2014 09 24 NIGERIA: “Venite ad aiutarci prima che i cristiani vengano sterminati da Boko Haram” SIRIA: distrutta chiesa-memoriale del genocidio armeno CINA: chiese demolite CROTONE: rimossa la croce dal cancello del cimitero PAKISTAN: un anno fa l’attenta
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Nigeria: “Venite ad aiutarci prima che i cristiani vengano sterminati da Boko Haram”
L’appello di mons. Stefano Dami Mamza, vescovo di Yola, la diocesi nigeriana che attualmente accoglie oltre 5mila sfollati in fuga dalla setta islamista
Un silenzioso genocidio va sistematicamente avanti in Nigeria dal 2009. Esso è collegato direttamente alla setta terroristica islamista conosciuta come Boko Haram (la cui traduzione letteraria significa “l’educazione occidentale è ‘proibita’ o un ‘peccato’”). Il nome ufficiale del gruppo è infatti un altro: Jama’at ahl as-sunna lidda’awati wal-jihad, ovvero “persone impegnate negli insegnamenti del profeta per proselitismo e jihad”. Questa brutale setta è stata fondata nel 2002 a Maiduguri, nel nord della Nigeria, dal chierico islamico Mohammed Yusuf.
Le statistiche stimano che il numero delle vittime di attentati terroristici da loro perpetrati ha superato oltre 20 mila morti. Molti di questi sono stati provocati durante incontri di preghiera tra cristiani. Solo nella prima metà di quest’anno, 2.053 civili sono stati uccisi in circa 95 attacchi, secondo le analisi dettagliate dei rapporti dei media e delle indagini sul campo presentate da Allafrica.com.
La paura delle atrocità del gruppo terroristico ha portato intere popolazioni a fuggire dai loro villaggi. Padre Michael Walsh, missionario dell’Ordine di Sant’Agostino (OSA) attivo in Nigeria da ormai 18 anni, spiega infatti che è impensabile aspettarsi da gente comune CHE affronti Boko Haram, a causa della estrema discrepanza dei mezzi. I miliziani hanno infatti alle spalle anni di formazione e esercitazioni con armi sofisticate. Anche l’esercito nigeriano rispetto a loro è comparabilmente “sotto-armato”.
Alla luce di tutto ciò, ZENIT ha intervistato mons. Stefano Dami Mamza, vescovo della diocesi nigeriana di Yola, per spiegare la gravità della minaccia che le comunità cristiane si trovano ad affrontare. E la risposta del presule è inequivocabile: “I cristiani si trovano ad affrontare il pericolo di essere completamente sterminati”. Di seguito l’intervista.
C’è un silenzio assordante su ciò che sta accadendo in Nigeria. Probabilmente a causa di altre guerre “redditizie” in giro per il mondo. Puoi spiegarci cosa sta succedendo?
La situazione nel nord Est della Nigeria è molto critica soprattutto nel sud del Borno e a nord di Adamawa. Queste regioni, aree a maggioranza cristiana, sono state invase dai membri di Boko Haram, tra cui il mio villaggio natale, Bazza, occupato dalla setta circa due settimane fa. Quelli più fortunati sono riusciti a fuggire verso le montagne e a nascondersi tra i cespugli, quelli che non ce l’hanno fatta sono stati uccisi dai terroristi. Altri sono stati costretti a convertirsi all’islam. Le persone intrappolate sulle montagne sono senza cibo e acqua pulita e molti stanno morendo di fame. La maggior parte dei profughi sono arrivati a Yola e vivono adesso nella condizione di sfollati. Tutte le parrocchie di Yola sono piene di queste persone. Solo nella mia Cattedrale ospitiamo oltre 5mila sfollati registrati che hanno bisogno delle necessità di base della vita.
Quali pericoli corrono le comunità cristiane diffuse in Nigeria?
Semplicemente le Comunità cristiane diffuse in tutto il nord est del Paese corrono il pericolo di essere sterminate.
Come mai non vi è alcuna resistenza locale (nazionale e ufficiale) contro Boko Haram?
