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2013 07 03 SOMALIA - Diventa cristiano: fucilato in piazza. INDIA - Dal martirio di San Tommaso ai martiri di oggi. PAKISTAN - Un mese di notizie

Fonte:
CulturaCattolica.it

Nella festa di San Tommaso Apostolo, evangelizzatore dell’India, apriamo con il più recente fatto segnalato dall’India, portando nella preghiera i tantissimi cristiani che in quella immensa nazione sono segno vivente oggi della passione dell’Apostolo per portare a tutti la misericordia di Dio.

INDIA - Cristiani percossi e boicottati in Orissa per accuse di “conversioni forzate”
Estremisti indù hanno lanciato una serie di attacchi e azioni di boicottaggio contro i cristiani nello stato di Orissa (India orientale). Come riferiscono a Fides fonti locali, il 24 giugno un nutrito gruppo di estremisti indù ha fatto irruzione in una riunione della “Chiesa pentecostale indipendente”, nel villaggio di Canalpada, nel distretto di Duagarh. I militanti hanno accusato i presenti di compiere “conversioni forzate” e li hanno costretti a terminare l’incontro. I sette leader cristiani presenti, per evitare conflitti, hanno preso un’auto per tornare a casa, ma i militanti in motocicletta hanno ostacolato l’auto, provocandone il ribaltamento. I passeggeri, fra i quali, il Pastore Sura Mahat Samal, hanno riportato ferite lievi e sono stati condotti in ospedale.
Secondo fonti di Fides, sono gli estremisti indù del gruppo “Rashtriya Swayamsevak Sangh” (RSS, “Corpo dei volontari indù”) ad aver organizzato una serie di attacchi contro i cristiani in Orissa. I cristiani sono “indesiderati e cacciati”. In un altro episodio riferito a Fides, nel distretto Malkangiri, il 10 giugno scorso, circa 70 abitanti di un villaggio indù hanno attaccato i cristiani con spade e bastoni, ferendo gravemente alcuni fedeli e danneggiando due case. A partire dall’aprile scorso ai cristiani del villaggio viene impedito di attingere acqua dal pozzo pubblico. Le famiglie cristiane hanno iniziato ad attingere acqua dal fiume vicino ma, a causa di forti piogge, il fiume è diventato fangoso. L'8 maggio, una donna cristiana, Mongli Madhi, si è recata a prendere l'acqua dal pozzo pubblico. Tre estremisti indù l’hanno bloccata e percossa duramente. Il giorno dopo, i tre estremisti sono andati a casa della donna e, in assenza del marito, l’hanno nuovamente picchiata, ferendola gravemente. Date le minacce e la discriminazione subita, i cristiani sono stati costretti a trasferirsi in un'altra zona. (Agenzia Fides 27/6/2013)

Il quotidiano Avvenire nella pagina 13 del 25 giugno, accanto al bellissimo articolo sul martirio di Padre Francois Mourad in Siria, di cui abbiamo parlato la scorsa settimana, riportava la notizia di un giovane, in Somalia, diventato cristiano e fucilato in piazza.

SOMALIA: Diventa cristiano. Fucilato in piazza
MOGADISCIO. In quella terra di nessuno che da oltre due decenni non conosce pace e stabilità, in quel Corno d'Africa che costituisce la testa di ponte della penetrazione islamista in Africa, convertirsi al cristianesimo è ormai una scelta che può costare la vita. Non è la prima occasione in cui la Somalia fa parlare di sé per casi come questi, ma l'orrore ogni volta si rinnova e lascia increduli. Hassan Hurshe, un giovane somalo 28enne, è stato messo a morte in pubblico Jilib da membri del gruppo terroristico al-Shabaab, legato ad al-Qaeda, per essersi convertito al cristianesimo mentre viveva in Kenya, dove oltre l'80 per cento della popolazione è cristiana. Dopo la sua esecuzione, avvenuta lo scorso 7 giugno tramite fucilazione, i genitori, la vedova e il figlio di Hurshe hanno abbandonato la zona, come ha riferito ieri il "Morning Star News".
Correndo il rischio di essere condannati a morte dagli shabaab, molti somali convertiti al cristianesimo sono espatriati in Kenya. Numerosi tra loro sono però rientrati in Somalia dopo che le forze governative lo scorso anno hanno riconquistato il territorio in mano ai miliziani islamici. Ma le esecuzioni dei convertiti continuano. Negli ultimi mesi sono state numerose. Come quella di Ali Jimale,42 anni, padre di quattro figli, ucciso a febbraio dagli shabaab mentre usciva dalla sua casa di Alanley. O di Mursal Isse Siad, 55 anni, ucciso a Beledweyne lo scorso dicembre dopo diverse minacce di morte per aver lasciato l'islam. Solo un mese prima, a Barawa, uomini di al-Shabaab avevano decapitato il 25enne Farhan Haji Mose per essersi convertito al cristianesimo.

