2013 10 30 IRAN: Cristiani condannati a 80 frustate per aver bevuto vino eucaristico. SIRIA: Rogo di libri cristiani a Raqqa. IN SINTESI notizie dall’ AFRICA: “La tragedia di Lampedusa è anche una responsabilità africana” affermano i Vescovi del continen
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E altre notizie di questi giorni ci confermano che in certi paesi il solo professare la propria fede è colpa da condannare.
IRAN - Cristiani condannati a 80 frustate per aver bevuto vino eucaristico
Un tribunale nella città iraniana di Rasht ha condannato quattro membri della “Chiesa dell'Iran”, denominazione cristiana protestante, a 80 frustate ciascuno per aver bevuto vino della comunione durante una liturgia cristiana. Come appreso da Fides il verdetto è stato emesso il 20 ottobre e la sentenza è motivata dal “consumo di alcol”. Secondo fonti di Fides, il provvedimento fa parte del giro di vite sulle cosiddette “chiese domestiche” che non sono autorizzate né tollerate, e contro le comunità che celebrano il culto in lingua persiana.
In una dichiarazione inviata a Fides, Mervyn Thomas, direttore esecutivo di CSW, afferma: “Le pene inflitte a questi membri della Chiesa dell'Iran criminalizzano il sacramento cristiano della comunione nella Cena del Signore e costituiscono una violazione inaccettabile del diritto di praticare la fede liberamente e pacificamente. Sollecitiamo le autorità iraniane ad assicurare che le procedure legali della nazione non contraddicano il suo obbligo internazionale a garantire il pieno godimento della libertà di religione o di credo”.
Ieri, 23 ottobre, una clamorosa manifestazione per la libertà religiosa si è svolta davanti al famigerato carcere di Evin, a Teheran. Come appreso da Fides, il Pastore cristiano americano Eddie Romero La Puente ha inscenato una protesta per chiedere il rilascio di cinque cristiani detenuti per motivi di coscienza: Farshid Fathi, Pastore cristiano iraniano; Saeed Abedini, cittadino iraniano naturalizzato americano che aveva avviato un orfanotrofio a Teheran; Mostafa Bordbar, attivista cristiano; Alireza Seyyedian, membro di una delle chiese domestiche; Mohammed Ali Dadkhah, eminente avvocato di Teheran, difensore e promotore dei diritti umani. Il Pastore Eddie Romero La Puente è stato subito arrestato ed espulso dal paese. (Agenzia Fides 24/10/2013)
SIRIA - Rogo di libri cristiani a Raqqa
I miliziani dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL), la fazione quaedista che in diverse regioni della Siria ha monopolizzato l'insurrezione armata contro il regime di Damasco, nei giorni scorsi hanno organizzato un rogo di Bibbie e libri cristiani davanti alla chiesa greco-cattolica di Nostra Signora dell'Annunciazione a Raqqa, la città siriana da mesi sotto controllo delle milizie anti-Assad. A fornire informazioni all'Agenzia Fides intorno all'azione intimidatoria è una nota dell'agenzia curda indipendente "AraNews".
La regione di Raqqa è stata teatro di scontri tra l'esercito di Assad e le milizie dell'opposizione nel marzo scorso. Dopo il ritiro dell'esercito governativo, sono iniziati gli scontri interni allo schieramento anti-regime tra i battaglioni dell'Esercito Libero Siriano e i gruppi quaedisti dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, che hanno avuto la meglio. Lo scopo dichiarato di questa fazione è la creazione di un califfato islamista nelle aree cadute sotto il proprio controllo. A tale scopo, le popolazioni civili vengono sottoposte a campagne di indottrinamento e fanatizzazione a base di ideologia jiahdista. Già lo scorso settembre diversi video circolati online avevano documentato le azioni vandaliche compiute contro le due chiese della città di Raqqa dai militanti dell'ISIL, con la distruzione di croci, statue e immagini sacre.
A Raqqa, alla fine di luglio, è stato rapito il gesuita romano Paolo Dall'Oglio. I principali indiziati del rapimento di padre Paolo sono proprio gli affiliati all'ISIL. (Agenzia Fides 25/10/2013).
Avvenire ricorda anche che in ERITREA, paese africano in cui è attualmente impossibile quanti siano i detenuti politici in carcere (si parla di circa 6000 di cui 2000 cristiani) le autorità di Asmara hanno arrestato 150 cristiani sorpresi a …pregare.
Questo apre il capitolo che oggi dedichiamo all’AFRICA.