Perché non sembra esserci alcuna assistenza da parte della comunità internazionale. Inoltre il nostro esercito militare sembra non prendere questa rivolta sul serio ed è in fuga per paura di Boko Haram.
Secondo lei, Boko Haram è legata e finanziata dal cosiddetto Califfato? In altre parole, come mai sta diventando sempre più forte?
Io personalmente non conosco chi sostiene Boko Haram, ma sembra essere finanziato da gruppi e individui locali e internazionali.
Qual è il suo appello al mondo riguardo a questa situazione? Come possono aiutarvi le persone e le nazioni?
La mia richiesta è che il mondo venga in nostro aiuto prima di essere completamente sterminati. Il nostro esercito militare dovrebbe essere aiutato a contenere la situazione. Abbiamo bisogno di materiali di soccorso per gli sfollati. La gente muore di fame, malattie e non hanno un riparo…
(22 Settembre 2014-Zenit.org)
SIRIA - I jihadisti dello Stato Islamico distruggono la chiesa-memoriale del genocidio armeno a Deir el-Zor
I Jihadisti dello Stato Islamico (IS) hanno distrutto una chiesa armena a Deir el Zor, la città a maggioranza curda da loro conquistata negli ultimi giorni. La notizia, diffusa da testimoni locali, è stata confermata dal Ministro degli Esteri armeno Edward Nalbandian, che ha condannato come “orribile barbarie” la distruzione della chiesa dove erano custoditi i resti delle vittime del Genocidio armeno.
La chiesa era stata consacrata nel 1991 come memoriale del Genocidio e comprendeva nella propria area anche un museo con i resti delle vittime dei massacri subiti un secolo fa dagli armeni in territorio ottomano, che avevano registrato una particolare concentrazione proprio nell’area desertica intorno a Deir el-Zor.
Nel governatorato di Deir el- Zor i jihadisti dell’IS lo scorso agosto hanno ucciso centinaia di appartenenti a clan tribali locali e nei mesi scorsi hanno combattuto anche con i miliziani islamisti della concorrente fazione al-Nusra per assicurarsi il controllo dell’area, ricca di petrolio.
(Agenzia Fides 22/9/2014).
CINA: demolite due chiese, rimossa una croce, arrestato un parroco
Prosegue la campagna contro le chiese nel Paese asiatico. In ventiquattro ore e in tre diverse regioni sono state perpetrate azioni contro edifici di culto cattolici
In tre diverse regioni della Repubblica popolare cinese, in un solo giorno, sono state demolite due chiese cattoliche ed è stata rimossa la croce dal tetto di una terza. La denuncia pervenuta dal clero locale è stata ripresa da AsiaNews, la quale riporta anche la versione ufficiale del governo, secondo cui gli edifici sorgevano su terreni scelti dai funzionari per un piano di sviluppo commerciale.
Il clero locale, oltre a dichiarare che l’azione dei bulldozer è avvenuta senza un accordo con la comunità e senza rispettare i piani prestabiliti, ha comunicato che il parroco di una delle chiese demolite è stato ammanettato e portato via dalla polizia poiché ha provato ad opporsi alla distruzione.
I luoghi di culto oggetto delle azioni coercitive delle autorità cinesi sono la chiesa di Jinxi, nella provincia dell’Hunan, la cui distruzione è stata confermata all’agenzia Ucan dal vescovo di Changsha, mons. Metodio Qu Ailin, la chiesa dedicata alla Vergine di Jindezhen, nella provincia orientale del Jiangxi, e la chiesa di Jingtou, nella provincia meridionale del Zhejiang, dalla quale è stata rimossa la croce.
Secondo quanto riferito su internet da alcuni cattolici cinesi, le demolizioni sarebbero state effettuate con un inganno nei confronti del parroco di una delle chiese e di un “guardiano” di un’altra chiesa. I due sarebbero stati allontanati prima dell’arrivo dei bulldozer con una scusa dalle autorità.
Queste azioni si collocano nel solco di una campagna in atto in Cina da diversi mesi, che soprattutto nella provincia del Zhejiang si sta distinguendo per la distruzione di chiese e la rimozione di croci. Le autorità cinesi sostengono che i luoghi di culto violano gli standard edilizi, nonostante i piani di costruzione delle chiese siano stati tutti approvati dagli uffici competenti.
