2014 02 04 Il Natale dei cristiani perseguitati in Bangladesh e Iran. SIRIA: la gente non ha più nulla per vivere e la Chiesa aiuta tutti senza distinzioni di fede o fazioni
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Le minoranze in Bangladesh tra paura e violenza
Un fedele della diocesi di Dinajpur rivela i terribili giorni di Natale trascorsi dalle comunità cristiane nel paese
Continuano a temere le minoranze religiose del Bangladesh. Testimonianze raccolte nei giorni scorsi da Aiuto alla Chiesa che Soffre rivelano come in seguito alle consultazioni del 5 gennaio in alcune aree del paese la situazione sia ancora tesa. Le elezioni generali che hanno sancito la vittoria del partito Awami League, guidato dal premier Sheikh Hasina, sono state fortemente osteggiate dalla principale formazione dell’opposizione, il Bangladesh Nationalist Party (BNP), e dal gruppo islamista Jamaat-e-Islami.
Entrambe le fazioni - che più volte hanno chiesto le dimissioni della Hasina e la formazione di un governo provvisorio - hanno esercitato forti pressioni sulla popolazione locale affinché boicottasse le consultazioni. Anche le minoranze religiose, in particolar modo quella indù, hanno subito attacchi da parte dei fondamentalisti che hanno minacciato di morte chiunque non avesse disertato le votazioni.
«Durante il periodo natalizio abbiamo vissuto giorni terribili - racconta ad ACS un fedele della diocesi di Dinajpur che per ragioni di sicurezza ha preferito rimanere anonimo – Per noi cristiani il Natale dovrebbe essere un momento di immensa gioia e invece in troppi hanno dovuto rinunciare alle celebrazioni». Le strade bloccate e gli attentati hanno impedito a catechisti e sacerdoti di raggiungere i fedeli nei diversi villaggi.
«Perfino muoversi all’interno della stessa città era di fatto impossibile. Tantissimi non-musulmani sono stati picchiati a sangue e le loro case saccheggiate e distrutte». La diocesi di Dinajpur, nel Bangladesh nord-occidentale, è tra le aree che destano maggiore preoccupazione. Nei mesi scorsi si sono verificati numerosi attacchi ai danni della comunità cristiana, inclusa l’irruzione di alcuni fondamentalisti nel seminario interdiocesano “Jisu Dhyana Niloy”.
«Il 7 gennaio – continua la fonte – è stato dato alle fiamme un villaggio cristiano. Tante persone, inclusi alcuni miei familiari, sono state duramente picchiate dagli estremisti».
IRAN - Arresti di cristiani nelle “chiese domestiche” a capodanno e nel periodo natalizio
Le autorità di sicurezza iraniane hanno arrestato quattro cristiani iraniani, riunitisi in casa per celebrare il capodanno con un momento di preghiera nella cittadina di Karaj. La polizia ha fatto irruzione, ha percosso e arrestato Sara Rahimi-Nejad, Mostafa Nadri, Majid Sheidaei e George Isaia, trasferendoli in un luogo sconosciuto.
Durante il periodo natalizio, un altro gruppo di cristiani era stato arrestato: si tratta di Faegheh Nasrollahi, Mastaneh Rastegari, Amir Hossein-Nematollahi, Ahmad Bazyar e Hosseini, riunitisi in una chiesa domestica a Teheran.
Secondo quanto riferiscono fonti di Fides, le pressioni sulla comunità cristiana iraniana si intensificano nel tempo di Natale e Capodanno: la polizia compie incursioni per scoraggiare i fedeli che si riuniscono nelle cosiddette “chiese domestiche”, considerate irregolari e pericolose e perseguite secondo le norme sulla sicurezza nazionale. Spesso la polizia cerca di estorcere confessioni in cui i detenuti cristiani ammettano di essere “pagati dall’estero per promuovere il cristianesimo in Iran”.
Secondo un recente rapporto dell’Ong “Open Doors” l’Iran si colloca tra i primi dieci paesi al mondo dove i cristiani sono maggiormente perseguitati. (Agenzia Fides 14/1/2014)
Siria, appello da Homs. P. Sahoui: subito aiuti, la gente non ha più nulla per vivere
Proseguono i negoziati a Ginevra tra governo e opposizione. Gli insorti continuano a chiedere l’estromissione di Assad dai nuovi assetti, mentre Damasco ha ribadito che il presidente siriano è “una garanzia per superare la crisi”. Il regime è inoltre tornato ad accusare gli Usa di aiutare i terroristi". Gli incontri seguono la Conferenza di pace che si è svolta nei giorni a Montreux.
Sul terreno, un numero imprecisato di civili è intrappolato sotto le macerie di due edifici residenziali ad Aleppo, crollati in seguito al bombardamento aereo da parte di elicotteri del regime di Damasco. E secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra, sarebbero 209 le vittime per scontri nella provincia di Raqqa.
Drammatica anche la situazione umanitaria: 20 mila persone, secondo fonti locali, rischiano di morire di fame nel campo profughi palestinese di Yarmuk, a sud di Damasco, mentre restano in attesa di entrare a Homs i convogli dell’Onu carichi di aiuti umanitari per la popolazione assediata.
