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2014 10 08 SIRIA- Un francescano e alcuni suoi parrocchiani rapiti. NIGERIA - Violenze di Boko Haram: 185 chiese distrutte e 190mila profughi. ITALIA - “Sentinelle in piedi” aggredite: libertà d’espressione minacciata CENTRAFICA - Camilliano premiato per

Fonte:
CulturaCattolica.it

SIRIA - Un francescano e alcuni suoi parrocchiani rapiti da al-Nusra
I Padri francescani della Custodia di Terra Santa confermano che il rapimento del loro confratello padre Hanna Jallouf – sequestrato insieme ad altri cristiani del villaggio siriano di Knayeh - è opera dei jihadisti del fronte al-Nusra. In un comunicato diffuso dalla Custodia e inviato all’agenzia Fides, si conferma che il rapimento collettivo è avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 ottobre e che il parroco Jallouf insieme agli altri rapiti sono stati sequestrati da “brigate legate a Jahbat al-Nusra”.
Il numero dei rapiti non viene specificato.
Il vescovo Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, ha riferito sempre all’agenzia Fides, che insieme al parroco sarebbero stati prelevati “una ventina” di ragazzi e ragazze. “Le suore che erano nel convento - si legge nel comunicato della Custodia - hanno trovato rifugio in alcune case del villaggio”.
La Custodia di Terra Santa conferma che per il momento non si sa dove siano stati portati i sequestrati, e non c’è stato modo di contattare loro o i loro rapitori. Il comunicato si conclude con l’invito a pregare per il parroco e i suoi parrocchiani rapiti “e per le altre vittime di questa guerra tragica e insensata”.
(Radio Vaticana 07 10 2014)

NIGERIA- Violenze di Boko Haram: 185 chiese distrutte e 190mila profughi
Sono 185 le chiese incendiate, oltre 190.000 le persone costrette alla fuga. È il bilancio delle violenze perpetrate da Boko Haram negli ultimi due mesi nella diocesi di Maiduguri, il cui territorio comprende gli Stati della Nigeria settentrionale di Borno, Yobe e alcune aree di quello di Adamawa. Lo rende noto il direttore delle Comunicazioni sociali della diocesi, don Gideon Obasogie.
Negli ultimi due mesi 11 città comprese nel territorio della diocesi sono cadute nelle mani di Boko Haram (secondo il vescovo del luogo, mons. Oliver Dashe Doeme, la setta islamista controlla in tutto 25 città nel nord della Nigeria). “Trenta giorni fa, le comunità cattoliche di Gulak, Shuwa, Michika, Bazza ed altre, sono state saccheggiate dai crudeli attacchi dei terroristi di Boko Haram” afferma il direttore delle Comunicazioni sociali.
“Gwoza e Magadali sono sotto il controllo dispotico e tirannico dei terroristi da 60 giorni” sottolinea don Obasogie. “I nostri sacerdoti sono sfollati, mentre i cittadini, che si suppone dovessero celebrare l’indipendenza come nazione libera, invece piangono i loro morti e sono ridotti allo stato di sfollati interni. Dov’è allora la libertà?” si chiede il sacerdote.
Don Obasogie descrive le terribili condizioni nelle quali sono costretti a vivere gli sfollati, accolti nelle abitazioni di parenti e amici (anche 60-70 persone alla volta), oppure in strutture improvvisate a Maiduguri, Mubi, Yola, Uba, Gombe, Biu e Damaturu. Il pensiero degli sfollati va a coloro che non sono riusciti a fuggire, persone anziane o malate ma pure giovani. Le donne sono vittime di violenze sessuali mentre si diffondono le pratiche di decapitare gli ostaggi dei terroristi, come è successo ad un pilota militare che è stato catturato dopo essersi lanciato dal suo aereo abbattuto da Boko Haram l’11 settembre.
Il 7 ottobre, si è aperto a Niamey, capitale del Niger, un vertice regionale per la lotta contro Boko Haram, che sta minacciando anche i Paesi limitrofi, come dimostrato dalla morte di 7 persone nel nord del Camerun, uccise da un razzo sparato dagli integralisti nigeriani.
(Radio Vaticana 07 10 2014)

ITALIA- “Sentinelle in piedi” aggredite: libertà d’espressione minacciata

Più di 10mila “Sentinelle in piedi” hanno manifestato ieri pacificamente – e nel silenzio, com’è il loro stile - nelle piazze di 100 città italiane per manifestare a favore della libertà d’espressione e della famiglia. I dimostranti in alcuni casi sono stati insultati o aggrediti da gruppi estremisti, ma non hanno reagito alle violenze. Sergio Centofanti ne ha parlato con una Sentinella in piedi che per motivi di sicurezza ha chiesto di mantenere l’anonimato:

R. – Ieri è stata una giornata importante perché le Sentinelle in piedi, nate nell’agosto 2013, sono scese contemporaneamente in 100 piazze d’Italia. Sentinelle che – lo preciso onde evitare fraintendimenti – non sono confessionali: tra le Sentinelle abbiamo anche persone musulmane, atei … quindi, non hanno una matrice cattolica. Le Sentinelle in piedi sono un movimento spontaneo, un insieme di persone che manifestano in maniera apartitica e apolitica, semplicemente per riaffermare la libertà di espressione, principalmente. Libertà di espressione e di opinione che, come abbiamo visto soprattutto ieri, in tante piazze d’Italia è stata assolutamente violata: tante Sentinelle che si erano radunate per vegliare nel consueto modo – quindi in silenzio, con un libro in mano, semplicemente dimostrando con la loro presenza la loro coscienza e il loro essere preoccupati di fronte a determinate cose che si stanno instaurando a livello politico e sociale – queste Sentinelle che erano assolutamente pacifiche sono state aggredite. Quindi, la libertà di espressione che le Sentinelle stesse vanno a difendere, si è dimostrata essere violata da atteggiamenti spesso anche molto violenti.

D. – Ci sono stati feriti?

R. – Posso dirle, perché ero presente lì, del caso di Rovereto dove una trentina di giovani sedicenti anarchici si sono presentati un quarto d’ora prima dell’inizio della veglia nella piazza che era stata adibita per la manifestazione, e hanno minacciato gli organizzatori che in quel momento erano presenti per sistemare le ultime cose, intimando loro di abbandonare il luogo, di andarsene, insomma. E quando gli organizzatori hanno risposto di avere un regolare permesso della Questura e che quindi la manifestazione era autorizzata, hanno iniziato a lanciare uova e gavettoni. Il risultato è stato che due persone, tra cui anche un sacerdote, sono finite al pronto soccorso: uno degli organizzatori si è ritrovato con il setto nasale rotto mentre il sacerdote ha avuto una prognosi di due giorni.

D. – Voi manifestate in silenzio, in particolare contro il disegno di legge sull’omofobia …

R. – Esatto. Diciamo che il disegno di legge sull’omofobia, che adesso è al Senato, ha tra le proprie corde proprio il fatto di togliere la libertà di espressione, impedendo alle persone di dire, per esempio, che il matrimonio è solo ed esclusivamente tra un uomo e una donna o che i bambini hanno diritto ad avere un padre e una madre … Sono cose assolutamente banali: Chesterton direbbe che si stanno sguainando le spade per dimostrare che in estate le foglie sono verdi … Però, ci troviamo in un contesto sociale che ci chiama a riaffermare anche queste cose assolutamente basilari.

D. – C’è un clima preoccupante in Italia?

R. – Direi che in molte piazze è emerso proprio questo, ieri. Tante persone che sono scese in piazza con le Sentinelle in piedi – in totale si è fatta una stima di 10 mila persone che hanno vegliato ieri in Italia – in maniera silenziosa, assolutamente pacifica, senza fare del male a nessuno, sempre nel pieno della legalità, con permessi chiesti alla Questura, sono state insultate semplicemente per la loro presenza silenziosa. Questo denota un clima decisamente aggressivo e certamente preoccupante, nel senso che la libertà d’espressione sembra molto minacciata in Italia, molto più di quello che noi crediamo e pensiamo.
(Radio Vaticana 06 10 2014)

TESTIMONIANZA

Centrafrica. Camilliano premiato per aver salvato decine di musulmani
Una missione che è rimasta fedele al carisma di San Camillo e che ha aiutato e soccorso tanti centrafricani nel periodo difficile degli scontri tra milizie Seleka e milizie anti-Balaka. E’ quella di Bossemptélé, dove una comunità di Camilliani, insieme ad altre religiose, gestisce un ospedale e cura l’apostolato della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù. Human Rights Watch ha conferito al superiore della comunità, padre Bernard Kinvi, il premio Alison Des Forges per aver salvato la vita a decine di musulmani mettendo a repentaglio la propria. Tiziana Campisi lo ha intervistato e gli ha chiesto qual è la situazione adesso a Bossemptélé:

R. - On peut parler d’un moment de calme, de tranquillité…
Si può parlare di un momento di calma, di tranquillità. Si può dire che la speranza della pace sta rinascendo.

