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2013 09 11 Continuiamo a pregare per la Siria

Fonte:
CulturaCattolica.it

Il Papa ci ha chiesto di continuare a pregare per la situazione in Siria.
Lo facciamo chiedendo pace, e questo è un bene per tutti.
Con un cuore particolare preghiamo per i cristiani di quella terra.
Due interventi ci aiutano a capire la loro drammatica situazione.

Intervista di Radio Vaticana del 10 settembre 2013
Cristiani in Siria, vittime di un conflitto radicalizzato tra comunità scita e sunnita

I cristiani in Medio Oriente, e in altri Paesi come l’Egitto dove sono una minoranza, sono i primi a pagare il prezzo delle guerre, a soffrirne, a dover lasciare le proprie case e tutti gli averi ed emigrare. Così ha denunciato qualche giorno fa mons. Fouad Twal, patriarca di Gerusalemme dei Latini, in un incontro ad Amman dei capi delle Chiese mediorientali. E la preoccupazione sale in questi giorni per la sorte dei cristiani in Siria, come accaduto per gli abitanti del villaggio di Maalula.

D. - Come stanno vivendo i cristiani il conflitto? Hanno mai preso posizione sulle ragioni del governo e dei ribelli?

R. - I cristiani in Siria vengono considerati generalmente sostenitori del regime. Questo perché c’è un’alleanza storica tra la comunità degli alawiti e la comunità dei cristiani. Ovviamente, moltissimi hanno un atteggiamento neutrale, moltissimi hanno dovuto ingoiare una pillola amara per ragioni di sicurezza. Purtroppo, la connotazione confessionale - che ad un certo punto della sua evoluzione ha assunto il conflitto siriano - ha portato anche i cristiani a doversi schierare in qualche modo. Il conflitto è divenuto uno scontro tra sunniti e sciiti, ovvero gli alawiti, che sono la comunità che appartiene alla famiglia sciita in Siria, cui appartiene anche il regime di Bashar Al Assad, lui stesso è un alawita. I cristiani, semplicemente perché considerati alleati o sostenitori del regime, diventano spesso oggetto di attacco e di persecuzioni.

D. - Recente è l’assalto, da parte di formazioni ribelli qadeiste, al villaggio cristiano di Maalula, al nord di Damasco, che tu hai visitato. Un attacco che fa temere il peggio per i cristiani?

R. - Un attacco abbastanza simbolico, perché Maalula è veramente il simbolo della cristianità più antica rappresentata in questa regione. Tanto è vero che a Malula non solo ci sono degli antichissimi monasteri, ma gli abitanti parlano ancora l’aramaico, quindi la lingua del Cristo. Proprio l’isolamento geografico di Maalula ha permesso che si preservasse quanto meno la tradizione, anche linguistica. Quindi, l’attacco a Maalula è un attacco simbolico. Da alcune testimonianze che ho potuto raccogliere, il trattamento è stato molto pesante. Si è cercato addirittura di convertire i residenti. La maggior parte sono riusciti a scappare, ma alcune centinaia di persone rimangono all’interno del villaggio. Purtroppo, come dicevo prima, è il riflesso di un conflitto che ha assunto - per servire interessi politici, ovviamente - una piega del tutto confessionale. Le ragioni però non sono nelle religioni e nell’appartenenza ad un credo. E questo è importante ricordarlo.

D. - Mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti gli Stati, ha evidenziato che le Chiese cristiane sono impegnate in prima linea sul piano umanitario. Quindi se dovessero emigrare tutti i cristiani - sappiamo che ne sono già emigrati 450 mila dalla Siria - ci sarebbero costi umani ulteriori per la popolazione civile…

R. - Probabilmente sì. Ci sono moltissime comunità che danno assistenza umanitaria e non soltanto a militanti pro-Assad o agli ufficiali dell’esercito, ma anche ai ribelli. Questa è una testimonianza che ho raccolto in diverse occasioni e che è importante ricordare proprio per non dare l’immagine dei cristiani come un blocco unico associato al regime di Assad. Dall’altra parte, il timore dei cristiani - e questo non soltanto in Siria, ma è una preoccupazione che si percepisce anche in Libano - è che la radicalizzazione politica della regione porterà, prima o poi, a una impossibilità della convivenza tra le comunità cristiane e le comunità musulmane. Questa sarebbe ovviamente una tragedia per una regione che storicamente è il crogiolo di culture diverse e di religioni diverse, che ha dato origine ai tre grandi monoteismi della storia e che rischia, appunto, di essere rovinata da interessi politici.