AFRICA - “La tragedia di Lampedusa è anche una responsabilità africana” affermano i Vescovi del continente
La mancanza di libertà e la ricerca di migliori condizioni di vita sono alla base di tragedie come quella accaduta il 3 ottobre al largo dell’isola italiana di Lampedusa, afferma un comunicato inviato all’Agenzia Fides dal SECAM/SCEAM (Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar). Ricordiamo che nel rovesciamento di un barcone carico di migranti provenienti dal Corno d’Africa morirono circa 360 persone.
“È sorprendente- afferma la nota- che così tanti rifugiati dall’Africa orientale continuano ad intraprendere il pericoloso viaggio verso l’Europa alla ricerca della “libertà” a causa delle gravi condizioni politiche ed economiche dei loro Paesi di origine”.
I Vescovi africani sottolineano in particolare le condizioni di Somalia ed Eritrea, i due Paesi da dove provengono la maggior parte delle persone coinvolte nella tragedia di Lampedusa. “Nel caso della Somalia le milizie al Shabaab terrorizzano la popolazione sin dal 1994. Questa lunga guerra ha provocato gravi problemi sociali ed economici. Anche la situazione politica in Eritrea ha spinto molti di questi migranti a fuggire dal loro Paese. Non esiste alcuna forma di liberà, non esiste libera stampa, né libertà religiosa e nessun diritto di assemblea. Queste persone affermano che cercano di dare un senso alla loro vita”.
Ricordando la Lettera Pastorale dei Vescovi africani, “Governance, bene comune e transizioni democratiche in Africa”, il comunicato prosegue: “il dramma della migrazione, con un crescente numero di giovani che rischiano la vita per abbandonare l’Africa, riflette la profondità del malessere di un continente dove ancora sono forti le resistenze ad assicurare alle proprie popolazioni lavoro, educazione e salute”.
“Dopo oltre 50 anni di indipendenza, l’Africa è ancora alla prese con violenze senza fine, gruppi armati illegali che continuano a minacciare la sicurezza della popolazione e dei loro beni che a loro volta provocano la fuga delle persone, come nel caso dell’incidente di Lampedusa” sottolineano i Vescovi africani.
Il documento conclude facendo appello alla responsabilità delle istituzioni africane perché operino per coordinare le politiche di controllo dei flussi migratori e soprattutto inizino un processo di miglioramento delle condizioni di vita dei loro Stati. Si fa altresì richiesta all’Europa perché riveda la propria legislazione immigratoria e tratti “questi migranti con maggiore compassione”.
(Agenzia Fides 25/10/2013)
Partiamo dal CONGO che è lacerato da una continua guerriglia nei suoi confini verso nord e est.
Dice una testimonianza a Radio Vaticana del 29 ottobre 2013: “Io stesso ho visto che i confini sono permeabili ai ribelli che vanno e vengono. Questo per quanto riguarda l’Uganda. Per quanto riguarda il Rwanda, è vero che c’è un appoggio rwandese ai ribelli: loro lo giustificano dicendo che i tutsi, gli stessi abitanti di quelle zone di origine rwandese, sono minacciati di genocidio e quindi, in qualche modo, devono essere difesi, anche se negano un appoggio attivo ai ribelli, in questo caso agli M23. Gli interessi sono vari: ci sono interessi minerari fortissimi. Ma attenzione però: non ci sono solo il Congo, il Rwanda e l’Uganda. Dietro al Congo, al Rwanda e all’Uganda ci sono i veri burattinai, quelli che muovono le redini, quelli che poi sfruttano i minerali e comunque se l’importano nei loro Paesi. Stati che non sono solamente quelli che noi conosciamo - l’Europa, l’America - ma ci sono anche i Paesi dell’ex Unione Sovietica, che sono fortissimi da quelle parti. Il Kazakhstan, per esempio, ha degli interessi fortissimi anche sull’uranio. Il Congo così non può andare avanti!”
Congo: nel Nord Kivu dimenticati i tre sacerdoti rapiti un anno fa
Un anno fa, nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, tre padri assunzionisti venivano portati via dalla parrocchia Nostra Signora dei Poveri di Mbau, nella diocesi di Butembo-Beni, da non meglio identificati uomini armati. Ad oggi non si hanno ancora notizie dei padri congolesi Edmond Bamtupe Kisughu, Jean-Pierre Mumbere Ndulani e Anselme Kakule Wasukundi, e neanche delle 800 persone – uomini, donne, ragazzi e neonati – rapite negli ultimi mesi in questo territorio remoto dell’instabile provincia minerarie del Nord Kivu (est), al confine con Rwanda e Uganda, dove pullulano innumerevoli gruppi armati. Non hanno portato a nulla di concreto le ricerche delle forze di sicurezza né gli appelli lanciati dalla chiesa cattolica locale.
