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2014 06 04 Solo la prima notizia è stata data in Italia… e le altre?

Fonte:
CulturaCattolica.it

Camerun: liberi i religiosi rapiti.
Sono stati liberati – il 31 maggio – i sacerdoti e la religiosa sequestrati in Camerun il 4 aprile scorso, forse dai fondamentalisti nigeriani Boko Haram. I missionari vicentini “fidei donum” don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri, e suor Gilberte Bussiére, della Congregazione di Notre-Dame di Montreal, sono in buona salute.
È durata quasi due mesi la prigionia di don Giampaolo, don Gianantonio e suor Gilberte. Secondo l’agenzia France Presse, il loro ritorno in libertà è stato reso possibile da una settimana di trattative, avvenute in Nigeria.
Radio Vaticana 01 06 2014

CENTRAFICA: quanti morti devono esserci per fare notizia?

CENTRAFRICA: attaccata chiesa di Bangui, almeno 15 morti, molti rapiti, un sacerdote ucciso
In Centrafrica torna la paura. Dopo un periodo di relativa tranquillità, il 29 maggio pomeriggio uomini armati, forse appartenenti agli ex ribelli musulmani Selèka, hanno attaccato con granate la Chiesa di Nostra Signora di Fatima, nella periferia di Bangui, la capitale, uccidendo almeno 15 persone, tra cui anche un sacerdote. Sarebbero stati presi anche degli ostaggi.
Testimonianza di un sacerdote: “Questa notizia è davvero triste e grave. All’inizio ci siamo sempre impegnati a dire che questo conflitto è politico, non è interreligioso; ma il fatto di attaccare così una parrocchia, in modo voluto, ci fa paura, perché è un dato forte per dire che il conflitto sta diventando sempre più interreligioso. E questo ci aiuta anche a dire che noi confessioni religiose dobbiamo aprire gli occhi per non essere manipolati dai politici, perché basta poco per cadere in questa trappola! Questo popolo ha sempre coabitato, con le varie confessioni religiose presenti, e quindi non è oggi che possiamo incominciare a farci la guerra. Però, dobbiamo essere pronti e vigili per evitare queste trappole. Ripeto, con quello che è successo, basta poco perché nasca di nuovo la vendetta nel cuore delle persone … Diciamo che da quando questo conflitto è iniziato, la Chiesa cattolica ha sempre fatto moltissimo: la Chiesa cattolica è a favore della pace … E quindi, questa parrocchia di Nostra Signora di Fatima, come tutte le parrocchie della capitale, di Bangui, è diventata un sito di accoglienza. Quindi, tutte le persone che non si sentono più in sicurezza hanno trovato rifugio dentro la chiesa: questo è il fatto grave. E quindi, questa chiesa – come tutte le altre parrocchie della capitale – accoglie tante persone, ma le chiese non sono protette! E qui voglio fare un appello alle istituzioni internazionali, affinché aprano gli occhi: una parrocchia a favore della pace che accoglie tante persone e che non viene protetta … non è normale! E così tra le vittime ci sono tante persone – nella maggioranza cristiane, senz’altro, ma anche tutte le altre persone – che nel loro quartiere non hanno trovato sicurezza e che si sono rifugiate all’interno. Le truppe internazionali sarebbero potute intervenire più presto possibile. Dalle notizie che ho ricevuto, queste truppe si trovavano a meno di un chilometro da dove è accaduto questo fatto. Sono stati contattati: ci hanno messo ore, ore e ore per intervenire! Se lo avessero fatto prima, credo che il peggio avrebbe potuto essere evitato …” (Radio Vaticana 29 05 2014)

Nell’attacco alla Chiesa di Nostra Signora di Fatima è stato ucciso anche un sacerdote di 76 anni, padre Paul-Emile Nzale.
Lo conosceva molto bene il sacerdote centrafricano don Zephirin Yakanda, attualmente viceparroco ad Alassio. (Sergio Centofanti lo ha intervistato):

R. - Era andato a visitare le famiglie che sono rifugiate nella parrocchia e gli hanno sparato…

D. - Che persona era?

R. - Un uomo buono, un uomo della gente, un uomo che sta con il popolo, che non ha paura di nessuno…

D. - Tu che ricordi hai di lui?

R. - Lui mi ha insegnato a fare le omelie, mi ha insegnato a stare con la gente: ero un seminarista quando l’ho conosciuto nella parrocchia della Santissima Trinità e lui mi ha guidato piano piano e poi sono diventato prete, 18 anni fa…

D. - Ti ricordi qualche parola, qualche consiglio che ti dava?

R. -Sì, sì. Mi diceva di essere sempre perseverante nella preghiera, di non scoraggiarmi mai e di avere sempre la speranza: mi diceva sempre queste parole.

