2014 09 10 “il sangue versato diventi seme di speranza”: tre suore missionarie saveriane italiane uccise nel loro convento in Burundi
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Cordoglio di Papa Francesco per la morte di tre suore missionarie saveriane italiane uccise nel loro convento in Burundi nella missione di Kamenge, zona Nord della capitale Bujumbura. Si tratta di suor Olga Raschietti, suor Lucia Pulici, e suor Bernardetta Boggian. In due telegrammi, uno al nunzio a Bujumbura – mons. Evariste Ngoyagoye – e l’altro alla Superiora generale delle Missionarie Saveriane – suor Ines Frizza –, il Papa si dice “colpito dalla tragica morte” delle religiose e “auspica che il sangue versato diventi seme di speranza per costruire l’autentica fraternità tra i popoli”. Francesco assicura dunque le sue preghiere per queste “generose testimoni del Vangelo” ed esprime la sua vicinanza e partecipazione alla Congregazione delle tre suore e a tutta la comunità di fedeli del Burundi.
TESTIMONIANZA di padre Mario Pulcini superiore dei missionari Saveriani in Burundi, che operava insieme alle religiose da molti anni:
R. - Ieri pomeriggio, verso le 13:30, quando le saveriane sono andate all’aeroporto per accogliere alcune consorelle che tornavano dall’ Italia, due sorelle, suor Lucia e suor Olga, in quel momento di assenza delle altre sorelle, è avvenuta la tragedia. Verso le 16:30 ero nel mio ufficio e le sorelle di ritorno dall’aeroporto sono venute e mi hanno detto: “Padre Mario, la casa è chiusa, le sorelle non rispondono, siamo preoccupate. Abbiamo chiamato, abbiamo gridato e non c’è stata nessuna risposta... Le tende sono tirate, chiuse”. Poi hanno fatto un giro nel quartiere per cercare e hanno chiesto… Sono tornate dicendo che nel quartiere non c’erano. Allora abbiamo cominciato a preoccuparci. Mi sono messo davanti alla porta e ed ero quasi pronto a sfondarla. A un certo punto una delle sorelle, che ha fatto il giro della casa, ha trovato una porticina aperta. Siamo entrati e abbiamo trovato le sorelle per terra. Stanotte noi avevamo consigliato alle sorelle di non alloggiare lì nella casa ma hanno voluto rimanere. Verso le 2 di notte, una di loro mi ha chiamato al telefono e mi ha detto: “Padre Mario, sentiamo rumori in casa, abbiamo paura…”. Mi sono vestito e sono andato con un altro confratello. Siamo entrati e abbiamo girato e verificato le stanze: abbiamo trovato suor Bernardetta a terra nella sua stanza, nella stessa posizione delle altre due, il giorno prima.
D. - Secondo lei cosa potrebbe essere successo?
R. – Diciamo che qui siamo tutti sotto choc. E’ una cosa troppo grossa … Ma, proprio non riusciamo a trovare una giustificazione, una motivazione, per delitti così efferati. Stiamo cercando nei quartieri, chiediamo a destra e sinistra…
D. - Padre Mario, chi erano suor Olga, suor Lucia, suor Bernardetta, come operavano nella vostra missione?
R. – Dunque, le tre consorelle erano qui a Kamenge da circa sette anni. Prima avevano lavorato in Congo, tutte e tre. Poi quando hanno aperto una comunità qui a Kamenge, hanno deciso di venire a condividere il nostro lavoro qui. Suor Lucia Pulici ha lavorato soprattutto a livello di sanità: aveva curato migliaia di malati. Faceva un lavoro straordinario per la parrocchia, per la Chiesa, servizi semplici… Era molto ben voluta dalla gente. Olga aveva lavorato anche lei tanti anni in Congo nella catechesi, nella pastorale dell’ insegnamento… Però aveva una grandissima sensibilità per gli ammalati. Tutti i giorni veniva: “Sono andata da questo, da quest’altro…Sta male, gli ho portato un po’ di latte, un po’ di cose…”. E Bernardetta, che è stata superiora per parecchi anni, anche nella direzione generale, si dedicava soprattutto a scuola di taglio e cucito per ragazze. Veramente è una grandissima perdita per noi, per Kamenge, per la Chiesa nel Burundi e io penso anche per il Congo adesso.
D. – Come hanno reagito gli abitanti del posto, coloro con i quali le tre suore lavoravano quotidianamente?
R. - Si sono affollati qui intorno alla Chiesa, alla parrocchia, erano veramente scioccati anche loro. La loro paura è che andiamo via, che lasciamo il quartiere, la parrocchia. In più si danno da fare per aiutare, cercare per l’inchiesta… Se c’è qualche dubbio, qualche cosa, vengono subito a dircelo ... Questa è veramente una tragedia che rischia di mettere in crisi la gente e gli operatori, soprattutto i catechisti e altri che aiutano la parrocchia.
(Radio Vaticana 08 09 2014)
Suore uccise in Burundi. P. Marano: testimonianza dà fastidio, ma è seme di vita
Le tre suore saveriane uccise in Burundi saranno sepolte nei pressi della città di Bukavu, nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, nel cimitero di Panzi, vicino ad altri missionari che sono morti o sono stati uccisi in questa regione. Le prime celebrazioni si apriranno domani mattina (10 settembre) alle nove a Bujumbura; le salme saranno poi trasportate giovedì mattina a Bukavu, passando per Luvungi. In questa missione, dove le suore hanno speso parte della loro opera missionaria, si sta preparando una lunga Veglia notturna per celebrare la loro presenza instancabile in favore delle comunità locali.
