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2014 01 15 BANGLADESH: islamisti uccidono giovane cattolico. MONDO: Le persecuzioni contro i cristiani sono aumentate nel 2013. SUD SUDAN: Sacerdoti cattolici e pastori protestanti in prima linea nel salvare vite

Fonte:
CulturaCattolica.it

Una tra le tante notizie di questi giorni ci aiuta a comprendere il rapporto ripreso da Radio Vaticana sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo nel 2013.

Bangladesh: islamisti uccidono giovane cattolico. Aveva denunciato le violenze anticristiane

Estremisti islamici hanno ucciso Ovidio Marandy, un giovane cattolico della comunità tribale dei Santal. L'omicidio è avvenuto sabato scorso a Gobindoganj nel distretto di Gaibandha (Bangladesh settentrionale). Originario della parrocchia di Beneedwar (diocesi di Rajshahi), il giovane era il fratello minore di padre Samson Marandy, sacerdote cattolico della diocesi di Dinajpur. I suoi funerali - riferisce l'agenzia AsiaNews - si sono tenuti ieri nella chiesa parrocchiale di Beneedwar. Secondo il fratello e altri familiari, i radicali islamici hanno voluto punire il ragazzo, molto conosciuto nella comunità cattolica. Nei giorni scorsi Ovidio aveva organizzato una manifestazione nel suo villaggio per denunciare le violenze degli islamisti. Lo scorso 5 gennaio nelle diocesi di Mymensingh e Rajshahi, centinaia di estremisti islamici hanno assaltato le abitazioni dei cristiani colpevoli di aver votato alle elezioni politiche. Padre Proshanto Gomes, sacerdote locale, sottolinea che "Ovidio era molto coraggioso ed era famoso nella sua comunità. Siamo scioccati da quanto accaduto". Padre Gomes sottolinea: "Votare è un diritto dei cristiani. Perché gli islamisti ci attaccano? Noi desideriamo la pace". Radio Vaticana 14 01 2014

Ecco il rapporto sintetizzato da Radio Vaticana e una breve intervista:

Le persecuzioni contro i cristiani sono aumentate nel 2013

Le persecuzioni contro i cristiani sono aumentate nel 2013: è quanto emerge dall'Indice Mondiale delle Persecuzioni 2014, che classifica i 50 Paesi più colpiti dal problema, realizzato dall'associazione Portes ouvertes France, una Ong di sostegno ai cristiani perseguitati. Durante una conferenza stampa a Parigi, il direttore Michel Varton ha precisato che per persecuzione si intende non solo violenza fisica, ma anche pressioni, divieti o discriminazioni legati a motivi religiosi. Associazione apolitica, fondata nel 1976, Portes Ouvertes France realizza l'Indice dal 1997.

Nel 2013, nota l'Ong, c'è stato un aumento generalizzato delle persecuzioni;
in Africa, in particolare nella cintura del Sahel, c'è stato una sorta di "inverno cristiano proprio nei Paesi che hanno vissuto la 'primavera araba'".
La Corea del Nord si conferma, per la dodicesima volta consecutiva, il Paese in cui per i cristiani vivere è più pericoloso e precario;
al secondo posto la Somalia, dove tribù e clan musulmani perseguitano i cristiani.
La situazione non migliora nei Paesi attraversati dal vento della 'primavera araba'. Siria ed Egitto, innanzitutto: la Siria, passata dall’11° al 3° posto, detiene il triste primato del numero di cristiani assassinati (più della Nigeria, secondo notizie di stampa); l'Egitto è il Paese dove i cristiani hanno subito più violenze.
L'estremismo islamico si conferma il fattore più insidioso. L'aumento delle persecuzioni si nota particolarmente negli Stati in cui il potere centrale stenta ad assumere pienamente il suo ruolo: oltre alla Somalia e alla Siria, l'Iraq, l'Afghanistan, il Pakistan, lo Yemen e ora anche la Repubblica Centrafricana.
Altri Paesi in cui i cristiani sono sotto pressione, le Maldive, l'Arabia Saudita, l'Iran, la Libia, l'Uzbekistan, il Qatar. (Radio Vaticana 08 01 2014)

Cristiani, minoranza più perseguitata nel mondo. Intervista a Varton: responsabili integralismo, dittature e criminalità

Se ne parla poco, ma le persecuzioni contro i cristiani continuano ad aumentare. L’ultimo rapporto a sostenerlo è stato curato dall'associazione “Portes ouvertes France”. Ma quali sono i motivi? risponde Michel Varton, direttore dell’organismo:

E’ difficile dire, perché ovviamente non c’è una sola ragione. E’ vero che l’integralismo islamico è in espansione, ma per esempio in India la Chiesa soffre a causa dell’aggressione induista radicale; nello Sri Lanka, Paese entrato nel nostro rapporto per la prima volta quest’anno, la persecuzione viene dal buddismo … quindi, l’islam non è l’unico responsabile. Certo, in generale, la convivenza tra la Chiesa e l’islam è difficile. Dobbiamo dire anche che difficoltà grandi le vivono i musulmani che lasciano la loro fede: infatti, ci sono quelli che vogliono diventare cristiani, ma sono soggetti ad una persecuzione veramente forte. In altri Paesi poi, come la Corea del Nord, l’incremento delle persecuzioni è dovuto alla dittatura e in altri Paesi, molto più semplicemente, è la criminalità: in Colombia, la Chiesa soffre in quelle regioni che sono sotto il controllo dei miliziani delle Farc. Qui sono i narcotrafficanti che aggrediscono e perseguitano la Chiesa perché la Chiesa rappresenta l’opposizione alla criminalità.

D. – Qual è la situazione dei cristiani in Siria?

La Siria, oggi, si trova al terzo posto nell’elenco dei Paesi in cui è forte la persecuzione contro i cristiani. In Siria è in atto una guerra civile, ma c’è poi una seconda guerra, all’interno di questa guerra civile e la Chiesa è un po’ la vittima silenziosa di questo conflitto. Questa è la ragione per cui molti cristiani fuggono dal Paese. La grande paura è che si verifichi quello che abbiamo visto in Iraq dove una decina d’anni fa c’erano un milione e 300 mila cristiani, mentre oggi non ne restano che 250–300 mila.

D. – La fuga dei cristiani è un rischio che corrono vari Paesi arabi?

E’ un rischio in tutti i Paesi. Un pastore egiziano mi ha detto: “Se la Chiesa in Egitto non ha il diritto di esistere e non può vivere la sua fede in pace, questa non sarà soltanto una tragedia per l’Egitto, ma questo avrà conseguenze anche in Occidente”.

D. – I cristiani rappresentano, dunque, la minoranza più perseguitata al mondo?

In realtà, è proprio questa l’impressione che abbiamo. Rimane sempre difficile dare cifre esatte, ma anche se andiamo a confrontare i nostri dati con altre associazioni ed altri istituti di ricerca nel mondo, è purtroppo evidente che oggi la minoranza più perseguitata è la Chiesa.
Radio Vaticana 09 01 2014

Quasi all’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani un esempio di ecumenismo nel terrore:

AFRICA/SUD SUDAN - Sacerdoti cattolici e pastori protestanti in prima linea nel salvare vite umane: testimonianza a Fides

Lo scontro politico in atto in Sud Sudan tra il Presidente Salva Kiir e l’ex Vice Presidente Riek Machar ha subito preso una piega di tipo etnico e tribale, contrapponendo le due principale tribù del Paese: Dinka (alla quale appartiene Kiir) e Nuer (la tribù di Machar).
Ma secondo le testimonianza raccolte da don Mark Opere Omolm, un sacerdote sud sudanese, e inviate all’Agenzia Fides, diversi religiosi di entrambe le etnie si sono adoperati per proteggere e salvare diverse vite umane. “Quello che queste persone hanno fatto merita di essere raccontato al pubblico per sottolineare con forza il ruolo che le Chiese possono giocare nel plasmare il futuro del nostro Paese” dice don Mark.
Ecco gli episodi riportati dal sacerdote: “Abraham Makuac, un pastore evangelico della tribù Dinka, ha salvato la vita di diversi Nuer durante gli scontri a Juba. Pur avendo perso un fratello, brutalmente ucciso durante gli scontri, egli ha aperto la sua casa e la chiesa per nascondere civili innocenti.
Micheal Abang, un pastore presbiteriano della tribù di Shilluk, si è adoperato per salvare diverse vite durante gli scontri a Malakal. Ha aperto la Chiesa per ospitare gli sfollati e proteggere i Dinka e Nuer. All'indomani degli scontri, è stato visto partecipare al recupero e alla sepoltura dei corpi delle vittime.
P. Paulino Lual, dell’Ordine Francescano e di origine Dinka, ha creato una rete di volontari Dinka per proteggere la popolazione Nuer ad Aweil. Questo sacerdote è noto per il suo coraggio e fermezza nel condannare il tribalismo, la corruzione e ogni sorta di male sociale del Paese. P. Lual ha pure rischiato di essere ucciso dai alcuni soldati della sua tribù, irritati per la protezione che questo uomo di Dio dava alla popolazione di origine Nuer.
Don Joseph Makuei, un prete cattolico Nuer, ha organizzato un gruppo di volontari del suo gruppo etnico per proteggere e salvare i Dinka a Bentiu. Il sacerdote insieme con i volontari, ha accompagnando personalmente i membri della comunità Dinka presso la locale sede dell’ONU per ottenere protezione”. (Agenzia Fides 8/1/2014)

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