D. - Quindi era un uomo che stava tra i suoi fedeli, tra la gente…

R. - Tra la gente, era sempre con la gente!

D. - Era molto amato a Bangui?

R. - Sì, sì, era molto amato.

D. - E la gente a Bangui, adesso, come sta?

R. - La gente vive nella paura. Non c’è elettricità nella città, c’è sciopero generale… La gente fa rumore con i piatti per protestare.

D. - Quali sono le tue speranze?

R. - Che le violenze si fermino! Che la Comunità internazionale ci aiuti a fare qualcosa, a ritrovare la pace, perché il Centrafrica è un Paese che ha sempre vissuto nella pace. E’ soltanto in questi ultimi 15 anni che il diavolo si è svegliato: il diavolo della divisione. Non riusciamo a fermare questo odio e questa tensione.

D. - Ci sono proteste anche contro le truppe internazionali che non sarebbero intervenute o che non avrebbero evitato questa strage nella Chiesa di Nostra Signora di Fatima…

R. - Sì, è stato detto così! I militari hanno i mezzi per fare la pace… Ma non so cosa succede: sono lì, senza agire…

D. - Che appello vuoi lanciare?

R. - L’appello che possiamo fare è alla Comunità internazionale, affinché non chiuda gli occhi e non lasci che quel popolo sparisca dalla carta geografica, che agisca e sostenga questo popolo che vuole soltanto la pace, che vuole soltanto vivere. Mi sembra che questo popolo sia invece lasciato al suo proprio destino. Questo non è giusto! Che intervanga la Comunità internazionale e faccia qualcosa per sostenere questi innocenti che muoiono.
Radio Vaticana 30 05 2014

Sono stranieri gli assalitori della parrocchia “Nostra Signora di Fatima” in cui è stato ucciso anche un sacerdote
L’assalto contro la parrocchia “Nostra Signora di Fatima” nel centro di Bangui, capitale della Repubblica Centrafrica, è stato commesso da persone che non parlavano né il francese né il sango, la lingua locale. Lo afferma all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui, che nota: “Gli assalitori gridavano in inglese ‘open the door’”.
Un gruppo armato di armi automatiche e lanciagranate ha assalito il 28 maggio la parrocchia dove si erano rifugiate diverse persone in fuga dalle violenze. Nell’assalto sono morte almeno 18 persone tra le quali vi è un sacerdote cattolico, p. Paul-Emile Nzale, 76 anni. Secondo fonti di Fides almeno 42 persone sono state rapite e i loro corpi sono stati ritrovati più tardi. Mons. Nzapalainga non è però in grado di confermare la notizia. “I sopravvissuti all’attacco che ho incontrato, mi hanno detto che sono state rapite delle persone, però sulla loro sorte ci sono ancora notizie contraddittorie: alcuni affermano che sono state uccise, altri che sono ancora in vita” afferma l’Arcivescovo.
L’attentato ha alzato la tensione nella capitale. “La città è completamente paralizzata. È in corso una manifestazione per chiedere le dimissioni del governo provvisorio che è stata dispersa dai militari. La tensione è nell’aria e non si sa cosa potrà accadere” conclude Mons. Nzapalainga.
Secondo alcune fonti di Fides, l’assalto alla chiesa “Nostra Signora di Fatima” è stato perpetrato da jihadisti stranieri che tengono ormai in ostaggio la popolazione musulmana del quartiere “Km 5” di Bangui. “Anche se le autorità fanno finta di ignorare il fatto, molti centrafricani sanno che i terroristi jihadisti provenienti da Sudan e Nigeria si sono infiltrati nella Seleka e si trovano al Km 5. Assimilando gli anti balaka ai cristiani, i media occidentali hanno fornito a questi criminali un bel mezzo di propaganda” concludono le nostre fonti. Anche Mons. Nestor Désiré Nongo-Aziagbia, Vescovo di Bossangoa, aveva denunciato all’Agenzia Fides la presenza al “km 5” di jihadisti stranieri .
La Seleka è la coalizione ribelle che aveva preso il potere a Bangui nel marzo 2013, gettando il Paese nel caos. Gli anti balaka sono milizie che hanno cacciato i Seleka dalla capitale ma che si sono trasformate in bande criminali che imperversano in diverse aree del Centrafrica. (L.M.) (Agenzia Fides 30/5/2014)

Altre notizie non date:

AFGHANISTAN - Gesuita rapito.
“Viviamo questo momento, dopo il sequestro di un sacerdote gesuita, con una preghiera profonda, silenziosa e piena di speranza. E’ un evento triste che speriamo possa evolversi presto positivamente. Chiediamo ai mass media la massima riservatezza, perché gli organi istituzionali possano fare il loro lavoro e salvare padre Alexis Prem Kumar”: è quanti dichiara all’Agenzia Fides mons. Giuseppe Moretti, Superiore della “Missio sui iuris” dell’Afghanistan, sul rapimento del gesuita indiano p. Alexis Prem Kumar, rapito in Afghanistan il 2 giugno da un gruppo non identificato di uomini armati.
P. Prem Kumar, 47 anni, è stato rapito mentre si trovava in visita ad una scuola per rimpatriati nel villaggio di Sohadat, a 25 km di Herat.
“I gesuiti – spiega p. Moretti – hanno ad Herat una comunità canonicamente eretta e svolgono un servizio prevalentemente nel campo dell’istruzione. Poi operano autonomamente, tramite il JRS, per l’assistenza umanitaria”.
Il “Jesuit Refugee Service” è un’organizzazione internazionale di volontariato promossa dalla Compagnia di Gesù. L’ufficio regionale dell’Asia meridionale assiste e cura, nel complesso, oltre 800mila rifugiati: i profughi bhutanesi in Nepal, i rifugiati dello Sri Lanka in India, i profughi afgani. I servizi forniti includono cure mediche, istruzione, formazione professionale, sostegno psicologico, sviluppo delle comunità. (PA) (Agenzia Fides 3/6/2014)

Iniziativa del cittadino europeo ‘Uno di noi’: la Commissione europea pubblica la sua risposta negativa a tempi record! Nonostante la scienza si nega l’evidenza.

La Commissione europea ha presentato il 28 maggio la sua risposta all’iniziativa dei cittadini europei (CEI), ‘uno di noi’. Dopo aver incontrato con gli organizzatori dell’iniziativa e dopo aver esaminato la loro richiesta, la Commissione ha deciso di non presentare una proposta legislativa. Dall’iniziativa ‘Uno di noi’, cittadini firmatari ha chiesto all’Unione di porre fine al finanziamento di attività che comportano la distruzione di embrioni umani, in particolare nei settori della ricerca, sviluppo e assistenza sanitaria.
Gli organizzatori dell’iniziativa hanno raccolto molto più del numero di firme richiesto, (un milione di firme di cittadini da almeno sette Stati membri dell’Unione europea).
Mme Máire Geoghegan-Quinn, membro della Commissione responsabile per ricerca, innovazione e scienza, si è espressa in questi termini: “abbiamo esaminato questa iniziativa dei cittadini... Tuttavia, gli Stati membri e il Parlamento europeo hanno deciso di proseguire il finanziamento delle attività di ricerca in questo settore per i seguenti motivi: le cellule staminali embrionali sono uniche ed offrono la possibilità di sviluppare trattamenti che possono salvare la vita, per i quali studi clinici sono già in corso”.

SUDAN - “La condanna di Mariam Yehya Ibrahim è una diretta persecuzione dei cristiani” affermano le Chiese cristiane sudanesi
La condanna a morte di Mariam Yehya Ibrahim, una donna cristiana accusata di apostasia, è una “chiara e diretta persecuzione dei cristiani in Sudan”. Lo denunciano le Chiese cristiane in Sudan riunite nel Sudanese Council of Churches (SCC). In una dichiarazione, pervenuta a Fides, l’SCC chiede l’annullamento della sentenza di condanna e l’immediato rilascio della donna. Le Chiese ricordano che la condanna viola gli articoli 31 e 38 della Costituzione provvisoria e sottolineano che il Sudan ha sottoscritto la Carta internazionale dei diritti umani che prevede la libertà di culto e di coscienza. La signora Ibrahim è accusata di apostasia e di adulterio, e oltre alla condanna a morte rischia pure di subire la flagellazione con 100 frustate. La donna, all’ottavo mese di gravidanza al momento dell’incarcerazione, ha partorito in carcere una bambina. (Agenzia Fides 2/6/2014)

