriminazioni o persecuzioni di carattere religioso così gravi. Un altro motivo, per cui i cristiani sono perseguitati, risiede proprio negli stessi valori cristiani. Mi ricordo che un paio di anni fa parlavo con un ragazzo di Baghdad, un cristiano caldeo, e lui mi ha detto: “Tutti sanno che noi non reagiremo mai, che noi non porteremo mai una pistola e questo ci rende maggiormente vulnerabili”.

D. - Anche Papa Francesco, ultimamente, parlando dei cristiani del Medio Oriente, ha detto che queste persecuzioni avvengono nell’indifferenza di tanti...

R. – E’ sempre importante mantenere l’attenzione alta. Come ha detto Papa Francesco, durante l’ultimo Concistoro, non dobbiamo rassegnarci ad un Medio Oriente senza cristiani. E questo deve veramente coinvolgerci tutti, perché dobbiamo essere tutti molto coscienti di quanto stia succedendo. Negli ultimi mesi si è parlato molto di Iraq, però in pochi sanno che, al di là di quest’ultima e drammatica crisi, la comunità irachena sta soffrendo veramente da molti anni. Nel 1987 vi erano 1 milione e 400 mila cristiani e adesso, quando è iniziata questa crisi, quando è iniziata l’avanzata dello Stato Islamico, erano 300 mila.

D. – “Aiuto alla Chiesa che soffre” pubblicherà proprio nei prossimi giorni un rapporto, che ha molto a che vedere con il tema di questa importante pubblicazione. Ci può dare qualche anticipazione, almeno a livello generale?

R. – Il 4 novembre presenteremo la nuova edizione del “Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo”, che è un rapporto che fotografa la situazione di ogni Paese. Vi saranno 196 schede diverse e la situazione della libertà religiosa, con riferimento non soltanto ai cristiani, ma a tutti i gruppi religiosi. Purtroppo, anche quest’anno, non si riscontrano miglioramenti. Al fondamentalismo si associano anche scelte governative - per esempio, il Pakistan con la legge antiblasfemia – o situazioni come, ad esempio, in India, dove il nazionalismo sta colpendo fortemente le minoranze. Come diceva Giovanni Paolo II: “La libertà religiosa è la cartina di tornasole del rispetto dei diritti in ogni Paese”. Lì dove la libertà religiosa è negata, probabilmente lo saranno anche tutti gli altri diritti umani.

Anche altre fonti confermano i dati:

Ogni anno muoiono 100 mila cristiani a causa della persecuzione religiosa
Il Centro per gli Studi del Cristianesimo Globale negli Stati Uniti stima che circa 100 mila cristiani muoiono ogni anno a causa del proprio credo religioso, ossia uno ogni cinque minuti. Inoltre, in vari Paesi, molte altre minoranze religiose subiscono violenza e persecuzione. Solo per citarne qualcuno, in Irak, Siria, Nigeria, Camerun, Sudan, Pakistan, Somalia e Egitto, anziani, donne, uomini e i loro figli cristiani vivono in condizioni di totale insicurezza. Vengono cacciati dalle loro case; messi in carcere per blasfemia, e uccisi brutalmente, durante le celebrazioni liturgiche le chiese vengono bruciate. Le bambine vengono rapite e costrette a sposarsi. Tra le varie iniziative a favore della libertà di religione e di culto, la fondazione spagnola CitizenGo, nata per promuovere il rispetto in tutti i contesti della dignità umana e dei diritti che scaturiscono da essa, e la Fondazione internazionale Novae Terrae hanno promosso una petizione per la tutela dei cristiani e delle altre minoranze religiose in Medio Oriente e in altre parti del mondo dove il fenomeno è costante. Finora hanno firmato oltre 200 mila persone. Le due fondazioni sollecitano i leader europei e degli altri continenti ad impegnarsi a favore della libertà di religione e di culto, contro ogni tipo di persecuzione. (23/10/2014 Agenzia Fides)

TESTIMONIANZA:

“Papa Francesco, sono tua figlia, Asia Bibi”
La madre cristiana, accusata in Pakistan di blasfemia, invia una lettera al Pontefice, in cui esprime le sue speranze e la fede in Dio, nonostante l’Alta Corte di Lahore abbia confermato nei giorni scorsi il verdetto della sua condanna a morte
Di Salvatore Cernuzio

Dopo che l’Alta Corte di Lahore ha confermato in appello il verdetto della sua condanna a morte, Asia Bibi, la donna e madre cristiana accusata di blasfemia in Pakistan, ha pensato che ci fosse solo una persona a cui rivolgersi per ritrovare speranza e consolazione: il Papa.
Ha quindi preso carta e penna e, dal carcere in cui è rinchiusa da circa 5 anni, ha indirizzato al Pontefice una commossa missiva che potrebbe restare alla storia come la professione di fede di una martire del nostro tempo.

