2013 12 04 SIRIA: rapite 5 suore a Maalula. CAMERUN: I cristiani rischiano il massacro
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SIRIA - Maalula di nuovo occupata dai ribelli
Il villaggio a maggioranza cristiana di Maalula, 60 chilometri a ovest di Damasco, è stato di nuovo attaccato da milizie ribelli nella gioranta di sabato 30 ottobre. Quello di sabato è il secondo attacco subito negli ultimi tre mesi dalla città dove si trovano il monastero di Santa Tecla e il santuario dedicato ai santi Sergio e Bacco. (Agenzia Fides 2/12/2013).
SIRIA - Agenzia Sana: jihadisti rapiscono alcune suore nel villaggio cristiano di Maalula
In Siria, miliziani jihadisti sarebbero entrati nel convento ortodosso di Santa Tecla, nel villaggio a maggioranza cristiana di Maalula, a 60 km a nord di Damasco. Lo sostiene l'agenzia del regime Sana, secondo cui "fonti locali hanno detto che i ribelli hanno fatto irruzione nel convento prendendo in ostaggio la madre superiora, Pelagia Sayyaf, e altre suore".
(Radio Vaticana 2 12 2013)
Sono 5 le suore rapite in Siria. Mons. Audo: preghiamo per la loro vita
Le suore rapite in Siria, a Maalula, villaggio simbolo della cristianità poco distante da Damasco, sono 5 . Ancora nessuna rivendicazione da parte dei sequestratori, molto probabilmente legati al Fronte Al Nusra, affiliazione di Al Qaeda nel Paese. Dice mons. Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei e presidente di Caritas Siria:
D. – Come è stata accolta la notizia dalla popolazione siriana?
R. – Generalmente, Maalula è un simbolo molto importante non soltanto per i cristiani, ma anche per i musulmani di Siria e del Medio Oriente, perché sanno che lì si parla ancora oggi la lingua di Cristo, un dialetto aramaico. Per questo, la gente è molto colpita da questo evento.
D. – Tra l’altro, le suore sono molto impegnate nel sociale: avevano con loro degli orfani…
R. – Sì, c’erano degli orfani. Il loro è un monastero ortodosso tradizionale, dove viene praticata molto la pietà. La gente viene in pellegrinaggio, è molto famoso. Non c’è una persona che non vada a Maalula e Saidnaya, in Siria. Soprattutto per la festa della Croce, il 14 settembre, sulla montagna di Maalula.
D. – Vi siete fatti un’idea sul motivo del rapimento di queste suore? Un atto di ritorsione nei confronti della comunità cristiana, o il motivo è semplicemente legato alla guerra e l’occupazione della città ha portato a questo?
R. – Io penso, in primo luogo, che la ragione risieda nella guerra. Noi, come cristiani, come Chiesa in Siria, non vogliamo dire che sia una guerra contro i cristiani, perché noi vogliamo essere una presenza di riconciliazione e di convivenza. Questa è la nostra vocazione. Non vogliamo provocazioni con i musulmani.
D. – Dopo quanto accaduto a Maalula, i cristiani si sentono minacciati?
R. – Sì, sì. Perché quello che è successo ha significato toccare un luogo sacro della cristianità e fino ad oggi – da secoli! – nessuno fatto una cosa simile a Maalula, un luogo cristiano, sacro però non soltanto per i cristiani ma anche per tutti gli altri.
Radio Vaticana 3 12 2013
Molti siti hanno rilanciato questa notizia:
Allarme Camerun, i cristiani rischiano il massacro
di Piero Gheddo
02-12-2013
In Italia si pubblicano poche notizie sul Camerun, uno dei pochi paesi africani che vive in pace da mezzo secolo, con un regime paternalista alleato con la Francia, che assicura libertà di stampa, di religione e di partiti politici; quindi, i 18 milioni di camerunesi godono di un reddito annuo medio procapite di circa 1.250 dollari USA, fra i più alti nell’Africa nera. Negli ultimi tempi il Camerun deve affrontare una grave emergenza: nella Nigeria del Nord si sta diffondendo l’estremismo islamico di “Boko Haram”, che proclama di voler distruggere “l’educazione occidentale”, cioè le scuole e le chiese cristiane, con molti morti e la fuga dei cristiani verso il Sud Nigeria. Nel febbraio scorso, Boko Haram ha sequestrato un'intera famiglia francese (compresi i 4 bambini), liberandoli due mesi dopo, forse con pagamento di un riscatto. Il 15 novembre scorso, l’agenzia Fides pubblica la notizia del sacerdote francese fidei donum padre Georges Vandenbeusch sequestrato da Boko Haram nella sua missione nel Nord Camerun ai confini con la Nigeria. Fino al 2011, in quella missione c’era don Felice Cantoni, “fidei donum” della diocesi di Como.
È una regione a rischio, dice don Cantoni e aggiunge: «Ho rischiato anch’io di essere ucciso, ma nel mio caso erano banditi comuni. Alle grida delle suore sono uscito dalla mia casa per vedere quello che succedeva e i banditi mi hanno sparato, ho sentito la pallottola fischiare vicino alla mia testa! Siamo sul confine con la Nigeria, ma finora il problema era il banditismo locale. La missione delle suore della Santa Famiglia di Bordeaux è stata rapinata a più riprese. Più volte ho dovuto seppellire dei poveri contadini che avevano cercato di opporsi al furto di bestiame ed erano stati uccisi. Adesso ci troviamo di fronte alla setta islamica di Boko Haram, che dal 2009 sta mettendo in ginocchio il nord-est della Nigeria. Il conflitto nigeriano già si avvertiva per la presenza di diversi rifugiati provenienti da oltre confine, che scappavano dalle violenze della setta” aggiunge don Felice.
