2013 12 11 CENTRAFRICA: “A Bangui l’apocalisse” e la chiesa, anche se presa di mira, è in prima fila con l’aiuto e il perdono: testimonianze sul dramma del Centrafrica
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CENTRAFRICA - “A Bangui l’apocalisse” racconta a Fides Mons. Aguirre
“Una giornata apocalittica”. Così Sua Ecc. Mons. Juan José Aguirre Muños, Vescovo di Bangassou, definisce quello che è successo il 5 dicembre a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, quando le milizie “anti balaka” hanno attaccato le posizioni dei ribelli Seleka nella città. “Di primo mattino mi trovavo all’aeroporto di Bangui per tornare a Bangassou quando è scoppiata l’inferno: si sentivano ripetuti tiri d’armi da fuoco anche pesanti ” racconta Mons. Aguirre. “Una famiglia del quartiere mi ha accolto nella loro casa. Sono rimasti lì per otto ore mentre infuriavano gli scontri. Alle quattro del pomeriggio l’Arcivescovo di Bangui, Mons. Dieudonné Nzapalainga, è venuto a prendermi con una scorta dei soldati della missione africana in Centrafrica (MISCA) , e mi ha condotto all’Arcivescovado”.
Dal racconto di Mons. Aguirre sembra che il Centrafrica rischia di sprofondare in un conflitto inter-confessionale. “I Seleka (che sono in maggioranza musulmani, ndr.) stanno uccidendo giovani cristiani a caso un po’ in tutti i quartieri. Abbiamo contato almeno un centinaio di corpi per le strade di questi giovani, spesso uccisi con un colpo di machete in testa. Ogni parrocchia della capitale sta accogliendo fino a 2000-3000 persone. Stiamo cercando cibo per queste persone ma l’insicurezza rende difficili gli approvvigionamenti”.
Il Vescovo aggiunge che “gli uomini di Seleka hanno paura dell’arrivo dei francesi e stanno cercando di provocare il caos”. L’esercito francese ha comunque iniziato a pattugliare le strade della capitale anche con l’impiego di elicotteri e con il concorso dei militari della MISCA.
In una nota di Caritas Internationalis inviata all’Agenzia Fides l’Arcivescovo di Bangui, Mons. Dieudonné Nzapalainga, afferma di essere “profondamente preoccupato per la crisi nella Repubblica Centrafricana. La situazione a Bangui è caotica. Molte persone sono state uccise”. Mons. Nzapalainga, ha lanciato un appello perché “i combattimenti cessino immediatamente. Le donne e i bambini si sono rifugiati nelle chiese. Non hanno niente da mangiare e da bere, noi doniamo loro quello che possiamo” ha aggiunto l’Arcivescovo.
Secondo la nota circa 10.000 persone sono rifugiate nella chiesa di San Bernardo e nel monastero nel quartiere di Boy– Rabe, dove i combattimenti sono scoppiati all’alba di ieri.
(Agenzia Fides 6/12/2013)
E finalmente le truppe francesi arrivano (6 dicembre)
Intervento francese in Centrafrica. Don Mathieu: perdono chi ha ucciso mio fratello
Le truppe francesi, dopo il via libera dell’Onu, stanno già pattugliando le strade di Bangui, capitale del Centrafrica, teatro ieri (5 dicembre) di violenti scontri costati la vita ad almeno 130 persone. Scopo della missione è quella di riportare la sicurezza nel Paese favorendo la transizione democratica e la distribuzione degli aiuti umanitari. Tra le vittime di ieri c’è anche il fratello di un sacerdote centrafricano, don Mathieu Bondobo, che attualmente opera nella parrocchia romana di San Timoteo. Ai microfoni di Radio Vaticana ha voluto inviare al suo Paese un messaggio di perdono e riconciliazione. Ecco la sua testimonianza.
R. La giornata di ieri è stata una giornata drammatica, non solo per la mia famiglia ma per tutto il Centrafrica, in particolare per la capitale, Bangui. Sin dalle prime ore della mattinata c’è stato un combattimento veramente violento intorno alla capitale e questo combattimento ha prodotto una vera carneficina. E’ una tragedia umana, perché tantissime persone hanno trovato la morte, e tra queste persone c’è mio fratello e noi portiamo ancora questo dolore nel cuore.