“Papa Francesco, sono tua figlia, Asia Bibi. Ti scongiuro: prega per me, per la mia salvezza e per la mia libertà”, si legge nelle prime righe del testo ricevuto dal sito d’informazione religiosa VaticanInsider.
Nonostante le persecuzioni e l’angoscia di una morte imminente, Asia non smette di testimoniare la sua fede: “Sono ancora aggrappata con forza alla mia fede cristiana e nutro fiducia in Dio, mio Padre, che mi difenderà e mi restituirà la libertà”, dice al Santo Padre.
“Confido anche in te, Santo Padre Francesco, e nelle tue preghiere”, prosegue, “so che stai pregando per me con tutto il cuore. So che, grazie alla tua preghiera, la mia libertà potrebbe essere possibile. Nel nome di Dio Onnipotente e della sua gloria, ti esprimo tutto il mio ringraziamento per la tua vicinanza, in questo momento di sofferenza e delusione”.

Un pensiero di riconoscenza, la cristiana lo rivolge poi anche alla “Renaissance Education Foundation” di Lahore, la fondazione che, dal momento dell’arresto, “sostiene mio marito Ashiq e la mia famiglia”.

Proprio pensando al consorte e ai suoi cinque figli, Asia Bibi confida a Bergoglio il suo desiderio più profondo, nonché la sua “unica speranza” in questi momenti di dolore: “Poter vedere un giorno la mia famiglia riunita e felice”.
“Io - scrive - credo che Dio non mi abbandona e che ha un progetto di bene e di felicità per me, che si avvererà ben presto. Sono grata a tutte le persone che nelle comunità cristiane in tutto il mondo pregano per me e fanno di tutto per aiutarmi”. Infine, invoca il Signore affinché “doni luce e saggezza a tutti coloro che sono impegnati nel mio caso”.

Un caso, questo della giovane pakistana, che va avanti dal 2009 e che ha mobilitato il mondo intero impegnatosi in campagne, petizioni e appelli internazionali. Una su tutte quella di Articolo 21 che, finora, ha già raccolto oltre 680mila firme in tutto il mondo.
La vicenda di Asia Bibi risale al 19 giugno del 2009, quando nell’azienda agricola dove lavorava, le operaie, in maggioranza musulmane, rifiutano di bere dell’acqua che lei aveva sorseggiato perché “impura”. Ne scaturisce un’accesa discussione religiosa, in cui Asia, accusata dalle altre donne, difende il suo credo affermando che “Gesù è vivo, Maometto è morto” e che “il nostro Cristo è il vero profeta di Dio, non il vostro”.
Le due operaie picchiano la collega e riferiscono il caso a un imam, che la denuncia ad un tribunale di Nankana. Quindi, nel novembre 2010, viene emessa la condanna a morte, in base alla legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan.

Il caso di Asia Bibi è la classica goccia che fa traboccare il vaso riaccendendo una disputa lunga anni su tale legge che, difesa strenuamente dai fondamentalisti islamici, viene denunciata dai più come strumento di ricatto usato per regolare dispute materiali e personali oltre che la legge più retrograda dell’intero mondo arabo e musulmano.
La discussione arriva a livelli tali da causare addirittura la morte di due politici pachistani: il governatore del Punjab, Salman Taseer, ucciso nel gennaio del 2011 per aver difeso Asia Bibi ed essersi pronunciato contro di essa, e Shahbaz Bhatti, l’unico ministro cristiano del governo di Islamabad, morto sotto raffiche di kalashnikov da un commando di talebani due mesi dopo aver chiesto una riforma della legge.

Il sacrificio dei due uomini, tuttavia, non ha portato a nessun risultato. Anzi, “la giustizia è sempre più in mano agli estremisti”, ha affermato l’avvocato della Bibi, Shakir Chaudhry. E la conferma del verdetto ne è la dimostrazione, nonostante, in questi anni - ha sottolineato la legale - ai giudici siano state presentate argomentazioni che “smontavano l’impianto accusatorio, smascherando testimoni poco credibili e l’evidente costruzione di false accuse”.

Evidentemente sulla mobilitazione internazionale ha prevalso la pressione interna. C’era addirittura chi aveva giurato di uccidere la “blasfema” se mai fosse uscita dalla prigione.
E mentre nel paese, dopo la divulgazione della sentenza della Corte, una decina di imam ha festeggiato per quello che hanno definito “un giorno di vittoria per l’Islam”, l’intera Chiesa pakistana si è riunita, il 21 ottobre scorso, in una Giornata di digiuno e preghiera per chiedere a Dio che ad essere soppressa sia una legge ingiusta e non l’ennesima innocente. 27 Ottobre 2014 (Zenit.org) -

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