Un caso analogo apre le molte notizie che abbiamo raccolto nel mese di giugno sulla situazione in Pakistan.

PAKISTAN - Scomparso un ragazzo cristiano convertito dall’islam
Un ragazzo di 16 anni, convertito al cristianesimo dall’islam, risulta scomparso dal 25 maggio scorso a Peshawar, capitale della provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Secondo fonti locali di Fides, potrebbe essere stato rapito da militanti islamici, molto forti nella provincia, e la sua sorte potrebbe già essere segnata, in quanto ritenuto “colpevole di apostasia”.
Secondo alcuni testimoni, Aman Ullah (che significa “Pace di Dio”), questo il nome del giovane, è stato rapito da militanti legati alla galassia talebana, ma finora non è arrivata alcuna rivendicazione del sequestro. Il giovane, avvicinatosi al cristianesimo un anno fa, faceva parte di un gruppo di cristiani convertiti dall’islam. Seguiva lezioni bibliche in una comunità cristiana protestante di Peshawar e in alcuni incontri aveva dato la sua testimonianza di fede. In una nota giunta a Fides, la comunità locale chiede a tutti cristiani di pregare per la vita del giovane e di invocare la protezione di Dio su di lui.
Come in altri paesi musulmani, “l’apostasia” dall’islam è considerata meritevole di morte. P. Mario Rodrigues, sacerdote pakistano e Direttore Commissione per la Pastorale giovanile a Karachi, spiega a Fides: “Se un giovane musulmano si converte al cristianesimo in Pakistan, è costretto a vivere nel nascondimento. Diversamente non avrebbe chance di vita. Ogni musulmano potrebbe sentirsi in dovere di ucciderlo. Il cambiamento di religione non è punito dalla legge civile ma è punito dalla legge islamica. Per questo i casi di conversione di musulmani al cristianesimo sono molto rari e alcuni si convertono in segreto”. (Agenzia Fides 21/6/2013)

Diverso è il modo di rispondere dei cristiani:

PAKISTAN - Atti vandalici e insulti contro una chiesa: un uomo musulmano perdonato
Perdono, riconciliazione, fiducia: con questo atteggiamento la comunità dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI) nel Vicariato Apostolico di Quetta, provincia del Beluchistan, ha gestito una spinosa vicenda. La sera del 23 giugno un giovane musulmano, Muhammad Naeem, è entrato nel complesso della chiesa cattolica dell’Immacolata Concezione a Quetta, è salito sul tetto e con un martello ha danneggiato la croce principale della chiesa. Il custode e altri fedeli cattolici sono riusciti a fermarlo e la polizia lo ha arrestato. Nei giorni precedenti Muhammad Naeem era entrato in chiesa, aveva minacciato i cristiani presenti e usato parole ingiuriose verso Gesù Cristo.
I missionari Oblati, membri di un “Comitato di pace” locale, d’accordo con la famiglia del giovane e con la polizia, non hanno voluto “calcare la mano” denunciandolo, ma lo hanno perdonato. Come spiega a Fides p. Abid Saleem OMI, il giorno dopo è stato stipulato un accordo scritto tra i responsabili della chiesa, i funzionari di polizia e i membri della famiglia di Naeem, in base al quale il giovane è stato rilasciato. “Lo abbiamo perdonato. La sua famiglia e Naeem hanno firmato un impegno scritto, in cui si afferma che tali atti contro i cristiani non si ripeteranno”. La polizia ha accettato l’accordo e il giovane è libero. P. Saleem spiega a Fides che “il giovane è stato manipolato dai fondamentalisti. Abbiamo pensato che tenerlo in carcere non era la soluzione: La nostra vendetta è il perdono, che gli fa conoscere chi è davvero il nostro Signore Gesù Cristo, attraverso un atto di amore e di fiducia”. Il missionario si dice felice che “i rappresentanti delle minoranze relig iose nell’Assemblea Provinciale si sono adoperati accanto a noi in questo frangente”. Mons. Victor Gnanapragasm OMI, Vicario Apostolico di Quetta, ha visitato la Chiesa dell’Immacolata, esprimendo il suo invito a “mantenere la calma e a risolvere la questione pacificamente”.
(Agenzia Fides 27/6/2013)