D. – Proprio ieri, l’Onu dava il via libera all’intervento delle truppe francesi in Centrafrica …
R. – Il popolo del Centrafrica stava aspettando questo intervento da molto, molto tempo: dal colpo di Stato avvenuto il 24 marzo scorso, abbiamo levato il nostro grido per dire al mondo intero ciò che stava accadendo in Centrafrica. Questa Risoluzione dell’Onu è una via molto importante per arrivare alla pace nel Paese, perché dalla situazione che è venuta a crearsi in seguito al colpo di Stato sono originate gravi crisi umanitarie: tantissime persone hanno trovato la morte. L’Unione Africana con le sue truppe non è riuscita a portare la pace. Mancava, dunque, una forza internazionale da parte dell’Onu per riuscire a portare sotto controllo il Paese escludendo, magari, tutti i mercenari che hanno guadagnato potere nel Paese, che qui fanno quello che vogliono … Per questo, la Risoluzione dell’Onu che dà il via libera alla Francia per intervenire militarmente è un grande aiuto.
D. – Tanti morti, tante violenze, anche il pericolo di vendette … Tu hai avuto un fratello ucciso: è possibile perdonare? E’ possibile la riconciliazione, in mezzo a tanta violenza?
R. – Umanamente è una cosa molto difficile, se rimaniamo nell’ambito umano, nell’ambito anche razionale; però, allo stesso momento, io che vi sto parlando sono sacerdote e quindi cerco di vedere le vicende a livello spirituale, a livello della fede. In questo senso, io credo che il tempo liturgico dell’Avvento che stiamo vivendo aiuti molto noi cristiani: siamo in attesa della venuta di Nostro Signore, sappiamo che questa venuta ha varie dimensioni. C’è la venuta storica, che ricordiamo a Natale, c’è la venuta escatologica, ma c’è anche la venuta continua, permanente del Signore nella nostra vita. Il nome di “Emmanuele” dice questo: “Dio è con noi”, per dire che il cristiano in ogni momento della sua vita testimonia la sua fede, e questa fede è una Persona che si chiama Gesù Cristo. E’ lui la nostra pace. E quindi, in nome di questa fede, io perdono. Perdono coloro che hanno ucciso mio fratello e allo stesso momento prego per loro, per la loro conversione, che si convertano, che cessino di fare del male. Prima del giudizio di Dio …
(Radio Vaticana 6 12 2013)
Altre testimonianze (7 dicembre)
CENTRAFRICA - “L’intero Paese vive nel terrore”: nuove testimonianze sul dramma del Centrafrica
Giungono all’Agenzia Fides ulteriori drammatiche testimonianza dalla Repubblica Centrafricana, sconvolta dagli scontri tra gli ex ribelli Seleka e dai gruppi di autodifesa “anti Balaka”, mentre le truppe francesi e dell’Unione Africane si stanno dispiegando per garantire un minimo di sicurezza.
“L’intero Paese è terrorizzato” riferisce a Caritas Internationalis p. Anicet Assingambi della parrocchia San Carlo di Lwanga, nel nord di Bangui, la capitale. Decine di migliaia di persone hanno cercato rifugio nelle chiese a Bangui e in tutto il Centrafrica.
“Ci sono 5.000 persone negli edifici parrocchiali. Una donna mi ha raccontato di aver visto suo fratello colpito da una fucilata. Si spara ad ogni uomo che esce per strada. C’è un uomo morto nella strada fuori della parrocchia, ma è ancora troppo pericolo avventurarsi fuori per rimuovere il corpo” dice p. Assingambi.
“Non abbiamo nulla da dare a queste persone”- dice p. Assingambi. “Le loro case sono state saccheggiate. Piangono i loro morti. I loro bambini piangevano quando sono arrivati in chiesa. Cantiamo inni e preghiere per cercare di calmarli. Non abbiamo mai visto niente di così malvagio. Ci affidiamo a Dio, pregate per noi”.
Il comunicato inviato all’Agenzia Fides afferma che al momento è impossibile per gli operatori della Caritas raggiungere le persone in stato di necessità.
A Bossangoa, nel nord del Paese, la Caritas teme per la sicurezza di circa 40.000 persone accampate nei pressi della missione cattolica e di altre 1.600 persone rifugiate in una scuola. Ieri, 6 dicembre, un razzo ha colpito la missione senza provocare vittime.