D. - Cosa fate nella missione?

R. - Dans notre mission…
Nella nostra missione ci sono due comunità religiose, dei Camilliani e delle Carmelitane. I Padri camilliani si occupano soprattutto della parrocchia Santa Teresa del Bambin Gesù di Bossemptélé e poi dell’ospedale San Giovanni Paolo II di Bossemptélé.

D. - Come avete vissuto i primi mesi di quest’anno?

R. - C’etait des moments très difficiles…
Sono stati dei momenti molto difficili, una cosa che io non avrei mai immaginato, pensato, nella mia vita, e tuttavia è successo e il Signore ci ha dato la forza di vivere tutti questi momenti. Bisogna dire che in realtà erano le milizie Seleka che ci minacciavano e minacciavano la popolazione, e tutti i non musulmani erano minacciati di morte. C’è stata quindi una rivolta di non musulmani contro le milizie Seleka ma che è degenerata. Sicché le milizie anti-Balaka, che sono venute a cacciare le milizie Seleka, hanno commesso anche più esazioni delle milizie Seleka. Hanno ucciso tutti coloro che vedevano come musulmani. In realtà i media presentavano queste milizie anti-Balaka come dei cristiani, come una milizia cristiana, ma non erano milizie cristiane. Noi abbiamo dovuto prenderci cura innanzitutto dei non musulmani che erano minacciati dai Seleka e quando la milizia anti-Balaka ha preso il sopravvento ci siamo dedicati all’aiuto dei civili musulmani che fuggivano. Le milizie anti-Balaka hanno cominciato con l’attaccare i musulmani, abbiamo visto molti morti nelle strade; siamo andati a prendere i morti per seppellirli, abbiamo trovato molti profughi nei quartieri, li abbiamo accompagnati in ospedale; abbiamo curato molti feriti in ospedale e abbiamo accolto più di 1500 persone nella scuola Santa Teresa delle suore carmelitane.

D. - Per la sua missione Human Right Watch ha deciso di conferirle il premio Alison del Forges, che cosa ne pensa?

R. - D’abord c’était une grande surprise…
Innanzitutto è stata una grande sorpresa. Non sapevo nemmeno che ci fosse un tal premio, e quando ho lavorato al fianco di quelle persone deboli, che avevano bisogno del nostro aiuto, non ho pensato ad un simile premio e non sapevo che io, che i miei confratelli e le suore stessimo compiendo un atto eroico. Posso dire che questo premio è per me un incoraggiamento, un segno di Cristo che ci dice: “Fratelli miei, figli miei, quello che avete fatto è buono e continuate così”. Vorrei ricordare che, è vero, questo premio mi è stato dato, ma mi considero come un rappresentante di tutta la missione cattolica di Bossemptélé e allo stesso tempo di tutti i sacerdoti, di tutti i religiosi, le religiose che, ovunque, nel Centrafrica si sono battuti per salvare i civili.

D. - Adesso la missione continua…

R. - La mission continue…
La missione continua. Attualmente abbiamo una seconda fase di transizione. Abbiamo a che fare con una popolazione sempre più povera, sempre più malata e che non riesce a farsi curare a causa dei costi delle cure. Allora ciò che vogliamo è chiedere tutto l’aiuto possibile perché la popolazione possa avere accesso rapidamente alle cure senza spendere troppo. La seconda cosa da fare è invitare la popolazione a lavorare, si tratta per lo più di coltivatori. Allora, come sostenerli, come aiutarli a ritornare ai campi, a lavorare nei loro campi e a vivere dei frutti del loro lavoro? La terza priorità e che abbiamo constatato che questa popolazione è una popolazione che veramente soffre di analfabetismo, ci sono tanti che non sono istruiti e questo fa sì che anche i ragionamenti non siano buoni. Vogliamo stimolare questa popolazione a studiare, ad andare a scuola. Consideriamo come priorità anche l’istruzione dei bambini, così si assicura il futuro del Paese.

D. - Vuole lanciare un appello?

R. - Je veux un appel spéciale…
Voglio fare un appello speciale e rivolgermi a tutti i figli del Centrafrica, a riconciliarsi, a lavorare per la pace a non cadere in questa trappola che ha trasformato tutta la crisi in una crisi interconfessionale. In Centrafrica da sempre i musulmani e i non musulmani vivono insieme e hanno buone relazioni. Allora vorrei veramente che tutti i figli e le figlie del Paese si prendano per mano per lavorare. Il mio sogno è che tutti i musulmani che sono fuggiti dal Paese e che lavoravano con sacrificio in Centrafrica e che sono dovuti fuggire dal loro Paese possano tornare un bel giorno e lavorare per costruire un Centrafrica migliore.
(Radio Vaticana 28 09 2014)

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