Altre notizie:

PAKISTAN - Libertà per gli estremisti che bruciarono il quartiere cristiano; a processo l’uomo accusato di blasfemia
Centinaia di uomini che nel marzo scorso diedero alle fiamme il quartiere cristiano di Lahore “Joseph Colony” sono stati rilasciati dalla polizia e sugli 83 uomini identificati e arrestati, 31 hanno ottenuto la libertà provvisoria su cauzione. D’altro canto Sawan Masih, il fedele cristiano falsamente accusato di aver insultato il Profeta Maometto – il caso che fornì il pretesto per scatenare la violenza di massa alla Joseph Colony – sarà invece processato in carcere per blasfemia. Si dibatte in questa palese contraddizione l’eclatante caso giudiziario che per mesi ha occupato l’opinione pubblica in Pakistan, sollevando sdegno e proteste della Chiesa, della società civile, di settori della politica. Sawan Masih fu accusato di blasfemia e, in seguito all’accusa, il 9 marzo 2013 una folla di circa tremila musulmani attaccò l’intero quartiere dove questi viveva, bruciando due chiese e circa 178 case di famiglie cristiane (vedi Fides 9, 11 e 13 /3/2 103). Nei mesi scorsi il governo del Punjab si è impegnato a risarcire le famiglie e a ricostruire le case, ma la questione dell’impunità resta una ferita aperta.
“La maggior parte delle persone che furono fermate dopo l'attacco è stata dichiarata innocente dalla polizia e subito rilasciata, per corruzione o per pressioni politiche. Le indagini proseguono e 31 arrestati hanno avuto la libertà su cauzione”, spiega a Fides Naeem Shakir, avvocato cristiano di Lahore. Intanto è stato inoltrato ricorso contro il provvedimento di “libertà provvisoria”, disposto dall’Alta Corte di Lahore.
Shakir è nel collegio difensivo di Sawan Masih, che sarà processato in carcere per motivi di sicurezza: si teme infatti una esecuzione extragiudiziale, come avvenuto in molti altri casi di supposta blasfemia in Pakistan. “Masih è del tutto innocente. Il processo è appena agli inizi e avremo la prossima udienza il 12 giugno”, spiega l’avvocato. Il collegio dei difensori ha ritirato la richiesta di libertà su cauzione, a causa delle minacce giunte contro Masih, preferendo che l’uomo resti e sia processato in carcere. “Sono due casi differenti: il primo è basato sulla legge anti-terrorismo, l’altro sulla blasfemia. Ma sono un segno del funzionamento cattivo e discriminatorio del sistema giudiziario in Pakistan”, nota l’avvocato Shakir.
Secondo la denuncia registrata, il musulmano Shahid Imran ha sentito Sawan usare un linguaggio dispregiativo sul Profeta Maometto. Per questo Masih è accusato sin base all’articolo 295c del Codice Penale Pakistano (uno degli articoli chiamati “legge di blasfemia”) che prevede anche la pena di morte. (Agenzia Fides 6/6/2013)

PAKISTAN - Cristiani “trattati come bestie” da musulmani in Punjab
I cristiani sono “trattati come bestie”, viene negata loro la dignità di esseri umani: è la denuncia che giunge all’Agenzia Fides dal distretto di Kasur, nella provincia del Punjab, distretto già noto per il caso di stupro, tuttora impunito, della 15enne cristiana Fouzia Bibi (vedi Fides 4/6/2013). L’organizzazione non governativa “Lead” (Legal Evangelical Association Development”), ha segnalato a Fides un altro episodio in cui i cristiani di Kasur subiscono abusi e maltrattamenti da parte dei musulmani.
Nei giorni scorsi alcuni musulmani locali hanno abusato, deriso, percosso e umiliato pubblicamente uomini e donne cristiane, lavoratori agricoli o pastori. Come riferito a Fides, a scatenare la violenza fisica e psicologica, un banale sconfinamento di alcune greggi del cristiano Shoukat Masih, nelle terre di un alcuni musulmani. Gli animali sono stati sequestrati e quando i fedeli sono andati a reclamarli, sono iniziate percosse. Il 2 giugno alcuni uomini musulmani sono penetrati nella casa di una famiglia cristiana, percuotendo le tre donne Arshad Bibi, Sajida e Saruyia, spogliandole e poi costringendole a girare nude per le strade, mentre venivano derise e molestate, sotto gli occhi di tutti gli abitanti del villaggio, che non sono intervenuti. Lo stesso umiliante trattamento è stato riservato a due anziani cristiani, genitori di Shoukat Masih. Espressa la volontà di denunciare il fatto, “alcuni funzionari di polizia anche hanno fatto irruzione a casa nostra insieme a proprietari musulmani e ci hanno minacciato di coinvolgerci in una causa penale” racconta Shoukat Masih.
I fedeli si sono rivolti al rev. Saleem Gill all’Ong “Lead”, guidata dall’avvocato Mushtaq Gill per chiedere assistenza legale. E’ stato così possibile registrare una denuncia ufficiale (“First Information Report”) sull’accaduto. Altre famiglia cristiane del luogo hanno raccontato di aver subito abusi e maltrattamenti dai proprietari terrieri musulmani, che sono loro datori di lavoro. (Agenzia Fides 10/6/2013)