La Chiesa centrafricana ha lanciato un appello per il cessate il fuoco immediato e perché sia permesso il passaggio dei soccorsi e degli aiuti umanitari.(Agenzia Fides 7/12/2013)
9 dicembre
CENTRAFRICA - “A Bangui torna lentamente la calma ma vi sono ancora migliaia di sfollati nelle parrocchie”
“La situazione a Bangui si sta lentamente normalizzando, ma vi sono ancora migliaia di persone rifugiate nelle parrocchie” dice all’Agenzia Fides Mons. Juan José Aguirre Muños, Vescovo di Bangassou, che si trova ancora bloccato nella capitale della Repubblica Centrafricana dal 5 dicembre, quando gli scontri tra i ribelli Seleka e le milizie “anti Balaka” hanno gettato la città nel caos e nella violenza. Con l’arrivo di 1.600 soldati francesi in appoggio alle forze africane già dispiegate, Bangui sta ritrovando a poco un po’ di ordine.
“L’aeroporto è finalmente aperto e spero presto di potere tornare nella mia diocesi domani o forse dopodomani. Circolano i taxi e i negozi stanno riaprendo” riferisce Mons. Muños. “Vi sono però ancora migliaia di persone rifugiate nelle parrocchie, dove il cibo scarseggia. Durante le ore notturne inoltre la sicurezza non è garantita. L’altra notte, alcuni ragazzi di famiglie sfollate, si sono avventurati nei loro quartieri per vedere come era la situazione, ma sono stati intercettati da alcuni uomini di Seleka che li hanno uccisi. La gente perciò ha ancora paura di tornare a casa”.
“Le truppe francesi- continua il Vescovo- stanno girando quartiere per quartiere per disarmare i membri di Seleka. Molti di loro sono già stati disarmati e il Presidente Michel Djotodia (che formalmente controlla le forze di sicurezza nelle quali avrebbero dovuto essere integrati gli uomini di Seleka, ndr.) ha accettato che gli ex ribelli si ritirino nelle caserme”.
“Speriamo quindi di potere fare un Avvento e un Natale in pace” conclude Mons. Aguirre. (L.M.) (Agenzia Fides 9/12/2013)
10 dicembre
CENTRAFRICA - Bangui: un missionario e i suoi “graditi ospiti”; come si vive in un convento con 2000 sfollati
“Al Carmel stiamo ospitando più di 2000 persone. E’ difficile contarli tutti. Provengono da diversi quartieri. La maggior parte sono bambini molto piccoli con le loro mamme” dice all’Agenzia Fides p. Padre Federico Trinchero, missionario carmelitano scalzo italiano di 35 anni, superiore e maestro degli studenti nel convento Notre Dame du Mont Carmel di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, dove la sicurezza è ancora precaria nonostante l’intervento delle truppe francesi e africane. Proprio nella notte tra il 9 e il 10 dicembre due militari francesi hanno perso la vita in uno scontro con bande armate nelle strade della città.
Il convento, racconta il missionario che opera in Centrafrica da 4 anni, aveva accolto un primo nucleo di 600 persone il 5 dicembre quando erano scoppiati violenti combattimenti tra i ribelli Seleka e le milizie “anti balaka”. Poi il 6 dicembre quando il coprifuoco era terminato, diverse persone avevano tentato di rientrare a casa, ma la ripresa dei combattimenti ha fatto ritornare gli sfollati nel convento, ai quali si sono aggiunte in seguito centinaia di altre persone. “Li abbiamo accolti a braccia aperte. Li abbiamo sistemati come meglio potevamo. Anche se la pioggia, ad un certo momento molto forte, rendeva tutto più difficile” racconta p. Federico.
Le precarie condizioni di sicurezza bloccano l’arrivo al Carmelo di cibo e medicinali ma questo non ha impedito a p. Federico e ai suoi “graditi ospiti”, come lui chiama gli sfollati, di organizzare nel migliore modo possibile la vita comunitaria. “Alle 9h00 parte la nettezza urbana… perché circa 2000 persone che insistono su uno spazio, grande più meno come un campo da calcio, hanno indubbiamente le loro esigenze e qualche inconveniente. Se dobbiamo essere un campo profughi lo dobbiamo fare bene” dice p. Federico. “Con i bambini ripuliamo tutta la zona. Poi in fila indiana ci si lava le mani e in premio c’è una frittella. Nel frattempo la gente cucina, lava i bambini, fa il bucato e stende i panni. Anche la rete del campo da pallavolo diventa un comodo stenditoio. Organizziamo l’accesso all’acqua e ai WC; disinfettiamo con la candeggina e delimitiamo le zone con la calce”.
P. Federico che riesce a mantenere i contatti con il resto del mondo, conclude “Sappiamo che ci sono persone che pregano per noi. A tutti loro dico grazie!”. (Agenzia Fides 10/12/2013)