2014 05 14 NIGERIA – le studentesse rapite: una doverosa nota CENTRAFRICA – “una prigione a cielo aperto in ostaggio dei violenti” OCEANIA - Uccisi un sacerdote e un laico Ministro straordinario dell’Eucaristia
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NIGERIA - Il Cardinale Onaiyekan: “vogliamo azioni concrete per le studentesse rapite”; forse alcune di loro sono in Centrafrica
“Vogliamo vedere azioni concrete per riportare a case le ragazze rapite da Boko Haram” ha affermato il Cardinale John Onaiyekan, Arcivescovo di Abuja, in una dichiarazione alla Catholic News Agency. “È sconcertante vedere che il nostro Presidente sembri essere impotente. Dobbiamo ancora vedere azioni concrete. Fino ad ora non abbiamo sentito praticamente nulla di concreto sulla questione. Penso che ogni nigeriano sia preso alla sprovvista. Non possiamo spiegare cosa stia succedendo” ha affermato il Cardinale.
Il caso delle oltre 200 studentesse rapite da Boko Haram il 14 aprile nel liceo di Chibok, nello Stato di Borno, nel nord-est della Nigeria, ha suscitato l’indignazione in tutto il mondo. La loro sorte è incerta. Secondo alcune testimonianze riprese dal quotidiano di Kinshasa “Le Potentiel”, una cinquantina di ragazze di lingua inglese accompagnate da uomini che parlavano la stessa lingua sono state viste transitare nei pressi di Tiringoulou e di Birao, due cittadine nel nord-est della Repubblica Centrafricana. Nella notte tra il 4 e il 5 maggio le ragazze sarebbero state condotte da Birao a Tiringoulou dove, secondo testimonianze da verificare, sarebbero state imbarcate su un aereo proveniente dal Sudan.
Nelle ultime ore Boko Haram ha diffuso un video nel quale si annuncia la conversione all’islam delle studentesse rapite, la maggior parte delle quali sono di fede cristiana. Il capo di Boko Haram ha chiesto la liberazione degli appartenenti al movimento detenuti nelle carceri nigeriane in cambio del rilascio delle ragazze. (Agenzia Fides 12/5/2014)
TRAGEDIA DEI CRISTIANI: una doverosa nota
Su questa notizia ci soffermiamo perché da troppo tempo le malefatte del gruppo Boko Haram erano sotto gli occhi di chi voleva vedere. Tantissime volte abbiamo raccontato l’inaudita violenza, soprattutto contro i cristiani, di questo gruppo. Già il nome stesso “l’educazione occidentale è peccato” ha provocato attacchi contro scuole (spesso cattoliche) con atti di selvaggia crudeltà.
Ma tutto è passato sotto silenzio.
Come ricorda Antonio Socci (Lo Straniero- blog 11 maggio 2014):
“La campagna internazionale su Twitter – che chiede il rilascio delle studentesse - è stata lanciata da Malala Yousafzai, la giovane pakistana che subì un attentato e che si batte per il diritto all’istruzione delle donne.
Evidentemente è per questo che la vicenda delle studentesse nigeriane ha colpito l’attenzione dei salotti che contano.
Se si fosse saputo che erano state catturate perché cristiane (in effetti in gran parte sono cristiane) è probabile che invece di tanta attenzione ci sarebbe stata indifferenza.
Come in altri casi analoghi (di recente anche dei missionari cattolici sono stati rapiti dai terroristi in Africa, ma nessuno se ne interessa).
In alcuni paesi islamici come il Pakistan, il paese di Malula, sono centinaia ogni anno le ragazze cristiane rapite, violentate, picchiate, costrette a farsi musulmane e poi vendute o forzate a sposare un musulmano.
Ma di queste ragazze cristiane il mondo occidentale si disinteressa. Impegnato com’è a twittare, a cianciare di bene e a lanciare disprezzo sulla Chiesa.”
Concludiamo con una acuta osservazione di Anna Bono (NBQ Venerdì 9 maggio 2014):
“Quanto ai Boko Haram, la condizione del rilascio di tutti i loro miliziani in carcere per liberare le studentesse di Chibok invece di tenerle come schiave e mogli prova non tanto una preoccupazione per eventuali interferenze internazionali quanto piuttosto la soddisfazione per il risultato ottenuto. Tutto il mondo (in realtà, ed è questo che conta, più che altro quello occidentale che loro disprezzano e odiano) ha parlato di loro, ha conosciuto la loro forza, ad essa si è piegato… e ha twittato l’appello “Bring back our girls”, ridateci le nostre ragazze: persino il capo della Chiesa romana, persino la moglie dell’uomo più potente del mondo, persino il premier dell’ex potenza coloniale britannica e la di lui consorte! Quel che si erano prefissi con l’azione clamorosa di rapire centinaia di adolescenti è riuscito, forse al di là delle loro stesse aspettative. Con un ulteriore atto di scherno, spregio e sfida, il 12 maggio hanno mostrato le “nostre ragazze” in niqab, convertite all’islam, quindi “liberate”. Magari bastasse al loro amor proprio. Può invece renderli più audaci e confidenti”.