Nel Nord Camerun sono presenti numerosi missionari, suore e volontari italiani, di varie diocesi e istituti (fra i quali il Pime e le suore del Pime, Missionarie dell’Immacolata). Finora le notizie sono buone, nelle città e villaggi la vita si svolge normalmente. Sono invece preoccupate le autorità del Camerun, che hanno preso misure adeguate (ad esempio, i viaggi lunghi fra le cittadine ai confini si fanno con la scorta di due o tre militari), per controllare il territorio e le eventuali infiltrazioni di Boko Haram; tanto più che in tre province del Nord Nigeria non c'è più la Nigeria, ma le tre province completamente nelle mani di Boko Haram. Tutte le forze dell'ordine se ne sono andate, la gente fugge dove può. L'esercito nigeriano sta tentando di riprendere il "suo" nord-est. Molti sono coloro che si stanno rifugiando in Camerun, dopo aver perso case, terre e raccolti. E in Camerun, i poveri che abitano le zone di confine stanno mostrando una solidarietà inimmaginabile, accogliendo nelle loro case e nutrendo "fratelli" che hanno bisogno di tutto.
Subito dopo il sequestro della famiglia francese, il governatore del Nord Camerun aveva disposto che tutti i bianchi che abitano nelle vicinanze della frontiera nigeriana ripiegassero su Maroua, meglio ancora, rientrassero in Patria. I missionari, però, si erano opposti, dicendo che non si abbandona la gente quando il bisogno si fa più grande. Infatti, è arrivato l'insperato contrordine: sembra che il Papa stesso sia intervenuto a chiedere che sia permesso ai missionari di restare al loro posto. La missione della Chiesa è accanto a chi ha bisogno.
Un sacerdote italiano scrive: «La "crisi" attuale nel nord del Camerun non è destinata a passare velocemente. L'Islam estremista è sempre più armato e sempre più intenzionato ad allargare il suo territorio. Purtroppo qui la maggior parte della gente è troppo "semplice" per rendersi conto che aprire la porte a questo Islam non porterà a nulla di buono. Qui non c'è la possibilità di informarsi come da noi, di capire la differenza tra Islam e Islam. Il vescovo di Maroua è da sempre un indefesso promotore del dialogo e della pace tra le religioni, della convivenza fraterna. Ma, si sa, con gli estremisti le vie del dialogo raramente portano da qualche parte. Da quanto si capisce, Boko Haram vuole colpire il Camerun proprio nel suo "punto di vanto": Paese in pace da oltre 50 anni, Paese d'integrazione religiosa, Paese aperto al mondo. E così fa di tutto per creare destabilizzazione. In queste ore, sono colpito e toccato dal coraggio di tanti confratelli e consorelle missionari, che non vogliono fare un solo passo indietro. Nessuno è incosciente. Nessuno ha voglia di lasciarci le penne. Ma nessuno intende neanche abbandonare il campo.
«Ieri sera – continua il sacerdote italiano - un padre francese mi raccontava che sta ricevendo molte chiamate da giornalisti del suo Paese per avere dettagli sul sequestro. In molti casi ha dovuto "difendersi" da accuse del tipo: “Perché rimanete là? Volete proprio andarvela a cercare? E se poi vi sequestrano, chi paga? Il Vaticano?” Preti, suore, laici che la Chiesa manda in missione non partono per il gusto dell'avventura. E neanche perché sono dei disadattati nel loro Paese d'origine. Si parte perché Gesù ha detto: «Voi sarete miei testimoni fino agli estremi confini della terra». Testimoni di Gesù attraverso l'annuncio della sua Parola, e, molto più, attraverso una vita spesa al servizio degli ultimi. Sul Suo esempio. Questo è tutto.
«Come si fa a parlare di "Uno" che ha dato la vita per il mondo, se, al sopraggiungere del pericolo, si dice: "Beh, adesso io ho finito: cavatevela da soli"? Il Vangelo, amici miei, non è una bella storia. Bella da raccontare, bella da ascoltare. Il Vangelo è programma di vita. Che credibilità avrebbe, se coloro che sono venuti ad annunciarlo (e qui la Chiesa ha solo 50 anni!), se ne andassero non appena il prezzo comincia ad alzarsi? Francamente i missionari non lo vogliono il martirio (di sicuro, non io!), ma quando parli di Gesù in mezzo a gente che la vita ha tenuto sempre schiacciata a terra, senti tutto il peso della Parola che stai portando. E capisci che non puoi scaricarlo. Detto questo, bisogna anche che vi tranquillizzi un po'. Onestamente non mi sembra che nella mia missione siamo esposti più di tanto. La frontiera nigeriana in linea d'aria è parecchio distante. Di più, l'esercito camerunese sta davvero mobilitandosi per proteggere le missioni. Quindi, vi invito a non avere particolari preoccupazioni per noi. Ma questa lettera andava scritta perché non può accadere che non si sappia! Il mondo deve sapere quello che accade. Raccomando di pregare per padre Georges, per noi e il nostro popolo. Il mondo è pieno di violenti, ma, grazie a Dio, la vita continua».