LAOS - Cristiano arrestato e deriso dalla polizia perché non rinuncia alla fede
Cinque agenti di sicurezza nel villaggio di Loynam, nel distretto di Nong della provincia di Savannakhet, hanno arrestato un uomo cristiano di nome Sort, lo hanno legato a un palo e poi lo hanno deriso e trattenuto, chiedendogli di rinunciare alla fede cristiana. L’uomo, che non ha ceduto, è tuttora rinchiuso nel carcere distrettuale di Nong. Come appreso da Fides, un anno fa, Sort, 40 anni, si è convertito al cristianesimo, diventando il primo cristiano nel distretto di Nong, costituito da circa 20 villaggi. Temendo la diffusione del cristianesimo “come un virus”, il 15 maggio le autorità di polizia si sono recate a casa di Sort, intimandogli di abbandonare la fede, minacciando di cacciarlo e di confiscare tutti i suoi beni. L’uomo ha risposto: “Ho scelto la fede cristiana e non ho infranto alcuna legge”. Gli agenti, dopo numerosi tentativi di persuaderlo andati a vuoto, il 29 maggio lo hanno arrestato, compiendo un’azione totalmente ille gale.
Nei giorni precedenti, nella stessa provincia di Savannakhet, spesso teatro di violazioni e abusi sui cristiani, a tre studentesse laotiane di 14 e 15 anni non è stato consentito di sostenere gli esami scolastici di fine corso, a causa della loro fede cristiana. I cristiani della zona hanno presentato un ricorso alle autorità scolastiche del distretto, che hanno aperto una indagine sulla vicenda. Come riferito a Fides da HRWLRF, il 25 maggio, nel villaggio di Donpalai, sempre nella provincia di Savannakhet, la polizia ha fatto irruzione in un centro di preghiera, confiscando 53 bibbie ai fedeli cristiani protestanti, senza alcun motivo ufficiale. (Agenzia Fides 2/6/2014)

IL PAPA: TACCIANO LE ARMI IN SIRIA
Città del Vaticano, 31 maggio

“Ci incontriamo di nuovo - scrive il Papa - per tracciare un bilancio del lavoro finora svolto e per rinnovare la volontà di proseguire su questa strada, con una collaborazione ancora più stretta. Ma dobbiamo riscontrare con grande dolore che la crisi siriana non è stata risolta, anzi va avanti, e c’è il rischio di abituarsi ad essa: di dimenticare le vittime quotidiane, le indicibili sofferenze, le migliaia di profughi, tra cui anziani e bambini, che patiscono e a volte muoiono per la fame e le malattie causate dalla guerra. Questa indifferenza fa male! Un?altra volta dobbiamo ripetere il nome della malattia che ci fa tanto male oggi nel mondo: la globalizzazione dell’indifferenza”.

Papa Francesco fa nuovamente appello alle coscienza dei protagonisti del conflitto, delle istituzioni mondiali e dell’opinione pubblica. “Tutti siamo consapevoli che il futuro dell’umanità si costruisce con la pace e non con la guerra: la guerra distrugge, uccide, impoverisce popoli e Paesi. A tutte le parti chiedo che, guardando al bene comune, consentano subito l’opera di assistenza umanitaria e quanto prima facciano tacere le armi e si impegnino a negoziare, mettendo al primo posto il bene della Siria, di tutti i suoi abitanti, anche di quelli che purtroppo hanno dovuto rifugiarsi altrove e che hanno il diritto di ritornare al più presto in patria. Penso in particolare alle care comunità cristiane, volto di una Chiesa che soffre e spera. La loro sopravvivenza in tutto il Medio Oriente è una profonda preoccupazione della Chiesa universale: il Cristianesimo deve poter continuare a vivere là dove sono le sue origini”.

E intanto:

SIRIA - A Raqqa i jiahdisti dell’ISIL sequestrano le proprietà dei cristiani
I miliziani dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL), formazione jiahdista sunnita che agisce sullo scenario del conflitto siriano, hanno confiscato nella giornata di domenica 1 giugno case e terreni appartenenti a famiglie cristiane nella zona di Ein al-Issa, l’area nella provincia di Raqqa abitata in prevalenza da cristiani armeni. Secondo fonti curde consultate dall’Agenzia Fides, i proprietari dei beni confiscati dagli islamisti sono stati costretti ad abbandonare l’area.
La città e l’area di Raqqa, nella Siria settentrionale, sono da lungo tempo sotto il controllo dei jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, che hanno già trasformato la principale chiesa armena del capoluogo in ufficio per la gestione degli affari islamici e per la promozione della sharia. L’Isil in passato ha anche organizzato azioni simboliche, come il rogo di Bibbie e libri cristiani. All’inizio del 2014 altri gruppi armati di marca islamista si erano scontrati militarmente con i miliziani dell’ISIL, accusati anche da fonti indipendenti di imporre un regime oppressivo e violento a tutta la popolazione dell’area. (Agenzia Fides 2/6/2014).

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