Sulla situazione di Homs, Radio Vaticana ha intervistato il gesuita padre Ghassan Sahoui, direttore di un Centro educativo nella località siriana che vede migliaia di cittadini intrappolate nella parte vecchia della città, assediata da un anno e mezzo dalle forze lealiste:
R. – Accanto a noi, a meno di un chilometro, c’è la gente, i nostri amici, sono lì e vivono un tempo difficile, molto difficile, direi, perché non hanno più da mangiare, non hanno quasi niente, ed ora fa freddo e non ci sono medici né medicine: non hanno nulla! Noi viviamo accanto a loro però non possiamo fare niente, solo pregare e sperare che finalmente tutti i responsabili rispondano per aiutare la gente che vive lì.
D. – Quanti sono i civili assediati?
R. – Tremila, quattromila persone circa.
D. – Lei è direttore di un Centro educativo ad Homs. Come prosegue la vita di tutti i giorni?
R. – Noi viviamo, ma sentiamo sempre il fragore del mortaio o di altre armi e avvertiamo sempre che siamo in guerra. Noi proviamo a vivere “come al solito”, e così la vita va avanti… Proviamo ad accogliere la gente, ad aiutarla. Anche i bambini che vengono alla scuola, al centro: proviamo a dar loro qualche piccola cosa per compensare la durezza, la crudeltà della guerra.
D. – Tutte le speranze sono quindi riposte in questo momento su Ginevra, perché le parti in conflitto trovino finalmente un modo per liberare la popolazione siriana da questo incubo…
R. – Infatti. Sì, dobbiamo sperare, però è difficile. Trovare una soluzione che possa accontentare tutte le parti, non è cosa semplice. Speriamo che mettano al primo posto l’interesse del popolo siriano, di tutta questa povera gente che soffre ogni giorno, che non ha da mangiare. Non solo a Homs: ci sono altre città, altre zone, ci sono quasi tre milioni di persone che non ricevono niente dell’aiuto umanitario… I negoziati politici si dice che forse dureranno un anno: ma per l’aiuto umanitario, non si può attendere tutto questo tempo. Speriamo che in questi giorni ci sia una soluzione e che la gente possa tornare a vivere in modo, diciamo, “umano”.
Radio Vaticana 29 gennaio 2014
Siria. Arcivescovo di Aleppo: "La Chiesa aiuta tutti senza distinzioni di fede o fazioni"
"La Chiesa di Aleppo è presente nonostante le bombe, la fame e il freddo di queste settimane. Desideriamo vivere e avere fede, mostrando la nostra solidarietà verso tutti senza distinzioni di religioni o fazioni. Questa è la nostra missione, il nostro compito". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo, che descrive la vita della popolazione in questi giorni di Natale caratterizzati da una "pioggia di bombe" e oltre 500 morti, ma anche da storie di solidarietà e condivisione fra cristiani e musulmani. Per il vescovo i continui appelli del Papa alla pace hanno permesso a sacerdoti, prelati e laici di non perdere la speranza e di avere fede in Dio. "Il 25 dicembre - racconta mons. Audo - sono cadute almeno 12 bombe in vari quartieri, molti dei quali cristiani, facendo molte vittime". Il vescovo sottolinea che la situazione è migliorata negli ultimi giorni, ma nella città i poveri sono tantissimi. I bombardamenti di regime e ribelli, il freddo e i prezzi dei viveri alle stelle hanno ridotto la popolazione alla fame. Anche la classe media si è impoverita. "Purtroppo non vediamo la fine di queste violenze - spiega - nessuno sa quando finirà questa guerra. Tutto si può accettare, ma non questa confusione che non lascia intravedere spiragli di cambiamento". Tale situazione non impedisce ai cristiani e alla Chiesa di continuare la sua opera di carità e di preghiera per la pace in Siria. Nonostante le esplosioni e il rischio di morire, centinaia di persone hanno partecipato alle due messe celebrate nella cattedrale caldea il 24 dicembre alle 17,00 e la mattina di Natale. Gli odii e le divisioni che stanno distruggendo la società siriana non hanno fermato il sostegno ai poveri e alle famiglie di sfollati. "In questi mesi - continua mons. Audo - migliaia di famiglie dei quartieri e dei villaggi della periferia di Aleppo si sono rifugiate nel centro della città, in particolare nei quartieri cristiani. La Chiesa accoglie tutti, senza differenze, anche se a volte alcuni cristiani non comprendono questa apertura che non fa distinzioni fra religioni e fazioni politiche". Ogni giorno nei locali della Chiesa caldea la Caritas organizza un pranzo e una distribuzione di viveri per i poveri e gli sfollati della zona, soprattutto musulmani. "Alcuni giorni fa - racconta il prelato - un anziano musulmano mi ha rincorso e ad alta voce ha espresso la sua gratitudine per il nostro lavoro, affermando che 'l'oro vero si vede quando ci sono difficoltà. Per i musulmani quest'oro è la carità dei cristiani".
Radio Vaticana