Il secondo testo è una toccante lettera che giunge dalle sorelle trappiste del monastero di 'Azeir in Siria. Data il 29 agosto 2013 e ci fa comprendere quanto sia importate la preghiera:

Oggi non abbiamo parole, se non quelle dei salmi che la preghiera liturgica ci mette sulle labbra in questi giorni : “ Minaccia la belva dei canneti, il branco dei tori con i vitelli dei popoli….o Dio disperdi i popoli che amano la guerra…” “Il Signore dal cielo ha guardato la terra, per ascoltare il gemito del prigioniero, per liberare i condannati a morte “… "ascolta o Dio la voce del mio lamento, dal terrore del nemico preserva la mia vita; proteggimi dalla congiura degli empi, dal tumulto dei malvagi. Affilano la loro lingua come spada, scagliano come frecce parole amare… Si ostinano nel fare il male, si accordano per nascondere tranelli, dicono : “ Chi li potrà vedere ? . meditano iniquità, attuano le loro trame..Un baratro è l’uomo, e il suo cuore un abisso." Lodate il mio Dio con i timpani, cantate al Signore con cembali, elevate a lui l’accordo del salmo e della lode, esaltate e invocate il suo nome. POICHE’ IL SIGNORE E’ IL DIO CHE STRONCA LE GUERRE.”
Signore, grande sei tu e glorioso, mirabile nella tua potenza e invincibile.”

Guardiamo la gente attorno a noi, i nostri operai che sono venuti a lavorare tutti come sospesi, attoniti : “hanno deciso di attaccarci”. Oggi siamo andate a Tartous.... sentivamo la rabbia, l’impotenza, l’incapacità di formulare un senso a tutto questo : la gente cerca di lavorare, come può, di vivere normalmente. Vedi i contadini bagnare la loro campagna, i genitori comprare i quaderni per le scuole che stanno per iniziare, i bambini chiedere ignari un giocattolo o un gelato…vedi i poveri, tanti, che cercano di raggranellare qualche soldo, le strade piene dei rifugiati “interni” alla Siria, arrivati da tutte le parti nell’unica zona rimasta ancora relativamente vivibile… guardi la bellezza di queste colline, il sorriso della gente, lo sguardo buono di un ragazzo che sta per partire per militare, e ci regala le due o tre noccioline americane che ha in tasca, solo per “ sentirsi insieme”.. E pensi che domani hanno deciso di bombardarci.. Così. Perché “ è ora di fare qualcosa”, così si legge nelle dichiarazioni degli uomini importanti, che domani berranno il loro thé guardando alla televisione l’efficacia del loro intervento umanitario… Domani ci faranno respirare i gas tossici dei depositi colpiti, per punirci dei gas che già abbiamo respirato ?
La gente qui è davanti alla televisione, con gli occhi e le orecchie tesi: “si attende solo una parola di Obama"!!!! Una parola di Obama ?? Il premio Nobel per la pace, farà cadere su di noi la sua sentenza di guerra ? aldilà di ogni giustizia, di ogni buon senso, di ogni misericordia , di ogni umiltà, di ogni saggezza ?

Parla il Papa, parlano Patriarchi e vescovi, parlano innumerevoli testimoni, parlano analisti e persone di esperienza, parlano persino gli oppositori del regime…E tutti noi stiamo qui, aspettando una sola parola del grande Obama ? E se non fosse lui, sarebbe un altro, non è questo il problema. Non si tratta di lui, non è lui “il grande”, ma il Maligno che in questi tempi si sta dando veramente da fare..
Il problema è che è diventato troppo facile contrabbandare la menzogna come nobiltà, gli interessi più spregiudicati come una ricerca di giustizia, il bisogno di protagonismo e di potere come "la responsabilità morale di non chiudere gli occhi"… E a dispetto di tutte le nostre globalizzazioni e fonti di informazioni, sembra che nulla sia verificabile, che un minimo di verità oggettiva non esista… Cioè, non la si vuole far esistere; perché invece una verità c’è, e gli uomini onesti potrebbero trovarla, cercandola davvero insieme, se non fosse loro impedito da coloro che hanno altri interessi.
C’è qualcosa che non va, ed è qualcosa di grave…perché la conseguenza è la vita di un popolo.. è il sangue che riempie le nostre strade, i nostri occhi, il nostro cuore.
Ma ormai, a cosa servono ancora le parole ? una nazione distrutta, generazioni di giovani sterminate, bambini che crescono con le armi in mano, donne rimaste sole, spesso oggetto di vari tipi di violenza… distrutte le famiglie, le tradizioni, le case, gli edifici religiosi, i monumenti che raccontano e conservano la storia e quindi le radici di un popolo…
Domani, dunque ( o domenica ? bontà loro…) altro sangue.
Noi, come cristiani, possiamo almeno offrirlo alla misericordia di Dio , unirlo al sangue di Cristo che in tutti coloro che soffrono porta a compimento la redenzione del mondo. Cercano di uccidere la speranza, ma noi a questo dobbiamo resistere con tutte le nostre forze.
A chi ha un vero amore per la Siria ( per l’uomo, per la verità…) chiediamo tanta preghiera… tanta, accorata, coraggiosa…

le sorelle trappiste del monastero di 'Azeir in Siria

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