PAKISTAN - Cristiani vessati da abusi e strozzinaggio in Punjab
Un cristiano vittima di violenti strozzini musulmani; un altro sequestrato e torturato per una intera notte: sono le due ultime “storie ordinarie di abusi” segnalate all’Agenzia Fides dai cristiani del Punjab. Entrambi gli episodi sono avvenuti nei giorni scorsi a Lahore, capitale della provincia, attualmente governata dalla “Pakistan Muslim League-N” e guidata dal Primo Ministro della provincia Shahbaz Sharif, fratello del nuovo Premier pakistano Nawaz Sharif.
Come appreso da Fides, nei giorni scorsi Aftkhar Masih, giovane cristiano di professione spazzino, è stato sequestrato in pieno giorno, mentre stava svolgendo il suo lavoro, da alcuni musulmani armati, e da due funzionari di polizia. Masih è stato tenuto in isolamento, percosso e torturato per un giorno e una notte, poi identificato dalla polizia e rilasciato. Il giovane, che ora ha gravi problemi ai reni per le percosse subite, ha avuto la forza di sporgere una denuncia ufficiale per gli abusi subiti. Secondo la ricostruzione dell’Ong “Lead” (“Legal Evangelical Association Development”), l’episodio è una vendetta privata da parte di alcuni giovani musulmani per alcune liti personali con il giovane.
Il secondo episodio riguarda Riaz Masih, cittadino cristiano di Lahore , impiegato nel campo della sanità. Riaz, padre di famiglia con cinque fgli, aveva acquistato nel 2009 un televisore e altra merce da un negozio del musulmano Asghar Ali Rubani, per un valore di 44.000 rupie (circa 440 dollari Usa). Pur avendo pagato l’intero importo entro il termine prescritto, Riaz è stato costretto con minacce e intimidazioni a pagare interressi di circa 200.000 rupie (circa 2.000 dollari). La vicenda non si è conclusa: nelle scorse settimane un gruppo di musulmani ha fatto irruzione nella sua casa e percosso lui, sua moglie ei suoi figli, pretendendo altre 400.000 rupie (circa 4.000 dollari). Riaz si è rivolto alla polizia, che non ha intrapreso alcuna azione nei riguardi degli strozzini. Inoltre il negoziante ha denunciato Riaz per calunnia e uno dei suoi figli è stato perfino arrestato.
I cristiani chiedono “di punire i colpevoli e di fare giustizia a una famiglia cristiana innocente”. “Non c’è dubbio che i cristiani sono vittime di tali episodi a causa della loro fede e perché sono ritenuti poveri e indifesi, quindi vulnerabili a ogni tipo di oltraggio”, scrive l’Ong “Lead”, in una nota inviata a Fides. (Agenzia Fides 14/6/2013)