Se poi davvero alcune ragazze sono state condotte in Centrafrica la situazione è drammatica:
CENTRAFRICA - “Siamo in una prigione a cielo aperto in ostaggio dei violenti” denunciano i Vescovi
“La Repubblica Centrafricana è una prigione a cielo aperto, dove la libertà di movimento è condizionata come quella di parola” denuncia un comunicato, inviato all’Agenzia Fides, del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Centrafricana.
Nel documento si denunciano le violenze commesse dai diversi gruppi armati che imperversano nel Paese: “l’LRA (Esercito di Resistenza del Signore di origine ugandese) che dilaga da anni nell’est, gli Anti balaka che perseguitano la popolazione civile e gli ex Seleka, appoggiati da mercenari ciadiani e sudanesi, determinati a riconquistare il potere con la forza”.
Anche la Chiesa non è stata risparmiata dalla violenza, si ricorda nel messaggio, che condanna con fermezza “il tentativo di rapimento del parroco di Kembé da parte di ex Seleka basati a Dimbi, il rapimento del Vescovo di Bossangoa e di tre suoi preti e l’orribile omicidio di don Christ Forman Wilibona della diocesi di Bossangoa (vedi Fides 24/4/2014)”.
Per ristabilire l’ordine, i Vescovi chiedono il disarmo dei gruppi illegali e il ristabilimento delle forze armate nazionali, con l’aiuto delle forze internazionali presenti nel Paese.
La drammatica crisi iniziata nel dicembre 2012 ha prodotto, ricordano i Vescovi, 838.000 sfollati interni dei quali 313.094 raggruppati in 66 campi nella sola capitale Bangui, 17.865 rifugiati in Centrafrica e 245.868 rifugiati centrafricani nei Paesi vicini, 31.196 stranieri evacuati dal Paese.
Nel comunicato infine si denuncia che l’instabilità ha accresciuto lo sfruttamento illegale delle risorse del Paese, dal legno alla fauna (in particolare gli elefanti, vittime dei bracconieri, e gli allevamenti dei Peuls, musulmani cacciati dalle milizia anti-balaka), dall’oro ai diamanti, da parte di quanti alimentano il conflitto.
“Abbiamo bisogno della solidarietà internazionale per far fronte alla peggiore crisi della nostra storia, ma questo non ci esonera dalla nostra responsabilità in quanto cittadini. Questa dichiarazione vuole essere un appello alla Presidente, al governo di transizione e alle forze internazionali che hanno ricevuto il mandato delle Nazioni Unite” conclude il messaggio.(Agenzia Fides 12/5/2014)
OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Uccisi un sacerdote e un laico Ministro straordinario dell’Eucaristia
Un sacerdote e un laico cattolico della diocesi di Bereina sono stati uccisi domenica 4 maggio, per ragioni ancora da chiarire, mentre si trovavano per motivi pastorali in un’area remota della diocesi. Si tratta di p. Gerry Maria Inau, prete che aveva avuto una vocazione adulta ed era divenuto sacerdote circa 9 mesi fa, e Benedict, laico e Ministro straordinario dell’Eucaristia. La notizia, inviata a Fides dall’ufficio comunicazioni della Conferenza Episcopale di Papua Nuova Guinea a Isole Salomone, è stata confermata dal Vicario generale della diocesi di Bereina che, con un altro sacerdote, è giunto sul posto con un elicottero della polizia, fermandosi per le incombenze urgenti, come il riconoscimento del cadavere e la benedizione delle salme. Il Vescovo di Bereina e gli altri vescovi si trovano in Nuova Zelanda per l’Assemblea dei vescovi dell’Oceania, in corso dal 12 al 16 maggio.
Come riferisce a Fides p. Giorgio Licini PIME, dell’Ufficio comunicazioni della Conferenza episcopale, “ci vorrà del tempo per raccogliere testimonianze dalla gente del posto e dalla polizia, per ricostruire l'accaduto”. I due sono forse vittima di una conflitto tribale che va avanti nell’area da qualche anno. In una nota giunta a Fides, p. Casmiro Kito MSC, che ha trascorso con il prete ucciso gli anni del Seminario, così ricorda p. Gerry: “Era una prete diligente e di grande fede. Non lasciava mai il suo Rosario e per questo aveva adottato il nome di Maria. Aveva un grande cuore per la sua gente e la serviva con amore. Possa la sua morte essere un sacrificio e una oblazione per la pace fra le tribù della Kunimaipa Valley”. (Agenzia Fides 13/5/2014)