Anche il CENTRAFICA è in situazioni drammatiche:
Centrafrica. Il vescovo di Bangassou: “Il Centrafrica è alla deriva. L’Onu intervenga”
“Il Centrafrica è oggi un Paese alla deriva, con tutta la popolazione intrappolata come in un campo di concentramento, in ostaggio del governo Seleka anche lui a sua volta alla deriva” scrive mons. Juan José Aguirre Muños, vescovo di Bangassou, sul sito PeriodistaDigital alla vigilia della discussione sulla situazione nel Paese africano che si terrà nell’ambito dell’Assemblea Generale dell’Onu in corso a New York. Mons. Aguirre ricorda che la coalizione Seleka che “ha invaso il Centrafrica dalla fine del 2012 ad oggi” si è progressivamente lacerata attraverso le sue cinque principali componenti militari, dal momento che una sola di esse ha preso il potere e le altre (per un totale di circa 15.000 ribelli ) si sono trasformate in formazioni banditesche alla ricerca sfrenata di una preda da saccheggiare. Il vescovo tra le altre cose - riferisce l'agtenzia Fides - ricorda la drammatica situazione dell’istruzione nonostante la riapertura delle scuole cattoliche che “hanno voluto dare un'aria di normalizzazione alla vita sociale del Paese, ancora in mano gli eccessi di Seleka”. “Il governo centrale aveva accettato, al fine di dare segni di normalità alla comunità internazionale, di far svolgere gli esami di ammissione all'università ” ricorda mons. Aguirre. “I 59.000 studenti delle scuole cattoliche si sono presentati agli esami ma si sono resi conto che i test erano pieni di irregolarità . Molti dei nostri studenti non erano negli elenchi predisposti dal governo”. Ancora più grave quello che è avvenuto nella capitale Bangui, dove, come racconta il vescovo, “i giovani appartenenti a Seleka sono entrati nella sala dell’esame armati e in uniforme militare, per prendere il foglio del test e andarsene (sicuramente perché qualcuno più competente potesse compilarlo). Più tardi sono tornati con la 'faccia tosta', con la pistola ben visibile nella cintura, per consegnare il test”. (Radio Vaticana 25 settembre 2013)
Ecco la testimonianza di Padre Aurelio Gazzera, missionario cattolico nella Repubblica Centrafricana, raccontata ad Aiuto alla Chiesa che Soffre
“I ribelli islamisti bruciano le case dei cristiani: «Assistiamo a scene apocalittiche»”
«Gli eventi si susseguono rapidamente, così come s’intensifica l’aggressività dei ribelli. Assistiamo a scene apocalittiche e osserviamo i corpi delle tante vittime che giacciono ancora ai lati della strada». È il drammatico racconto di padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano e direttore della Caritas diocesana di Bouar, che da oltre vent’anni vive nella Repubblica Centrafricana.
In una conversazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre, il religioso denuncia il drammatico aumento delle violenze. Il mese scorso, nella diocesi di Bouar, i membri della coalizione Seleka ribelli hanno compiuto numerosi attacchi costringendo gli abitanti alla fuga. «Nella sola città di Bohong sono state bruciate più di 3500 case, mentre più dell’80% della popolazione ha abbandonato il villaggio di Bossangoa, teatro di terribili scontri che hanno causato più di sessanta morti». E a Bohong i ribelli hanno ucciso una trentina di persone e dato alle fiamme oltre 2.000 case per costringere gli abitanti ad emigrare.
Almeno 14 villaggi sono ormai completamente deserti: città fantasma dove non rimangono che i cadaveri delle vittime. In tanti cercano rifugio altrove e la missione carmelitana di Bozoum ha accolto più di 6.500 rifugiati. «È commovente ascoltare i loro racconti – dice padre Aurelio – Si tratta di donne che hanno perso il proprio marito e di papà che hanno visto uccidere il proprio figlio. Tuttavia, nonostante le atrocità subite, nel loro cuore non c’è odio né rabbia, ma soltanto dolore e stanchezza».
Il religioso riferisce di una «commistione pericolosa tra diversi gruppi armati e di una sempre maggiore propensione alla violenza dei membri della Seleka». Ma a preoccupare padre Aurelio sono soprattutto gli effetti che la drammatica situazione centrafricana ha sui rapporti interreligiosi. «Un tempo i fedeli di credo diverso convivevano pacificamente, ma l’arrivo dal Sudan e dal Chad di ribelli musulmani ha contribuito alla creazione di una frattura tra la comunità islamica e il resto della società». Il missionario sottolinea inoltre come le abitazioni musulmane siano state risparmiate dagli attacchi, al contrario di quelle cristiane. «Non una singola casa musulmana è stata bruciata. In alcuni casi gli islamici centrafricani hanno perfino indicato ai ribelli quali abitazioni distruggere e saccheggiare. È come se questo colpo di stato abbia tirato fuori il peggio dal loro cuore».