PAKISTAN - Giovane cristiano muore per le torture della polizia
Fermato dalla polizia senza una prova né l'ordinanza di un giudice; trattenuto per nove giorni in custodia cautelare e sottoposto a torture e abusi per estorcere una confessione di un crimine mai commesso; e la morte avvenuta per le gravissime ferite riportate, tanto che i medici hanno riscontrato "la frattura di 22 ossa del corpo". È la drammatica storia del 20enne cristiano Irfan Masih, originario di Sharikpur, distretto di Sheikhupura (nella provincia del Punjab) deceduto il 16 giugno fra le mani dei suoi aguzzini, tutti agenti della polizia pakistana. Il giovane, operaio in una ditta della zona, è stato arrestato l'8 giugno perché sospettato di omicidio; secondo la famiglia egli è stato trattenuto per diversi giorni in caserma, pur senza prove concrete o un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal magistrato. Il 16 giugno è morto a causa delle violenze subite, certificate dai dottori che parlano nel referto di "fratture multiple". Nonostante la barbarie commessa, i funzionari di polizia di Sharikpur non mostrano segni di pentimento. Per il responsabile della caserma, Masih "non ha saputo reggere" le torture ed è morto. Il vice aggiunge laconico, e senza alcun rimorso, che era impegnato ad accertare la verità su un delitto e poco importa che sia deceduto. "Ma che importanza ha la sua morte - ha dichiarato il vice-ispettore Variam Ali - molta gente muore ogni giorno". Attivisti pro diritti umani e associazioni - fra cui Life for All - condannano la barbarie e hanno indetto una protesta a Lahore. È già pronta una denuncia all'Alta corte della città, per chiedere giustizia sulla vicenda e ottenere la condanna dei torturatori, anche se il caso si presenta difficile perché sono coinvolte forze di polizia. Intanto la famiglia del giovane è sotto protezione e nascosta in un luogo al sicuro. Il Pakistan non è nuovo a casi di malagiustizia, omicidi extragiudiziali e morti sospette in carcere o nelle caserme di polizia. L'agenzia AsiaNews ha più volte denunciato questi atti di violenza, come avvenuto nel 2009 con il decesso in carcere di Robert Fanish Masih, denunciato per un presunto (e falso) caso di blasfemia. Sempre in base alla "legge nera" era finito in cella un giovane affetto da disturbi mentali, morto per un malore improvviso e molto sospetto ai primi di dicembre. Commentando questi casi padre John Gill, sacerdote a Lahore, auspica "indagini rigorose" che facciano giustizia. "Irfan Gill Masi era l'unico figlio - aggiunge - e ci chiediamo ancora oggi quale fosse la sua colpa. Perché è stato strappato alla famiglia in modo così brutale. Queste vicende devono finire e gli organismi preposti intervenire per riportare giustizia". (Radio Vaticana 18 giugno)

PAKISTAN - Dal conflitto sociale alla violenza religiosa: paura dei cristiani in Punjab
Tensione interreligiose a Rahim Yar Khan, cittadina del Punjab. Un episodio di conflitto fra cristiani e musulmani ha generato proteste di massa dei cristiani e potrebbe degenerare in aperta violenza religiosa anticristiana, anche perchè alcuni vorrebbero tramutarlo in un caso di blasfemia. Come racconta all’Agenzia Fides Gulshan Barkat, sacerdote e missionario pakistano degli Oblati di Maria Immacolata, “la situazione resta tesa e incerta” nel quartiere di Bheel Nagar, chiamata dai cristiani “Nazareth Colony”, a Rahim Yar Khan, dove vivono 250 famiglie cristiane, 70 famiglie indù, 200 famiglie musulmane.
Il 21 giugno scorso un ragazzo cattolico di nome Sam, 8 anni, è stato accusato da un uomo musulmano di aver insultato sua figlia. Il musulmano ha parenti nel gruppo estremista “Sipah-e-Sahaba” (bandito dal governo per terrorismo) che si sono recati a casa di Patras Sadeeq, padre di Sam, protestando. L’accesa conversazione è degenerata in una colluttazione. I musulmani hanno chiamato la polizia che ha arrestato il fratello di Sam, Ashley, di 12 anni. In seguito a tale atto immotivato, la comunità cristiana della zona bloccato la principale strada della città. Con l’interessamento dell’avocato cattolico Qamar Iqbal, Ashley è stato rilasciato. A quel punto i cristiani hanno deciso di denunciare i musulmani per le aggressioni subite, prima che “questi trasformassero l’incidente in un falso caso di blasfemia”. Intanto, gli estremisti del gruppo “Sipa-e-Sahaba”, circa 100 uomini armati, sono scesi in piazza, per fare pressioni sulla polizia. Due fedeli, Maqsood Barkat e Illyas Masi, mentre si stavano recando dalla polizia, sono stati circondati da 40 uomini armati, percossi e gravemente feriti. Dopo il pestaggio, i cristiani sono scesi un’altra volta in strada, bloccando il traffico e liberando la circolazione solo dopo aver ricevuto garanzie di protezione dalla polizia. Anche p. Francis Akuve, parroco cattolico della Chiesa di Santa Croce a Rahim Yar Khan, ha incontrato il capo della polizia locale, presentandogli una lettera e chiedendo l’impegno formale delle forze dell’ordine, per garantire la sicurezza ai cristiani di Bheel Nagar.
Il giorno successivo si è tenuto un incontro fra rappresentanti cristiani e musulmani della comunità per cercare di pacificare la situazione. Secondo fonti locali di Fides, si temono reazioni violente o azioni dimostrative da parte degli estremisti del gruppo “Sipah-e-Sahaba” contro i cristiani. (Agenzia Fides 26/6/2013)