Testimonianza del missionario saveriano padre Claudio Marano, da oltre 20 anni in Burundi come responsabile del Centro giovanile di Kamenge:
R. – Sembrerà strano, ma meritiamo lo stesso trattamento che merita la gente. Siamo talmente inseriti, con i nostri fratelli del Burundi, che meritiamo lo stesso trattamento che è riservato alla gente. Qui è giornaliero il fatto che c’è gente che sparisce, gente che si trova nel lago, gente che non ha futuro, gente che viene messa in prigione perché dice una parola, gente che viene obbligata a dire cose che non sono poi vere, etc. E questo avvenimento ci porta ancora a questo fatto: al fatto che noi stranieri, noi fratelli, noi che siamo qui, che viviamo qui con loro, noi abbiamo meritato e meritiamo lo stesso trattamento che è riservato alla popolazione. Sono cose che fanno pensare parecchio, fanno pensare alla gente del Burundi. Dobbiamo arrivare assolutamente alla pace, dobbiamo far sì che tutti quanti siamo pronti anche a dare il sangue per arrivare alla pace.
D. – Papa Francesco nel messaggio di cordoglio per le tre missionarie diceva: “Questo sangue sia seme di fratellanza”…
R. – Esattamente, questo è il messaggio che viene dato. Io vivo con i giovani qui al Centre Jeunes Kamenge e sono migliaia ogni giorno che vengono, qui, e sono attoniti per questo avvenimento. Ma nello stesso tempo li vedo sufficientemente sereni. Io parlo spesso del fatto di donare la propria vita per migliorare il mondo. Bisogna arrivare a questa conclusione perché se abbiamo paura, se non parliamo, se non agiamo, etc., etc., non riusciremo mai a risolvere il problema. Il dono di queste tre sorelle è molto grande. Chi è stato? Sono ancora tutte cose da chiarire e non verranno mai chiarite, passati cinque minuti ritorna tutto nella normalità. Si tratta di tre sorelle che hanno vissuto, dato la loro vita per l’Africa. Tre sorelle che erano anziane, che non facevano niente, nel senso che non avevano un compito specifico ma avevano il servizio di andare a trovare gli ammalati, il servizio della carità, il servire alla parrocchia e davano tutte loro stesse ed erano tutto il giorno in giro a fare qualcosa. E sono state ammazzate. Anche noi è capitato abbastanza spesso che gli animatori sono stati ammazzati da gente che era loro amica, da pazzi, che poi quando era il momento di riuscire a scoprire il mandante nessuno mai l’ha scoperto. Perché ci sono dei mandanti, perché durante la guerra qui si tace del divertimento di partire dal centro città, di andare nei quartieri a pagare una persona o l’altra per far fuori una persona o l’altra. E’ così.
D. – E’ già solo la presenza, già solo la testimonianza che fa scandalo e dà fastidio a molti?
R. – Esattamente. Perché testimoniare la pace, vivere la fraternità dà fastidio. In un Paese dove oggi, per esempio, chi è al governo non vuole parlare con l’opposizione, l’opposizione non vuole parlare con il governo e tutti quanti ne soffrono e le prigioni sono piene, la gente scappa all’estero, in un Paese così, ci sono persone che perdono la loro vita, che danno la loro vita, che sono là, presenti, per parlare di pace. “Rompono le scatole”, chiaramente. Noi qui nei quartieri nord siamo veramente visés (puntati), nel senso che siamo lì, siamo 10, 12 bianchi in mezzo a quartieri talmente poveri, talmente umili e talmente disagiati, che qualcuno, se potesse prenderci e tirarci col kalashnikov, lo farebbe volentieri.
(Radio Vaticana 09 09 2014)
La tragica lista degli operatori pastorali uccisi nel mondo
La tragica vicenda delle tre religiose uccise in Burundi richiama il sacrificio di decine di operatori pastorali nella Chiesa cattolica, che ogni anno perdono la vita nel mondo a motivo della loro fede e del loro generoso impegno per gli altri.
Sono già 18 in questo anno 2014 i sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche uccisi nel mondo. La triste lista è documentata da Fides, l'agenzia delle Pontificie opere missionarie. Sette sono morti in Africa, nella Repubblica Centrafricana, Sudafrica, Tanzania, e le ultime tre vittime in Burundi; sei hanno perso la vita in America, negli Usa, in Canada, Venezuela e Nicaragua; uno in Europa, in Italia; due in Asia, in Siria e Malaysia; due in Oceania, in Papua Nuova Guinea. Nello scorso anno 2013 erano stati in tutto 22 gli operatori pastorali assassinati, un numero doppio rispetto al 2012. Dati in allarmante crescita. Se guardiamo al solo Burundi troviamo fra le vittime: il cooperante italiano Francesco Bazzani ucciso durante una rapina insieme alla suora croata Lukrecija Mamic, nel 2011; la giovane coppia burundese Jerome - collaboratore di padre Claudio Marano - e la moglie Joelle, all’ultimo mese di gravidanza, uccisi nel 2007; e poi il nunzio apostolico, mons. Michael Courtney, irlandese, morto in seguito ad un agguato mortale nel 2003, e nello stesso anno, fratel Antonio Bariggia, ammazzato per un paio di sandali; e ancora i padri saveriani Aldo Marchiol e Ottorino Maule ammazzati insieme alla volontaria trentina Catina Gubert nel 1995. Massima parte delle vittime perde la vita in contesti di povertà, miseria umana e degrado sociale e gli assassini sovente rimangono impuniti.