Guardando al futuro, padre Aurelio non esclude che possano scoppiare nuovi scontri. E seppure le violenze dovessero finire all’istante, ci vorrebbero comunque anni per ricostruire il paese. «Ci vorrà ancora più tempo per ricreare una convivenza serena. Lo stato è assente e nessuno sembra interessarsi alle sorti del paese. Fortunatamente, però, la fede dei centrafricani è forte e viva, e la frase che ripetono più spesso è ancora “Nzapa a Yeke”: Dio c’è».
Nei mesi scorsi Aiuto alla Chiesa che Soffre ha stanziato contributi straordinari in favore della Chiesa centrafricana per un totale di 200 mila euro. (Tratto da Acs Italia – settembre 17, 2013)
Lo stesso missionario è stato poi oggetto di un attentato fallito
CENTRAFRICA - Spari contro l’auto di un missionario: a Fides la sua testimonianza
“Grazie a Dio siamo tutti sani e salvi” dice all’Agenzia Fides P.Aurelio Gazzera, missionario carmelitano che vive ed opera a Bozoum (Centrafrica), la cui automobile è stata raggiunta da alcuni colpi sparati dai ribelli Seleka mentre si accingeva a tornara alla sua missione dalla capitale Bangui.
Il missionario racconta come si sono svolti i fatti : "Questa mattina all’uscita da Bangui, tra le 6 e mezzo e le 7 ora locale, siamo stati fermati ad un posto di blocco di Seleka. Ci siamo rifiutati di far perquisire la macchina dai ribelli, ma abbiamo aggiunto che visto che nelle vicinanze c’erano alcuni gendarmi se questi volevano ispezionare l’automobile non avremmo avuto nulla in contrario. Uno dei ribelli ci ha fatto segno di passare ma dopo aver percorso pochi metri, una moto con due uomini, di cui uno in piedi sul sedile e armato di Kalashnikov, ha iniziato a seguirci facendoci cenno di fermaci. Dopo aver bloccato l’auto, l’uomo con il fucile si è avvicinato e ha puntato la sua arma all’interno della vettura intimandoci di tornare indietro.
Ci trovavamo al Km12, un quartiere molto affollato con un piccolo mercato, con migliaia di persone che vanno e vengono. Non è quindi facile fare manovra in uno spazio così ristretto. Ma il ribelle si è spazientito ed ha sparato alle gomme dell’auto. Ha poi continuato a sparare in aria pretendo che facessi manovra con gli pneumatici a terra. Una donna è stata colpita di striscio da un proiettile vagante. Per fortuna che è passata un’unità della polizia congolese associata alla FOMAC (Forza africana in Centrafrica) che ha bloccato lo sparatore ed ha provveduto a ricoverare la donna ferita.
Dopo aver cambiato le gomme siamo stati condotti al comando della Gendarmeria, mentre l’Arcivescovo di Bangui ha inviato il Vicario per aiutarci a districare nelle procedure”.
“Questo episodio è emblematico di quello che succede ogni giorno nella Repubblica Centrafricana. A dispetto dagli annunci fatti Seleka non è stato disciolta, le forze dell’ordine non hanno la capacità di opporsi ai ribelli, anche se si stanno riorganizzando. Ma chissà quanto tempo dovrà passare perché torni un minimo di sicurezza nel Paese” conclude il missionario.
(Agenzia Fides 3/10/2013)
Altre notizie
TANZANIA - Sacerdote colpito con l’acido a Zanzibar
Un sacerdote cattolico, p. Anselmo Mwanga’mba, è stato assalito da ignoti con un getto di acido che gli ha procurato gravi lesioni, nell’isola di Zanzibar (Tanzania), il 13 settembre.
“L’acido l’ha colpito al volto, alle braccia e al petto. P. Anselmo è ricoverato al National Hospital di Dar Es Salaam dove mi sto recando per incontrarlo” dice Mons. Augustine Shao Vescovo di Zanzibar, raggiunto telefonicamente dall’Agenzia Fides.
P. Mwanga’mba è stato assalito nel pomeriggio del 13 settembre nella capitale dell’isola, Stone Town, all’uscita da un internet-caffe da un gruppo di uomini che gli hanno lanciato addosso l'acido.
A febbraio è stato ucciso a Zanzibar p. Evarist Mushi, mentre a Natale era stato gravemente ferito in un agguato un altro sacerdote cattolico, Ambrose Mkenda, Inoltre alcune chiese sono state bruciate. La Chiesa cattolica ha più volte denunciato il clima di intimidazione contro i cristiani e la propaganda di chi incita allo scontro interreligioso (Agenzia Fides 16/9/2013)