Infine una buona notizia:

PAKISTAN - In Punjab è cattolico il Ministro per le Minoranze e i Diritti Umani, ma il budget è basso
C’è un ministro cattolico nel governo della provincia del Punjab, cuore pulsante del Pakistan, a livello economico, politico e culturale. Si tratta di Khalil Tahir Sindhu, avvocato eletto nelle liste della “Pakistan Muslim League-N,” il partito che è al governo a livello federale, con il Premier Nawaz Sharif, e che governa anche la provincia del Punjab, con il Primo Ministro provinciale Shahbaz Sharif, fratello di Nawaz. Sindhu ha ricevuto due deleghe importanti: è Ministro provinciale per i Diritti umani e le minoranze, ed è anche Ministro della sanità.
“Il suo lavoro è appena iniziato, siamo certi che è una persona di fede e di buona volontà. La gente lo conosce e lo stima, ha una visione lungimirante e saprà contribuire allo sviluppo e al benessere delle minoranze e di tutta la popolazione del Punjab”, nota a Fides p. Khalid Rashid, Vicario generale della diocesi di Faisalabad, in Punjab. “Avendo quelle due leghe, lavorerà soprattutto per i poveri e gli emarginati nella società”, prosegue il Vicario.
Sindhu, 46enne, originario di Faisalabad, è un avvocato che si è molto impegnato per la difesa dei diritti delle minoranze cristiane e che ha difeso con successo numerosi casi di blasfemia. In un colloquio con Fides, ricorda di aver contato nella sua carriera di difensore “37 assoluzioni di vittime della blasfemia, tutte cristiane”. Tuttavia gli accusati, se pur assolti, porteranno per sempre lo stigma di “blasfemi” e restano in serio pericolo di vita. Per questo, spiega Sindhu, “si tratta di 37 famiglie distrutte, di innocenti che hanno trascorso anni di prigione, di persone costrette a sradicarsi e cambiare lavoro e città”.
Oggi Sindhu si trova ad affrontare la prima questione delicata, quella del budget: il budget stanziato dal governo del Punjab per il Ministero dei diritti umani e le minoranze è di 215 milioni di rupie (circa 1,6 milioni di euro). Nel budget sono previsti “programmi di sviluppo delle minoranze” e “borse di studio di istruzione per gli studenti delle minoranze”. La cifra è stata ritenuta esigua dalle organizzazioni per i diritti umani e da settori della società civile perché nella provincia “c'è un disperato bisogno di promuovere la consapevolezza sui diritti delle minoranze”, afferma una nota inviata a Fides dalla Ong “Human Rights Commission of Pakistan”. L’Ong rimarca la questione basilare dell’istruzione e l’urgenza di una campagna di sensibilizzazione per promuovere l'armonia interreligiosa e per lottare contro la discriminazione delle minoranze religiose.
Peter Jacob, segretario della “Commissione nazionale di Giustizia e Pace” dei Vescovi Pakistani, ricorda a Fides che “nel budget manca una voce per la compensazione dei danni subiti dai cristiani” come accaduto nel grave episodio della Joseph Colony”, quartiere di Lahore dove, nel marzo scorso, furono bruciate oltre 100 case di cristiani. E rimarca: “Il governo sembra credere che non c'è niente di sbagliato sullo stato dei diritti umani e in particolare sulla condizione delle minoranze” non musulmane.
Il Ministro provinciale Sindhu, dal canto suo, sostiene che “il nuovo bilancio è equilibrato”, promettendo “l’impegno per il benessere delle minoranze, e per garantire a tutti i cittadini del Punjab pari diritti e opportunità, istruzione e altre misure di sostegno sociale”. “Sono convinto – conclude – che queste politiche governative produrranno risultati positivi e di ampia portata, migliorando la condizione dei cittadini del Pakistan e l'immagine del paese”.
(Agenzia Fides 26/6/2013)

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