(21 Settembre 2014-Zenit.org)
Crotone: rimossa la croce dal cancello del cimitero per una “scelta di laicità”
La denuncia del consigliere comunale di minoranza, Fabrizio Meo: “Non è frutto di dimenticanza ma una scelta mirata”. Intanto sul web insorgono i cattolici
“Una scelta di laicità”. Sarebbe questa la motivazione dietro la decisione del Comune di Crotone, provincia della Calabria, di rimuovere la croce posta sul cancello di ingresso del cimitero cittadino.
Il cancello è stato recentemente sostituito da una nuova inferriata, sulla quale però non è stata posizionata la tradizionale croce da anni situata in alto. Secondo quanto denunciato alla stampa locale dal consigliere comunale di minoranza, Fabrizio Meo, la cosa “non è frutto di una dimenticanza” ma piuttosto “la premeditata conseguenza di una precisa scelta di ‘laicità’“ e di multiculturalismo.
Almeno questa è la giustificazione che ha fornito il preposto dirigente ai lavori pubblici interpellato sulla vicenda. “Vedremo se nei prossimi giorni il sindaco Peppino Vallone si farà egli stesso portavoce di una posizione tanto ‘avanzata”, osserva Meo. E ricorda la decisione del Consiglio di Stato che a suo tempo ha evidenziato come “occorre considerare che la Costituzione repubblicana, pur assicurando pari libertà a tutte le confessioni religiose non prescrive alcun divieto alla esposizione nei pubblici uffici di un simbolo che, come quello del crocifisso, per i principi che evoca e dei quali si è già detto, fa parte del patrimonio storico”.
“Crotone - aggiunge il politico - sta vivendo un momento difficilissimo, un declino preoccupante che non è soltanto economico ma che coinvolge anche le coscienze. Oramai periodicamente, siamo costretti a rilevare come in questa città avvengano fatti sicuramente decisivi anche sotto l’aspetto simbolico, senza che su questi eventi neppure si apra una minima discussione”.
Intanto, i cattolici crotonesi e non solo sono insorti contro questo gesto che “non deve passare inosservato”. Sui social network diversi giovani hanno postato le foto del nuovo cancello accompagnadola con frasi come: “Non privateci della nostra identità cristiana”. Una utente, in particolare, scrive: “Sono davvero scossa. Ci hanno tolto anche il nostro simbolo religioso.... Questo non va bene! La nostra è una nazione CRISTIANA, il cimitero è luogo di culto...”.
Ci si augura si tratti di una mera dimenticanza, ma quand’anche fosse questa la motivazione - ribadisce comunque il consigliere Meo - “non potremmo ugualmente esimerci dal manifestare il nostro franco sconcerto a fronte della più assoluta mancanza di attenzione su una vicenda che lo ribadiamo è un segno evidente di come in questa città si possa amministrare senza rispondere a niente ed a nessuno”.
(22 Settembre 2014-Zenit.org)
Pakistan: un anno fa l’attentato nella chiesa di Peshawar
Sante Messe, veglie di preghiera, incontri in tutte le diocesi del Pakistan segneranno il primo anniversario del grave attentato che il 22 settembre 2013 colpì la chiesa anglicana di Tutti i Santi a Peshawar. Come riferisce l’agenzia Fides, i cristiani pakistani si riuniranno per commemorare le vittime. Da molti luoghi si alzerà un appello di pace, mentre la nazione vive giorni difficili, segnati dalla crisi politica.
In quello che è ampiamente riconosciuto come il peggiore attacco contro una chiesa nella storia del Pakistan, due attentatori suicidi si fecero esplodere in rapida successione mentre la chiesa era gremita da circa 600 fedeli. I morti furono 85, i feriti 150. Nonostante le promesse di aiuti, le vittime devono ancora ricevere un sostegno adeguato e non hanno potuto ricevere cure mediche, che sono particolarmente costose, data la loro condizione di indigenza.
(Radio Vaticana 21 09 2014)